Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Eutidemo

#4801
Ciao Jacopus. :)
Giusta osservazione.
Ed infatti, se si abbassa troppo la soglia, si finirà per intasare le Procure; come, peraltro, già accadde in passato (con la conseguenza che molte evasioni restavano comunque impunite), prima che le soglie venissero, proprio a tale scopo, elevate. 
Un saluto. :)
#4802
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
13 Ottobre 2019, 11:36:55 AM
Ciao Bob. :)
Innanzittutto ti ringrazio di essere tornato nell'ambito del TOPIC, con interessantissime ed intelligenti considerazioni; in ordine alle quali osservo quanto segue.

***
Hai ragione nel dire che, "di fronte alla morte dell'altro ogni parola suona falsa, in particolare in caso di suicidio"; sebbene, più che "falsa", io la definirei piuttosto "disinformata", perchè nessuno di noi può sapere realmente cosa ci sia nella testa di un altro.
Ed infatti, come è scritto nel Vangelo, solo lo spirito che è nell'uomo può veramente ciò che è in lui!

***
Hai anche ragione nel dire che "ci possono essere diverse concause che determinano questa scelta"; anzi, forse, secondo me non c'è mai una sola, ma semmai:
- una causa determinante;
-  varie cause concomitanti.

***
Hai anche "parzialmente" ragione nel dire che "ci possono essere diverse concause che determinano questa scelta, ma affinché sia davvero una scelta libera, almeno una di queste deve necessariamente:
a) Essere incondizionata, ossia non dipendere a sua volta da altre cause.
b) Coincidere con l'"essenza"  dello stesso suicida.

***
Ed infatti, a mio avviso, per quanto riguarda a), almeno astrattamente "causa causae est causa causati"; si tratta di uno dei più famosi brocardi enunciati dalla Scuola dei glossatori di Bologna, che significa "la causa della causa è la causa di ciò che è stato causato".
Vale a dire che, se il "Fatto A" è causa del "Fatto B", il quale ha poi causato il "Fatto C", si può affermare che il "Fatto A" è causa del "Fatto C".

***
Da questo punto di vista, "nessuna scelta umana, suicidio compreso, è mai veramente "incondizionata"; ed infatti, se il suicida non fosse mai nato (causa e condizione necessaria), non sarebbe mai stato in grado di scegliere di suicidarsi.
Tuttavia, a mio avviso, tale tipo di ragionamento è alquanto "paralogistico"; perchè allora si potrebbe anche sostenere che la mia facoltà di scelta di suicidarmi, "omisso medio", in fondo, dipende dalla scelta dei miei bisnonni di accoppiarsi, e tale scelta da quella dei loro bisnonni, e così via fino a quando Dio creò Adamo.

***
Quanto a b), cioè a far coincidere la "scelta" con l'"essenza"  dello stesso suicida, invece, non sono molto d'accordo, almeno sotto il profilo strettamente semantico; mi sembra più esatto, invece, dire che la scelta deve essere imputabile a lui.

***
Quanto al fatto, poi, che la scelta imputabile a qualcuno, per essere tale, deve pure essere assolutamente "incondizionata":
- non lo credo possibile;
- non lo credo neanche necessario.
Ed infatti, almeno secondo me, ogni nostra scelta, suicidio compreso, è condizionata e determinata da una congerie di motivazioni diverse; alcune più rilevanti, altre meno.

***
Hai quindi perfettamente ragione nell'asserire che il suicida non deve essere totalmente condizionato riguardo alla sua azione; ed infatti, deve esserci una "porzione" incondizionata di "lui" ad essere necessaria per poter affermare che la sua scelta è, almeno relativamente, libera.

***
Per cui, a ben vedere:
- in caso di "coazione fisica", per esempio se si forza fisicamente qualcuno a premere il grilletto della propria pistola, non si può neanche parlare di "suicidio", ma si è in presenza di un "omicidio" a tutti gli effetti;
- in caso di "coazione morale", per esempio nel caso di Seneca e di Rommel, si è sicuramente in presenza di "suicidio", sebbene condizionato in modo estremo dalla volontà altrui.
Però sempre di un atto di suicidio "volontario" si tratta, secondo la consolidata formula "coactus, tamen voluit"; che mette in evidenza come colui che fu coartato al suicidio, comunque, "lo volle"!
Ed infatti si sarebbe benissimo potuto rifiutare, come in casi analoghi accadde.

***
Ciò puntualizzato, tu, però, confondi un po' la "causa" con la "motivazione".
Ed infatti, è ovvio che il suicida ha "sempre" una specifica "motivazione" che lo induce a compiere tale atto; così come ciascuno di noi ha "sempre" una specifica motivazione che lo induce a compiere un qualsiasi altro atto (dal decidere di sposarsi, al decidere di divorziare o di dimettersi da una carica).
Questo è ovvio, perchè è un po' difficile che Tizio una mattina si svegli, e decida di suicidarsi solo "per vedere l'effetto che fa"!

