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Messaggi - doxa

#481
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
03 Luglio 2023, 16:55:35 PM
La riforma luterana iniziò nell'ottobre del 1517 e Patinir dipinse "La fuga in Egitto" in quel periodo. Fu influenzato dalla nuova dottrina ?

Da tener presente che Patinir conosceva le opere di Hieronymus Bosch, dal quale riprese la capacità di evocare scenari fantastici.

La tendenza al paesaggio  come 'tema autonomo' e non sfondo di una scena con figure fu facilitata dalla soluzione dei problemi della prospettiva. Come non pensare a Brunelleschi, Masaccio, a Piero della Francesca e al suo trattato titolato "De prospectiva pingendi".



Nella pittura rinascimentale fu importante l'uso di colori più luminosi.

Leon Battista Alberti, nel suo trattato "De Pictura" del 1435-36, evidenziò come il colore non fosse una caratteristica propria del soggetto, ma dipendesse completamente dalla quantità di luce che investe il soggetto stesso.

E mi sovvengono alla mente i vedutisti veneziani del '700 (Canaletto, Bellotto ed altri); per l'arte olandese la pittura di paesaggio significò realismo ma anche la creazione di un mondo immaginario, da cui nacque, nella pittura francese, l'impressionismo: Monet, Manet, Renoir, Sisley, Pissarro. Furono questi  a insegnare a guardare in modo nuovo il mondo circostante: per loro, il paesaggio, studiato nei suoi aspetti più labili di luce e di colore,  fu una delle massime prove della pittura. Dopo di loro anche il paesaggio si configura secondo le esigenze delle nuove correnti artistiche (Seurat, Cézanne, Van Gogh).
#482
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
03 Luglio 2023, 12:14:24 PM
Pittura di paesaggio

Nell'arte occidentale la "pittura di paesaggio", dedicata  esclusivamente o prevalentemente alla rappresentazione dello scenario naturale, iniziò nel XVII secolo  come genere artistico autonomo, con le sue specificazioni di paesaggio ideale,  di locus amoenus o di veduta.

In precedenza, il paesaggio aveva sempre avuto  un ruolo secondario,  collocato come sfondo di ambientazione in dipinti di carattere laico o sacro.

Alla fine del XV secolo il fondo dorato delle pale d'altare cominciò ad essere sostituito dal paesaggio.

Nel XVI secolo nella pittura fiamminga il paesaggio diventa preminente nei dipinti religiosi e laici. Lo si può vedere, ad esempio, nel dipinto realizzato dal fiammingo Joachim Patinir: il riposo durante la fuga in Egitto.


Joachim Patinir, Riposo durante la fuga in Egitto, 1520 circa, olio su tavola, Museo del Prado, Madrid
In primo piano la Vergine e il Bambino, circondati dal paesaggio variegato.

segue
#483
Tematiche Spirituali / Re: Sullo spirito
01 Luglio 2023, 06:39:51 AM
Duc in altum ha scritto
Citazione- "...in principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque - ognuno può interpretarlo come meglio desidera, ma non si può dire che non c'è traccia del Paraclito nel Tanakh.

Pensarbene ha scritto
 
CitazioneNella Genesi si parla dello Spirito di Dio che aleggia sulle acque.

Confermo che nell'Antico Testamento non c'è la parola "Spirito".

Entrambi  avete letto la traduzione italiana.

In ebraico si usava "ruach" col  significato di vento, alito divino, respiro e non Spirito: "Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita" (Gn 2, 7).  

Se quell'alito di vita volete considerarlo "Spirito" come voi lo intendete, O. K..
#484
Tematiche Spirituali / Re: Sullo spirito
29 Giugno 2023, 18:04:48 PM
 Pensarbene  ha scritto
CitazioneLo spirito è qualcosa di impalpabile,sottile,leggero e apparentemente inesistente.
Citazione
 Non è materia energia,è intelligente,molto spesso geniale,fa quello che vuole e non ha limiti di spazio, tempo,dimensioni.
 Questo in termini generali.

