Il rapporto tra la metamatica e la realtà credo sia simile a quello tra le regole di un gioco e i partecipanti del gioco stesso.
In un certo senso la matematica crea migliaia o centinaia di migliaia od anche infiniti giochi poi comunque noi ne giochiamo solo uno.
La matematica crea una sorta di elenco di giochi possibili. Poi noi verifichiamo quale gioco stiamo giocando attraverso l'osservazione delle regole imposte.
Potremmo non sapere che l'acqua bolle perche non abbiamo mai sperimentato questo evento, ma potremmo prevederlo solo attraverso la tiratura di una regola. Se poi scopriamo, facciamo l'esperimento e troviamo che l'acqua bolle per davvero possiamo dire di essere nella strada giusta nell'individuazione della regola.
Ora qui io credo potrebbe nascere un fraintendimento. Quando parlo di regole non sto pensando alla realtà. Infatti come preambolo ho detto che le regole (quindi la matematica) si rapportano con i partecipanti del gioco. Sono questi ultimi la realtà. Questo diventa un grosso fraintendimento quando, con la m.q. (richiamata da jano) sembra voler intendere una regola, cioè un gioco, senza partecipanti. La funzione d'onda descrive matematicamente stati sovrapposti ma mai (o quasi mai) qualcosa di preciso e netto come un singolo partecipante al gioco. In questo caso la regola antecede la realtà (che in precedenza non esiste o chi cui possiamo dire poco), la quale poi nasce con l'osservazione ma senza (al momento) la comprensione della regola di creazione. Mi spiego. Quando io mi accingo a fare una osservazione quantistica (prima di farla) non sto misurando qualcosa che è gia in atto. Non solo, secondo le regole che ci sono date, neppure posso prevedere quello che misurerò. Per cui la m.q. che antecede l'atto di misura non può descrivere la realtà. E' una regola senza giocatori. Quello che io chiamerei "matematica pura" ...
Poi esiste un'altra regola: l'atto di misura rende reale una proprietà, ma questa non segue la meccanica classica. Facciamo conto che la m.q. sia uno scatolo di gioco, tipo il risiko. Io sono il giocatore esterno, o meglio quello che farà l'osservazione, e accanto a me ho altri giocatori/osservatori. Abbiamo un bel gioco da fare ora però ricapitoliamo le regole. Io ho la possibilità di prendere un carro armato viola alla volta il secondo osservatore un carro armato nero, il terzo un soldato un carro armato bianco. Abbiamo tutti le stesse probabilità: 33%. All'interno dello scatolo però non esistono carri armati e tanto meno la vernice per colorarli. Esistono però delle fessure da dove può uscire un carro armato viola o non uscire alcun carro armato (cosi uguale per gli altri due amici osservatori) Io che faccio. mi metto con un piccolo barattolo sotto la fessura di mia competenza e faccio un klikk dalla parte del carro armato viola e osservo che alle volte esce un carro armato (che sarà viola per forza) alle volte non esce nessun carro armato. Alla fine quando tutti noi avrermo piu o meno 1/3 dei carrarmati totali incominciamo il gioco del risiko. Prima però il gioco lo ha fatto lo scatolo vuoto ma con una regola ben precisa. Deve restituire ai partecipanti 1/3 di carri armati di un solo colore.
Quella della regola probabilistica è una regola che descrive in comportamento della somma totale dei carro armati. Non del singolo. Il singolo è costretto diciamo a non indugiare troppo nell'uscire.
Come si vede il gioco non ha pezzi reali all'interno, ma per realizzarsi impone una regola probabilistica. Come posso notare la regola interna alla m.q. (che io ho accumunato allo scatolo del risiko) è molto piu importante del partecipante (in quel caso il carro armato). Non può esiste un partecipante senza la regola e il partecipante è reale solo dopo aver rispettato la regola probabilistica.
Per cui per finire la matematica alle volte, come nel caso della m.q. , non descrive la realtà, ma detta le regole della sua stessa esistenza.
Come abbiamo visto nella discussione sull'entangled (per chi ha partecipato) nato da un argomento parallelo che lo ha fatto nascere (fisica e tempo) alle volte la matematica da una regola per la nascita della realtà e noi la osserviamo mentre si realizza. In taluni casi però le regole cosi trovate non bastano a farci comprendere i meccanismi. Anche la stessa regola probabilistica a me lascia un po' interdetto. Quella è una regola fondamentale o è solo il modo migliore per fare una previsione? Non è molto chiaro. Due sistemi entangled si correlano nonostante siano lontani e nonostante le correlazioni nascano solo ad osservazione attuata; anche questa ultima regola non è molto chiara e ci lascia senza alcuna spiegazione di come facciano a rimanere correlate. Ovvero tra le regole da una parte e la realtà dall'altra, manca una comprensione meccanica che noi fondiamo ad esempio con il principio di causa ed effetto. Se una dopo l'altra dovessimo abbandonare principi cardine che si legano alla comprensione, per mantenere in piedi solo regole matematiche (scatole di gioco vuote), dovremmo abbandonare l'idea di avere del mondo una "visione" comprensibile.
