Nella storia della filosofia i sofisti hanno sempre avuto un'accezione negativa. Sebbene con spirito revisionista si può osservare che i sofisti hanno introdotto Socrate e, in un certo senso, il nuovo approccio scientifico che rileva l'importanza della discrezionalità umana nell'osservazione dei fatti; tuttavia i sofisti sono quelli che hanno fatto condannare Socrate. Kant aborriva l'uso sofistico della filosofia in quanto arte della parvenza. Seneca che prese da Cicerone il termine cavilliones per indicare i sofismi, fece dell'attacco alla parvenza di verità uno dei suoi capi saldi. Parlando dell'uso sconsiderato del sillogismo ne cita uno volutamente ingannevole: "Non puoi perdere ciò che non hai, non hai le corna; dunque non puoi perdere le corna: hai le corna". Questo modo di esprimersi volutamente ambiguo ed equivoco, è riscontrabile in molte cose attuali. Si pensi alla pubblicità, alla politica, ma c'è anche chi lo usa per il puro piacere di essere un buon schermidore della parola, un bravo spadaccino verbale che ha a cuore non tanto la profondità dei temi trattati, quanto la soddisfazione di aver dato una bella stoccata. Soddisfazione che magari viene anche amplificata dal consenso di un pubblico televisivo o virtuale. Peccato che come sottofondo non si possano udire le parole di Seneca: "Quanto è insensato l'uomo che si allontana soddisfatto per gli applausi di un pubblico ignorante! Perché rallegrarsi di essere elogiati da chi non può essere a sua volta elogiato?"