Ciao Pensarbene.

Da cosa deriva la tua certezza dell'esistenza dello Spirito ?

"... il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va: così è di chi è nato dallo Spirito" (Gv 3, 8.

Credere o non credere nell'esistenza dello Spirito equivale a credere o non credere nell'esistenza di Dio.

Ma con "Spirito" ti riferisci allo  Spirito Santo ?

Nell'Antico Testamento non c'é traccia dello Spirito Santo nel senso cristiano.
#485
Hortus simplicium

L 'hortus conclusus abbaziale o conventuale era diviso geometricamente da aiuole separate e da vialetti, a volte anche coperti da pergole.



C'era l'area destinata alla coltivazione delle verdure per l'alimentazione  dei religiosi (herbaria),  un'altra al frutteto (pomaria), quella dedicata agli alberi ornamentali e  alle piante floricole,(viridarium), quella riservata alle piante ed erbe medicinali: l'orto dei "semplici" (hortus simplicium).

Gli speziali dividevano i farmaci in due categorie: simplex et composita, a seconda che fossero naturali o elaborati artificialmente.

Piante ed erbe  venivano sottoposte a vari trattamenti nel laboratorio chiamato "officina", perciò  le piante medicinali vengono anche chiamate piante officinali.

Foglie, cortecce, radici e fiori venivano essiccati e conservati nell'armarium pigmentariorum (c'erano più armadi, in legno, con sportelli senza vetri, per proteggere i preparati dalla luce), poi macerati nell'alcol o posti in infusione nell'acqua. Successivamente  traevano le sostanze per produrre, insieme ad altri prodotti, gli  olii essenziali, sciroppi, tisane,  creme, unguenti ed altri farmaci,  da dispensare ai confratelli e ai malati bisognosi:  pellegrini, viandanti,  abitanti nella zona.



L'addetto alla cura dell'orto  dei semplici e alla preparazione dei medicinali era il monachus infirmarius, cosiddetto perché vicino l'officina c'era l'infermeria. Egli era  erborista, farmacologo, anche "medico" e farmacista.

Ovviamente con lui c'erano altri religiosi che l'aiutavano, anche nello studio e la catalogazione di piante medicinali, con la collaborazione degli amanuensi e dei miniatori.

"Horti" o "Hortuli" erano i titoli  di libri di medicina monastica diffusi in Italia e in Europa nel Medioevo. Contengono la descrizione dei "semplici" coltivati negli orti dei  semplici con cui si preparavano le medicine.



Nel "Cantico delle creature", attribuito a Francesco d'Assisi, il santo scrisse: "Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fior et herba".

segue
#486
Nell'altro topic, dedicato al paesaggio, ho citato Francesco Petrarca (1304 – 1374) e Giovanni Boccaccio (1313 – 1375).

Messer Dante (1265 – 1321) lo colloco in questo topic, così completo la triade medievale del XIV secolo.

Nella Commedia dell'Alighieri ci sono scenari fantastici, selve, fiumi, itinerari rupestri, fiori nella "Valletta dei principi", il Paradiso terrestre e altre rappresentazioni metafisiche.

Un particolare locus amoenus il poeta lo descrisse nelle "Egloghe": due componimenti  di carattere bucolico in lingua latina. Una titolata "Vidimus in nigris albo patiente lituris" di 68 versi; l'altra  "Velleribus Colchis prepes detectus Eous" di 97 versi. Le scrisse tra il 1319 e il 1320, un anno prima della sua morte.



Concludo questo post ricordando che anche Dante per  scrivere  poesia aveva bisogno  dell'amore che gli "spiri dentro":

Amor che ne la mente mi ragiona
de la mia donna disiosamente,
move cose di lei meco sovente,
che lo 'ntelletto sovr'esse disvia.
Lo suo parlar sì dolcemente sona,
che l'anima ch'ascolta e che lo sente
dice: "Oh me lassa! ch'io non son possente
di dir quel ch'odo de la donna mia!".