***
Ma, salvo il caso di coazione fisica o di "estrema" coazione psichica, quello del suicidio, così come qualunque altro nostro atto, deve considerarsi libero e volontario; a meno di non voler sostenere che "nessun nostro atto" può mai considerarsi del tutto "libero" "volontario".
Ed infatti, è ovvio che qualsiasi cosa decidiamo di fare o di non fare, dipende da motivazioni e condizionamenti di vario tipo, consci o inconsci, di maggiore o minore intensità.
Il suicidio non fa eccezione alla regola!

***
.Non ti seguo, però, quando scrivi: "laddove compaia un "motivo" che non sia lo stesso suicida, ma solo con lui interagente, possiamo escludere che questo motivo dimostri la libertà di scelta.".
Ed infatti, secondo l'analisi logica del periodo, il suicida:
- può <<avere>> uno o più motivi per suicidarsi, più o meno cogenti;
- però non può certo <<essere>> lui in persona il "motivo", perchè le persone <<hanno>> motivi, ma non  <<sono>> loro i motivi (non si è mai visto un "motivo" bipede).
Per cui non capisco cosa vuoi dire.




***
Quanto ad individuare un'area fisica, nel cervello del suicida, che contenga una "centrale decisionale" in grado di scegliere se suicidarsi o meno, essa esiste sicuramente -teoria dei fasci a parte-, sebbene, più che altro, si tratti di una interazione tra aree diverse (neocorteccia e sistema limbico); il che, però, pur avvenendo "autonomamente", non può certo prescindere dal passato del suicida e della realtà che lo circonda.

***
Tu confondi l'avverbio "autonomamente", con l'avverbio "indipendentemente"; ed infatti, se io debbo raggiungere una via cittadina, posso "autonomamente" scegliere il percorso stradale che preferisco, ma non posso certo farlo "indipendentemente" dalle strade che esistono, ed "a prescindere" dai sensi vietati.

***
Questa stessa "centrale" di cui parliamo, seppur "influenzata" da condizionamenti più o meno cogenti, è tuttavia "autonoma" nella sua scelta; fatti salvi, ovviamente i casi di estrema coazione fisica e psichica sopra descritti.
E non c'è dubbio alcuno che sia in grado di influire sulla realtà esterna,  in quanto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone; se fosse un assurdo fisico, ciò non si verificherebbe!

***
Non è un "qualcosa" che sfida  la nostra interpretazione fisica della realtà, in quanto, pur agendo sulla realtà esterna non ne è affatto immune; tanto è vero che è ormai statisticamente accertato il cosiddetto "effetto Werther", che si riferisce al fenomeno per cui la notizia di un suicidio pubblicata dai mezzi di comunicazione di massa provoca nella società una catena di altri suicidi.

***
Quanto al fatto che il suicidio è "impossibile nell'esserci, per essere davvero esistente dovrebbe necessariamente trattarsi di un fenomeno trascendente il nostro mondo", è uno pseudo ragionamento metafisico (alquanto fumoso), ma del tutto privo di senso per quanto concerne il mondo fisico, laddove i suicidi si verificano eccome.

***
Se escludiamo la Trascendenza, che nel caso in questione non c'entra proprio niente, possiamo tuttavia concordemente concludere che:
- o esistono atti (più o meno) liberamente determinati dalla volontà dei singoli individui, tra i quali il suicidio e la tua decisione di scrivere il tuo ultimo post;
- ovvero non esistono atti liberamente determinati dalla volontà dei singoli individui, tra i quali il suicidio e la tua decisione di scrivere il tuo ultimo post, essendo il tutto determinato da un universo meccanicistico.
Ma se uno vuole comunque suicidarsi, cosa vuoi che gli interessi l'"etichetta" (libero, non libero ecc.) che i vivi vorranno appiccicare al suo gesto?
Forse si suicida anche perchè ormai è stufo che ogni suo atto venga "etichettato"! 
Non a caso Cesare Pavese concluse il suo diario, "Il mestiere di vivere", scrivendo: "Non più parole, un gesto!". 

***
Un saluto! :)
#4803
Abbassare il limite della sanzionabilità penale, secondo me, è un invito ad evadere con più tranquillità. ;)
Ed infatti a parte il fatto che il "carcere agli evasori" era già previsto dal 1982, con la  Legge 516/1982 (sulla quale scrissi uno dei miei primi libri), abbassando la soglia di punibilità penale, nel contempo si abbassa pure "di fatto" la soglia di "effettiva" perseguibità tributaria.
Ora cercherò di spiegare perchè, nel modo più semplice possibile (anche a costo di essere un po' sommario).