In un certo senso la matematica crea migliaia o centinaia di migliaia od anche infiniti giochi poi comunque noi ne giochiamo solo uno.
La matematica crea una sorta di elenco di giochi possibili. Poi noi verifichiamo quale gioco stiamo giocando attraverso l'osservazione delle regole imposte.
Potremmo non sapere che l'acqua bolle perche non abbiamo mai sperimentato questo evento, ma potremmo prevederlo solo attraverso la tiratura di una regola. Se poi scopriamo, facciamo l'esperimento e troviamo che l'acqua bolle per davvero possiamo dire di essere nella strada giusta nell'individuazione della regola.
Ora qui io credo potrebbe nascere un fraintendimento. Quando parlo di regole non sto pensando alla realtà. Infatti come preambolo ho detto che le regole (quindi la matematica) si rapportano con i partecipanti del gioco. Sono questi ultimi la realtà. Questo diventa un grosso fraintendimento quando, con la m.q. (richiamata da jano) sembra voler intendere una regola, cioè un gioco, senza partecipanti. La funzione d'onda descrive matematicamente stati sovrapposti ma mai (o quasi mai) qualcosa di preciso e netto come un singolo partecipante al gioco. In questo caso la regola antecede la realtà (che in precedenza non esiste o chi cui possiamo dire poco), la quale poi nasce con l'osservazione ma senza (al momento) la comprensione della regola di creazione. Mi spiego. Quando io mi accingo a fare una osservazione quantistica (prima di farla) non sto misurando qualcosa che è gia in atto. Non solo, secondo le regole che ci sono date, neppure posso prevedere quello che misurerò. Per cui la m.q. che antecede l'atto di misura non può descrivere la realtà. E' una regola senza giocatori. Quello che io chiamerei "matematica pura" ...
Poi esiste un'altra regola: l'atto di misura rende reale una proprietà, ma questa non segue la meccanica classica. Facciamo conto che la m.q. sia uno scatolo di gioco, tipo il risiko. Io sono il giocatore esterno, o meglio quello che farà l'osservazione, e accanto a me ho altri giocatori/osservatori. Abbiamo un bel gioco da fare ora però ricapitoliamo le regole. Io ho la possibilità di prendere un carro armato viola alla volta il secondo osservatore un carro armato nero, il terzo un soldato un carro armato bianco. Abbiamo tutti le stesse probabilità: 33%. All'interno dello scatolo però non esistono carri armati e tanto meno la vernice per colorarli. Esistono però delle fessure da dove può uscire un carro armato viola o non uscire alcun carro armato (cosi uguale per gli altri due amici osservatori) Io che faccio. mi metto con un piccolo barattolo sotto la fessura di mia competenza e faccio un klikk dalla parte del carro armato viola e osservo che alle volte esce un carro armato (che sarà viola per forza) alle volte non esce nessun carro armato. Alla fine quando tutti noi avrermo piu o meno 1/3 dei carrarmati totali incominciamo il gioco del risiko. Prima però il gioco lo ha fatto lo scatolo vuoto ma con una regola ben precisa. Deve restituire ai partecipanti 1/3 di carri armati di un solo colore.
Quella della regola probabilistica è una regola che descrive in comportamento della somma totale dei carro armati. Non del singolo. Il singolo è costretto diciamo a non indugiare troppo nell'uscire.
Come si vede il gioco non ha pezzi reali all'interno, ma per realizzarsi impone una regola probabilistica. Come posso notare la regola interna alla m.q. (che io ho accumunato allo scatolo del risiko) è molto piu importante del partecipante (in quel caso il carro armato). Non può esiste un partecipante senza la regola e il partecipante è reale solo dopo aver rispettato la regola probabilistica.
Per cui per finire la matematica alle volte, come nel caso della m.q. , non descrive la realtà, ma detta le regole della sua stessa esistenza.
Come abbiamo visto nella discussione sull'entangled (per chi ha partecipato) nato da un argomento parallelo che lo ha fatto nascere (fisica e tempo) alle volte la matematica da una regola per la nascita della realtà e noi la osserviamo mentre si realizza. In taluni casi però le regole cosi trovate non bastano a farci comprendere i meccanismi. Anche la stessa regola probabilistica a me lascia un po' interdetto. Quella è una regola fondamentale o è solo il modo migliore per fare una previsione? Non è molto chiaro. Due sistemi entangled si correlano nonostante siano lontani e nonostante le correlazioni nascano solo ad osservazione attuata; anche questa ultima regola non è molto chiara e ci lascia senza alcuna spiegazione di come facciano a rimanere correlate. Ovvero tra le regole da una parte e la realtà dall'altra, manca una comprensione meccanica che noi fondiamo ad esempio con il principio di causa ed effetto. Se una dopo l'altra dovessimo abbandonare principi cardine che si legano alla comprensione, per mantenere in piedi solo regole matematiche (scatole di gioco vuote), dovremmo abbandonare l'idea di avere del mondo una "visione" comprensibile.