Convivio III, 1 – 8

Forse Dante compose questi versi per la sua "donna gentile" (vedi Vita Nova XXXV ss.) ma qui reinterpretati come allegoria della filosofia, allo studio della quale il poeta si dedicò per trovare consolazione dopo la morte di Beatrice. Egli insiste sull'incapacità del suo intelletto di comprendere tutte le parole che lei gli rivolge e sulla sua difficoltà nell'esprimere compiutamente la bellezza di Beatrice.


#487

Thomas Cole, Sogno di Arcadia (veduta parziale), olio su tela, 1838,  Denver, Art Museum

Al centro della scena, in primo piano,  giovani uomini e donne, c'è chi suona e chi balla.

Sulla sinistra un gruppo di persone sta partecipando ad una cerimonia intorno ad un pilastro sormontato da un'erma  che rappresenta il dio Pan.

Ci sono molti fiori, alludono alla rinascita della natura nella stagione primaverile.

Allo stesso periodo dell'anno è  ambientato  il poema epico-filosofico "De rerum natura", in 6 libri,  scritto dal poeta e filosofo di epoca romana  Tito Lucrezio Caro  (circa 98 a. C. – circa 55 a. C.), seguace dell'epicureismo.

Il primo dei sei libri lo apre con un proemio, l'inno a Venere, divinità simbolo della bellezza, della voluptas, della  forza creatrice della natura.

"Genitrice della stirpe di Enea, gioia di uomini e dei,
Venere che dai la vita,
[...]
Te o dea voglio come compagna per comporre i versi
che io provo a scrivere sulla natura delle cose".
[...].


Per  Lucrezio la felicità della persona  saggia deriva dal piacere di stare insieme con amici in uno scenario campestre quando il tempo è propizio.
#488
Ciao Bob, hai ragione !

Col nostro modo di pensare l'Arcadia stanca. 

Forse ti piace di più Virgilio. 

Il poeta e scrittore  Publio Virgilio Marone (70 a. C. – 19 a. C. iniziò a scrivere le "Bucoliche nel 42 a. C. e le divulgò nel 39 a. C. circa. Sono una silloge di dieci carmi, detti "eclogae" (= poesie scelte),  di argomento agricolo e pastorale ma connessi alla guerra civile e ad altri avvenimenti nel I sec. a. C., come la "battaglia di Filippi", nel 42 a. C., a seguito della quale molte terre furono espropriate per distribuirle ai veterani. Lo stesso Virgilio fu espropriato del podere che aveva a Mantova.





Le ecloghe virgiliane mi sembrano un po' noiose, perciò ti  offro come lettura un componimento satirico del poeta e scrittore  Orazio (65 a. C. – 8 a. C.). E' titolato "Alfio l'usuraio", evoca anche l'ambiente bucolico.  E'  nella prima raccolta poetica  oraziana titolata "Epòdi", costituita da 17 componimenti satirici. 