***
Per fare un esempio, uno dei metodi più utilizzati per accertare l'evasione fiscale dei ristoranti, utilizzato anche dal Al Capone per le riscossione del "pizzo", è sempre consistito nella verifica del "conto della lavanderia"; cioè, se un ristorante contabilizza 3.000 pasti serviti in un anno, mentre, dal "conto della lavanderia", risulta che in un anno sono state lavate 30.000 tovaglie, in effetti non è azzardato presumere che che il proprietario del ristorante stia facendo il furbo.

***
In tali ipotesi:
a)
Nel caso di Al Capone, il proprietario del ristorante faceva una brutta fine, e, nel "conto della lavanderia",  di solito ci finivano anche i suoi indumenti.
b)
Nel caso del nostro diritto tributario "non penale", a seconda delle circostanze il proprietario del ristorante fa una brutta fine lo stesso, perchè, oltre alle imposte evase, viene bastonato da tante e tali sanzioni pecuniarie da fargli passare la voglia.

***
Ed infatti, l'art.39 del DPR 600/73:
- nel comma 1 lett.d), in sede di accertamento analitico, sancisce che "l'esistenza di attivita' non dichiarate o la inesistenza di passivita' dichiarate e' desumibile anche sulla base di "presunzioni semplici", purche' queste siano "gravi, precise e concordanti."
- nel comma 2, invece, in sede di accertamento induttivo, sancisce che l'Agenzia delle Entrate può avvalersi anche di "presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d)" del precedente comma, e, cioè, "non necessariamente gravi, nè precise, nè concordanti.".
Per cui, almeno in genere, il "conto della lavanderia", basta e avanza ai fini dell'accertamento tributario, e della conseguente condanna nel Processo Civile Tributario.

***
Se, nel caso di specie, le soglie di punibilità penale non vengono superate, infatti, trattatandosi di materia non penale, se ne occupa il Giudice civile, cioè, nella fattispecie, le Commissioni Tributarie, nella cui giurisdizione, ex art. 7 del d. lgs. n. 546 del 1992 , non sono ammesse, a difesa del contribuente:
- nè il giuramento decisorio (figuriamoci)
- nè la prova per testimoni (che, almeno a Roma, si comprano un tanto al chilo)
Per cui, il ristoratore che contabilizza 3.000 pasti serviti in un anno, mentre, dal "conto della lavanderia", risulta che in un anno sono state lavate 30.000 tovaglie, "lo fanno nero"!
Cioè, lo condannano a versare l'imposta evasa, più dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato.

***
Se, invece, si supera la soglia penale (che ora si vuole abbassare), per gli stessi fatti il contribuente viene sottoposto ad un processo penale; nel cui ambito la discrepanza tra i 3.000 pasti serviti in un anno, e le 30.000 tovaglie lavate, oggettivamente, non è assolutamente sufficiente a superare l'ostacolo dell'art.533 C.P.P., in base al quale il giudice può condannare l'imputato esclusivamente nel caso in cui costui risulti colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.
Ed il conto della lavanderia, non è certo una presunzione "al di là di ogni ragionevole dubbio"; oltre al fatto che, in ambito penale, non c'è limite di prova, per cui l'imputato può chiamare i testi a difesa che vuole.
Senza considerare che un soggetto incensurato, in carcere non ci finirà mai; al massimo verrà condannato ad assistere mezz'ora a settimana i vecchietti di Cesano Boscone

***
E' indubbiamente vero che oggi (a differenza del passato), per quanto concerne gli effetti del giudicato penale sul processo tributario, la giurisprudenza è costante nell'affermare che, secondo l'assetto normativo vigente, nel giudizio tributario nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti esaminati siano gli stessi che fondano l'accertamento, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in materia di prova previsti dall'articolo 7, comma 4, D.Lgs. 546/1992 e trovano ingresso anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna.

***
Tuttavia, ferma la non vincolatività del giudicato penale, "il giudice tributario, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, è tenuto a verificare la rilevanza, rispetto alla fattispecie tributaria soggetta ad esame, di tutti gli elementi desumibili dall'inchiesta e dalla sentenza penale" (cfr., "ex multis" Cassazione, sentenze nn. 9442/2017, 6211/2015, 8129/2012 e 20740/2010).

***
In definitiva, il quadro generale che emerge dalla attuale giurisprudenza, depone, almeno in teoria, per l'assenza di condizionamenti "diretti" ed "immediati" del giudicato penale rispetto alle decisioni del giudice tributario; ma, al contempo, sancisce la sussistenza di un "potere-dovere" dello stesso giudice tributario di prendere comunque in considerazione, sia pure in assoluta autonomia e nel rispetto delle proprie regole processuali, gli elementi risultanti dalla sentenza penale, (nonché la valutazione che degli stessi è stata operata dal giudice penale), dando piena contezza del percorso argomentativo seguito in sede di motivazione.
Che, in pratica, nel 99% dei casi si riduce ad un "copia ed incolla" della motivazione della sentenza penale.

