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Messaggi - Eutidemo

#4786
Tematiche Filosofiche / Re:Che cosa è il "dubbio"?
27 Ottobre 2019, 13:24:27 PM
Ciao Bob. :)
Hai ragione nel rilevare che: "...la distinzione tra noumenico e fenomenico può essere necessaria per una prima analisi, ma diventa fuorviante se intesa come un'effettiva differenza tra due modi distinti di dubitare...il dubbio, infatti, è uno solo."
Ed infatti, la differenza;
- non è tanto nel "modo" di dubitare tipico del "soggetto", che può essere più o meno titubante o deciso nell'affrontare il dubbio a seconda del suo carattere e modo di ragionare, ma che, però, sempre quello caratterialmente e intellettualmente rimane;
- quanto, piuttosto, nell'"oggetto" del dubbio, in quanto è molto più difficile dubitare del fatto che domani sorgerà ancora il sole (cosa che, comunque, non è certa), di quanto sia difficile dubitare dell'esistenza di Dio; salvo rare eccezioni è così -quasi- per tutti, a prescindere dal loro diverso carattere e modo di ragionare.

***
E' anche vero che il cosiddetto sapere altro non è che una continua vittoria contro il dubbio; in cui si vince sempre una battaglia, ma mai la guerra.

***
Molto interessante anche la tua successiva considerazione, per la quale il pensiero è essenzialmente un dialogo, che io instauro con me stesso, per cui devo scindermi in due proponendo e dubitando.
Ed infatti, è proprio così!

***
Quanto alla fede, secondo me, le più belle definizioni al riguardo sono:
a)
"Fides est sperandarum substantia rerum, et argumentum non apparentium" (Lettera agli Ebrei XI, 1), che Dante traduce "Fede è sustanza di cose sperate, ed argomento de le non parventi" (Paradiso XXIV, 64) .
Cioè, detto in soldoni: "Non ho alcuna prova che ciò sia vero, ma ci voglio credere lo stesso, perchè spero ardentemente che lo sia!"
b)
"Credo quia absurdum", frase incertamente attribuita a Tertulliano, è invece di molto più difficile interpretazione, perchè di primo acchito sembra addirittura autocontradditoria; al riguardo occorrerebbe aprire un apposito TOPIC.
Secondo me (sebbene io ci debba riflettere ancora "molto" sopra), se traduciamo "absurdum" con "non credibile", si tratterebbe davvero di una affermazione autocontradditoria; ed infatti suonerebbe: "Ci credo perchè non è credibile!".
Il che non ha senso!
Per cui:
- o si interpreta "absurdum"  nel suo senso etimologico latino di "stonato", (der. di surdus "sordo"), cioè di cose o fatti in sè non contraddittori, ma "quasi" incredibili per la loro stranezza o eccezionalità, come, per esempio la resurrezione di Cristo;
- oppure si interpreta "absurdum"  in senso "metaforico", ed allora ci si può davvero sbizzarrire.
Ma non è questo il luogo.

Un saluto! :)
#4787
Tematiche Filosofiche / Re:Che cosa è il "dubbio"?
26 Ottobre 2019, 14:17:13 PM
Ciao Ipazia. :)
A dire il vero, come pure dice la Treccani, le origini dell'ermeneutica risalgono al mondo classico, dove essa sorse per stabilire l'esatto senso dei testi letterari (per es., i poemi omerici), sceverarne le parti autentiche da quelle spurie, ricostruirne l'organicità della struttura e del linguaggio.
Successivamente, con il cristianesimo, divenne la scienza di interpretazione degli scritti biblici, al fine di rintracciare un significato più profondo e diverso da quello immediatamente offerto dal testo.
Per cui, in effetti, l'ermeneutica non è nata nei tribunali, dove oggi viene applicata in base a quanto previsto dall'art.12 delle "Preleggi"; il quale prevede che nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.

*** 
Peraltro:
- se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione di legge, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; 
- se, infine, il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato.

***
Però hai ragione nel dire che l'ermeneutica giuridica, sebbene disciplinata dalla legge,  comporta un giudizio dei tribunali che si trova all'incrocio tra:
- l'"oggettività scientifica" dei fatti;
- e la "soggettività" dei giudici. 
La Tosca è sempre la stessa opera, ma l'interpretazione varia a seconda dei tenori e dei soprani che la cantano!

***
Però occorre stare molto attenti a non confondere:
- l'interpretazione del diritto, a cui provvedono i giudici (ermeneutica o esegesi giuridica);
- l'interpretazione dei fatti, che, solitamente, i giudici, demandano ai periti.
Tutto ciò, in base all'antico brocardo: "Da mihi factum, et dabo tibi ius" (accertami il fatto ed io ti darò il diritto).

***
E quando il "fumus" sui fatti è denso, come nel caso di Ustica, il problema non è tanto di carattere ermeneutico (cioè, relativo all'interpretazione della legge), quanto, piuttosto, di carattere accertativo extragiuridico.  

***
Al riguardo, invero, il giurista Pietro Grasso non offre tanto una chiave meta-ermeneutica del diritto, quanto, piuttosto, un criterio di valutazione oggettiva (possibilmente scientifica) delle prove; che è cosa diversa dalla esegesi giuridica.

***
E' tuttavia vero, come tu scrivi, che la verità ha le sue gradazioni che da un lato sprofondano nella mitologia e dall'altro si approssimano alla certezza.

***
Quanto al fatto che è per questo "Gradus ad Parnassum", come scrivi tu, che il "metodo scientifico" ha vinto e continua a vincere, almeno nei campi dove incontrovertibilmente dimostra di funzionare, sono perfettamente d'accordo con te.

***
Però non sono ben sicuro se, per "Gradus ad Parnassum", intendi il dipinto a olio su tela di Paul Klee, ovvero i 100 esercizi pianistici di livello avanzato, che il compositore italiano Muzio Clementi compose a scopo didattico.
Ma, probabilmente, per "Gradus ad Parnassum", tu intendevi, genericamente, la necessità di misurare bene ogni singolo passo con il quale si procede verso la "verità"; e non saltare a casaccio, non scavalcare quei primi gradini che costituiscono la base imprescindibile di tutto il successivo percorso di ascesa.
Ed anche su questo sono pienamente d'accordo.

Un saluto! :)
#4788
Tematiche Filosofiche / Che cosa è il "dubbio"?
26 Ottobre 2019, 06:51:13 AM
Tale domanda, si pone sia a livello filosofico, sia a livello processuale, però con "intime" connessioni tra i due "aspetti".
***
IL DUBBIO FILOSOFICO
In estrema sintesi:

I)
Alcuni filosofi optano per il "dubbio sistematico", e, cioè, per lo "scetticismo assoluto"; come, ad esempio, Gorgia, il quale scrisse: "La verità non esiste, anche se esistesse non saremmo mai in grado di conoscerla, ed anche se riuscissimo a conoscerla non saremmo mai in grado di comunicarla!"
Il che, almeno a mio parere, è abbastanza esatto sotto l'aspetto "noumenico" (ovvero "metafisico"), circa il quale possiamo sicuramente nutrire "convinzioni" o "fedi", ma non "certezze".

II)
Altri filosofi, invece, optano per il "dubbio metodico", e, cioè, per lo "scetticismo relativo", che si differenzia da quello "assoluto" in quanto usa il dubbio solo come metodo per mettere alla prova le conoscenze in nostro possesso e giungere così a certezze più difficilmente dubitabili; è il procedimento metodologico seguito da Cartesio, il quale, attraverso l'esercizio del dubbio, si propone di approdare a delle conoscenze indubitabili.
Il che, almeno a mio parere, è abbastanza esatto sotto l'aspetto "fenomenico" (ovvero "fisico"), sebbene si tratti pur sempre di certezze relative.

***
IL DUBBIO PROCESSUALE
Al riguardo, occorre distinguere tra processo civile e processo penale.

--------------------------------------------------------------------------
1)
PROCESSO CIVILE
Nel processo civile, per superare il "dubbio", e pervenire alla "verità" (o, se si preferisce, alla "certezza") processuale, ci si avvale di:

A)
Presunzioni legali:
a)
"Relative", cioè che ammettono prova contraria, come, ad esempio, la "presunzione di paternità", in base alla quale il marito della madre si ritiene padre del figlio concepito durante il matrimonio.
b)
"Assolute", cioè che non ammettono prova contraria, come, ad esempio, la "presunzione di concepimento" in costanza di matrimonio, nel quale caso il figlio si presume concepito durante il matrimonio, se nato quando sono trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione dello stesso e non ancora trecento giorni dalla data del suo annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili.
In tale secondo caso, in sostanza, la legge postula una VERITA' ed una CERTEZZA "assolute", le quali, però, non lo sono affatto sotto il profilo filosofico (e neanche scientifico); perchè, se è vero che "è massima di esperienza che è estremamente  <<improbabile>> che un bambino nasca 300 giorni dopo il concepimento, ovvero prima di 180 giorni da questo" ("Diritto civile ragionato" Luigi Maria Sanguineti pag.521), però questo non è affatto <<impossibile>>!

