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Messaggi - Sariputra

#481
Non so se ho ben inteso quello che va sostenendo il nuovo arrivato @Federico Mey2, che saluto cordialmente. Credo che si domandi se ha più possibilità di intuire qualcosa di 'vero' una mente non imprigionata e condizionata dentro una selva di conoscenze (filosofiche-scientifiche-religiose e altro..) che la rendono colta ma scarsamente duttile e intuitiva e naturalmente formata pesantemente a pensare secondo criteri precostituiti da altri ( quei pedofili dei greci per intenderci nel caso dell'amata, ma non da me, filosofia occidentale...) o piuttosto una mente 'vergine' che osserva il mondo e ci riflette sopra come se fosse Adamo per la prima volta davanti ad Eva nuda ( una sorta di 'mente di principiante' in stile zen...).
Naturalmente la cultura , la scienza e il buon senso farebbero propendere per la prima ipotesi se non fosse che anche la stessa ha già mostrato i suoi limiti visto che gioca abbondantemente al servizio dei vari poteri che si succedono, come rileva giustamente Green demetr; mentre un filosofare 'ingenuo' (naturale si potrebbe dire...) sarebbe perlomeno in posizione di relativa autonomia: può sbagliare o pigliarci in santa libertà senza che qualcuno lo condizioni a restare nella famosa caverna o che lo inviti ad uscire per entrare in quella più ampia che gli è stata preparata (alla matrioska per intenderci...).
Mah!...E' un bel dilemma perché non esiste nessuno che non sia in parte condizionato, ma è anche vero che chi più sa più è condizionato dal suo stesso sapere, e tende a condizionare gli altri per quell'entusiasmo umano di voler condividere sempre tutto, anche le idee più balorde...cosa che trovo sempre oltremodo pesante e nella quale casco spesso anch'io...
Cioè, se voglio fare il pescatore andrò ad imparare da un altro pescatore o mi ci metterò di buona lena da solo?
Nel primo caso imparerò a pescare ma sarà soltanto la ripetizione di qualcosa imparato da un altro.
Nel secondo pescherò forse meno ma sarà tutta farina del mio sacco...
Attenti...ecco apparire il 'giusto mezzo'...andrò a pescare da solo poi, acquisita una certa pratica, andrò dal pescatore e imparerò il suo...lo confronterò con il mio e poi...ucciderò il pescatore!
Aspetto però che FedericoMey2 approfondisca ancora la sua visione personale dell'arte del filosofare...non vorrei aver preso fischi per fiaschi... :(
#482
cit.Anthonyi: Ciao Sari, il tuo intervento è toccante, c'è però una cosa da dire su questa gente. Come si spiega che se gli domandi se sono disposti a prestare i loro soldi ai nostri attuali governanti solo il 5 % si dichiara fiducioso, mentre se gli domandi se sono disposti a votare gli stessi allora oltre il 50 % è disposto a votarli?

Credo che si rendano conto che le attuali cocorite ( gialloverdi) non combineranno un granché ma li rivoterebbero perché pensano che quelli che c'erano prima sono pure peggio  :( ...poi sai, l'Italia ha sempre votato o parteggiato per il messia di Dune, l'uomo che non le manda a dire e che "spezza le reni" all'odioso burocrate di Bruxelles (meglio se un pò sboccato e col pelo di fuori o a petto nudo che miete il grano...).  Se poi alle parole non corrispondono i fatti (non entrerà nessuno in Italia...ne entreranno solo dieci...forse venti, va beh! Ce li pigliamo tutti...ma solo per questa volta...la pacchia è finita, cari voi!- Il 2.4%? non si discute...devono capirla che l'Italia non ha più il cappello in mano...il 2.4% non è un dogma...il 2,4%? Si può discutere...sarà il 2 e...0.4! E' stata una vittoria! Ecc...) si aspetterà il prossimo messia... ::)
Ovviamente sto un pò "satireggiando"... ;D
#483
Citazione di: InVerno il 10 Gennaio 2019, 10:48:58 AM
Citazione di: Sariputra il 10 Gennaio 2019, 10:20:21 AMUno dei grossi problemi dell'Italia è il giro impressionante di "nero". Chiunque di noi ha bisogno e fatto esperienza dell'intervento di un elettricista, di un idraulico o di un falegname sa perfettamente di cosa stiamo parlando. Anche i coltivatori diretti pagano pochissime tasse e si lamentano sempre ( il contadino si lamenta dall'inizio della storia umana probabilmente...molte volte con ragione) mentre acquistano terreni e casali per la discendenza ( questo era più vero fino a 30-40 anni fa nel Nord, ora è più in voga nel Sud che usa manovalanza di disperati ipersfruttati...). Ci ricordano spesso che ogni bimbo che nasce nel Belpaese ha sul groppone un debito di circa 38.000 eurozzi e però dovrebbero anche dire allora di quanti mattoni del Colosseo è proprietario...Fino agli anni '80 il nostro era uno dei paesi più ricchi al mondo e mediamente un lavoratore era in grado di risparmiare circa il 40% del proprio stipendio.Ora , mediamente, non si arriva al 2%...
Si rischia sempre di fare generalizzazioni patetiche, tuttavia bisogna anche dire che prima di comparare lo stile di vita di oggi con quello "glorioso" degli anni del boom bisorebbe anche tener conto che il povero si percepisce povero in maniera diversa. Durante il boom, avere una lavatrice e una tv era sinonimo di benessere quasi sfrontato, oggi se non hai una cucina completamente robotizzata con il robot che ti pulisce per terra sei un fallito. E sono solo simboli di una generazione parsimoniosa che usciva dalla guerra, non di ragazzi cresciuti a cornflakes e pubblicità (tra cui mi ascrivo). A rischio appunto di scrivere cose profondamente ingiuste verso una fascia di popolazione che davvero soffre oggettivamente situazioni insostenibili e di paraschiavitù e\o disoccupazione degradante, più che i contadini lamentosi io vedo tanti "cittadini" con l'iphone ultimo modello e che imprecano tutte le divinità per la loro sciagurata situazione economica. Perchè ammettere a se stessi che la vita "da pubblicità" è fuori dalle proprie possibilità è una sconfitta personale cosi grave che ti può mandare dritto dritto dallo psichiatra. E nel frattempo che tanti si preoccupano di farci spendere gli ultimi spiccioli da parte ("il capitale fermo") possiamo tranquillamente ammirare il degrado continuo del nostro pianeta che si sforza di farci vivere tra tutti i lussi, ma che evidentemente non ha risorse per dare una "vita dignitosa" (e un robot) a tutti. Chisenefrega dell'economia delle banche, è l'economia del pianeta a dirci che stiamo vivendo grandemente al di sopra delle nostre possibilità. Inventiamoci pure di essere in debito con Paolo Rossi direttore di CreditoBlablabla, il nostro vero creditore ce la farà presto pagare cara e con gli interessi.