***
Ed infatti, almeno all'atto pratico, se il Giudice Penale assolve il ristoratore "perchè il fatto non sussiste" ovvero per "non aver commesso il fatto", secondo la mia personale esperienza non ci sarà MAI, alcun Giudice Tributario che lo condannerà per tale "fatto"; in pratica, io escluderei del tutto l'ipotesi!
Non mi è mai capitato un caso del genere; se ne foste a conoscenza, fatemelo sapere. :)

***
In conclusione, il nostro ipotetico ristoratore, dovrebbe accendere un cero a Sant'Antonio nella speranza che vengano abbassate le soglie della sanzionabilità penale, in quanto (salvo casi particolari), per lui un processo penale sarebbe la migliore salvaguardia sia da una condanna penale che da una civile...una vera "manna"!
Rimesso solo al giudizio civile, secondo me, rischia molto di più.
#4804
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
12 Ottobre 2019, 07:29:29 AM
Ciao Bob.
Io sostengo esattamente il contrario di quanto mi attribuisci, in quanto, per me, esiste una sola ed "unica" REALTA', che, però, si manifesta con modalità diverse a seconda del particolare livello che stiamo considerando; il "noumenico" corrisponde alla trama ed il "fenomenico" all'ordito di uno stesso identico tessuto...non di due tessuti diversi.
Sei tu che confondi capre e cavoli!

***
E' ovvio che quando scrivo il fenomenico finisce per prevalere sul noumenico; la cosa è inevitabile perché il mio IO individuale (che sta scrivendo in questo momento), corrisponde ad una delle tante realtà fenomeniche del livello fisico della realtà.
Come te, d'altronde!

***
Proprio stanotte ho sognato che discutevo con altre due persone proprio su questo tema, e ciascuna delle delle due sosteneva una tesi diversa dall'altra (e dalla mia): poi mi sono svegliato, e mi sono accorto che eravamo tutti e tre UNO.
La REALTA' UNICA può avere diversi livelli, ma questo non ha niente a che fare con il DUALISMO.

***
Quanto al fatto che il "noumenico" diventa una "speranza" che non ha però (necessariamente) alcun riscontro "esperenziale", questo è falso "a contrario"; ed infatti, l'albero  che io "sperimento" è solo un'immagine mentale, che io "presumo" sia provocata da un ente esterno "albero in sè" (noumeno), che, però, constato di non poter "sperimentare" direttamente in alcun modo.

***
In ogni caso, quanto a "speranze", lo stesso si può dire della tua idea che l'"io" non esiste; ma, almeno, la mia "speranza", o meglio "visione", sebbene possa essere meramente "illusoria", almeno non è "autocontradditoria" come la tua.
Ed infatti, ovviamente, tu non puoi "esserci" e non "esserci" allo stesso tempo, se non:
- in senso poetico e metaforico;
- in senso metafisico, cioè che il tuo "io" attuale ed "esistente", è solo un'onda nel "sè", cioè nel mare dell'essere.

***  
E' evidente che quando dico che si nasce e si muore "uti singuli", ma "sub specie aeternitatis" nessuno nasce e nessuno muore, sto appunto ribadendo l'UNICITA' della realtà, sia pure sotto diversi aspetti.
Ma possibile che io non riesca a spiegarmi?
Per fare un esempio, la terza A e la terza B, sono due classi diverse, cioè, in analogia, due realtà diverse; ma gli "alunni della  terza A" e la "classe terza A", non sono due realtà diverse, bensì la stessa realtà vista sotto la prospettiva degli alunni "uti singuli", e della "classe" di cui sono membri provvisori.
Quando gli alunni "uti singuli" prendono il diploma, la classe resta; perché si tratta di due livelli concettuali diversi.
Ovviamente, si tratta solo un esempio a livello di logica, che "ontologicamente" non calza, perché l'IO individuale ed il SE' universale, hanno un rapporto identitario, per così dire "metafisico".
Ma il dualismo non c'entra assolutamente niente.

***
E' in "re ipsa" che l'Essere assoluto sia privo di parti, perché se lo fosse sarebbe l'Esistere nelle sue singole manifestazioni;   le parti esistono, eccome, ma solo a livello "fenomenico"!
Noi siamo tutti come frammenti di uno specchio rotto di cui eravamo parti; ma ogni frammento, sia pur separato dagli altri, non può che riflettere l'immagine di un unico sole!
Dove mai sarebbe la contraddizione?

***
Quanto dico, ha ovviamente a che fare con la mia specifica cosiddetta "erudizione", perché, ovviamente, chiunque (te compreso) non può che esprimere le idee che ha maturato  in base alle sue esperienze, di vita e di lettura; quanto all'inutilità dell'erudizione nella ricerca della Verità, possiamo anche essere d'accordo.
Ma che cosa è la  Verità?