Alfio l'usuraio

"Beato chi, lontano dagli affari,
come gli uomini delle origini,
lavora coi buoi i campi paterni,
libero da speculazioni;
e non lo svegliano trombe di guerra,
non trema alla furia del mare,
evita il foro e i portoni arroganti
dei cittadini piú potenti.
Cosí agli alti pioppi sposa i tralci
ormai cresciuti della vite,
contempla in una valle solitaria
le mandrie sparse che muggiscono,
recide col ronchetto i rami inutili
e innesta quelli piú fecondi,
versa il miele fuso in anfore terse
o tosa le sue pecorelle;
e quando l'autunno sovrasta i campi
splendente di frutti maturi,
gode a cogliere le pere d'innesto
e l'uva che emula la porpora,
per donarle a te, Priapo, a te, padre
Silvano, che vegli i confini.
È bello allora sotto un leccio antico
stendersi sull'erba compatta,
mentre fra gli argini scorre un torrente,
stridono nel bosco gli uccelli,
zampillano e bisbigliano le fonti,
invitando a un placido sonno.
Ma quando è inverno e fra i tuoni del cielo
Giove rovescia pioggia e neve,
con la muta dei cani in lungo e in largo
caccia i cinghiali nelle trappole,
tende su canne lisce reti fitte
per insidiare i ghiotti tordi
o, dolce preda, prende al laccio lepri
atterrite e gru pellegrine.
Chi fra tutto ciò non scorda le pene
che l'amore porta con sé?
Se poi una sposa onesta aiuta in casa
e alleva con dolcezza i figli,
come una sabina o la moglie arsa
dal sole d'un pugliese svelto,
e in attesa del tuo ritorno mette
legna sul focolare sacro,
chiude nei recinti il florido gregge,
munge le turgide mammelle
e, spillato dal tino il vino nuovo,
prepara un pranzo genuino,
in cambio certo non vorrei le ostriche
del Lucrino o i rombi e gli scari,
che per caso fra i tuoni una burrasca
ci portasse qui dall'oriente.
E piú di una gallina faraona
o del buon francolino ionico,
vorrei gustare a tavola le olive
piú succose colte dagli alberi,
o il lapazio di campo, l'erba malva
(un toccasana per lo stomaco),
l'agnella uccisa per le feste sacre,
il capretto strappato al lupo.
E a pranzo è dolce guardare le pecore
che sazie s'affrettano a casa,
guardare i buoi stanchi tirare a capo
chino il vomere sollevato,
e intorno ai Lari lucidi gli schiavi,
sciame che arricchisce la casa.'

Cosí parlava Alfio l'usuraio,
già pronto a farsi contadino,
e alle idi ritirò i suoi denari,
per darli a frutto alle calende".
#489
Teocrito, Theókritos in lingua greca. Era un poeta siceliota nato  nella Magna Grecia, a Siracusa (Syrákousai) nel 315 a. C. e vi morì nel 260 a. C. circa. 

Scrisse, carmi, epigrammi, inni e idilli.

Gli studiosi considerano Teocrito l' ideatore dell'idillio (dal latino idyllium): breve componimento poetico di tipo bucolico.

Dei  suoi 30 componimenti che formano la raccolta titolata "Idilli", 8 sono di ambientazione arcadica,  caratterizzata dal paesaggio agreste con ruscelli, animali che pascolano. I protagonisti  erano i pastori (bukòloi,) che  si sfidavano in gare  poetiche.  Si accordavano sulla scelta del giudice che doveva proclamare il vincitore, il quale riceva un premio.

I concorrenti gareggiavano alternandosi nel canto, denominato canto amebeo, che poteva riguardare tematiche libere o stabilite dal giudice; di solito i temi privilegiati  erano le vicende amorose.

Lo schema del canto era quello in cui si alternavano una domanda e una risposta; si creava, in questo modo, un sistema di corrispondenze e di contraddizioni fra chi proponeva la tematica e chi rispondeva.

Dai primi agoni pastorali cantati si passò  in seguito ai testi scritti.

L'ambiente bucolico evoca il Paradiso terrestre. A me fa pensare anche a Lucas Cranach il Vecchio e al suo dipinto titolato "Tentazione di Adamo ed Eva".


Lucas Cranach il Vecchio, tentazione di Adamo ed Eva, olio su tela, 1530, Kunsthistorisches Museum, Vienna

Cranach ha raffigurato il Paradiso come un locus amoenus con diverse scene, non in ordine cronologico, tratte dal Libro della Genesi.

In primo piano: Dio (con il manto rosso)  ammonisce Adamo ed Eva di non mangiare dall'Albero della conoscenza del Bene e del Male.

"Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male" (Genesi 2, 9).

"...ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire"
(Genesi 2, 17)

Dietro la coppia c'è accucciato un bianco cane levriero da caccia; più a destra arriva trotterellando un bianco cavallo; sotto di questo si vede la testa di altro cavallo mentre bruca l'erba.

Le  altre sparse scene vanno osservate da destra a sinistra.

In fondo a destra, dopo i tre bianchi agnelli (?) c'è la scena di Dio che crea  Adamo.