B)
Presunzioni semplici:
Le presunzioni non stabilite dalla legge sono, invece lasciate alla prudenza del giudice civile, il quale, sia pure "al di qua di ogni ragionevole dubbio":
- in genere, può ammettere solo presunzioni che abbiano i requisiti della gravità, precisione e concordanza (in base all'art.2729 c.c.);
- in alcuni particolari casi, può ammettere anche presunzioni che <<non>>  abbiano i requisiti della gravità, precisione e concordanza (come nel caso di accertamento induttivo, in base all'art.39 DPR 600/73 secondo comma).
In questi casi la legge non postula una VERITA' ed una CERTEZZA "aprioristichee", ma lascia decidere al giudice cosa sia "vero" e cosa sia "falso"; per cui, in ordine allo stesso caso, un giudice può decidere in un modo, ed un altro giudice può decidere in un altro modo.
Il che, sotto il profilo filosofico, richiama un po' il principio più famoso del pensiero di Protagora, "l'uomo (in questo caso il giudice) è la misura di tutte le cose" (anthropos metron panton chrematon).

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2)
PROCESSO PENALE
Al riguardo, occorre premettere che, in questo caso, è la stessa normativa processuale penale a "qualificare" il tipo di dubbio che deve essere superato; cioè, quello "ragionevole".
Ed infatti, l'"attuale" art. 533 del Codice di Procedura Penale, a differenza di altre Procedure Giurisdizionali, prevede che il giudice possa pronunciare una "sentenza di condanna", soltanto "se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio!" (NOTA 1)
La Corte di Cassazione, al riguardo, ha precisato che, con l'introduzione di questo principio, il legislatore ha sancito che la condanna "penale" dell'imputato è possibile soltanto qualora vi sia la "certezza" della responsabilità dell'imputato, mentre, diversamente, si impone la assoluzione senza "se" e senza "ma" (NOTA 2).
Il che, è MOLTO diverso da quanto accade in campo civile; e "pour cause", perchè, se viene condannato, l'imputato non rischia solo di rimetterci denaro, ma anche la sua libertà personale!

***
Già: ma cosa significa "ragionevole"?
O meglio, cosa significa "di là di ogni ragionevole dubbio"?
Vuol dire essere "convinti" della responsabilità dell'imputato,  ovvero  esserne "certi"?
Ed invero, non è esattamente la stessa cosa!
Ed infatti, io posso benissimo essere "convinto" della colpevolezza di qualcuno, però non necessariamente posso anche esserne "certo"!
Come "quisque de populo", invero, io posso benissimo essere "convinto" della colpevolezza o dell'innocenza di Tizio, pur non essendone "certo"; il giudice ed i giurati (nelle Corti di Assise), invece, devono esserne "certi", almeno sotto il profilo processuale!

***
Però così spostiamo soltanto il problema, in quanto:
- il giudice di primo grado può essere "convinto" di aver raggiunto la "certezza" circa la colpevolezza dell'imputato;
-   il giudice di appello, invece, può "convincersi" del fatto  che non esiste alcuna "certezza" al riguardo.
Cioè, detta filosoficamente, la stessa "certezza" è comunque oggetto della "convinzione" dell'organo giudicante!

***
Al riguardo, in una importante sentenza, Pietro Grasso sembra quasi cercare un nesso tra il dubbio e la certezza filosofiche, e quelle processuali (penali), scrivendo:
"Il controllo affidato alla Corte di Cassazione sulla struttura e sulla congruenza logica della motivazione involge anche l'osservanza del principio dell' "oltre il ragionevole dubbio", che non può dirsi certamente rispettato quando la pronuncia di condanna si fondi su un accertamento giudiziale non sostenuto dalla certezza razionale, ossia da un grado di conferma così elevato da confinare con la certezza" (sentenza della Cass. Pen. I Sez. del 14 Maggio 2004).
Cioè, la ricostruzione del fatto, attraverso la valutazione rigorosa e logica della prova, non può che essere quella che esclude in maniera categorica altre ipotesi alternative.

***
Per cui, seguendo tale filone ermeneutico, in sostanza quello processuale assomiglia molto (almeno per certi aspetti) allo "scetticismo metodologico" di Cartesio, e non allo "scetticismo sistematico" di Gorgia; il che è anche abbastanza ovvio, altrimenti non verrebbe mai penalmente condannato nessuno, salvo in caso di flagranza o di prove scientifiche inconfutabili (però, pare nemmena quella del DNA lo sia)!

***
Tuttavia, in relazione ad uno stesso fatto, possono aversi due diversi "processi" in parallello, i quali, fisiologicamente, -giusta quanto sopra detto-, "debbono" e "possono" condurre a conclusioni completamente diverse.

***
Ad esempio, uno dei metodi più utilizzati per accertare l'evasione fiscale dei ristoranti, è sempre consistito nella verifica del "conto della lavanderia"; cioè, se un ristorante contabilizza 3.000 pasti serviti in un anno, mentre, dal "conto della lavanderia", risulta che in un anno sono state lavate 9.000 tovaglie, può nascere il sospetto che il proprietario del ristorante abbia occultato dei ricavi.
In base a tale sospetto, qualora con l'accertamento amministrativo fiscale venga superata la soglia della punibilità penale, il contribuente verrà assoggettato a "due" distinti processi:
a)
Uno tributario, nell'ambito del quale il giudice, probabilmente, potrebbe ritenere valida la presunzione del conto della lavanderia, in base all'"id quod plerumque accidit", e, quindi, emettere "sentenza di condanna".
b)
Uno penale, nell'ambito del quale il giudice dovrebbe sicuramente ritenere invalida la presunzione del conto della lavanderia, in quanto non è sufficiente ad escludere in maniera categorica altre ipotesi alternative ( ad esempio, che quel ristorante ha dei clienti particolarmente sporcaccioni, per cui, in media, tocca cambiare loro almeno tre tovaglie a pasto), e, quindi, emettere "sentenza di assoluzione".

***
Qual'è la "verità processuale"?
A seconda dell'orientamento politico dei vari giornali, se entrambe la sentenze sono passate in giudicato, alcuni quotidiani proclameranno che ormai il soggetto è stato riconosciuto definitivamente "innocente" (in base alla sentenza penale), mentre altri proclameranno che ormai il soggetto è stato riconosciuto definitivamente "colpevole" (in base alla sentenza tributaria).
***
Qual'è la "verità filosofica"?
Ciascuno può trarla per conto proprio dalle "motivazioni" delle due sentenze (non certo dal loro semplice "dispositivo"), ma si tratterà pur sempre di un giudizio "soggettivo"; per quanto tendente più o meno alla realtà "oggettiva" dei fatti, e, cioè, in misura inversamente proporzionale ai pregiudizi (soprattutto politici) di ciascuno.
***


NOTA 1
Fino a 13 anni fa, in Italia, le cose non stavano esattamente così, poichè l'attuale testo dell'art. 533, co. 1, c.p.p., è stato introdotto soltanto nel 2006, in forza dell'art. 5 della l. 20 febbraio 2006, n. 46; in precedenza il "ragionevole dubbio" sulla colpevolezza dell'imputato ne comportava soltanto il proscioglimento a norma dell'art. 530, comma 2, c.p.p..

NOTA 2
Vedi, per tutte, Cass. n. 43324/2005, omissis; Cass. n. 41052/2005, omissis; Cass. n. 41176/2005, omissis; Cass. sez. 6^, n. 1518/1997 Rv. 208144; Cass. sez. 2^, n. 3777/1995, Rv. 203118)
#4789
Alzare o abbassare la soglia, serve a poco...o a niente)!
Semmai, ai fini fiscali, bisognerebbe modificare non solo la legge penale sostanziale, ma, soprattutto quella processuale, introducendo una norma che, in deroga all'art.533 CPP, consenta al Giudice la condanna dell'imputato anche in base  a presunzioni gravi, precise e concordanti ex art.2729 CC..
Ma ho molti dubbi in proposito, come credo che spiegherò in un apposito TOPIC sul "dubbio"
#4790
Ad ogni modo, se, su "input" di Di Maio, rientra in gioco l'idea di abbassare il limite della sanzionabilità penale, secondo me, questo, per certi aspetti, può indirettamente agevolare la difesa processuale del contribuente; ed infatti, tra l'"accertamento" e la "pena", c'è di mezzo il "processo", e quello "penale" offre maggior difesa al contribuente di quello "tributario", sul quale inevitabilmente finisce per influire (anche se non dovrebbe).
Tema da me già trattato qui:
https://www.riflessioni.it/logos/attualita/abbassare-il-limite-della-sanzionabilita-penale-fornisce-uno-scudo-agli-evasori/
Tra l'altro, i reati "con soglia" sono più difficilmente accertabili riguardo a quelli direttamente connessi a "comportamenti fraudolenti", perchè comportano "accertamenti valutativi" sulla "soglia" del reddito complessivo netto, che solo con molta difficoltà possono superare "il ragionevole dubbio" di cui all'art.533 CPP.
#4791
AGGIORNAMENTO
Come avevo scritto nel mio TOPIC, stando a quanto aveva dichiarato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri giorni fa, l'aumento della pena non avrebbe dovuto riguardare gli evasori sub b) , ma esclusivamente gli evasori sub c), e, cioè solo quelli "fraudolenti".
Adesso, invece, in base alle confuse e confusionarie notizie di stampa, sembra che, su pressione di Di Maio, si vogliono prevedere pene più dure anche per i "grandi" evasori sub b), con il carcere fino a 8 anni per chi sottrae al fisco oltre 100mila euro anche se non fraudolentemente.
Ma fino a che non leggo il testo scritto, mi astengo da qualsiasi commento, perchè sarebbe sul "nulla"!
#4792
COROLLARIO ALLA NOTA
Circa la mia precedente "nota", volevo precisare che, quando parlavo di accertamenti volti a recuperare le imposte non versate dalla maggior parte dei lavoratori non assoggettati a ritenuta alla fonte IRPEF, non intendevo certo "aizzare" l'Agenzia delle Entrate ad "accanirsi" contro tale categoria; ed infatti, per lo più, si tratta di:
- contribuenti stranieri;
- non certo ricchi;
- i quali, per la maggior parte, non evadono con "dolo" e "premeditazione", ma solo per mera insipienza ed ignoranza.