***
Quanto alla "modestia autentica", secondo me è un'illusione; perché (a cominciare dal sottoscritto) non si può essere mai "veramente" modesti.
Al massimo, ci limitiamo a vantarci della nostra modestia!

***
Quanto al cartello sullo specchio, hai perfettamente  ragione;  tale bisogno deriva dal timore di non aver fatto ancora tutto ciò che c'è scritto.
Bella scoperta: altrimenti che ce l'avrei attaccato a fare, se non ne avessi avuto bisogno?
Tu non ti fai mai il nodo al fazzoletto?
Ma oggi i fazzoletti sono tutti di carta, per cui la cosa non è più possibile!

***
Che c'entra la "dottrina" e la solita (ovvia) osservazione che "la mappa non è il territorio"?
Sono perfettamente d'accordo, ma tu che cosa ne sai di quello che io "vivo" o non "vivo"?
E, soprattutto, cosa ne sai di come io maturo ed elaboro interiormente quello che leggo?
Le mie tappe, o, se preferisci, il mio "processo di ricerca" come dici tu,  consistono in:
- lectio,
-meditatio,
-oratio
-contemplatio
Se cè qualcuno che riesce subito a saltare all'ultima tappa, buon per lui.
Chapeau!

***
A dire il vero, a volte imprevistamente, altre volte a seguito di meditazione "asparsa yoga", mi capita effettivamente di avvertire la non-dualità; e non soltanto per sentito dire, o per aver letto molto al riguardo, ma direttamente ed a volte in modo molto "intenso".
Però, non sono così ingenuo da non ammettere che potrebbe essersi trattato solo di autosuggestione; non penso, perché conosco alcune tecniche per evitarla, ma, ovviamente, non posso  averne la certezza.

***
Il buffo è, invece, che tu mi accusi continuamente di avere "certezze", che, invece, io non ho mai avuto né ho mai preteso di avere (salvo che nei ristretti limiti della logica fenomenica), mentre invece "sei tu" ad essere categorico nell'affermazione di tue presunte "certezze".
Non te ne accorgi?

***
Ed infatti, a parte l'intrinseca contraddittorietà, anche sintattica, di alcune tue "certezze", come quella del "...nulla in tutte le cose dell'esserci..", anche se non fossero intrinsecamente contraddittorie, tu le postuli come se fossero una "verità rivelata".
Dove mai sarebbe il marchio di garanzia, di VERITA' ASSOLUTA di ciò che affermi?

***
Un saluto!

P.S.
Se vuoi possiamo aprire un'altro TOPIC sulle "verità ultime", ma questo è dedicato al "suicidio", per cui non accetterò più repliche se non a tale SPECIFICO riguardo.
Tu hai già osservato che secondo te il suicidio non esiste, perché non c'è nessuno che si possa suicidare, ed io ho archiviato tale "koan"; adesso, però, basta a starci a girare intorno OT.
Non ho mai visto un essere "inesistente" così "insistente"!
E' solo una battuta senza alcuna intenzione offensiva, perché ti stimo molto, e mi sei anche molto simpatico!
#4805
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
11 Ottobre 2019, 07:35:34 AM
Ciao Bob. :)
Hai ragione, lasciamo perdere la semantica, in quanto, effettivamente, "sintesi" ha un sacco di significati diversi, oltre a quelli descritti da noi due.
L'unico che non accetto, è l'equivalente di "minestrone", in quanto, a mio avviso:
- è perfettamente legittimo, come scrivi tu, intendere la "sintesi" come quella procedura che serve per giungere dalle parti all'unità;
- non è invece legittimo intendere la "sintesi" come quella procedura che serve mescolare tra loro cose che non hanno niente a che vedere le une con le altre (cioè, "fare di tutte le erbe un fascio").
Quella io la chiamo "caciara", per distinguere un coro da uno schiamazzo.

***
Prendo atto che tu non ti consideri Buddista, perché anche nel Buddismo ci sono troppe "verità" da accettare; sul che sono perfettamente d'accordo anche io.
Però alcune tue concezioni sono molto simili a quelle buddiste; nella qual cosa non c'è niente di male.

***
Quanto a me, anche io non mi considero Vedantino, perché pure nell'Advaita Vedanta ci sono troppe "verità" da accettare; però alcune mie  concezioni sono molto simili a quelle Vedanta (e a quelle mistiche Cristiane).
Ed anche in questo non c'è niente di male.


***
Io propendo per il non-dualismo a livello "noumenico"; ma, ovviamente, nei miei discorsi (ed anche nei tuoi ed in quelli di chiunque) predomina necessariamente la distinzione e il dualismo, perchè i nostri "IO" a livello "fenomenico" possono esprimersi soltanto in modo analitico e duale.