Segue l'albero della conoscenza del Bene e del Male carico di frutti.

Il serpente nella sembianza di donna  offre il frutto proibito. Eva già ne ha uno nella mano destra, un altro lo sta mordendo Adamo, in questo caso i frutti sono tre.

Più a sinistra, dietro un grande cespuglio, Dio estrae Eva dalla costola di Adamo.

Dopo l'albero, nel cielo c'è una nuvola con la raffigurazione dell'occhio di Dio. Adamo ed Eva tentano inutilmente di nascondersi dietro un cespuglio dopo aver trasgredito l'ordine divino.

Sull'estrema sinistra l'arcangelo Michele con la spada insegue e allontana  Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre.

Tre daini, di cui due in fuga, sono simbolicamente considerati messaggeri spirituali.

Concludono la rappresentazione due fagiani: simboleggiano la fecondità, la nascita e la rinascita.
#490
Nel precedente post per sbaglio ho scritto "Adesso propongo alla vostra attenzione un locus amoenus  immaginario, invece è da leggersi come hortus conclusus

L'hortus conclusus  (giardino chiuso, recintato) è presente anche nel Cantico dei Cantici, ma come espressione elogiativa  dello sposo alla sposa: "Hortus conclusus soror mea, sponsa, hortus conclusus, fons signatus".

"Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata
.
I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.
La sposa
Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti"
(IV, 12 – 16).


Domenico Morelli, Il sogno di Salomone, Galleria Nazionale di arte moderna, Roma
#491
Locus amoenus e hortus conclusus
 
Nella letteratura e nelle arti figurative la frase "locus amoenus" allude a un piacevole  luogo che invita all'otium e all'incontro di Eros con Venus nella natura bucolica, circondata da alberi, il canto degli uccelli, fiori, prati verdeggianti, la vicinanza di una  fonte d'acqua, ruscelli.
 
Il termine bucolica deriva dal sostantivo  greco "boukòlos" = "bovaro" (= l'addetto ai buoi da lavoro di un'azienda agricola).
 
Il locus amoenus non va confuso con l'hortus conclusus.
 
Un significativo esempio di entrambi, ma distinti, sono nell'Odissea (che ho già descritto nel precedente topic)
 
Omero descrive la natura dell'isola Ogigia abitata dalla divinità marina Calipso che amò, riamata, Odisseo (= Ulisse) e lo trattenne con sé per sette anni.
 
Ogigia, luogo paradisiaco dell'immortalità e della felicità. L'aedo narra che nei pressi della grotta-abitazione di Calipso c'è un lussureggiante bosco, prati, fiori, uccelli che cinguettano rigogliosi tralci di vite e quattro sorgenti d'acqua (= locus amoenus).
 
Ancora Omero, racconta di Ulisse naufrago nell'isola dei Feaci, della sua soccorritrice, la principessa Nausicaa, del re Alcinoo. La reggia circondata da un grande giardino con alberi e tanti frutti in ogni stagione (= hortus conclusus, giardino recintato).
 
Nel Medioevo ed anche nei secoli successivi l'hortus conclusus era quello annesso a monasteri e conventi: una zona adibita alla coltivazione di piante, anche medicinali,  e alberi fruttiferi.
 
Nei castelli e nelle residenze nobiliari i signori di solito adibivano un'area  a giardino con  fiori, alberi, piccoli  canali irrigui anche per i giochi d'acqua, e le dame vi passeggiavano.  
 
Adesso propongo alla vostra attenzione un locus amoenus  immaginario, dipinto in due versioni da Lucas Cranach, detto "il Vecchio" (1472 – 1553): il cognome di questo pittore e incisore tedesco è un toponimico, deriva dalla sua città natale, Kronach, in Baviera.
 

 Lucas Cranach il Vecchio: L'età dell'oro, olio su tavola, 1530 circa - Galleria Nazionale di Oslo.
 