Grazie per il "patetiche"  :)  (ma chi modera i moderatori in 'sto sito?).
#484
Uno dei grossi problemi dell'Italia è il giro impressionante di "nero". Chiunque di noi ha bisogno e fatto esperienza dell'intervento di un elettricista, di un idraulico o di un falegname sa perfettamente di cosa stiamo parlando. Anche i coltivatori diretti pagano pochissime tasse e si lamentano sempre ( il contadino si lamenta dall'inizio della storia umana probabilmente...molte volte con ragione) mentre acquistano terreni e casali per la discendenza ( questo era più vero fino a 30-40 anni fa nel Nord, ora è più in voga nel Sud che usa manovalanza di disperati  ipersfruttati...). Ci ricordano spesso che ogni bimbo che nasce nel Belpaese ha sul groppone un debito di circa 38.000 eurozzi e però dovrebbero anche dire allora di quanti mattoni del Colosseo è proprietario...Fino agli anni '80 il nostro era uno dei paesi più ricchi al mondo e mediamente un lavoratore era in grado di risparmiare circa il 40% del proprio stipendio.Ora , mediamente, non si arriva al 2%...
Come può esserci  un miglioramento quando la retribuzione non è salita come sono saliti i costi per vivere? Con salari così bassi come si può ragionevolmente sperare in qualche "ripresa"? Un'impiegata amministrativa con pure qualche anno d'esperienza ruota ancora attorno ai 1.100-1.200 eurozzi netti al mese con 40 ore settimanali lavorative (fonte Sari). Se poi ti arrivano bollette dell'energia e del gas di 600-700 euri in Inverno vedete bene che, oltre che andar di legna nella stufa, poco resta per comprare Btp  e Cct ed aiutare così il dio Spread ad essere clemente col nostro debitino, contratto per alimentare la macchina burocratica neobizantina...Se poi privatizzi gli utili e socializzi le perdite (Carige in questi giorni...) siamo a posto per un altro pò, direi...
Sarebbe bello se gli artigiani che lavorano coi privati cittadini pagassero tutte le tasse, ma loro obiettano che , se fanno così, manco gli resta qualcosa per vivere, visto che la pressione fiscale supera abbondantemente il 60% dei loro guadagni (contando i contributi INPS). Io posso anche capirli ma...è il classico cane che si morde la coda (un cane poco autocosciente però...). Tu non dai e l'altro aumenta...l'altro aumenta e tu dai ancora meno...una mancanza totale di fiducia verso le istituzioni che nulla fanno per guadagnarsela, tutt'altro! Io posso dare di più se so che qualcosa torna per me o per i miei discendenti ed eredi (legittimi e illegittimi...), ma se quell'altro piglia gli 'schei' e se li mette in saccoccia o li spende per fare per quattro volte lo stesso pezzo di strada o di ponte? Così si ragiona qui nella Contea. Gente dura, tutta dedita al lavoro e a far schei; gente i cui ideali riposano custoditi nel portafoglio e che votano di conseguenza... 8)  >:(
Oggi ne ho per tutti!  ;D

P.S. Bisogna aggiungere l'estrema diseguaglianza presente nel paese. La stessa impiegata amministrativa nota che il figlio del padrone preleva 5.000 eurozzi netti al mese arriavndo in ufficio alle 10 del mattino perché doveva accompagnare i figli alla scuola privata cattolica (lui ferocemente ateo...) e poi allenarsi per la maratonina... :( ah! Aspetta...al pomeriggio avvisa che arriva tardi perché deve andare in concessionaria a ritirare il Suv...
ma accontentati di 4.000 e dai qualcosa di più ai tuoi dipendenti che così 'respirano' e pagano le bollette stando un pò al calduccio, no?...Avido!!! ;D