***
Mi rendo conto che è una cosa difficile da spiegare, se non con analogie del tutto inadeguate;  ad esempio, potrei dire che io "distinguo" il mio "IO" che sogna (il quale può essere anche una persona diversa da me), dal mio "IO" da sveglio, ma, ovviamente, sono perfettamente consapevole che siamo "sostanzialmente" la stessa cosa.
Lo stesso dicasi del mio "IO" da sveglio, finchè il mio corpo vive, ed il "SE'" in cui lui si ridesterà dopo morto; quella sì che è la REALTA' monistica che costituisce la "trama" dell'ESSERE, mentre quella fenomenica ne è soltanto l'"ordito".
Se vogliamo, possiamo anche chiamarla "SINTESI"; ma secondo me sarebbe un uso inappropriato del termine, perchè la sintesi richiede l'esistenza di "parti", benchè omogenee, mentre per me l'ESSERE ASSOLUTO è "privo di parti", sebbene, a livello "fenomenico", si manifesti in modo "plurale".
Sarebbe come voler definire il mare una "sintesi" delle onde.

***
Poichè io ho approcciato il tema del suicidio a livello "fenomenico", il mio non poteva che essere un approccio analitico; altrimenti, considerando le "onde" solo in quanto "mare", è ovvio che non avrebbe avuto senso parlare di suicidio.
Si nasce e si muore "uti singuli", ma "sub specie aeternitatis" nessuno nasce e nessuno muore!

***
Non mi fai affatto soffrire, dicendomi che il mio sapere mi è d'intralcio, perchè ne sono convinto io per primo.
Ed infatti, dal mio libro preferito in assoluto, cioè ""L'IMITAZIONE DI CRISTO", scritto (sembra) da Tommaso da Kempis, ho estrapolato questa frase, e l'ho incollata sullo specchio del bagno:
"Non volerti gonfiare, dunque, per alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del sapere che ti è dato; ed infatti, anche se ti pare di sapere molte cose, ed anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose che non sai."


***
Riguardo al "tuo esserci pur in assenza di un io", comprendo perfettamente la tua difficoltà per via del linguaggio, che, come scrivevo sopra, è anche la mia; ed infatti, anche io penso, come scrivi tu, che "Il linguaggio è frutto della "distinzione" e d'altronde non potrebbe essere altrimenti".
Ed invero, dire "ci sono", più che darlo  per sottinteso, equivale esattamente a dire che "io" ci sono; perchè la prima persona presente di un verbo, implica "intrinsecamente" e "logicamente" il soggetto "io", e non si limita a meramente "sottintenderlo".
E' la stessa cosa!
Tanto è vero che, stilisticamente, precisare "io" viene da molti autori considerato sconveniente, in quanto ridondante e "superfluo" (laddove, ovviamente, non ci sia la possibilità di confonderlo con la terza persona plurale)!

***
Quanto al fatto che "non vi può essere nessuna autentica dottrina sulla non dualità, perché indottrinare qualcuno riguardo al non duale sarebbe un'assurdità", secondo me, allora, si può a maggior ragione sostenere che non vi può essere nessuna autentica dottrina sulla non esistenza dell'io, perché indottrinare qualcuno riguardo al fatto che lui non esiste, è un'assurdità ancora più grande. ;)
Una dottrina sulla non dualità a livello "noumenico", se impartita a livello "fenomenico", ha invece un senso; perchè ammette l'esistenza dell'IO individuale nel mondo fisico.

***
Quanto al discorso sul soffrire e sul ridere, senza che vi sia nessuno che soffra o che rida, non solo non ha senso allo stadio dell'"analisi", ma non ce l'ha neanche a livello della "sintesi".
Ed infatti, se come scrivi tu (e su cui sono d'accordo), si può intendere per "sintesi" anche quella procedura che serve per giungere dalle parti all'unità, se le parti non esistono, come tu sostieni, non può neanche trarsene una sintesi.
Ed infatti, sintesi di cosa?

***
Tu cerchi di spiegarlo dicendo: "Vi è solo il ridere e il soffrire...e a questo si giunge con la sintesi."
Ripeto, la sintesi di cosa?

***
Dire che "la sintesi, nel suo salto nel vuoto, scarta ciò che dell'analisi è ormai inutile, per cogliere l'essenza", per me è una proposizione priva di senso; cioè, vuota e senza significato!
Può suonare bene "poeticamente", come dire che "l'amore, nel suo salto nel vuoto, scarta ciò che dell'amore è ormai inutile, per cogliere l'essenza", ma che non ha senso logico alcuno.
Comunque riconosco che è un ottimo espediente dialettico, perchè una affermazione senza senso non è confutabile in alcun modo. :D

***
Lo stesso vale per altre tue singolari formulazioni, tipo che "esiste solo la comunicazione, a prescindere dagli attori della comunicazione stessa", ovvero "di  modo che, "ci sono" in quanto esserci, ma "non esisto" in quanto esistenza, erché l'esistenza, ossia la comunicazione, prescinde da me, da me che ci sono."
Tu ti chiedi se sei riuscito a rendere l'idea?
Assolutamente NO, mi dispiace! ::)

