Produzione ecologica: un "serpente che si morde la coda!"
Quello della cosiddetta "produzione ecologica", è un problema estremamente complesso, che, a mio avviso è arbitrario semplificare troppo; ed è un rimprovero che rivolgo soprattutto a me stesso, perchè è esattamente quanto mi accingo a fare.
***
Sul portale dell'"Ecologia e dell'Ambiente" l'"ecologia" viene definita la disciplina che studia la "biosfera"; ossia la porzione della Terra in cui è presente la vita e le cui caratteristiche sono determinate dall'interazione degli organismi tra loro e con i fattori "abiotici" (cioè, inanimati), che tengono in vita l'intero sistema.
Una porzione di "biosfera" delimitata naturalmente costituisce un "ecosistema", che, al suo interno può contenere più "ecosistemi" di livello inferiore...a volte di dimensioni davvero minime.
Un esempio di "microecosistema" autosufficiente, è quello realizzato dalla NASA di cui al seguente video, che è completamente sigillato ed isolato dalla "biosfera" terrestre, ma la cui vita interna può sopravvive autonomamente per circa venti anni.
https://www.youtube.com/watch?v=l4SsGReWMxg
Sono allo studio "biosfere" autosufficienti a tempo indeterminato, che possono consentire la sopravvivenza di più generazioni di esseri umani; sia per i viaggi interstellari, sia per lo stanziamento su pianeti il cui ecosistema ci è ostile.
A tale riguardo, si sta anche studiando un ipotetico processo artificiale, denominato "terraforming", atto a rendere abitabile per l'uomo un pianeta o una luna, intervenendo sulla sua atmosfera - creandola o modificandone la composizione chimica - in modo da renderla simile a quella della Terra ed in grado di sostenere un "ecosistema" compatibile con il nostro sistema di vita.
***
Ciò premesso, e venendo in particolare all'ecosistema del nostro pianeta, occorre in primo luogo rilevare che esso è sempre stato in continuo mutamento; per cui, così come quello di ieri non è più quello di oggi, è irragionevole pretendere che quello di oggi permanga "tel quel" anche domani.
***
Ed infatti, tanto tempo fa, l'atmosfera terrestre non conteneva affatto ossigeno; ma, anche allora, c'era una "biosfera" perfettamente funzionante...sebbene per noi umani sarebbe stata letale.
La trasformazione avvenne quando un'enorme quantità di ossigeno fu immessa nell'atmosfera circa 2,4 miliardi di anni fa, grazie alla proliferazione di organismi viventi che svolgevano la fotosintesi clorofilliana; i responsabili di questo processo furono, con ogni probabilità i "cianobatteri".
***
Per venire a tempi "relativamente" più recenti, seppur sempre a livello geologico, la "biosfera" terrestre subì numerosissimi ulteriori mutamenti, in buona parte dovuti anche all'"azione animale"; ed infatti, in genere, quando una specie animale aveva un particolare successo biologico, e si espandeva troppo sul pianeta, finiva inevitabilmente per alterarne l'"ecosistema".
Ad esempio, secondo gli studi di alcuni paleontologi britannici, gli enormi (e diffusissimi) dinosauri erbivori, appartenenti in gran parte al gruppo dei sauropodi, ospitavano nel loro apparato digerente una foltissima popolazione batterica; per cui, come accade ai giorni nostri per le mucche e le pecore anch'essi producevano, durante la digestione, una grande quantità di metano che ovviamente si disperdeva in atmosfera.
Per cui, calcolando che la densità di dinosauri sauropodi raggiungesse valori molto elevati (più o meno una ventina di esemplari per un peso di circa 200.000 kg per km2) e ogni animale producesse in media 2.675 litri di metano al giorno, il totale di gas prodotto sarebbe stato di 520 mila tonnellate di metano annue.
Più che sufficienti, secondo i paleontologi, per riempire l'atmosfera di questo gas e contribuire quindi a un effetto serra marcato più o meno quanto quello di oggi; buona parte del quale, sia pure per intervento mediato dell'uomo, ha esattamente le stesse identiche cause del tempo dei dinosauri (come illustrerò più avanti).
***
Per venire, infine, a tempi ancora più recenti, una volta che sul pianeta cominciò ad agire l'"homo sapiens" quando era ancora cacciatore, tale interferenza con l'ambiente divenne ancora più intensa, addirittura dai tempi preistorici.