P.P.S. Spero di non essermi fatto troppi nemici nel forum, oggi... :-[
#485
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 09:30:45 AM
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2019, 07:55:38 AMLa differenza tra misticare e masticare è la mistificazione del dettato naturale che obbliga anche chi mistica a masticare. Superata tale mistificazione rimane a chi mistica l'unica via di redenzione, l'unica giustificazione, nel valore che il misticare aggiunge alla masticazione. Impegno mica da poco in un universo masticante dominato dal karma - specifico e specista - di un essere nello spazio in divenire nel tempo, la cui quantistica masticante non risparmia neppure i valori e rimane lontana anni-luce * dall'apeiron-Tutto, tanto agognato, che forse solo una casta eletta di scienziati-filosofi può fargli baluginare nel profondo vuoto del suo intelletto. Detto in parole povere
Citazione[meno male, perché quelle meno povere o più sofisticate precedenti sono per me incomprensibili]:
: leggete questo libro, è la mistica del futuro. Vi aiutera a trattare con maggiore filosofica saggezza il vostro karma nell'essere e tempo antropologici godendone, dal di fuori, nella leggerezza di una gravità azzerata, la relatività.
CitazionePer la cronaca (e per quel poco o nulla che può contare la mia opinione in proposito) segnalo che questa esortazione mi risulta molto poco convincente, dal momento che rifuggo la mistica (del passato, del presente e del futuro) e il karma non mi interessa (veramente non so nemmeno cosa sia); accolgo invece l' esortazione a una maggiore filosofica saggezza perchè credo che non ne abbiamo mai abbastanza.

Mi associo con @Sgiombo nel definire questo tuo post un pò troppo "criptico" e di difficile decifrazione. Con atteggiamente "masticheggiante" mi riferivo alla insaziabile fame di beni materiali e di soddisfazioni sensoriali che attraggono la maggior parte dell'umanità; mentre con atteggiamente "misticheggiante" mi riferivo all'attrazione che esercita la disciplina mistica per una minimissima parte dell'umanità ( naturalmente escludendo dalla classificazione di interesse per la 'mistica' tutti quelli che se ne servono ipocritamente per nascondere il vero interesse per la 'mastica'...). Spero che così sia più comprensibile... ;D



Mistificazione =Distorsione, per lo più deliberata, della verità e realtà dei fatti, che ha come effetto la diffusione di opinioni erronee o giudizî tendenziosi .



Mistica = Esperienza interiore, attestata in tutte le forme di civiltà e soprattutto nelle varie religioni storiche (taoismo, induismo, buddismo, ebraismo, cristianesimo, islamismo), descritta come la capacità che alcuni individui hanno di cogliere un oggetto o un essere, una realtà misteriosa altra da sé, al di là delle consuete forme di conoscenza empirica o razionale: si tratta di una percezione (esperienza mistica) che il soggetto avverte come contatto con l'oggetto fino a trasfondersi, trasformarsi e identificarsi con esso. Proprio per il suo carattere individuale e fuori dal normale esercizio delle facoltà logiche e razionali, l'esperienza mistica può essere trascritta solo in termini metaforici, simbolici, allusivi.



Da quel che capisco tu tendi, relativamente al masticare-misticare, a equiparare i due termini. 

Mi fermo qui perché siamo molto fuori tema della presente discussione... :)

Ciao
#486
Gli esseri umani corrono senza posa di qua e di là, come se avessero il fuoco sotto al sedere; tutti in cerca di qualcosa che non si trova. Credo si tratti fondamentalmente di paura: la paura di stare soli e dover così affrontare se stessi. Questa paura è chiamata anche socialità...Si sta insieme per paura, paura di essere soli.
Personalmente invece ho spesso paura della folla, in special modo quando ci sono troppi volti da osservare, troppe voci da rincorrere in spazi troppo angusti...quando l'eccessivo brusio ti pesa "come un coperchio" sull'anima... 

La solitudine è come una lente d'ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo.
(Giacomo Leopardi)
#487
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
08 Gennaio 2019, 16:30:55 PM
SINCERITA'

La sincerità verso se stessi è una delle cose più difficili da coltivare. Siamo facilmenti sinceri nei giudizi verso gli altri, ma raramente lo siamo verso noi stessi. Siamo per esempio molto sinceri quando diciamo:"quel tipo mi sta antipatico" oppure "sono attratto da quella bella gnocca". Verso noi stessi però, con somma indulgenza, tendiamo ad essere insinceri.

K'ung-Fu-Tsu (Confucio) , nell' Invariabile Mezzo (attribuito però al nipote  Tsu Szu) parla dell'importanza fondamentale della sincerità per ogni autentico progresso spirituale: " Così come  il  Cielo  è  assenza  di  ogni  falsità,  così  l'uomo  deve  essere  sincero,  cioè  aderire pienamente alla propria natura e svilupparla integralmente: La sincerità è la Via del Cielo, tendere alla sincerità la Via dell'uomo... Tendere alla sincerità significa scegliere il bene ed  attenervisi  fermamente".
Se  fa  così, secondo K'ung-Fu-Tsu, l'essere  umano  non  solo  perfeziona  se  stesso,  ma influisce  pure sugli altri per il loro bene: "Solo colui che ha la massima sincerità sotto il Cielo è capace di trasformare gli altri".
Osservandoci con un minimo d'imparzialità non possiamo non vedere che mettiamo costantemente in atto una miriade di stratagemmi per evitare di essere sinceri con noi stessi. Persino ciò che riteniamo di credere più intimamente è spesso una 'coperta' per nascondere a noi stessi la nostra falsità e insincerità. Coperta che a volte copre il suo esatto opposto. Diciamo di credere nel 'bene' ? E' la coperta per nascondere la nostra malignità. Parliamo di giustizia? Copriamo velocemente la nostra ingiustizia verso l'altro. Chi, esaminandosi nudo e senza copertura, può dirsi sincero? La sincerità è un valore fondamentale della spiritualità, a mio parere, proprio perché è l'obiettivo più alto verso cui tendere in noi stessi. Essere tendenzialmente sinceri verso se stessi è tendere anche verso l'armonia con la nostra natura più profonda e benevola. Spesso si ritiene che, se fossimo veramente sinceri, quello che apparirebbe sarebbe un volto demoniaco, pieno di desideri egoistici e di contraddizioni insolubili. Questo però è ancora una coperta, l'ultima difesa che mettiamo per evitare di essere totalmente sinceri. La coperta più dolorosa da levare... quella che potrebbe rivelare che siamo senza il pigiama.