***
Tuttavia l'Erario non può certo permettersi di esonerare tutti costoro dal  dovuto prelievo fiscale; ciò, anche considerando che ci sono moltissimi altri lavoratori dipendenti, assoggettati a ritenuta alla fonte IRPEF, che guadagnano meno di loro, ma che le imposte le pagano fino all'ultimo euro.

***
Secondo il Sole 24 ore del 4/10/19, la differenza tra quanto potenzialmente dovuto allo Stato e quanto realmente versato dai lavoratori domestici ammonta ad oltre 8 miliardi di imponibile Irpef,  pari ad imposte evase ogni anno di circa 1 miliardo di euro: ed infatti colf e badanti per i quali vengono effettuati alla luce del sole i versamenti INPS, ogni anno evadono non meno di 960 milioni di IRPEF, a cui si devono aggiungere relative addizionali regionali e comunali, che fanno salire il conto oltre il MILIARDO di euro.

Le imposte evase da colf e badanti "in nero", invece, non sono in alcun modo calcolabili; ma, probabilmente, sono addirittura superiori, a parte l'evasione INPS.

***
In base alla L. 208 /2015, i termini di accertamento relativi ai periodi d'imposta dal 2016 in avanti, scadono al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (prima era il quinto anno); per cui l'Agenzia delle Entrate, almeno teoricamente, avrebbe il "diritto-dovere" di procedere ad accertamento d'ufficio per tali anni.
Accertamento, peraltro, che è di "estrema" semplicità, perchè potrebbe scaturire pressochè "automaticamente" dall'incrocio dei dati INPS e IRPEF; non averlo (quasi) mai fatto negli ultimi venti anni, perciò, secondo me costituisce una gravissima inadempienza dell'Agenzia delle Entrate e dei governi "pro tempore".

***
Pertanto, per il PASSATO, visto che astenersi dall'accertare imposte evase determinabili in base ad "elementi di prova certi" (cioè i versamenti INPS) costituirebbe per l'Agenzia delle Entrate una sorta di "omissione di atti d'ufficio" ed una "beffa" per i lavoratori assoggettati a ritenuta IRPEF,  secondo me, bisognerebbe procedere:

a)
Ad accertamenti seriali ed automatici nei confronti di coloro per i quali sono stati versati -negli anni passati- i dovuti contributi INPS, ma per i quali non risulta prodotta alcuna dichiarazione IRPEF; però, senza applicazione di sanzioni, o, quantomeno, con consistenti sconti, e rateizzando il più possibile le imposte dovute, in quanto:
- per lo più, si tratta di evasione meramente "colposa";
- in ogni caso i soggetti in questione, molto probabilmente, non avrebbero la possibilità materiale di pagare tutti insieme 5 o 6 anni di imposte evase tutte insieme.

b)
Ad accertamenti mirati per i lavoratori "in nero" per i quali non vengono versati i contributi INPS, con applicazione di sanzioni ridotte, ma in misura minore rispetto al caso precedente.

***
Per il FUTURO, invece, tramite appositi CAF "ad hoc", bisognerebbe provvedere all'assistenza fiscale "obbligatoria" per tali soggetti, senza assolutamente scaricare l'onere sui datori di lavoro privati; ed infatti, costringere i datori di lavoro domestici, molti dei quali anziani e malati, a fungere da sostituti d'imposta delle proprie colf e badanti, è un'idea assolutamente FOLLE.
Anche volendo semplificare al massimo tale complicatissima incombenza, si tratterebbe comunque di un ulteriore molestissimo onere  per i datori di lavoro privati; qualcuno, infatti, un po' più assennatamente, per non complicare troppo la vita alle famiglie trasformandole in veri e propri sostituti d'imposta, aveva pensato di introdurre una ritenuta (del 10 o del 20% al massimo) da applicare in coincidenza con il versamento trimestrale dei contributi previdenziali.
Ma, noiosa seccatura a parte, i collaboratori domestici dovrebbero poi comunque presentare la dichiarazione dei redditi, salvo volerli assoggettare a "cedolare secca", in violazione degli art.3 e 53 della Costituzione; per cui, a parte il vantaggio per l'Erario del versamento anticipato di ritenute d'acconto, non ci sarebbe alcun ulteriore "stimolo" alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Ed infatti i soggetti in questione sono già perfettamente "visibili" al Fisco, grazie alle ritenute INPS; nè tale "visibilità" sarebbe aumentata da eventuali ritenute IRPEF.

***
Comunque è un problema molto complicato, per cui non pretendo assolutamente di aver prospettato delle "soluzioni", ma solo dei meri "spunti" per più approfondite riflessioni al riguardo; la mia precedente nota, invece, era troppo "tranchant"! ::)
#4793
Ciao Inverno. :)
Tranquillo, la lotteria degli scontrini è andata in porto.
Ed infatti, l'art.20 del D.D.L. comma 2 lett.b), prevede che, al fine di incentivare l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, d'intesa con il Direttore dell'Agenzia delle entrate, sono istituiti premi speciali, per un ammontare complessivo annuo non superiore a 70 milioni di euro, da attribuire mediante estrazioni aggiuntive a quelle ordinarie di cui al comma 540, esclusivamente ai soggetti di cui al predetto comma che effettuano transazioni attraverso strumenti che consentano il pagamento elettronico.
Un saluto! :)
#4794
Nella "corposissima" ultima bozza, sembra pressochè definitiva, del  D.D.L.   Antievasione reso pubblico il 14/ 10/2019, vengono messe in campo politiche di contrasto all'evasione e alle frodi fiscali in numerosi settori, ad alto tasso di frode tributaria; da quanto ho potuto vedere, invero, la maggior parte dei 55 articoli e delle 98 pagine del D.D.D.L.  , sono rivolte a cercare di reprimere l'evasione fiscale in determinati e specifici settori particolarmente a rischio.

***
I)
***
In PARTICOLARE, infatti, il D.D.L.   prevede:
- l'estensione del regime del "reverse charge" per il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera;
- le ritenute e le compensazioni in appalti e subappalti;
- il contrasto alle frodi in materia di accise;
- la prevenzione delle frodi nel settore dei carburanti;
- il contrasto all'evasione e all'illegalità nel settore dei giochi;
- e molto altro ancora.
Ma non intendo certo occuparmi di tutto questo, trattandosi di tematiche evasive molto specifiche, ed estremamente complesse e lunghissime da spiegare.

***
II)
***
In GENERALE, invece, il D.D.L.   prevede:

1)
MEZZI PER CONTRASTARE L'EVASIONE DI "ELITE";
E', infatti, "previsto un inasprimento delle pene per i grandi evasori", così come si legge nel comunicato stampa governativo a commento del D.D.L. ; il che, però, non è del tutto esatto, in quanto, quella del comunicato di Palazzo Chigi, è solo una'"ipotesi" di inasprimento delle pene per i grandi evasori, che non trova, per ora, alcun riscontro nel D.D.L.
Ed infatti, a giustificazione di tale lacuna, è stato spiegato "verbis" che "...l'intesa politica su un nuovo regime sanzionatorio si tradurrà in norme che saranno inserite un emendamento al decreto fiscale dopo un ulteriore approfondimento tecnico."; tale emendamento, ha spiegato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, "si appoggerà su un primo tassello, una prima norma base, che eleverà ad otto anni il carcere per la «dichiarazione fraudolenta»".
Quindi, non tutti i "grandi evasori" saranno coinvolti nell'inasprimento, ma solo quelli "fraudolenti"; anche se si tratta di evasori di taglia "media" o addirittura "piccola".

*
Ed infatti è opportuno tenere presente che, nel generico termine "evasione fiscale", si annidano tipologie "completamente diverse"; che, l'imperante diffuso ed ignorante semplicizzazione di molti giornalisti e politici, assimila erroneamente le une alle altre.
Ed infatti, sia pur semplificando al massimo anche io, ma evitando di fare di tutta l'erba un fascio, possono darsi, in via di principio, i seguenti casi:

A)
"Dichiarazioni fedeli", ma omesso o carente pagamento d'imposta (a volte dovuto a mero errore materiale), nel qual caso si applicano "sanzioni amministrative" minime;

B)
"Dichiarazioni infedeli", ma non "fraudolente", nella quale ipotesi:
- se non vengono superati determinati importi, si applicano "sanzioni amministrative" molto più pesanti di quelle sub a);
- se, invece, vengono superati determinati importi, si applicano addirittura "sanzioni penali";

C)
"Dichiarazioni fraudolente", cioè, quelle architettate con "mezzi fraudolenti", in quanto derivanti da:
- "condotte artificiose attive", che determinano una falsa rappresentazione della realtà;
- "condotte omissive" realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.
Nel quale caso, a prescindere dalla circostanza che vengano o meno superati determinati importi evasivi, si applicano "sanzioni penali" più pesanti di quelle di cui sub b).