Un'altra versione
 

Lucas Cranach il Vecchio, L'età dell'oro,  pittura ad olio su pannello, 1530 circa, Alte Pinakothek di Monaco. 
#492
Riflessioni sull'Arte / Re: "Camera degli sposi"
15 Giugno 2023, 13:29:23 PM

Andrea Mantegna, "Camera degli sposi", affreschi realizzati tra il  1465 – 1474, in una sala nel torrione Nord-Est del castello di San Giorgio, Mantova



Andrea Mantegna, "Ritratto di corte".

Nel ciclo pittorico della parete nord (Ritratto di corte)  la famiglia Gonzaga è raffigurata secondo i canoni della ritrattistica imperiale bizantina.

L'immagine presenta  l'episodio storico nel quale il segretario del marchese consegna al suo signore, Ludovico II, una lettera con cui se ne chiede la presenza a Milano a causa delle gravi condizioni di salute del duca di Milano Francesco Sforza, morto l'8 marzo del 1466.

Il legame tra le due signorie si consolidò quando Ludovico fu nominato capitano generale delle truppe milanesi. Come capitano la sua presenza veniva richiesta al servizio degli Sforza.


Il marchese è assiso; sotto la sedia, accucciato c'è Rubino, il cane prediletto.

Ludovico II ha in mano la lettera che gli ha consegnato il suo segretario, raffigurato dietro la sua spalla destra  col berretto rosso in mano.

Ludovico II ha il tronco del corpo e il capo piegati sulla destra per dialogare con lui.


 

Al centro della scena ci sono altre figure.

A fianco di Ludovico II Gonzaga c'è assisa la moglie, Barbara Hohenzollern di Brandeburgo, marchesa di Mantova. L'acconciatura dei capelli permette alla donna  la fronte alta, come indicava la moda dell'epoca.

Tra i due coniugi c'è una bambina, Paola Gonzaga, che regge in mano una mela e la offre alla madre. Mantegna dipinse la fanciulla con una coroncina tra i capelli e di fianco al fratellino Ludovico (che in età adulta fu nominato vescovo di Mantova).
Fu  l'ultimogenita nata quando la marchesa Barbara aveva 41 anni. La ragazza nel 1478, a soli 15 anni,  fu concessa in sposa al conte Leonardo di Gorizia. Paola morì nel 1497 senza aver avuto figli maschi.

Dietro la marchesa Barbara di Brandeburgo c'è il figlio Rodolfo, vicino a lui la sorella Barbarina:
è la ragazza che in piedi dietro la madre,  sembra voltarsi verso il richiamo di qualcuno che non si vede. E' la bella di famiglia. Sposò il barbuto Eberardo V di Württemberg. Anche lei, come Paola,  non ebbe figli maschi.

Alle spalle di Barbarina c'è la presunta nutrice:   indossa una fascia sotto la cuffia; ha lo sguardo verso il basso;

Davanti la fanciulla e a fianco della marchesa si vede la nana "Lucia", una dama di compagnia,  l'unica che guarda verso lo spettatore.  Anche lei con una cuffietta in testa. Il piccolo abito la fa somigliare ad una bambola.



Fu il prof. Rodolfo Signorini, storico dell'arte, a proporre Lucia come nome della nana, identificandola con una delle accompagnatrici di Barbarina Gonzaga nel suo viaggio verso il Wuttenberg  nel 1474 per sposare Eberardo I.

Dietro Ludovico II e la moglie Barbara ci sono un gruppo di cortigiani, altri sono sulla destra che salgono le scale mentre uno le scende.
#493
Riflessioni sull'Arte / "Camera degli sposi"
15 Giugno 2023, 13:26:35 PM
A Mantova, il complesso castellare fu  fatto costruire nel 1395 dal capitano del popolo Francesco I Gonzaga, per scopi difensivi e per dimostrare il suo potere economico e politico. Successivamente il castello di San Giorgio nel 1459 fu trasformato da Ludovico II Gonzaga da maniero difensivo in abitazione marchionale.
 