Sincerità , nel pensiero cinese, è anche sinonimo di 'equilibrio' o "stato d'equilibrio' e viene indicata con la parola ceng. Nelle tante traduzioni occidentali si tarduce questo termine anche con "integrità" e "bontà". Si preferisce di solito però usare il termine "equilibrio", più vicino al concetto di 'posizione mediana', di giusto mezzo. A mio parere però la definizione di 'posizione mediana' è un pò troppo astratta, stante la scarsa consapevolezza degli estremi che abbiamo normalmente. Mentre se la traduciamo con 'sincerità' tutti possiamo intendere che è proprio quella cosa che tendiamo a nascondere. Un'integrità che non vogliamo far apparire. Forse perché ci hanno insegnato che è giusto nasconderla o perché abbiamo respirato, sin dalla più tenera età, l'insincerità altrui. Abbiamo cioè fatto nostre le coperte che usavano anche gli altri...

Nascondere a se stessi la propria insincerità è un comportamente subdolo. Per esempio: è difficile trovare una persona che non trovi sempre un colpevole o una scusa per i propri errori, incapace di ammettere con sincerità di aver sbagliato. Se non è a causa degli altri sarà perché 'non mi sentivo bene'. oppure perché 'ero confuso', ecc. Mai che ci diciamo semplicemente, con sincerità "ho sbagliato e non ho scusanti". Se un uomo coltiva ceng dovrebbe ammettere che si sbaglia spesso senza dover necessariamente scaricare sugli altri o sugli stati d'animo o quelli fisici (che non riteniamo in denitiva come veramente 'noi stessi') la responsabilità.

Nei rapporti con le persone poi, anche quelle a noi più care o intime, abbiamo un autentico terrore a svelare la nostra nuda integrità, il nostro ceng. Temiamo che, vedendoci in siffatta condizione, ne abbiano orrore. Un orrore e un disgusto simile a quello che si potrebbe provare per la vista di un essere scorticato e attaccato da una miriade d'insetti.
La cosa migliore, che però è anche la più subdola, pensiamo allora sia quella di non solo starcene ben rintanati sotto la coperta ma anche di abbellirla con qualità inesistenti o che ci immaginiamo di avere...sperando così di essere amati di più.

Sincero è colui che sbaglia e lo ammette a se stesso senza accampare scuse interiori. Vivere in questo mondo condizionato porta inevitabilmente con sè la necessità di far cose che, per sopravvivere, dobbiamo fare ma non vorremmo fare, per es. cibarsi di altri esseri. Sono integro e sincero con me stesso quando mi rendo conto che non posso sottrarmi a ciò? Posso allora veramente vedere la profondità del dolore?
"Chi  persegue  il  proprio  bene,  si  affretti  a  strapparsi  di  dosso  la freccia  che  porta conficcata", recita  un  antico  aforisma  attribuito al  Buddha storico. L'insincerità è una freccia conficcata molto in profondità e sappiamo che, più qualcosa è conficcato nel profondo, più doloroso sarà strapparselo. Però, più profonda è una ferita, più è pericolosa e facile ad infettarsi...
#488
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM
cit. Sgiombo:Però, posto che ciò di cui può esserci certezza immediata é la coscienza immediatamente accadente (esperita da ciascuno, ***se*** ne esistono più di una e ***se*** per ciascuna esiste un rispettivo soggetto, oltre che rispettivi oggetti): il solipsismo non é negabile con certezza, non é superabile razionalmente.
 Tuttavia da quanto sento (o meglio: si sente, impersonalmente) dire dagli altri uomini (che potrebbero in teoria essere meri zombi) potrebbero esistere altre coscienze.
 E inoltre postulare indimostrabilmente l' esistenza anche di soggetti e oggetti in sé mi consente di spiegarmi molte cose (fra cui l' intersoggettività dei fenomeni materiali, senza quale non può darsi conoscenza scientifica, e i rapporti di corrispondenza biunivoca fra determinati processi neurofisiologici cerebrali e gli stati di coscienza, così come rilevati dalle scienze neurologiche).
 A tutto questo credo (non riuscirei a non credere nemmeno se mi ci sforzassi) fideisticamente, infondatamente (senza prove o fondamenti razionali, logici o empirici).

Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao
#489
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
07 Gennaio 2019, 19:33:03 PM
Nonostante io sia per una concezione della coscienza enormemente più vasta di quella che ordinariamente viene ritenuta, come ho già scritto, sono però perplesso quando si 'proiettano' desideri, sensazioni, giudizi ed emozioni umane sul comportamento animale. Così quando un cane resta per qualche tempo in attesa del padrone deceduto si proietta su di lui l'idea che si consapevole, stia soffrendo e sia triste come lo siamo noi in siffatta condizione. Ma il cane potrebbe star lì semplicemente perchè abituato da sempre a gironzolare attorno al padrone...quindi senza alcuna partecipazione 'emotiva' al fatto...Non possiamo saperlo. Perciò direi che sia prudente astenersi dal valutare questi fenomeni come dimostrazione di autocoscienza. Così come il merlo che muore se messo in gabbia, come possiamo definirlo un suicidio? Può benissimo essere la conseguenza dell'incapacità naturale di adattarsi alla condizione di prigionia. Ecc. per altri esempi. Quindi... coscienza animale sì, ma attenzione a proiettare il nostro 'mondo' nel loro 'mondo'...così da vedere la  nostra tristezza negli occhi del nostro cane...al quale magari non gliene pò fregà de meno... ;)
Come sappiamo la nostra mente è formidabile nel costruirsi dei mondi 'appaganti'...tirando dentro pure il poveraccio d'animale che vorrebbe forse fare solo l'animale ( per essere realmente 'felice' e non dipendere dall'uomo, come tanti cani col pullover...).

P.S. Senza alcuna offesa se qualche utente del forum va in giro con il cane col pullover, naturalmente. Non voletemene, ma son figlio di contadini... ;D
#490
Citazione di: Freedom il 07 Gennaio 2019, 11:55:09 AMIl tempo è sempre stato un argomento appassionante. Tuttavia non solo è di difficilissima definizione e comprensione (nessuno dei massimi pensatori di tutti i tempi c'è mai riuscito) ma, unendomi all'osservazione di sgiombo, mi chiedo quale sia l'utilità di porsi certi quesiti. Ai quali, forte della mia prospettiva rozza e grezza ;D , rispondo: tutte queste domanda sulla realtà di ciò che appare vengono dissolti o risolti da un semplice pizzicotto sulla pelle. Modo di dire che ha una sua grandissima dignità e profondità.

Concordo. La percezione (spesso assai dolorosa) del passare e del mutare di ogni cosa è ben più incombente alla nostra mente che non un'astratta teoria che non potrebbe mutare di una virgola questo fatto ( e cioè che c'é nascita, vecchiaia, malattia e morte...).


Ipazia:
Guarda che l'attitudine "masticheggiante" della nostra specie è assai più distruttiva di quella "misticheggiante" ( riguardante da sempre probabilmente meno dello 0.0000000001% delle cavallette umane...)  :(
#491
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
07 Gennaio 2019, 00:58:05 AM
Riporto uno stralcio di una interessante intervista di Sergio Benvenuto con il famoso biologo cileno Francisco Varela (Varela negli anni '70 si convertì al buddhismo, e da allora ha intrapreso vari studi che avevano per oggetto gli stati mentali prodotti dalla meditazione buddhista. Nel 1987, assieme a R. Adam Engle fondò il Mind and Life Institute, tuttora attivo, per studiare i rapporti tra le scienze moderne e il buddismo, in particolare le pratiche meditative e contemplative).
Varela  concesse questa conversazione per la RAI (programma Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche) quattro mesi prima della sua morte.


Domanda:Ci può esporre la sua posizione personale - antiriduzionista - in questo dibattito?