Ad esempio, nel Nord America i cavalli proliferavano, ma si estinsero in concomitanza della comparsa dell'uomo, che è avvenuta approssimativamente nello stesso periodo dell'estinzione della maggior parte degli altri grandi mammiferi americani (bisonte a parte); per cui, gli antichi pellerossa preistorici, tanto "ossequiosi" verso l'ambiente, in realtà contribuirono grandemente a modificarlo, perchè la scomparsa di molte specie mammifere, alterò indirettamente anche altri aspetti dell'ambiente (a cominciare dalle piante).
***
Infine, una volta che sul pianeta l'"homo sapiens" scoprì l'agricoltura e l'allevamento, tale interferenza con l'ambiente divenne ancora più intensa, sia in tempi protostorici ed ancor più in tempi storici; sia a causa dei disboscamenti, sia a causa della modificazione genetica operata dall'uomo (attraverso incroci) su animali da allevamento, e su vegetali da cultura.
La maggior parte dei quali, senza il supporto umano, tornati in uno stadio di natura si estinguerebbero.
Ad esempio, l'uomo ha sempre modificato il genoma delle specie di grano che ha coltivato, selezionando le sementi che:
- mantenevano più chicchi nella spiga, per facilitarne la raccolta semplicemente falciando il gambo senza doverli raccogliere uno per uno da terra (ma rendendo così il grano in condizione di non potersi riprodurre allo stato naturale, senza semina umana).
- riteneva migliori per coltivarle l'anno successivo, ovvero quelle più produttive e più buone.
E discorsi analoghi valgono per quasi tutte le altre colture ed animali da allevamento, perchè quelli selvatici sono estinti o quasi.
***
Attualmente, ora che sul pianeta l'"homo sapiens" ha raggiunto un livello tecnologico superiore a quello del passato, l'interferenza si è fatta assolutamente determinante, circa i cambiamenti della biosfera; con la differenza che, però, ormai ne siamo molto più consapevoli.
A tale riguardo, però, a mio avviso occorre distinguere, in senso molto generale, tra produzione agricola e produzione industriale:
***
1)
PRODUZIONE AGRICOLA
Al riguardo, a prescindere, da aspetti particolari, per la prima volta nella storia il "serpente comincia davvero a mordersi la coda", sotto due aspetti:
a)
Considerata l'anomala e straripante presenza di animali "sapiens" sul pianeta terra, le lente tecniche originarie di selezione dei genomi attraverso incroci, sono divenute sempre più inefficaci, e, per questo si ricorre sempre più spesso all'OGM.
Per OGM (cioè, Organismi Geneticamente Modificati) si intendono tutti quegli organismi viventi i cui DNA, tramite operazioni di ingegneria genetica, hanno subito variazioni; quindi, non rientrano nella categoria OGM gli esseri viventi che hanno subito modifiche genetiche tramite incroci mirati, ma solo quelli per i quali è stato fatto ricorso all'ingegneria genetica, ricorrendo:
- alle tecniche di ibridazione e selezione, di mutagenesi e selezione;
- alle tecniche che prevedono delle manipolazioni del DNA tramite l'inserimento mirato di nuovi geni (transgeni) negli organismi.
In tal modo, ovviamente, si producono sempre maggiori quantità di cibo, ma i forti dubbi derivano dalle non prevedibili conseguenze che l'ingerenza di prodotti alimentari geneticamente modificati potrebbero avere nel nostro corpo, non abituato ai geni introdotti.
Cioè, con gli OGM si ottiene:
- più cibo;
- ma più rischioso.
Morire di fame o morire (forse) di cancro?
Fortunatamente, sono allo studio nuove tecniche agricole, nell'ambito dell'economia "verde" e "blu", che dovrebbero produrre più cibo, ma senza rischi per la salute; di questo, anche in Italia,si occupando meritorie "start up", come la seguente:
https://www.neoruralehub.com/
Però, per adesso, non esistono ancorta certezze acquisite al riguardo.
b)
In secondo luogo, il problema della produzione agricola globale è la sua "direzione".
Ed infatti, come ai tempi dei dinosauri, e sostanzialmente per gli stessi motivi, a causa della "direzione" della produzione agricola globale, aumentano a forte ritmo nel nostro pianeta i gas ad effetto serra emessi dal bestiame, responsabili di circa il 10% delle emissioni ad effetto serra globali; ed infatti, come nel caso dei dinosauri, il bestiame rilascia metano attraverso i microorganismi che sono coinvolti nel processo di digestione animale, e protossido di azoto attraverso la decomposizione del letame.