 
Il complesso castellare
 
 


Mantova, Castello di San Giorgio,  veduta laterale
 
Nel 1460 Ludovico invitò Andrea Mantegna a lavorare per lui come artista di corte, come tale, continuamente impegnato a sperimentare le sue capacità con la pittura sacra, la ritrattistica, le decorazioni in affresco, le incisioni.
 
Nel torrione nord-est del castello Mantegna decorò una sala che non era una stanza da letto nuziale, ma veniva usata   da Ludovico II  sia per redigere e custodire i suoi documenti e ricevere in udienza, sia per riunircisi con i suoi familiari.
E' la cosiddetta "Camera degli sposi" o "camera picta", affrescata tra il 1465 e il 1474.

Fu il pittore Carlo Ridolfi nel 1648 a definirla "Camera degli sposi", per la presenza  negli affreschi murari del Mantegna  delle figure di Ludovico II Gonzaga con la moglie Barbara.
 
Delle quattro pareti affrescate solo due celebrano la dinastia dei Gonzaga.
 
Le immagini raccontano due episodi storici avvenuti l'1 gennaio 1462: "Il ritratto di corte" (parete nord) e "l'incontro (parete ovest).

Lo spazio di ogni parete della camera fu diviso da Mantegna in tre aperture, che offrono allo spettatore l'illusione di paesaggi bucolici e tende mosse dal vento.

Gli affreschi sono stati realizzati sia a secco (parete nord) sia a fresco (parete sud).
 
Sulla parete con il  "ritratto di corte" c'è la famiglia Gonzaga e la presenza di alcuni cortigiani.

Invece sulla parete ovest, dedicata all'Incontro, è raffigurato il marchese Ludovico II  a colloquio con  il figlio neo cardinale Francesco  Gonzaga e il primogenito e futuro signore di Mantova Federico. Insieme a loro anche il fratellino Ludovico, futuro vescovo di Mantova, e i nipoti Francesco, futuro marchese, e Sigismondo che sarà cardinale.
 
Nel soffitto della "Camera degli sposi", al centro della volta,  Mantegna dipinse un finto oculo che fa vedere il cielo con piccole e bianche nuvole. Intorno alla balaustra  si affacciano differenti figure: alcuni putti alati,  un pavone, un vaso e alcune figure femminili, come la dama di corte accompagnata da un'ancella di colore.
 

 
L'illusionistica finestra rotonda è al centro di un motivo decorativo a finto mosaico dorato, suddiviso da finte cornici con palmette. Attorno al quadrato scultoreo  che comprende l'oculo, ci sono otto losanghe, ognuna delle quali presenta uno dei ritratti dei primi otto imperatori di Roma.
 
Segue
#494
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
12 Giugno 2023, 21:25:59 PM
Paesaggi Italia

Paesaggi italiani: noti o sconosciuti, naturali o artificiali, rurali o urbani, artistici, ecc., comunque da proteggere, come detta l'articolo 9  della Costituzione, modificato l'11 febbraio 2022 per estendere la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della nazione all'ambiente, alla biodiversità e agli ecosistemi.

Paesaggio è ciò che si vede, ma  ha anche un valore culturale, sociale e identitario.

Il paesaggio culturale è un insieme di cose belle che suscitano ammirazione: opere d'arte, chiese, abbazie, castelli, le rovine dell'antichità, ecc..

Alcuni  siti eccezionali sono nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco.

In Italia sono numerosi i patrimoni culturali  tutelati da quell'ente.  Uno è Aquileia: per la sua architettura proto-romana è considerato "patrimonio mondiale dell'umanità".


Aquileia, basilica di Santa Maria Assunta


Il paesaggio amato da Giacomo Leopardi (1798 – 1837)  è descritto nella sua famosa poesia titolata "L'infinito".

E' un paesaggio ispirato dalla concezione panteistica della natura;  la realtà scompare, non c'è lo scorrere del tempo, tutto è immobile,  l'infinito irrompe nella finitudine, la quale trascende sé stessa nella visione dell'assoluto.