Varela - C'è una tendenza riduzionista, per cui la nozione di NCC occupa veramente la maggior parte dei dibattiti. Ma alcuni di noi - evidentemente non sono solo, anche se siamo sempre un po' in minoranza - pensano che la questione posta in questi termini non abbia soluzione, per la semplice ragione che il vissuto in quanto tale è per principio logicamente ed empiricamente irriducibile a una funzione neuronale. È quello che si chiama il problema duro della coscienza. Ciò che appartiene al vissuto ha uno statuto o una natura che non è spiegabile in termini di sistema neuronale. Se ne può trovare un correlato, ma questo correlato non cambia assolutamente il fatto che il lato fenomenico [phénoménal] resta un'apparizione fenomenica, un accesso fenomenico alla mia coscienza. Dunque bisogna porre la discussione in termini diversi.
Si tenga presente il fatto che il dibattito sulla coscienza è cominciato e si è sviluppato per la maggior parte negli Stati Uniti, dove la filosofia della scienza dominante - philosophy of mind - è una filosofia di tipo analitico, che si interessa essenzialmente a dare buone definizioni delle categorie e degli oggetti, mentre il mio background filosofico è piuttosto quello della tradizione fenomenologica. In questa tradizione il punto di partenza è la natura del vissuto e la spiegazione materiale del mondo, la spiegazione delle relazioni tra l'elemento fenomenico e il mondo. Ogni tentativo di riduzione o di dissolvere l'elemento fenomenico [le phénoménal] nell'empirico sarebbe un'impresa destinata a fallire. Qual è l'alternativa? L'alternativa è in un certo senso evidente - non banale - solo che vi si rifletta adeguatamente. In effetti, quando dico che la coscienza è il vissuto, non parlo di qualcosa che esiste solo nella mia testa. Non posso mettermi alla ricerca della coscienza a partire da un tratto di circuito cerebrale. La coscienza non appartiene, per così dire, a un gruppo di neuroni, appartiene a un organismo, a un essere umano, a un'azione che si sta vivendo. Non è proprio la stessa cosa. Voglio dire che non si può avere una nozione della coscienza e della maniera in cui emerge, se non si prende in considerazione il fatto che il fenomeno della coscienza appare in un organismo ed è legato ad almeno tre cicli permanenti di attività. In primo luogo è connesso in permanenza con l'organismo. Si dimentica troppo facilmente che il cervello non è un fascio di neuroni sezionati in laboratorio, ma esiste all'interno di un organismo impegnato essenzialmente nella propria autoregolazione, nella nutrizione e nella conservazione di sé, che ha fame e sete, che ha bisogno di rapporti sociali. Alla base di tutto ciò che pertiene all'integrità degli organismi, c'è infine il sentimento dell'esistenza, il sentimento di esserci, di avere un corpo dotato di una certa integrità. Per un aspetto essenziale la coscienza rientra nell'attività permanente della vitalità organismica che, muovendosi sullo sfondo del sentimento di esistere, è continuamente permeata, attraversata, da emozioni, sentimenti, bisogni, desideri. In secondo luogo è evidentemente in "accoppiamento" diretto col mondo, o in interazione con esso, attraverso tutta la superficie sensori-motrice. Io ho coscienza di questo bicchiere, nel senso che, quando vedo il bicchiere, dico: "ho coscienza di questo bicchiere". Ma il bicchiere non è un'immagine nella mia testa, di cui io debba prendere coscienza dall'interno. Nella buona neuroscienza si è scoperto che il bicchiere è inseparabile dall'atto di manipolarlo. L'azione e la percezione costituiscono un'unità e il mondo non esiste, se non in questo ciclo, in questo accoppiamento permanente. C'è un'interazione col mondo e il mondo emerge solo grazie a questo accoppiamento che è una fonte permanente di senso. È un'evidenza massiccia, costituitasi a partire dallo studio dei bambini, dalla neurofisiologia della corteccia motoria e sensoriale, e via di seguito. Quando parlo di contenuti di coscienza, e dico di vedere un bicchiere, il volto di un amico, il cielo, non parlo di un tratto di circuito [circuiterie] neuronale che capta un'informazione dal mondo e ne fa un correlato della coscienza, sto parlando di qualcosa che è necessariamente decentrato [excentré], che non è nel cervello, ma nel ciclo, tra l'esterno e l'interno, che esiste solo nell'azione e nel ciclo, nello stesso modo in cui il sentimento d'esistenza vive nel ciclo tra l'apparato neuronale e il corpo.
Ma c'è ancora una terza dimensione, valida soprattutto per l'uomo e per i primati superiori: il fatto di essere strutturalmente concepiti per avere rapporti con i nostri congeneri, con individui della stessa specie, di avere l'abilità innata che costituisce l'empatia, il mettersi al posto dell'altro, l'identificarsi con l'altro. Il rapporto tra madre e bambino non è che una faccenda di empatia. Non posso separare - non soltanto nell'infanzia, ma per tutto il resto dell'esistenza - la vita mentale, la vita della coscienza, la vita del linguaggio o la vita mediata dal linguaggio, l'intero ciclo dell'interazione empatica socialmente mediato, da ciò che chiamo coscienza. Dunque ancora una volta tutto questo si svolge non all'interno della mia testa, ma in modo decentrato [excentré], nel ciclo. Il problema del neuronal correlate of consciousness è mal posto, perché la coscienza non è nella testa. Insomma, la coscienza è un'emergenza che richiede l'esistenza di questi tre fenomeni o cicli: con il corpo, con il mondo e con gli altri. I fenomeni di coscienza possono esistere solo nel ciclo, nel decentramento che esso comporta. In tutto questo, evidentemente il cervello ha un ruolo centrale, perché esso è the enabling condition, la condizione di possibilità di tutto il resto.
Quindi la coscienza non è un segmento di circuiti cerebrali, ma appartiene a un organismo incessantemente coinvolto nei differenti cicli e quindi è un fenomeno eminentemente distribuito, che non risiede solo nella testa. Il cervello da parte sua è essenziale perché contiene le condizioni di possibilità perché questo avvenga. La meraviglia del cervello è che permette per esempio il coordinamento sensorio-motore di tutta l'interazione, la regolazione ormonale che assicura il mantenimento dell'integrità corporea, e così via. Ma la nozione di neuronal correlates of consciousness in quanto tale è, per usare le parole di Alfred Norton Whitehead, "una concretizzazione inopportuna". Se si ricorre a questa mossa, si escludono simultaneamente molti fatti importanti. Dunque la mia è una posizione antiriduzionista.