*
Quindi, stando a quanto ha dichiarato il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, l'aumento della pena non riguarderà gli evasori sub a) e b) (grande o piccola che sia l'evasione), ma esclusivamente gli evasori sub c) (grande o piccola che sia l'evasione); cioè, l'aumento della sanzione, non si applicherà nè ai meri "illeciti amministrativi", nè ai semplici "reati fiscali", ma soltanto ai "delitti fiscali".

*
Il che, a mio parere, è eticamente comprensibile e condivisibile, ma servirà a ben poco per ridurre l'evasione fiscale complessiva:
- alla entità della quale (è bene prenderne realisticamente atto), contribuiscono "principalmente" MILIONI di evasori piccoli e medi (vedi NOTA IN SUCCESSIVO POST);
- alla entità della quale, l'evasione di qualche MIGLIAIO di evasori "grandi" o "fraudolenti" incide solo in minima parte.

***
2)
MEZZI PER CONTRASTARE L'EVASIONE DI MASSA
L'evasione di massa, sport italiano più gettonato del calcio, invece, il D.D.L. si ripromette di combatterla non certo con l'inasprimento delle pene per i delitti (sarebbe stato meglio inasprirle per gli evasori sanzionabili amministrativamente), bensì con altri mezzi, quali i seguenti:

A)
Contrasto di interessi.
Si prevede, per lo più ancora in via ipotetica, di realizzare un "contrasto di interessi",  con la previsione di una detrazione su una serie di spese - dall'idraulico al parrucchiere, al ristorante - ma solo per pagamenti tracciabili; l'obbiettivo è quello di fare in modo che lo sconto del Fisco sia superiore a quello dell'idraulico o del parrucchiere infedele.
Cioè, il Fisco punta anche a tracciare i pagamenti degli sconti fiscali con cui i contribuenti riducono il peso dell'Irpef; e, per questo si valuta anche l'ipotesi di legare tutte le attuali detrazioni ai pagamenti elettronici.
Il che è in linea con la tesi bisognerebbe creare un "conflitto di interessi" tra il cliente ed il prestatore d'opera, rendendo scaricabili quasi tutte le spese; come, ora, accade solo per le spese mediche e poche altre.
Il che, secondo me, non funzionerebbe granchè, se non in minima misura.
Ed infatti:

a)
In primo luogo, per ogni ulteriore spesa che si rendesse detraibile, in maggiore o in minore misura:
-  al recupero di una "maggiore" tassazione  (per addizione) in capo al prestatore d'opera;
- corrisponderebbe, proporzionalmente  una "minore" tassazione (per sottrazione) in capo ai clienti che si detraggono la spesa.
Per cui, per l'Erario, il gioco potrebbe rivelarsi, magari non proprio a somma ZERO, ma quasi.

b)
In secondo luogo, posto, ad esempio, che la spesa idraulica divenisse detraibile, il conflitto d'interessi potrebbe verificarsi solo se l'aliquota marginale del prestatore d'opera fosse notevolmente bassa; diversamente, sarebbe sufficiente che l'idraulico facesse al cliente uno sconto (attuale) superiore alla detrazione d'imposta (futura), per eliminare qualsiasi conflitto d'interessi.
Ed infatti, su 1000 euro ipotetici, l'idraulico potrebbe pagare fino a 430 euro di IRPEF, mentre il cliente non potrebbe mai rispamiarne più di 190 (stando all'odiena aliquota "standard"); per cui, senza fare fattura, con uno sconto di 200/250 euro, ci guadagnerebbero entrambi.
Questo sembra che Gualtieri lo abbia compreso, perchè ha detto che l'obbiettivo sarebbe quello di fare in modo che lo sconto del Fisco sia superiore a quello praticabile dall'idraulico o del parrucchiere infedele; ma, in questo caso, però quasi sempre si finirebbe per ricadere nel paradosso sub a).

c)
A parte quanto sopra rilevato, laddove il pagamento è soggetto ad IVA, attualmente, se il cliente non chiede la fattura:
- perde, sì, la detrazione ordinaria IRPEF del 19% della spesa nella dichiarazione da presentare l'anno successivo (franchigia a parte);
- però si risparmia di corrispondere il 22% di IVA sull'importo da pagare.
Per cui, omettere la fatturazione dell'operazione, conviene sia al cliente, sia, per ovvie ragioni, al fornitore del servizio; ed infatti è così che normalmente accade, salvo che in caso di detrazioni particolarmente consistenti (come, ad esempio, le ristrutturazioni edilizie).
Per cui, sotto tale aspetto:
-  o si diminuisce l'aliquota IVA;
- oppure si aumenta l'aliquota della detrazione.
Altrimenti, salvo che in pochi casi marginali, il meccanismo non funziona.

B)
Piano Cashless.
Con l'obiettivo di aumentare i pagamenti elettronici, si predispone un piano che prevede, tra l'altro:
- l'introduzione di un "super bonus" da riconoscersi all'inizio del 2021 in relazione alle spese effettuate con strumenti di pagamento tracciabili nei settori in cui è ancora molto diffuso l'uso del contante;
- l'istituzione di estrazioni e premi speciali per le spese pagate con moneta elettronica e sanzioni per la mancata accettazione dei pagamenti con carte di credito o bancomat.
Personalmente sono del tutto indifferente ai "super bonus" e alle Lotterie; però, vista la maniacale propensione per i giochi di sorte da parte di moltissimi Italiani, questa misura, effettivamente, una sia pur limitata efficacia potrebbe averla.

C)
Sanzioni a chi non accetta carte e bancomat.
Nel D.D.L. sono  previste sanzioni per i commercianti ed i professionisti che non accettano carte e bancomat; la sanzione sarà di 30 euro cui aggiungere il 4% del "valore" della transazione per cui non è stato accettato il pagamento con le carte.

Al riguardo, a mio avviso, il redattore dell'art. 23 del D.D.L., nel modificare l'art.15 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, nell'aggiungere il comma "de quo", è incorso in un "errore tecnico"; ed infatti bisognava far riferimento al 4% del "prezzo" della transazione, e non certo al 4% del "valore" della transazione stessa (che è cosa ben diversa).

A controllare le violazioni saranno "ufficiali e agenti di polizia giudiziaria"; al riguardo non è ben chiaro perchè non si accenni agli "ufficiali e agenti di polizia tributaria".
Ma, forse, ciò è dovuto al fatto che il compito in questione si intende demandarlo anche al personale civile dell'Agenzia delle Entrate; sul cui tesserino c'è scritto, appunto, che costoro, nell'esercizio delle loro funzioni, sono da considerarsi "ufficiali e agenti di polizia giudiziaria".

Ciò che mi lascia un po' perplesso, è che, in assenza di tali soggetti, che possono verbalizzare il rifiuto "fino a prova di falso", nel 99% degli altri casi si tratterà della parola del cliente contro la parola del fornitore del bene o del servizio: per cui, non si avrà modo di dare giudiziariamente la prevalenza all'una o all'altra, in quanto potrebbe anche essere stato il cliente a pretendere di pagare in contanti.


D)
Tetto del contante.
Il tetto al contante cala da 3.000 a 2.000 euro nel 2020 e 2021, poi scenderà a 1.000 euro negli anni successivi.
A mio avviso, tale misura:
- "forse" potrà ridurre l'evasione dei "piccoli contribuenti" (il che, comunque, già sarebbe qualcosa di buono):
- ma non potrà certo ridurre l'evasione dei "grandi contribuenti", i quali ricorrono da decenni a mezzi di pagamento molto più sofisticati della carta moneta (oggi, anche tramite "criptovalute" ed altri sistemi).
D'altronde, in caso di "affari veramente grossi", ad esempio il trasferimento di 65 milioni di euro in nero, è ovvio che la transazione non avviene MAI in moneta contante; perchè, per trasferire il denaro "cash", servirebbe un TIR, e poi sarebbe davvero un problema "riciclarlo".


(NOTA)

Quanto ai MILIONI di evasori piccoli e medi, solo per fare un "esempio" tra i tanti, che riguarda i "piccolissimi", è notorio che colf, badanti ecc., nella stragrande maggioranza dei casi, sono "evasori totali", in quanto:

- non sono assoggetati a ritenuta alla fonte IRPEF;

- in massima parte, anche perchè stranieri e di non troppo elevato livello culturale, non hanno la benchè minima idea di cosa sia una dichiarazione dei redditi (tanto meno il Modello UNICO, che competerebbe loro).

Già dal secolo scorso, con un semplicissimo incrocio dei dati INPS e di quelli IRPEF, i miliardi di imposte evase da costoro (sebbene più o meno "in buona fede"), si sarebbero potuti recuperare con accertamenti seriali ed automatici, senza il benchè minimo problema tecnico e senza rischio di contestazione alcuna da parte dei contribuenti; ma, politicamente, sarebbe stato un disastro propagandistico, perchè avrebbe consentito all'opposizione "pro tempore", di destra o di sinistra, di gridare: "Ve la prendete sempre con i poveracci!" (sebbene evasori totali).

Ora, in base a quanto era emerso dalla prima versione dell Nadef, un "genio" (del male) aveva avuto la brillantissima idea:

- di non di procedere a tali accertamenti, che, invece, costituirebbe compito primario dell'Erario da più di venti anni (ma molto impopolare);

- bensì di disporre a breve che anche i datori di lavoro domestico diventino sostituti d'imposta, e che, quindi siano obbligati a trattenere le tasse dovute dai collaboratori domestici ed a riversarle allo Stato; cioè a dover elaborare una busta paga comprensiva anche del calcolo delle imposte dovute, e il dover elaborare un modello F24 mensilmente, effettuandone il pagamento con la stessa periodicità mensile, con il calcolo delle relative imposte e conguagli.