***
Un saluto!  :)
#4806
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
10 Ottobre 2019, 14:28:13 PM
Ciao Bob :)
Ripeto che ti sbagli, in quanto, per "sintesi", nella lingua italiana, si può intendere:
- o il semplice riassunto di un testo più ampio (come si diceva nella scuola elementare);
- ovvero l'accordo fra tesi ed antitesi, secondo Hegel (come si diceva nel Liceo).
Punto! ;)
Tu fai confusione tra concetti diversi, come già ti ho spiegato; eppure mi sembra una distinzione ovvia, che nessuno si sognerebbe mai di mettere in discussione.
Ecco, per esempio, questa è una "sintesi" di quello che ho scritto la volta scorsa; ed in questo non c'è niente di "metafisico!"

***
Per il resto ormai ho compreso che tu sei buddista (come Sariputra), per cui, pur non citandole, non fai altro che ripetere le teorie:
- dell'ANATTA, che è una parola composta dal prefisso privativo "a" o "ana" (in greco "alpha steritikon") e dal termine "atman", traducibile come "io", "personalità individuale" e simili, la cui esistenza tu, appunto, neghi.
- del SUNYATA, ovvero della vacuità dell'intima natura dei fenomeni o dharma.
Entrambi i concetti, peraltro, vengano diversamente interpretati dalle varie scuole buddiste (Theravāda,  Prajñāpāramitāsūtra, Mahāyāna Madhyamaka, Cittamātra, Chán, Zen,  Vajrayana, almeno stando a quelle che mi ricordo), ma non sono abbastanza addentro al buddismo da capire a quale corrente appartieni tu!

***
Io, invece, come già avevo scritto, propendo per l'Advaita Vedanta, secondo la dottrina di Shankara, che è probabilmente la più conosciuta fra tutte le scuole Vedānta della religione Induista; letteralmente il termine Advaita significa "non duale", ma viene anche utilizzato per indicare il sistema monistico su cui si fonda il principio dell'indivisibilità del Sé o Ātman dall'Unità (Brahman).

***
Per cui, è inutile che continuiamo a contrapporci le due dette visioni (sebbene, secondo me, non siano poi così distanti come alcuni pensano), in quanto, non trattandosi di cose verificabili, nessuno di noi due può pretendere che la sua sia vera e l'altra falsa. ;)

***
Comunque, l'una nè l'altra c'entrano ben poco con il mio Topic! ::)

***
Un saluto! :)

P.S.

Poi, comunque, mi spieghi come sia possibile che la non esistenza del tuo io non implichi il tuo non esserci, perché ci sei!

Però forse ho capito: è un  un "koan" zen; che, spesso, si fonda appunto sul "nonsense"! ;)
#4807
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
10 Ottobre 2019, 13:51:01 PM
Ciao Sariputra. :)
Nessuna interpretazione errata: il testo buddista che ho riportato è chiaro e non necessita di interpretazione alcuna, in quanto ammette apertamente il suicidio!
Se poi ci sono altri testi, che, secondo diverse interpretazioni, non lo ammettono, al massimo si può dire che l'esegesi e controversa.
Ma dire che il Budda ha "esplicitamente" ed "incontrovertibilmente" proibito il suicidio, è assolutamente FALSO; come ho detto, al massimo si può dire che l'esegesi e controversa...e ciascuno può scegliere quella che preferisce.
Punto.
Un saluto! :)
#4808
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 13:40:16 PM
Ciao Sariputra. :)
Tu parli di Marzia,  la quale fu data in sposa giovanissima a Catone l'Uticense, e che, secondo gli usi tradizionali del tempo, il padre, in accordo con Catone, diede poi in sposa ("non certo in prestito") a Quinto Ortensio Ortalo per fini procreativi; dopo la morte di Ortensio lei, vedova, tornò in moglie  Catone, divenendo così, universalmente, un simbolo di fedeltà coniugale.
Tanto è vero che il "cristianissimo" Dante Alighieri, la collocò nel Limbo degli "spiriti magni" (Inf. IV, 128) e la citò anche nel Purgatorio (I, 79) e nel Convivio, dove dice di lei: "Tornò Marzia dal principio del suo vedovaggio a Catone, per che si significa la nobile anima dal principio del senio tornare a Dio. E quale uomo terreno più degno fu di significare Iddio, che Catone? Certo nullo." (Convivio IV, xxviii, 15).
Peraltro è anche vero che Catone l'Uticense, essendo tribuno designato, nel 63 a.C. ottenne dal senato la condanna a morte per alcuni seguaci di Catilina, pena che sarà poi eseguita dall'allora console Cicerone, in opposizione a Cesare, che proponeva pene più miti; e, secondo me, Catone fece bene, perchè si trattava di traditori della Patria, che cercavano di sovvertire la Repubblica Romana (come poi cercò di fare anche Cesare).
Ma si tratta solo di punti di vista, poichè è perfettamente lecito che tu giudichi Catone l'Uticense in modo diverso da me e da Dante; la cui opinione, però, se mi consenti e senza offesa, io preferisco un tantino alla tua.