Il poeta guarda e immagina quello che non si vede,  perché  è nascosto dietro "la siepe che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". In questo idillio il paesaggio evoca l'infinito, il superamento della realtà rappresentata dalla siepe.

L'infinito

"Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe,
che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente
e viva,
e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare".

(Giacomo Leopardi)
#495
Riflessioni sull'Arte / Re: Paesaggio
10 Giugno 2023, 16:16:34 PM
 "Quod natura relinquit imperfectum, ars perficit"  (=  "ciò che la natura ha lasciato imperfetto, lo compie l'arte") .

Sarebbe stato meraviglioso il pianeta Terra se soltanto l'arte naturale avesse avuto la possibilità di plasmarlo e volgerlo al bello. Ma non servirebbe. E' meglio antropizzato... ma degradato...

Lo psicoanalista e filosofo svizzero Carl Gustav Jung (1875 – 1961) nel suo libro titolato: "Ricordi, sogni, riflessioni", scrisse: "L'uomo è indispensabile al compimento della creazione, è addirittura il secondo creatore del mondo. La coscienza umana ha creato l'esistenza obiettiva e il significato, e così l'uomo ha trovato il suo posto indispensabile nel grande processo dell'essere. Questo è il significato cosmico della coscienza!"
 
Purtroppo lo scempio edilizio, il sovraffollamento, le favelas (baraccopoli alle periferie del Sud America e in Oriente), ecc., hanno fatto avanzare il degrado.
 

 
E che dire delle costruzioni selvagge che hanno devastato le coste italiane dagli anni '60 dello scorso secolo ?
 
L'edilizia si mangia 8 km di coste italiane all'anno.
 
Su più della metà (precisamente il 51%) delle coste italiane sono stati costruiti palazzi, alberghi e ville. La percentuale è destinata a crescere.
 
Solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposta a vincoli di tutela. Inoltre un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi in espansione.
 
L'habitat e l'ambiente marino sono costantemente in pericolo: il 25% degli scarichi cittadini ancora non sono stati depurati (in alcune località la percentuale sale 40%).
 
Le ragioni della fragilità delle aree costiere italiane sono causate da problemi idrogeologici e sono la conseguenza dell'urbanizzazioni, legali e abusiva, in posti spesso a rischio dissesto.
 
Alcuni fenomeni meteorologici si stanno ripetendo con intensità e frequenza nuove e anomale. Si tratta delle avvisaglie dei cambiamenti climatici che rendono le coste italiane più fragili e mettono in pericolo le persone. Il recente caso della Romagna insegna.
 
Più di un terzo delle nostre spiagge è in erosione e in futuro sembra prospettarsi un cambiamento, in vista dell'innalzamento del livello del mare e dell'intensificarsi dei fenomeni climatici estremi. Da poco si utilizza la tecnica del ripascimento dei litorali che sembra aver avuto un'efficacia maggiore rispetto agli interventi precedenti.
 
Natura sive Deus
 
Il fattore naturale e quello umano sono in correlazione. I vincoli paesaggistici  dovrebbero servire per il decente compromesso con le esigenze sociali., invece...
 
Nelle grandi metropoli il paesaggio naturale spesso non si vede, l'elemento antropico prevale prepotentemente: questo paesaggio urbano  può essere detestato o gradito, a chi piace la cosiddetta "vita frenetica", la presenza delle aziende multinazionali, delle sedi finanziarie e commerciali,  il fascino del lusso, delle boutique griffate, dei ristoranti gourmet e degli alberghi a cinque stelle, mentre le periferie sono spesso desolate e tristi, le case in "casermoni", i quartieri emarginati come dormitori  sovraffollati.
 

 
Per consolarci possiamo pensare che senza l'intervento umano la natura sa essere un'artista straordinaria, come nel caso del Gran Canyon, la lunga "gola" (di circa 446 km, profonda fino a 1857 metri, con larghezza variabile dai 500 metri fino a 29 km)  creata dal fiume Colorado nel Nord Arizona.  Ci sono picchi rocciosi plasmati dagli eventi atmosferici, dal fiume e dal tempo.