Anche la mia è una posizione antiriduzionista. La coscienza come fenomeno 'olistico' che investe il corpo-mente intero è una concezione interessante...
Ancora un contributo, questa volta di  Jeannette Rutsche:

Pur accantonate le diatribe metodologiche, la coscienza è un terreno scivoloso per chiunque voglia indagarla, a partire dalla sua definizione. Se la inquadriamo come consapevolezza del mondo esterno all'individuo, sulla cui base si decide il comportamento conseguente, parliamo di qualcosa che condividiamo con il mondo animale e che è sicuramente osservabile esternamente. Esistono diversi gradi di consapevolezza, ascrivibili agli stadi di sviluppo evolutivo, filogenetico e ontogenetico. Le neuroscienze possono ben documentare le corrispondenze tra comportamento adottato e attivazione delle diverse aree cerebrali, senza comunque correlare mai in termini di causa-effetto tali attivazioni. Stefano Cappa ha chiaramente stigmatizzato le semplificazioni riportate dai giornali: dire che "possiamo smascherare i terroristi" perché possiamo vedere tramite le neuroimmagini quale area del cervello si attiva se il soggetto mente, è fuorviante. Innanzitutto, le neuroimmagini che vediamo non sono fotografie ma il risultato di complesse elaborazioni di pattern di attivazione. Inoltre, si commette una fallacia logica, come dire "se piove, la strada è bagnata; la strada è bagnata, dunque è piovuto": questo sarebbe vero se la pioggia fosse l'unica causa del bagnato, ma così non è. Il cervello di soggetti con estesi danni cerebrali, in stato vegetativo o con minima consapevolezza, si attiva alla presentazione di stimoli come quello delle persone senza danno cerebrale.
Se, invece, riduciamo la coscienza a ciò che è esplicitabile e condivisibile, evochiamo il linguaggio. In questa cornice è studiabile osservando il comportamento e parlando con il soggetto, che esprimerà il suo vissuto attraverso il codice comunicativo condiviso; il linguaggio indirizzerà lo stato di coscienza. Questa visione rimanda immediatamente al concetto di significato e di comprensione. Vincenzo Costa ha sostenuto una definizione di coscienza come totalità degli atti di comprensione intesi come senso storico del mondo, del contesto in cui ci muoviamo. La coscienza diviene, quindi, quel processo di introiezione di significati iscritti nel mondo.
Il quesito che sorge è: come può un ordine di significati storico e sociale iscriversi in un cervello rendendolo atto ad abitare il mondo? Domanda affascinante, che trova parziale risposta nella scoperta e studio dei neuroni-specchio. Vittorio Gallese mette in guardia, però, da facili entusiasmi. Si è osservato che i neuroni-specchio si attivano in presenza di comprensione, ma si è anche osservato che la comprensione avviene anche in assenza della loro attivazione...
... In più si è visto, studiando i neuroni-specchio presenti nelle aree pre-motorie del cervello, che quanto più ciò che il soggetto vede è congruente con la sua pre-esistente esperienza motoria, tanto più si attiveranno i neuroni-specchio. Come dire: è necessaria una pre-acquisizione esperenziale perché i neuroni-specchio si attivino al fine di una comprensione qualitativamente superiore. E come avviene, allora, tale pre-acquisizione? Le domande diventano sempre più molecolari...
...Possiamo chiederci ancora qual è il rapporto tra le emozioni e la coscienza o se la coscienza è solo un'attività del cervello, ma avremmo ancora risposte frammentate e insoddisfacenti. Tutti siamo coscienti di esistere, nel senso più ampio, inclusivo e globale del termine. La coscienza è per ognuno di noi l'esperienza dei nostri stati mentali che "sentiamo" multidimensionali, pur non riuscendo il più delle volte a scomporli. E' un'esperienza olistica che le neuroscienze possono approcciare solo con la parcellizzazione degli stadi di esperienza e che la filosofia necessita di ricondurre a gabbie semantiche che, se pur ampie, vincolano la ricerca al già "pensato". Vincenzo Costa ha usato un'espressione che mi ha colpito: " Occorre una pre-comprensione della totalità per comprendere ogni singolo elemento". Sembra contraddittorio, ma solo per il pensiero sequenziale. Non lo è per l'arte che da sempre si immerge nel tutto e utilizza la comunicazione diretta, da coscienza a coscienza. I tempi stanno cambiando. Un oggetto di studio extra-ordinario come la mente richiede metodi non convenzionali e libertà da schematizzazioni il cui fine intrinseco è il controllo. L'arte sorride e attende di essere ascoltata.
Jeannette Rutsche

P.S. Sono d'accordo anche con il maestro davintro... :)
#492
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
06 Gennaio 2019, 23:54:32 PM
Vive senza il 90% del cervello e sconvolge il concetto di coscienza
 
Il mondo della scienza si sta interrogando sulla storia dell'uomo che vive senza il 90% del suo cervello. Questa vicenda infatti apre molte questioni comprese quelle legate al concetto di coscienza. 

continua su: https://scienze.fanpage.it/vive-senza-il-90-del-cervello-e-sconvolge-il-concetto-di-coscienza/
http://scienze.fanpage.it/