Spero che ci ripensino (come sembra), perchè il giorno dopo che venisse emanato un simile provvedimento:

- io licenzierei immediatamente in tronco la mia colf, e mi arrangerei in altro modo;

- non voterei MAI più per chi ha varato un simile provvedimento;

- proporrei di rinchiudere il genio che ha avuto tale pensata, in un sacco di iuta, assieme ad un gatto, una scimmia e 200 scarafaggi, e poi di gettarlo nel fiume più a portata di mano.

"Scassarmi" il portafoglio, posso pure accettarlo...ma non che mi scassino altre cose!
#4795
Attualità / Sophia!
18 Ottobre 2019, 15:30:27 PM
Ci sono state tante famose "Sophie" nella nostra storia, ma, oggi, la "Sophia" più sorprendente, è quella che, due anni fa, è riuscita ad ottenere il diritto di cittadinanza dell'Arabia Saudita: Sophia Hanson.
La cosa è tanto più sorprendente, in quanto l'Arabia è molto avara nel concedere la cittadinanza agli stranieri;  e Sophia Hanson non è nata lì, bensì ad Hong Kong il 19 aprile 2015.
Ha solo quattro anni, ma, indubbiamente, è molto più "intelligente", o, quantomeno, "sapiente" della media di noi esseri umani: però è un ROBOT (rectius: un "androide").
https://www.youtube.com/watch?v=E8Ox6H64yu8&t=93s

*
Sembra che abbia superato a pieni voti il "test di Turing", che costituisce un sistema empirico per determinare se una macchina sia "effettivamente" in grado di pensare come un essere umano; tale sistema fu suggerito da Alan Turing nell'articolo Computing machinery and intelligence, apparso nel lontano 1950 sulla rivista Mind.

*
Nell'articolo in questione Turing prende spunto da un gioco, chiamato "Gioco dell'Imitazione", a tre partecipanti; al quale, quando ero ragazzo, ho partecipato personalmente un sacco di volte con le mie amiche ed i miei amici.
Il gioco consiste in questo:
1)
I giocatori sono: un uomo A, una donna B, e una terza persona C.
2)
Quest'ultima è tenuta separata dagli altri due e tramite una serie di domande scritte, passate sotto una porta chiusa, deve stabilire qual è l'uomo e quale la donna.
3)
Dal canto loro anche A e B hanno dei compiti: A deve ingannare C e portarlo a fare un'identificazione errata, mentre B deve aiutarlo nell'inganno.
4)
Affinché C non possa disporre di alcun indizio (come l'analisi della grafia o della voce), le risposte alle domande di C devono essere preferibilmente dattiloscritte o similarmente trasmesse.


*
Prendendo spunto da tale gioco di società, un tempo molto diffuso, il test di Turing si basa sul presupposto che una macchina si sostituisca ad A; se la percentuale di volte in cui C indovina chi sia l'uomo e chi la donna è simile prima e dopo la sostituzione di A con la macchina, allora la macchina stessa dovrebbe essere considerata intelligente, dal momento che - in questa situazione - sarebbe indistinguibile da un essere umano (visto che non possiamo stare nella testa nè di un altro uomo, nè in quella di un robot)


*
Il processo di Turing, in sostanza, è lo stesso del gioco: l'intervistatore formula delle domande ai partecipanti tramite telescrivente e non può vederli quindi non sa se sta parlando con due uomini o se uno di loro è una macchina.
Alla fine del gioco dovrà identificare i partecipanti basandosi esclusivamente sulle loro risposte scritte.
Il TEST si ripete N volte e l'intervistatore sbaglia l'identificazione dei partecipanti per Z volte, ottenendo un tasso di errore percentuale pari a: Z/N; cioè, se su 100 reiterazioni del gioco, l'intervistatore scambia la macchina per un essere umano per 10 volte, il suo tasso di insuccesso Z/N è pari a 0,10 ossia al 10% di errore.
Se la percentuale di errore nel gioco in cui partecipa la macchina è simile o inferiore a quella del gioco per individuare l'uomo e la donna, allora il Test di Turing viene superato e la macchina, secondo Turing, può dirsi intelligente.

*
Però, secondo me, con tale test la "macchina" può dirsi o meno intelligente solo in relazione all'intelligenza dell'uomo che gli fa da controparte nel test; ed infatti, un conto è che il test lo effettui chi ha un QI di 100, ed un altro conto è che il test lo faccia .chi ha un QI di 150, in quanto è ovvio che il primo può cadere più facilmente nell'inganno simulatorio, di quanto non possa accadere al secondo.
Il Test di Turing, quindi, secondo me potrebbe dirsi veramente superato e la macchina definirsi "intelligente" (almeno secondo il criterio di Turing), solo se la I.A. riuscisse ad ingannare "chiunque" la sottoponesse al test.

*
A parte questo, da quando ne sentii parlare da ragazzo (negli anni '60), tale TEST mi lasciò molto perplesso anche sotto il profilo meramente logico.
Ed infatti, io ragionavo in questo modo:
- così come un uomo che riesce a "farsi passare per una donna", rispondendo a delle domande tramite telescrivente, "non può per questo  considerarsi una donna" (transgender a parte);
- allo stesso modo una I.A. (intelligenza artificiale) che riesce a "farsi passare per un essere umano", rispondendo a delle domande tramite telescrivente, "non può per questo  considerarsi un essere umano".
"Un conto è la "mimesi", ed un altro conto è la "metessi", citavo "pomposamente", ma alquanto a sproposito, avendo appena letto per la prima volta Platone.

*
Però, tutto sommato, penso che, almeno sotto un certo aspetto, forse avevo centrato il problema; ed infatti l'intelligenza umana è su base biologica, cioè un "corpo-mente".
Per cui, così come un robot non potrà mai mangiare e digerire come noi perchè manca di uno stomaco e di un intestino, allo stesso modo un robot manca dell'apparato neurologico per provare le emozioni provocate dall'amigdala, e controllate dalla corteccia prefrontale; le può "imitare", ma non le può "provare personalmente", poichè manca del supporto "fisico, chimico, biologico" che consente di sperimentarle nello stesso modo in cui le sperimenta un organismo biologico umano (e che influenzano anche il suo modo di ragionare)!
Questo non è ovviamente possibile, perchè se non si possiedono le ali, non si può volare!

Peraltro, anche a livello di ragionamento puro e semplice, i meccanismi logici di un PC e di un cervello umano non sono del tutto simili.

Per esempio, come scrissi in TRILOGIA DEL COMPUTER pubblicato su Urania del 1987, chiedendo ad un computer se l'occhio umano riesce a vedere più lontano di notte o di giorno, quello risponde "di notte"; perchè di notte riesce a vedere le stelle. :)

Il che è esatto, ma non è la tipica risposta umana a tale domanda!



*
Ovviamente, "il test di Turing", nel corso del tempo, è stato sottoposto a critiche molto più scientificamente circostanziate della mia.
Tanto per farla breve, e per non stare a citare tutte le voci critiche di fine secolo ed oltre, il test di Turing viene considerato il figlio di un'era in cui pensavamo che il cervello fosse assimilabile a una macchina per il calcolo; cioè, è figlio di un'idea ingenua di intelligenza.
Più andiamo avanti con le scoperte nel campo delle neuroscienze più scopriamo che la nostra intelligenza non può essere separata dal corpo, dal messsaggio in ingresso; che non è una stringa di istruzioni, ma un complesso di segnali sensoriali che modificano l'architettura stessa del cervello.

*
Però...

*
Però adesso le cose sono un tantino cambiate, in quanto, il singolo PC, o ROBOT che dir si voglia, non ha più un "cervello" isolato al suo interno (come una volta); ma, semmai, poichè tutte le intelligenze artificiali sono ormai interconnesse in "cloud" tra di loro tramite INTERNET, il "cervello" del singolo PC, o ROBOT che dir si voglia, è paragonabile ad un "neurone" collegato tramite sinapsi telematiche a tutti gli altri, quale mera componente di una "metacervello" di proporzioni galattiche e di potenza incommensurabile!

*
Il che, in modo "minimalista", può essere considerato una sorta di "Brainstorming"; espressione è entrata nell'uso comune per indicare una modalità di lavoro di gruppo in cui viene sfruttato il gioco creativo dell'associazione di idee e di soluzioni.

*
In modo "massimalista", invece, può essere considerato una sorta di "Swarm Intelligence" (traducibile come: intelligenza dello sciame), che è un termine coniato per la prima volta nel 1988 da Gerardo Beni, Susan Hackwood e Jing Wang in seguito a un progetto ispirato ai sistemi robotici; esso prende in considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione complessa deriva da un'intelligenza collettiva.