Quindi, una delle principali cause della fame e della desertificazione in Africa, deriva dalle nostre occidentali abitudini "carnivore", le quali:
- provocano "fame", perchè dirottano la maggior parte delle coltivazioni "cerealicole" da una possibile alimentazione umana nei paesi poveri, all'alimentazione degli immensi allevamenti bovini, destinati all'alimentazione "carnivora" del ricco ed obeso Occidente (di cui siamo tutti complici, e non solo le grandi "Corporation" globali dell'agricoltura);
- provocano "desertificazione", perchè i bovini, abbuffati di cereali, sono la causa del 74% delle emissioni gas effetto serra, grazie alla grande quantità di metano e protossido di azoto emessi dal loro posteriore (cioè dalle cosiddette "flatulenze").
Se noi "ricchi", invece di abbuffarci di carne, modificassimo un po' le nostre abitudini alimentari;
- ci sarebbe più cibo per tutti;
- ci sarebbe meno inquinamento (perchè il nostro intestino è molto meno flatulento di quello del bestiame).
Ma modificare le abitudini alimentari del mondo "ricco" (le mie comprese), è molto più difficile che prendersela con le grandi "Corporation" globali che producono cibo in base alla "domanda" che ricevono; se loro sono ciniche ed irresponsabili (come indubbiamente sono), noi tutti, me compreso, non lo siamo di meno.
E' un po' ipocrita stigmatizzare le prostitute, se tu ne sei un assiduo cliente!
***
1)
PRODUZIONE INDUSTRIALE
Al riguardo, in via generale, il serpente si morde la coda per via che, almeno nella maggior parte dei casi, se si vuole inquinare di meno, bisogna spendere di più; anche in questo caso sono allo studio metodi per inquinare di meno spendendo anche di meno (o uguale), ma siamo ancora agli inizi, e solo per alcuni particolari e specifici settori.
Comunque, produzione industriale a parte, la regola che, se si vuole inquinare di meno, bisogna spendere di più, vale un po' anche a livello privato.
*
Ad esempio, in campo automobilistico, per raggiungere lo standard Euro 6D è per lo più necessario aggiungere il costoso «catalizzatore selettivo» (SCR, a iniezione di urea), il che comporta due conseguenze:
- oltre al prezzo dell'auto, s'innalza anche il costo di esercizio, perché occorre rabboccare periodicamente il serbatoio dell'urea;
- il maggior costo degli SCR non è sostenibile sulle utilitarie, le cui versioni diesel sono quindi destinate a sparire.
*
Per fare un altro piccolo esempio, sullo scontrino dei negozi, da quando il primo gennaio 2011 entrò in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica non conformi ai requisiti di biodegradabilità indicati dagli standard europei in vigore, appaiono in conto quasi dieci centesimi in più.
Ma, nel caso dei privati, al limite si può:
- rinunciare ad una vettura propria, e circolare solo con i mezzi pubblici (ad eccezione di Roma, laddove tale rimedio è assolutamente sconsigliabile);
- portarsi dietro un carrello da casa, evitando così di comprare buste alla cassa.
***
A livello industriale, invece, l'aumento dei costi dovuto agli apparati anti inquinamento, oltre un certo limite, può comportare una doppia conseguenza:
- o la ditta produttrice scarica il costo sui consumatori, nella quale ipotesi (salvo la vendita di beni a "domanda anelastica") c'è il rischio concreto che diminuisca il numero degli acquirenti;
- oppure tale aumento rende l'attività non più remunerativa per il produttore.
In entrambi le ipotesi, c'è il rischio che il produttore debba ridurre la produzione, e, quindi, licenziare dei dipendenti, oppure, se non lo fa, c'è il rischio che la ditta possa fallire.
Questo, almeno fino a che non si inventino impianti anti-inquinamento estremamente economici, è il vero "serpente che si morde la coda" (anche considerando i giganteschi costi "una tantum" di riconversione).
***
Tuttavia, almeno a mio parere, nel frattempo, a fronte delle spese antinquinamento, bisognerebbe recuperare margini di profitto aziendale riducendo gli spropositati emolumenti personali della proprietà e della dirigenza; ed infatti, sebbene sia del tutto lecito che i proprietari ed i massimi dirigenti debbano trarre un cospicuo guadagno dalla loro attività, qualora questo superi certi limiti estremi, a mio pare esso diventa assolutamente incongruo, sproporzinato, e, quindi, illegittimo!
Dubito, però, che questo sarebbe sufficiente a risolvere il problema!