Leggete di questo caso straordinario...
#493
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
06 Gennaio 2019, 22:38:45 PM
E se non fosse la coscienza negli uomini o negli animali, ma fossero gli uomini e gli animali nella coscienza? In questo caso in definitiva si potrebbe dire che non ci sarebbe un solo essere che 'ha' la coscienza (ne è il proprietario) e nello stesso tempo non ci sarebbe alcun essere che ne fosse privo. E questa coscienza desidera esistere ( tanha) . Pertanto sarebbe assurdo cercare la coscienza nei cervelli umani o degli animali, essendo questi nella coscienza e non viceversa. Ovviamente a questa coscienza non si potrebbe assegnare un proprietario nè una qualsiasi definizione, né luogo, né dimensione, né spazio... Se vediamo la presenza della coscienza negli altri sarebbe perché gli 'altri' sono (esistenti) nella coscienza stessa...essendo la coscienza un grande spazio indefinito ( senza limiti e confini...)...uno spazio vuoto in cui, come lucciole, risplendono e si spengono i 'fenomeni' (sia mentali che materiali...) ad una tale velocità da dare l'impressione alla coscienza stessa di una 'continuità', di fatto inesistente...la coscienza essendo naturalmente immemore di essere l'unica cosa esistente ( e infatti come potrebbe ricordarselo, visto che i ricordi sono solo fenomeni mentali che appaiono e scompaiono all'interno della coscienza stessa?... :(
#494
Citazione di: Ipazia il 04 Gennaio 2019, 15:15:03 PM
Citazione di: Sariputra il 04 Gennaio 2019, 09:58:28 AMQuesti fatti confermano purtroppo il gelo e l'ingiustizia che spesso viene coltivato nei cuori degli uomini verso quelli delle donne (ma anche molte donne sono gelide nei confronti di molti uomini, bisogna dirlo per onestà intellettuale...) :(
Per onestà intellettuale bisogna anche dire che il gelo maschile ha fatto la storia che il gelo femminile ha subito e continua a subire.

In questo concordo pienamente. La mia speranza è che un giorno le donne, una volta raggiunta l'uguaglianza nei diritti, non vogliano scimiottare troppo le caratteristiche negative di tanti maschi e quindi coltivare anche il gelo corrispondente... ma invece che portino a maturazione le qualità positive  che hanno spesso in sovrappiù rispetto ai maschi. Qualità di cui ho la massima considerazione e un altrettanto forte 'timore'...( come sai non mi vergogno di scrivere che amo follemente le donne ma ne ho un corrispondente terrore...specialmente di alcune   :-[ :( ).
#495
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 11:41:46 AM
Citazione di: Socrate78 il 04 Gennaio 2019, 11:06:45 AMIl fatto che si è altruisti spesso in dipendenza dall'umore felice indica che in realtà l'altruismo stesso non è puro, poiché si compie quel gesto proprio perché ci si aspetta istintivamente altro piacere, mentre se si è di cattivo umore non si è motivati a farlo visto che la mente non si aspetta di ricevere piacere. La genesi dell'altruismo è a mio avviso proprio questa, l'uomo si rende conto sin da piccolissimo che se si mostra generoso (con altri coetanei o con la madre, ad esempio....) riceve in cambio una gratificazione, come le attenzioni materne, il sostegno e l'amicizia di un coetaneo, e quindi ripete l'azione altruistica proprio per ricevere altre gratificazioni. Ovviamente potrà anche fare crescendo gesti disinteressati, ma la genesi dell'altruismo è egoistica, è inerente al meccanismo della ricompensa sociale di determinate azioni. Poniamo invece il caso in cui in una società l'altruismo non fosse proprio apprezzato e le azioni generose viste con sospetto, il soggetto in quel caso sin da piccolo noterà la risposta fredda e diffidente degli altri alle sue azioni generose e allora ben difficilmente sarà altruista.

Il gesto d'amore che tu ricevi, per esempio, dalla madre è un gesto d'altruismo della madre (la madre totalmente egoista ti potrebbe gettare nel cassonetto delle immondizie...) e tu lo percepisci come positivo per te stesso e lo ricambi con un bel sorrisone, tipo quello del bambinotto qui accanto, sotto il mio nickname...se la madre egoista invece, per non aver il fastidio di doverti allattare, ti lascia piangere per dieci ore di fila non sarai sorridente e soddisfatto, ma piangente  e addolorato...Memore di tutto ciò, crescendo lotterai tra il desiderio di dare soddisfazione e gioia all'altro (altruismo) e quello di non farlo per paura del fastidio che l'altro ti può dare (egoismo)...
Siccome il frutto non cade mai lontano dall'albero che l'ha prodotto, anche il figlio di una madre generosa e altruista è spesso più portato all'altruismo che non quello di una madre egoista...proprio perché l'altruismo (come l'amore) si trasmette, passa cioè da individuo a individuo, malgrado l'individuo...
L'individuo può essere più o meno "puro", più o meno altruista o egoista, a seconda dei momenti e degli stati d'animo, ma non l'altruismo o l'egoismo come scelte concrete da fare. Una persona tendenzialmente d'animo generoso può avere la sua dose d'egoismo e la persona tendenzialmente egoista può avere i suoi 'dieci minuti' di generosità...
Concordo con Sgiombo che si tenda a sovrapporre e considerare la ricerca della soddisfazione con l'egoismo. L'egoismo è la ricerca solo della propria soddisfazione, quasi sempre a scapito degli altri; l'altruismo è la ricerca della propria e dell'altrui soddisfazione in un reciproco scambio ( così da tendere ad essere 'uno in due' in quel momento superando l'attaccamento...una tendenza ad unire, mentre l'egoismo è la tendenza opposta a dividere...) .

Altruismo = Amore (privo di attaccamento al proprio ego) verso gli altri, comprensione dei bisogni altrui.
Egoismo = Amore (attaccamento al proprio ego) solo verso se stessi, indifferenza dei bisogni altrui.

P.S. L'altruismo come l'egoismo possono però essere coltivati: l'altruismo indebolendo l'attaccamento al proprio ego illusorio e quindi irrobustendo il senso di 'unione' con l'altro e viceversa l'egoismo rafforzando l'attaccamento al proprio ego illusorio e quindi irrobustendo il senso di 'divisione' dall'altro.