*
Per cui, in effetti, Sophia, risponde alle domande e ne può fare a sua volta e di sua esclusiva iniziativa, ricorda e memorizza persone e situazioni, e interagisce con una certa autonomia; ma  il suo cervello robotico è connesso a INTERNET, per cui può attingere ad una "conoscenza" e ad un'"intelligenza" comune a tutte le altre "macchine".
E' il suo "cervello" che comunica con noi, o il metacervello di cui lei è parte attiva, come se ne fosse un singolo "neurone" che interagisce con milioni (o miliardi?) di altri "neuroni" elettronici?
Ma forse non è ancora il caso di fare ipotesi così fantascientifiche; che, secondo me, sono forse troppo azzardate

*
In effetti, però, ogni tanto circolano su INTERNET alcune notizie "inquietanti"; sebbene, almeno a mio avviso, un tantino troppo "amplificate" ed "allarmistiche" per fare più colpo su chi le legge.
Ad esempio, due sistemi di I.A. (bot) hanno iniziato a parlare tra loro in una lingua incomprensibile all'uomo; i programmatori di Facebook li hanno quindi "spenti" prima che potessero decidere di estromettere i loro creatori dal sistema e diventare "pericolosi".
In realtà il sistema di IA, di sua iniziativa, aveva semplicemente scoperto e impiegato un metodo più efficiente rispetto a quello umano convenzionale per utilizzare le parole; di fatto, per conto suo, aveva inventato una nuova lingua.
I programmatori hanno quindi deciso di "spegnere" le macchine, e di riaccenderle solo dopo avere impostato l'inglese come unica lingua di comunicazione.
Ma questo non tanto perché la nuova lingua avrebbe permesso ai chatbot di escludere l'uomo dalle loro conversazioni, ai fini di chissà quale "rivoluzione robotica"; ma semplicemente perché sarebbe stato del tutto inutile per un software-funzione destinato all'interazione con gli esseri umani.
Almeno così hanno dichiarato i programmatori.

*
In conclusione, nei limiti della mia limitatissima competenza in materia, io non dubito affatto che possa realizzarsi una vera e propria "intelligenza elettronica" (singola e/o di sciame); però, per le ragioni esposte sopra, sono portato a pensare che si tratterà di una "intelligenza aliena"; cioè, come quella che potrebbe avere un extraterrestre con struttura a base di "silicio", con il quale potremmo condividere concetti astratti, ma non esperienze tipiche di esseri a base di "carbonio", come noi (sebbene una IA molto performante, potrebbe anche "far finta" di avere emozioni come le nostre).
Detto in parole povere, con un robot potremo conversare e ragionare, ma mai entrare in empatia come con un cane. ;)
#4796
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
16 Ottobre 2019, 07:19:48 AM
Ciao Bob. :)
In ordine alle tue repliche, osservo quanto segue:

***
Riguardo a San Tommaso, avevo scritto testualmente: "Personalmente,io la vedo in modo un po' diverso, ma non è qui il luogo per parlarne", ed infatti, la faccenda è del tutto fuori tema.

***
Quanto a Cusano, se non ricordo male lui affermava che in Dio convivono i contrari poiché Egli è l'assoluto; e, quindi, la "contrad<<dizione>>" non ha senso, perchè di Lui nulla è <<dicibile>>.
Però rammento che Cusano diceva pure che, invece, nell'uomo "il principio di non contraddizione", che permette di riconoscere le cose secondo la loro differenza, è il principio primo della conoscenza;  rifiutando il quale, si abdica dal discorso <<dicibile>>, e tanto vale restare zitti (il che somiglia un po' alla mia distinzione di livello noumenico e fenomenico).
Cosa che anche io suggerirei, perchè non si può continuare a parlare negando la logica del linguaggio.

***
Al riguardo, in effetti, tu ammetti che "...i termini che uso, come "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella sono necessari, perché il linguaggio si fonda sui qualcuno e sui qualcosa. Dovrebbero però essere intesi solo come strumenti necessari per la comunicazione, senza nessuna presupposta "verità" in loro stessi."
Se, però, devono davvero fungere da strumenti necessari per la comunicazione, allora un "significato reale", devono pur averlo; altrimenti ci si ridurrebbe a parlare di niente, senza alcuna reale comunicazione!
"Nomina sunt consequentia rerum!"
Dante  traduce: "Con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose". (Vita Nuova XIII, 4).

***
Se poi i termini "io", "tu", "me stesso" e compagnia bella non hanno alcuna "verità" in loro stessi, allora io ti chiedo; ed allora quale mai "verità" ci sarebbe nel termine "verità"?
Anche questa, in fondo, è solo una parola! :)

***
Poi tu scrivi che ciò che si sceglie:
------------------------------------------------------
1) O era necessario che fosse scelto, ovvero era l'unica reale possibilità (il reale e il possibile sono il medesimo). E ciò a prescindere se determinabile a priori o meno.
2) Oppure... è intervenuto il caso!
Non vi sono ulteriori alternative.
------------------------------------------------------

***
Quanto ad 1), si tratta di una proposizione completamente "fallace", sotto due aspetti:
- dire che una cosa è necessaria,  equivale a dire è l'unica reale possibilità; e quindi, il tuo "ovvero" non ha alcun senso.
- dire che il reale e il possibile sono il medesimo, è palesemente "falso", in quanto "Ab esse ad posse valet, sed a posse ad esset non valet consequentia"; cioè, se una cosa effettivamente si realizza, doveva per forza essere possibile, ma il fatto che sia possibile che si realizzi, non significa affatto che poi effettivamente si sia realizzata. ;)

***
Quanto a 2), indubbiamente ci sono casi in cui è intervenuto il caso (morte accidentale), e casi in cui non è intervenuto alcun caso (morte volontaria); come qualunque medico legale della polizia scientifica potrebbe spiegarti. ;D

***
Quanto al mio "Ex nihilo nihil", se mi fai apparire una moneta dal nulla (senza trucco), ammetterò che si tratta di un motto sbagliato. :D
Ma non lo ammetterò certo solo perchè tu ti sollazzi in giochi di parole senza alcun senso compiuto: "Niente viene dal niente... nell'esserci, perché con "essere" e "non essere" noi, nell'esserci, intendiamo che "c'è" e che "non c'è", e mai l'ESSERE in quanto tale." ;D  ;D  ;D
Ma che stai a dì? ::)
E poi scrivi: "Ci credo che niente viene dal niente, nell'esserci! Perché qui domina il qualcosa. Che c'è, ora, solo perché, prima, c'erano altri qualcosa, che ci devono essere stati. Perché se non ci fossero stati... non ci sarebbe niente!" ;D  ;D  ;D
Ma ti rendi conto che stai scrivendo cose senza significato?
Se accettassi un simile modo di accroccare parole senza alcun nesso nè logico nè sintattico, ti potrei replicare:
"Il niente, però, viene dal niente, nel non esserci! Perché qui non domina il qualcosa. Che non c'è, ora, solo perché, prima, non c'erano altri qualcosa, che non potevano mai esserci stati. Perché se ci fossero stati... ci sarebbe qualcosa!". ;D  ;D  ;D
Ti soddisfa?

***
Quanto al fatto di avvertire ora come la mia  libertà di scelta sia un'illusione, se tu parti dal principio  che nessuna scelta è libera, allora dovresti onestamente avvertire che lo è allo stesso modo anche la tua.
Ivi compresa la tua specifica scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera"; la quale, quindi, a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata"; di conseguenza, essa "non ha alcun valore dimostrativo".  
In altre parole, se non è libera la tua scelta di credere che le nostre scelte non siano libere, allora, forse, tu stesso implicitamente ammetti che potrebbero esserlo!
E, quindi, l'illusione sarebbe soltanto la tua! ;D

***
Quanto al fatto che la mia scelta non sarebbe libera,  solo perchè io la faccio in base a determinati motivi, se mi consenti, questa è davvero una assurdità; ed infatti ne conseguirebbe che la mia scelta sarebbe libera solo se fosse immotivata. ;D
Il che è semplicemente folle! ::)
Sarebbe come se un giudice condannasse l'imputato senza alcuna motivazione formulata in sentenza, al fine di evitare che la sua pronuncia venisse considerata come "non liberamente deliberata".

***
Quanto a Marco Vannini, lo adoro, ed ho letto tutti i suoi libri (e quelli da lui commentati); ma, se mi consenti, la mia interpretazione dei suoi scritti è radicalmente diversa dalla tua.
Tu non riesci a distinguere il fisico dal metafisico (o, se preferisci il fenomenico dal noumenico), per cui fai una confusione "colossale" tra livelli ontologici diversi.
Il che ci conduce ad un corto circuito logico comunicativo che non intendo alimentare oltre; per cui non risponderò più a tue ulteriori repliche di questi genere, le quali, oltre ad essere ossessivamente ripetitive non hanno assolutamente niente a che vedere con il mio Topic.

***
Un saluto! :)
#4797
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
15 Ottobre 2019, 10:16:05 AM
Ciao Bob.
Leggerò senz'altro "Lo specchio delle anime semplici" di Margherita Porete.

***
Quanto a sgombrare previamente il mio cervello dai tanti pregiudizi che lo assillano, penso che non sia una cosa tanto semplice; come pure ho scritto nel mio TOPIC "Il cubo di Necker e le linee parallele".
Ed infatti, per quanto io possa provare ad avere la mente sgombra da preconcetti, sono convinto che il mio giudizio, in maggiore o in minor misura, risulta sempre comunque  un po' viziato:
- dai miei "idola" (specus, fori, tribus e theatri);
- dalle mie specifiche letture;
- dalle mie personali esperienze di vita.
Il che, ovviamente, vale per tutti quanti, te compreso; a meno che tu non presuma di poter fare eccezione alla regola!

***
Ho provato ad adottare il pensiero laterale per capire il senso della tua frase: "...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto",  ma la stessa mi risulta inesorabilmente contraddittoria!
Proprio "Non sequitur!"