Quello della cosiddetta "produzione ecologica", è un problema estremamente complesso, che, a mio avviso è arbitrario semplificare troppo; ed è un rimprovero che rivolgo soprattutto a me stesso, perchè è esattamente quanto mi accingo a fare.
***
Sul portale dell'"Ecologia e dell'Ambiente" l'"ecologia" viene definita la disciplina che studia la "biosfera"; ossia la porzione della Terra in cui è presente la vita e le cui caratteristiche sono determinate dall'interazione degli organismi tra loro e con i fattori "abiotici" (cioè, inanimati), che tengono in vita l'intero sistema.
Una porzione di "biosfera" delimitata naturalmente costituisce un "ecosistema", che, al suo interno può contenere più "ecosistemi" di livello inferiore...a volte di dimensioni davvero minime.
Un esempio di "microecosistema" autosufficiente, è quello realizzato dalla NASA di cui al seguente video, che è completamente sigillato ed isolato dalla "biosfera" terrestre, ma la cui vita interna può sopravvive autonomamente per circa venti anni.
https://www.youtube.com/watch?v=l4SsGReWMxg
Sono allo studio "biosfere" autosufficienti a tempo indeterminato, che possono consentire la sopravvivenza di più generazioni di esseri umani; sia per i viaggi interstellari, sia per lo stanziamento su pianeti il cui ecosistema ci è ostile.
A tale riguardo, si sta anche studiando un ipotetico processo artificiale, denominato "terraforming", atto a rendere abitabile per l'uomo un pianeta o una luna, intervenendo sulla sua atmosfera - creandola o modificandone la composizione chimica - in modo da renderla simile a quella della Terra ed in grado di sostenere un "ecosistema" compatibile con il nostro sistema di vita.
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Ciò premesso, e venendo in particolare all'ecosistema del nostro pianeta, occorre in primo luogo rilevare che esso è sempre stato in continuo mutamento; per cui, così come quello di ieri non è più quello di oggi, è irragionevole pretendere che quello di oggi permanga "tel quel" anche domani.
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Ed infatti, tanto tempo fa, l'atmosfera terrestre non conteneva affatto ossigeno; ma, anche allora, c'era una "biosfera" perfettamente funzionante...sebbene per noi umani sarebbe stata letale.
La trasformazione avvenne quando un'enorme quantità di ossigeno fu immessa nell'atmosfera circa 2,4 miliardi di anni fa, grazie alla proliferazione di organismi viventi che svolgevano la fotosintesi clorofilliana; i responsabili di questo processo furono, con ogni probabilità i "cianobatteri".
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Per venire a tempi "relativamente" più recenti, seppur sempre a livello geologico, la "biosfera" terrestre subì numerosissimi ulteriori mutamenti, in buona parte dovuti anche all'"azione animale"; ed infatti, in genere, quando una specie animale aveva un particolare successo biologico, e si espandeva troppo sul pianeta, finiva inevitabilmente per alterarne l'"ecosistema".
Ad esempio, secondo gli studi di alcuni paleontologi britannici, gli enormi (e diffusissimi) dinosauri erbivori, appartenenti in gran parte al gruppo dei sauropodi, ospitavano nel loro apparato digerente una foltissima popolazione batterica; per cui, come accade ai giorni nostri per le mucche e le pecore anch'essi producevano, durante la digestione, una grande quantità di metano che ovviamente si disperdeva in atmosfera.
Per cui, calcolando che la densità di dinosauri sauropodi raggiungesse valori molto elevati (più o meno una ventina di esemplari per un peso di circa 200.000 kg per km2) e ogni animale producesse in media 2.675 litri di metano al giorno, il totale di gas prodotto sarebbe stato di 520 mila tonnellate di metano annue.
Più che sufficienti, secondo i paleontologi, per riempire l'atmosfera di questo gas e contribuire quindi a un effetto serra marcato più o meno quanto quello di oggi; buona parte del quale, sia pure per intervento mediato dell'uomo, ha esattamente le stesse identiche cause del tempo dei dinosauri (come illustrerò più avanti).
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Per venire, infine, a tempi ancora più recenti, una volta che sul pianeta cominciò ad agire l'"homo sapiens" quando era ancora cacciatore, tale interferenza con l'ambiente divenne ancora più intensa, addirittura dai tempi preistorici.