***
Quanto alla libertà, penso anche io che la libertà assoluta non esista; ma desumere da questo che non ci siano "nessuno", mi sembra una illazione logicamente abusiva.
Ed invero, essere libero o meno, deve essere per forza il predicato nominale di "qualcuno"; se, infatti, non c'è "nessuno", non ha neanche senso parlare di "libertà" o meno.
O forse che avrebbe senso dire che, sulla terra di 4 miliardi di anni fa, c'era libertà, o c'era prigionia?

***
Quanto alla libertà nei personaggi che agiscono in un film che vedi proiettato sullo schermo, ovviamente essa non c'è, perchè si tratta soltanto di immagini, e non di persone reali.

***
Se ammetti che, con il neuroimaging si nota un'interazione, e se ammetti tu stesso che essa individua una "scelta", ciò implica che essa deve per forza in qualche misura "libera", altrimenti non sarebbe una vera "scelta", bensì un mero "riflesso condizionato"; che è una cosa completamente diversa ed interessa differenti aree del cervello!
Ed infatti, le aree cerebrali decisionali degli animali inferiori, sono diverse e più elementari delle nostre, limitandosi precipuamente a "riflessi condizionati".

***
Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo?
Ti giro la domanda! :D

***
Ed infatti, quanto ad asserire che è la "libertà" ad essere in questione, e non la "scelta", già mi sembrava di averti spiegato diffusamente la questione della coazione fisica, morale ecc. ("coactus tamen volui").
Perché non leggi con più attenzione quanto scrivo? :D

***
Ribadisco che il suicida <<ha>> sempre dei motivi per il suo gesto, ma, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un motivo; allo stesso modo che chi <<ha>> un cane, ovviamente,  non <<è>> lui stesso a sua volta un cane!

***
La logica occorre rispettarla, sempre; ma tu spesso non lo fai!

***
Quanto al fatto che il "Principio di non contraddizione" non possa essere considerato Assoluto, come giustamente osserva Eliah, "chi vuole negare il principio di non contraddizione è costretto a affermare che "se il principio di non contraddizione non è valevole, allora non affermo tale principio"".
Ma in codesta frase "è palese che il negatore afferma egli stesso che non è possibile che il principio sia e non sia nel medesimo rispetto; l'argomentazione portata dal negatore del principio per confutare questa tesi fa quindi uso dello stesso identico principio che vuole negare. L'"elenchos" (la confutazione) fa in modo quindi di confutare i negatori del principio nel momento stesso in cui si apprestano a negarlo."
In ogni caso, se mi fai vedere il palmo tua mano con posato sopra, nello stesso momento un euro e nessun euro, ne riparliamo. ;)

***
Quanto alla domanda se Dio debba sottostare al principio di non contraddizione, è una vecchissima questione.
Al riguardo San Tommaso scrisse: "Potentiam enim Dei se extendit ad totum ens: unde solum id a Dei potentia excluditur quod repugnat rationi entis; et hoc est simul esse et non esse: et eiusdem rationis est, quod fuit, non fuisse.".
Per cui, il potere di Dio è obbligato a piegarsi dinnanzi a quel principio di non contraddizione che Egli stesso ha posto; perchè altrimenti Dio stesso potrebbe essere e non essere nello stesso tempo.
Personalmente,io la vedo in modo un po' diverso, ma non è qui il luogo per parlarne.

***
Grazie per le tue risposte, al cui riguardo osservo:
1)
Se ammetti (logicamente) che nessuna scelta è libera, allora ammetti implicitamente che anche la tua scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera", a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata"; di conseguenza, essa "non ha alcun valore dimostrativo".  
Quanto al fatto che tu non esisti, devo ammettere che riesci a contraddire da solo la tua affermazione in modo davvero esemplare; ed infatti, se tu non esisti, non possono esistere nemmeno le tue affermazioni, le quali, ovviamente, non possono scaturire dal nulla.
"Ex nihilo nihil"! :)
Pertanto, così dicendo, mi esimi dal continuare a doverle confutare, perchè non si può certo confutare quello che non c'è!

2)
Quanto al fatto che tu metti sullo stesso piano di "coazione all'atto" Seneca, Rommel, Pavese ed Hemingway, per la semplice ragione che non vi è nessuno che sia costretto ad alcunché, temo che allora bisognerà riscrivere i libri di storia.
Ma già, dimenticavo: non esistono neanche quelli! ;D
Perché, come scrivi tu, "ciò che esiste è il suicidarsi, così come lo scrivere, il leggere, il piangere e il ridere... Senza nessuno che scriva, che legga, che si suicidi..."; come dire che esiste la cacca senza nessuno che  la faccia, apparendo, così, dal nulla! ;D

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D'altronde, se è il "Niente" a scrivere, che ti rispondo a fare?
Non servirebbe a "Niente", in quanto non esisterebbe neanche la mia risposta!
Perchè ti affanni tanto a convincere qualcuno che non esiste?
Non è un po' come se parlassi al telefono sapendo che dall'altra parte non c'è nessuno?

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Ed il "Niente" non è "Niente", nè Spirito nè Amore.
A meno che tu non abbia male interpretato quello che scriveva la Porete "l'angelo di Eckhart" (secondo Silesius);  il quale, infatti, diceva che "Dio è il Niente", ma non nel senso che non esiste, bensì nel senso che "non è niente di tutte le cose terrene, mancando di genere prossimo e differenza specifica".
""...et Paulus nihil vidit"!
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Un saluto!
#4798
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
14 Ottobre 2019, 15:41:25 PM
Ciao Sariputra. :)
Hai ragione!
Ed infatti, come dici tu, non c'è dubbio alcuno che, se stai soffrendo per le più svariate ragioni, per fortuna, puoi sempre ricorrere al suicidio per sfuggire agli "affanni e ai dardi dell'avversa sorte".
Ed infatti, lo dice anche la BIBBIA, laddove, in SIRACIDE 30,17 si legge: "Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno, piuttosto che una malattia cronica."
E lo dice pure il Metastasio, scrivendo
"Non è ver che sia la morte
Il peggior di tutti i mali;
È un sollievo dè mortali
Che son stanchi di soffrir!"
Mi pare ovvio! :)

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Tuttavia, è meno ovvio, ma non meno razionale, che:
a)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, se ne vieni privato con la morte, NON PERDI NIENTE; ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!
b)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, non puoi sapere cosa accadrà domani; e se è vero che nessuno può più rammaricarsi di ciò che ha perso una volta morto, può invece amaramente rammaricarsi di non essere morto prima di subire atroci perdite da vivo.
Ad esempio, le mie due nonne (alle quali, per il resto, era sempre andato tutto bene) persero dei figli quando erano ancora vive; e spesso si lamentavano di non essere morte prima.

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Per cui, almeno razionalmente, il suicidio sarebbe, almeno teoricamente, la scelta più logica "anche quando va tutto bene"!
Ed infatti, come scriveva Sofocle in "Edipo a Colono: "La cosa migliore sarebbe non nascere affatto; ma, se sei stato così sfortunato da venire al mondo, la cosa migliore è andartene il prima possibile!".
Idem in Nietzsche, ne "La nascita della tragedia" : "Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato affatto, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto".
In effetti si tratta di visioni alquanto "pessimistiche" della vita; ma, a mio avviso, assolutamente "realistiche"!

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Ed invero, a prescindere dalle considerazioni sub A) e B), in ogni caso, se ci rifletti bene, la scelta non è tra vivere e morire, perchè bisogna per forza morire ; qualcosa ci ucciderà comunque, prima o poi.
Tutto sta a vedere:
- QUANDO
- COME

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Circa il QUANDO, che si muoia prima o dopo, non fa la benchè minima differenza, perchè il TEMPO è roba solo per i vivi, non per i morti; per essi, ormai, essere morti a venti anni o ad ottanta, non cambia più niente.
IL NOSTRO PRINCIPALE ERRORE, E' DI GIUDICARE LA MORTE CON LA PROSPETTIVA DEI VIVI!

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Circa il COME,affidandosi al caso, almeno secondo la mia esperienza, il modo in cui si muore è quasi sempre ORRIBILE; e, in genere, sempre molto più LENTO di quanto sarebbe auspicabile.
"Morire nel sonno" è rarissimo; e, in ogni caso, nessuno si è mai svegliato per raccontarci se sia stata una esperienza particolarmente gradevole (dipende dalla causa della morte).
Se, invece, ci si suicida con una tecnica adeguata,  la morte è immediata e praticamente indolore; per cui, perchè mai morire "a casaccio", quasi sempre in modo molto doloroso, quando si può scegliere di morire in modo meno doloroso (visto che tanto morire è "obbligatorio")?
Secondo me non ha senso!

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Indubbiamente, possono esserci suicidi del tutto irrazionali, dovuti all'impulso del momento (che, spesso, può anche essere di origine patologica); tuttavia, in sè e per sè, almeno a mio parere, il suicidio è la soluzione più razionale ed intelligente che un individuo possa prendere, in qualsiasi situazioni esso si trovi.
A meno che, come ho già spiegato, costui non abbia obblighi che lo impegnino a continuare a vivere; ad esempio, figli piccoli, genitori anziani ecc..

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Il problema è trovare il coraggio per farlo, perchè "essere morti" non fa male, ma "morire" (anche suicidi) un po' sì!

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Quanto al fatto che la compassione altrui può mitigare il dolore di vivere (soprattutto nel caso di gravi malanni, come quello del mio amico), questo è verissimo; soprattutto se lo si aiuta a morire, non limitandosi a fornirgli pannicelli caldi.