Ad esempio, nel Nord America i cavalli proliferavano, ma si estinsero in concomitanza della comparsa dell'uomo, che è avvenuta approssimativamente nello stesso periodo dell'estinzione della maggior parte degli altri grandi mammiferi americani (bisonte a parte); per cui, gli antichi pellerossa preistorici, tanto "ossequiosi" verso l'ambiente, in realtà contribuirono grandemente a modificarlo, perchè la scomparsa di molte specie mammifere, alterò indirettamente anche altri aspetti dell'ambiente (a cominciare dalle piante).
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Infine, una volta che sul pianeta l'"homo sapiens" scoprì l'agricoltura e l'allevamento, tale interferenza con l'ambiente divenne ancora più intensa, sia in tempi protostorici ed ancor più in tempi storici; sia a causa dei disboscamenti, sia a causa della modificazione genetica operata dall'uomo (attraverso incroci) su animali da allevamento, e su vegetali da cultura.
La maggior parte dei quali, senza il supporto umano, tornati in uno stadio di natura si estinguerebbero.
Ad esempio, l'uomo ha sempre modificato il genoma delle specie di grano che ha coltivato, selezionando le sementi che:
- mantenevano più chicchi nella spiga, per facilitarne la raccolta semplicemente falciando il gambo senza doverli raccogliere uno per uno da terra (ma rendendo così il grano in condizione di non potersi riprodurre allo stato naturale, senza semina umana).
- riteneva migliori per coltivarle l'anno successivo, ovvero quelle più produttive e più buone.
E discorsi analoghi valgono per quasi tutte le altre colture ed animali da allevamento, perchè quelli selvatici sono estinti o quasi.
***
Attualmente, ora che sul pianeta l'"homo sapiens" ha raggiunto un livello tecnologico superiore a quello del passato, l'interferenza si è fatta assolutamente determinante, circa i cambiamenti della biosfera; con la differenza che, però, ormai ne siamo molto più consapevoli.
A tale riguardo, però, a mio avviso occorre distinguere, in senso molto generale, tra produzione agricola e produzione industriale:
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1)
PRODUZIONE AGRICOLA
Al riguardo, a prescindere, da aspetti particolari, per la prima volta nella storia il "serpente comincia davvero a mordersi la coda", sotto due aspetti:
a)
Considerata l'anomala e straripante presenza di animali "sapiens" sul pianeta terra, le lente tecniche originarie di selezione dei genomi attraverso incroci, sono divenute sempre più inefficaci, e, per questo si ricorre sempre più spesso all'OGM.
Per OGM (cioè, Organismi Geneticamente Modificati) si intendono tutti quegli organismi viventi i cui DNA, tramite operazioni di ingegneria genetica, hanno subito variazioni; quindi, non rientrano nella categoria OGM gli esseri viventi che hanno subito modifiche genetiche tramite incroci mirati, ma solo quelli per i quali è stato fatto ricorso all'ingegneria genetica, ricorrendo:
- alle tecniche di ibridazione e selezione, di mutagenesi e selezione;
- alle tecniche che prevedono delle manipolazioni del DNA tramite l'inserimento mirato di nuovi geni (transgeni) negli organismi.
In tal modo, ovviamente, si producono sempre maggiori quantità di cibo, ma i forti dubbi derivano dalle non prevedibili conseguenze che l'ingerenza di prodotti alimentari geneticamente modificati potrebbero avere nel nostro corpo, non abituato ai geni introdotti.
Cioè, con gli OGM si ottiene:
- più cibo;
- ma più rischioso.
Morire di fame o morire (forse) di cancro?
Fortunatamente, sono allo studio nuove tecniche agricole, nell'ambito dell'economia "verde" e "blu", che dovrebbero produrre più cibo, ma senza rischi per la salute; di questo, anche in Italia,si occupando meritorie "start up", come la seguente:
https://www.neoruralehub.com/
Però, per adesso, non esistono ancorta certezze acquisite al riguardo.
b)
In secondo luogo, il problema della produzione agricola globale è la sua "direzione".
Ed infatti, come ai tempi dei dinosauri, e sostanzialmente per gli stessi motivi, a causa della "direzione" della produzione agricola globale, aumentano a forte ritmo nel nostro pianeta i gas ad effetto serra emessi dal bestiame, responsabili di circa il 10% delle emissioni ad effetto serra globali; ed infatti, come nel caso dei dinosauri, il bestiame rilascia metano attraverso i microorganismi che sono coinvolti nel processo di digestione animale, e protossido di azoto attraverso la decomposizione del letame.