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E' anche vero che la sofferenza dell'altro richiede il nostro tempo, che non vogliamo donare, se non in misura limitata; io, per esempio, più di una volta a settimana non riuscivo ad andare a visitare il mio amico, e non restavo lì mai  più di un'ora.
Una volta me ne scusai, e lui, scrivendo col piede, mi disse: "Senza offesa, ma anche se restassi qui giorno e notte, non è che per me le cose cambierebbero di molto. Voglio morire e basta!" :(

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Però è verissimo, come scrivi tu, che, molto spesso, il (tentativo di) suicidio è un estremo, disperato tentavivo del sofferente di richiamare la nostra attenzione, per dirci: "Aiutami!"
In tali casi, infatti, la tecnica adottata è di tagliarsi le vene dei polsi in senso "orizzontale", e non "verticale", in modo da simulare (consciamente o inconsciamente) il suicidio, ma non di portarlo a termine.
Ma, appunto, come dici tu, quelle in realtà sono richieste di aiuto, e NON suicidi veri e propri!

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Un saluto! :)
#4799
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
14 Ottobre 2019, 07:11:09 AM
Ciao Bob.
Ci hai colto in pieno: in effetti, ci sono moltissime assonanze tra me e Leopardi, il quale, assieme a Catullo, era uno dei miei poeti preferiti quando ero ragazzo. ::)

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Quanto al nichilismo, in effetti, almeno a livello "fenomenico", ci hai colto egualmente; tuttavia mi pare che la mia visione sia indubbiamente molto meno "nichilista" della tua, quando sostieni che addirittura non esiste NIENTE (neanche il tuo io).
Più "NIHIL"ista di così!
La mia visione "noumenica", comunque, non mi pare affatto nichilista; sempre ammesso che essa corrisponda effettivamante alla verità, cosa di cui non sono affatto sicuro.
A volte mi assale il dubbio che Gorgia avesse ragione, quando diceva che: "La verità non esiste, anche se esistesse non potremmo conoscerla, anche se riuscissimo a conoscerla, non saremmo mai in grado di comunicarla agli altri! :(
Sei tu che hai "certezze", non io! :)

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Può anche darsi che la "logica" non ci conduca alla Verità; figuriamoci l'"illogicità"!  ;D

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Quanto al fatto che, se ci sono tanti suicidi questi devono necessariamente derivare da scelte libere, io non ho mai scritto una simile sciocchezza. :D
Io, invece, citando le statistiche,  replicavo soltanto (ironicamente)  alla tua affermazione secondo la quale il suicidio sarebbe un "assurdo fisico"; al riguardo, infatti, scrivevo: "... non c'è dubbio alcuno che sia in grado di influire sulla realtà esterna,  in quanto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone; se fosse un assurdo fisico, ciò non si verificherebbe!"
La mia osservazione non c'entrava niente con la "libertà" o meno della scelta suicida.

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Quando scrivi che: "...la non libertà di scelta è TOTALE! Ed essendo totale non vi è nessuno che sia costretto", in effetti, stai palesemente contraddicendo te stesso; ed infatti, mi sembra ovvio che, "se non c'è libertà di scelta", ne consegue che siamo "costretti" a fare questo o quello, visto che non possiamo scegliere.
O no?

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Quanto all'interazione tra diverse aree del cervello, nel momento decisionale del singolo individuo, essa è confermata dal "neuroimaging", che, appunto, illumina le aeree interessate; io l'ho visto con i miei occhi, per cui, semmai, costituisce una "affermazione completamente arbitraria e fisicamente assurda", sostenere il contrario solo per mero pregiudizio.
Le cose sono quello che sono, ci piacciano o meno!

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Quanto al fatto che il suicida può "avere" dei motivi, ma non "essere" a sua volta un motivo (allo stesso modo in cui io posso avere un cane, pur non essendo un cane), per quanti sforzi io faccia, non riuscirò mai a concepire i controsensi: e, cioè, che "avere" equivalga ad "essere".
Ed infatti, non vedo proprio perchè questa illogicità, dovrebbe essere necessaria; anzi, a me, sotto il profilo "ontologico", pare esattamente il contrario.

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Può anche darsi che il pensiero logico/razionale quando trova un limite e lo avverte come errore, vi rimbalza e ritorna nel suo rassicurante mondo logico.
Ma, come ho detto sopra, può anche darsi che la "logica" non ci conduca alla Verità; e allora figuriamoci l'"illogicità"!  :D
Soprattutto quando si scambiano le "metafore" con i "fenomeni" reali.

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Io non evito affatto di affrontare la reale questione, perché faccia male a me; però  penso che faccia male a te ostinarti in concezioni autocontraddittorie, che non hanno senso alcuno.

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Diversamente, non è affatto insensata la tua affermazione che quella di suicidarsi non è mai una scelta completamente libera; sulla quale potrei anche concordare sotto parecchi aspetti, se, però, prima mi rispondi a due domande:

1)
Secondo te solo la scelta di suicidarsi non è "libera", oppure nessuna scelta umana è realmente e completamente "libera"?
Al riguardo:
- se rispondi che solo la scelta di suicidarsi non è "libera", allora devi spiegarmi perchè mai, invece, le altre scelte dell'uomo dovrebbero ritenersi tutte libere;
- se rispondi, più coerentemente, che nessuna scelta umana è "libera", allora dovresti ammettere che anche la tua scelta di sostenere la  tesi per la quale nessuna scelta umana è "libera", a sua volta non è affatto "libera", bensì è essa pure "condizionata".  

2)
Secondo te la scelta di suicidarsi di Seneca e di Rommel (i quali, per loro conto, avrebbero preferito senz'altro continuare a campare), e la scelta di suicidarsi di Cesare Pavese e di Ernest Hemingway (i quali, invece, si erano dichiaratamente rotti le palle di campare), anche a volerle considerare tutte e quattro non libere in quanto condizionate -cosa più che sostenibile-  ti sentiresti, però, di metterle su uno stesso piano di "intensità condizionativa"?
Cioè, tutti costoro sono stati "costretti" ad uccidersi, da una identica ed equipollente forza coattiva, indipendente dalla loro volontà?

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Quanto all'"autonomia", e all'"indipendenza", ti ho già spiegato, secondo me, qual'è la differenza; per cui non intendo più tornarci sopra.

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Un saluto! :)
#4800
Ciao Anthony. :)
Mi rendo conto che il mio Topic suona un po' paradossale; però considera che l'"eterogenesi dei fini" è uno degli effetti storicamente più ricorrenti dei provvedimenti di legge emanati principalmente per "batter grancassa!". :D
Ed infatti, i Bravi, se la stanno ancora ridendo delle famose "Grida Manzoniane"!

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Quanto al fatto che l'inchiesta penale, normalmente, conferisce poteri di indagine agli inquirenti che sono maggiori di quelli che si hanno in "inchieste amministrative", questo è vero; però tieni presente che, quelle esperibili dal Giudice Tributario sono anch'esse "inchieste giuridizionali" (e non amministrative).
Le quali, peraltro, sono demandate allo stesso organo di polizia a cui si rivolge il Giudice Penale (la G.di F.), e, sostanzialmente, con gli stessi identici poteri di indagine.

***
Il contribuente, invece, nell'ambito della Giurisdizione Penale;
- può fruire di maggiori mezzi difensivi in materia di prova, di quanti non gliene vengano consentiti in sede di Giurisdizione Tributaria;
- può fruire dello scudo del "ragionevole dubbio", che, invece, in sede di Giurisdizione Tributaria non gli è affatto concesso, potendo essere condannato anche in base a mere "presunzioni semplici" (e, a volte, nemmeno quelle).

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Detta in parole povere, sostanzialmente:
- nella Giurisdizione Penale prevale il "favor rei".
- nella Giurisdizione Tributaria prevale il "favor Fisci".

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Inoltre considera pure che, i giudici penali, in genere, anche se molto in gamba e preparati, di diritto tributario -che è estremamente specialistico- solitamente ne capiscono molto poco; come ti posso testimoniare di persona, e come i più onesti di loro spesso ammettono.

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Sebbene esistano anche giudici specializzati in diritto tributario (soprattutto in ambito non penale), come quelli della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, costituita con decreto del Primo Presidente della Corte 19 giugno 1999, n. 61/99, essi, tuttavia, sono "infinitamente" meno numerosi di quelli (sia pure non tutti magistrati) che si occupano del  processo  tributario; il quale si svolge innanzi ad una "Giurisdizione Speciale", cioè la "Giurisdizione Tributaria", che a norma dell'art. 1, comma 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, è esercitata dalle Commissioni tributarie provinciali e dalle Commissioni tributarie regionali. 

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Non dico affatto che la paura dell'abbassamento delle soglie della punibilità penale, non possa fungere da deterrente all'evasione, almeno nei confronti dei contribuenti più timorosi e meno competenti in materia; ma, a mio avviso, i grandi evasori e quelli più legalmente assistiti, non se ne preoccupano troppo.
Anzi, potrebbero addirittura trarne indirettamente un beneficio!

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In ogni caso il mio ragionamento riguardava soprattutto l'aspetto processuale, perchè, ovviamente, una condanna penale non fa certo piacere a nessuno.

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Per concludere, circa gli abbassamenti e gli elevamenti, in passato, delle soglie di punibilità, secondo me, sarebbe stato saggio da parte del Governo verificare se, ed in che misura, essi siano risultati "effettivamente" proporzionali ad una diminuzione o ad un aumento del tasso di evasione.
Ma, come ho detto, per qualsiasi governo ciò che più importa è battere la grancassa propagandistica; il resto è secondario!

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Un saluto! :)