Quindi, una delle principali cause della fame e della desertificazione in Africa, deriva dalle nostre occidentali abitudini "carnivore", le quali:
- provocano "fame", perchè dirottano la maggior parte delle coltivazioni "cerealicole" da una possibile alimentazione umana nei paesi poveri, all'alimentazione degli immensi allevamenti bovini, destinati all'alimentazione "carnivora" del ricco ed obeso Occidente (di cui siamo tutti complici, e non solo le grandi "Corporation" globali dell'agricoltura);
- provocano "desertificazione", perchè i bovini, abbuffati di cereali, sono la causa del 74% delle emissioni gas effetto serra, grazie alla grande quantità di metano e protossido di azoto emessi dal loro posteriore (cioè dalle cosiddette "flatulenze").
Se noi "ricchi", invece di abbuffarci di carne, modificassimo un po' le nostre abitudini alimentari;
- ci sarebbe più cibo per tutti;
- ci sarebbe meno inquinamento (perchè il nostro intestino è molto meno flatulento di quello del bestiame).
Ma modificare le abitudini alimentari del mondo "ricco" (le mie comprese), è molto più difficile che prendersela con le grandi "Corporation" globali che producono cibo in base alla "domanda" che ricevono; se loro sono ciniche ed irresponsabili (come indubbiamente sono), noi tutti, me compreso, non lo siamo di meno.
E' un po' ipocrita stigmatizzare le prostitute, se tu ne sei un assiduo cliente!
***
1)
PRODUZIONE INDUSTRIALE
Al riguardo, in via generale, il serpente si morde la coda per via che, almeno nella maggior parte dei casi, se si vuole inquinare di meno, bisogna spendere di più; anche in questo caso sono allo studio metodi per inquinare di meno spendendo anche di meno (o uguale), ma siamo ancora agli inizi, e solo per alcuni particolari e specifici settori.
Comunque, produzione industriale a parte, la regola che, se si vuole inquinare di meno, bisogna spendere di più, vale un po' anche a livello privato.
*
Ad esempio, in campo automobilistico, per raggiungere lo standard Euro 6D è per lo più necessario aggiungere il costoso «catalizzatore selettivo» (SCR, a iniezione di urea), il che comporta due conseguenze:
- oltre al prezzo dell'auto, s'innalza anche il costo di esercizio, perché occorre rabboccare periodicamente il serbatoio dell'urea;
- il maggior costo degli SCR non è sostenibile sulle utilitarie, le cui versioni diesel sono quindi destinate a sparire.
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Per fare un altro piccolo esempio, sullo scontrino dei negozi, da quando il primo gennaio 2011 entrò in vigore il divieto di commercializzare i sacchetti di plastica non conformi ai requisiti di biodegradabilità indicati dagli standard europei in vigore, appaiono in conto quasi dieci centesimi in più.
Ma, nel caso dei privati, al limite si può:
- rinunciare ad una vettura propria, e circolare solo con i mezzi pubblici (ad eccezione di Roma, laddove tale rimedio è assolutamente sconsigliabile);
- portarsi dietro un carrello da casa, evitando così di comprare buste alla cassa.
***
A livello industriale, invece, l'aumento dei costi dovuto agli apparati anti inquinamento, oltre un certo limite, può comportare una doppia conseguenza:
- o la ditta produttrice scarica il costo sui consumatori, nella quale ipotesi (salvo la vendita di beni a "domanda anelastica") c'è il rischio concreto che diminuisca il numero degli acquirenti;
- oppure tale aumento rende l'attività non più remunerativa per il produttore.
In entrambi le ipotesi, c'è il rischio che il produttore debba ridurre la produzione, e, quindi, licenziare dei dipendenti, oppure, se non lo fa, c'è il rischio che la ditta possa fallire.
Questo, almeno fino a che non si inventino impianti anti-inquinamento estremamente economici, è il vero "serpente che si morde la coda" (anche considerando i giganteschi costi "una tantum" di riconversione).
***
Tuttavia, almeno a mio parere, nel frattempo, a fronte delle spese antinquinamento, bisognerebbe recuperare margini di profitto aziendale riducendo gli spropositati emolumenti personali della proprietà e della dirigenza; ed infatti, sebbene sia del tutto lecito che i proprietari ed i massimi dirigenti debbano trarre un cospicuo guadagno dalla loro attività, qualora questo superi certi limiti estremi, a mio pare esso diventa assolutamente incongruo, sproporzinato, e, quindi, illegittimo!
Dubito, però, che questo sarebbe sufficiente a risolvere il problema!