***
Sono invece d'accordo con te sul fatto che c'è un che di 'intransigente' nell'abito mentale dell'aspirante suicida; ma solo nei casi dei suicidi per motivi politici, non in generale.

***
Quanto a Mishima, mi astengo dal giudicare il suo suicidio, in quanto non sono ben edotto di tutte le sue "effettive" circostanze; ed infatti, come, come ho già ripetutamente scritto, io non sono affatto favorevole al suicidio per principio, in quanto, in molti casi, lo ritengo un atto decisamente riprovevole e reprensibile.
Occorre valutare caso per caso!

***
Quanto al fatto che il suicidio, se non indotto da uno stato di prostrazione fisica o mentale dovuto a qualche gravissima malattia, sia sempre una dimostrazione di volontà di auto-affermarsi dell'IO, non sono assolutamente d'accordo; ed infatti, semmai, come mi sembra abbastanza ovvio, è vero l'esatto contrario, e, cioè, che il suicidio è una una dimostrazione della volontà di annientare il proprio IO individuale, non certo di affermarlo!
Altrimenti, sarebbe come dire che il modo migliore di avere una erezione è quello di prendersi a martellate il pene.
Uccidersi per affermare il proprio IO, invero non ha senso alcuno; salvo che in qualche raro  caso di ipertrofia egoica frustrata.

***
Quanto al BUDDISMO, lo stesso Buddha, ammise apertamente il suicidio.
Ed infatti, nel Vakkali Sutta (Samyutta Nikāya 22, 87) il monaco Vakkali, "infermo, afflitto, gravemente malato" confida ad altri monaci la sua intenzione di uccidersi con un coltello. Dopo aver appreso dell'intenzione di Vakkali, il Buddha gli fa personalmente visita, per parlare con lui; nel corso del loro colloquio appare evidente che Vakkali è ben progredito sul sentiero verso il Risveglio, avendo già acquisito una cognizione profonda e di prima mano della "natura insoddisfacente dell'esistenza".
Dopo essersi accommiatato da Vakkali,  Buddha durante la notte riceve la visita di "due deva di straordinaria bellezza", venuti a ricordargli che Vakkali era "intento alla liberazione" e che, suicidandosi "sarebbe stato libero come uno ben liberato"; per cui, il giorno dopo il Buddha dà ai monaci un messaggio da consegnare a Vakkali in cui gli racconta della visita di buon auspicio dei deva e lo assicura che la sua sarebbe stata una buona morte.
Vakkali, dopo aver ricevuto questo messaggio dal Buddha, fa, come preannunciato, prende il coltello e si suicida.
Tanto è vero che questo fu il messaggio di Budda, che la tradizione buddista giapponese riferisce di molte altre storie di suicidio dei monaci; sebbene per ragioni e con modalità diverse di quelle dei samurai.

***
Ad ogni modo, il caso dei 72 lama tibetani che si sono dati fuoco per protesta non era connesso alla loro religione buddista, in quanto il loro atto, utile o inutile che fosse non era certo finalizzato ad adempiere -o meno- ad un loro precetto religioso, bensì, era semplicemente un atto politico; per cui, il fatto che, così facendo, abbiano infranto o meno il loro credo religioso, non c'entra assolutamente niente col significato del loro gesto, in quanto non è mica che si siano uccisi "in nome della loro religione"!
Altrimenti, alla stessa stregua, dovremmo dire che Ian Palach non avrebbe dovuto darsi fuoco perchè ciò era in contrasto con la sua religione cattolica.
E' esatto, ma cosa c'entra?

***
Un saluto! :)
#4809
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 11:47:46 AM
Ciao Bob. :)
Certo che continuo a "distinguere", perchè, a mio avviso, senza "discernimento", di finisce solo per fare una gran confusione "terminologica" e "filosofica"; soprattutto laddove tu scrivi che "all'analisi deve necessariamente seguire la sintesi, dove le distinzioni devono trovare il loro accordo".
Ed infatti, a me pare che tu giochi "nominalisticamente" sul duplice diversissimo significato, che, nella lingua italiana, assume il termine "sintesi", in quanto:
a)
 "Sintesi" può stare a significare il "riassunto" (abstract) di una più vasta esposizione, con la quale si era già proceduto all'"analisi" di un determinato tema.  
b)
"Sintesi", altresì, può anche stare a significare l'accordo finale e dialettico, tra una "tesi" ed una "antitesi", che unifica ed eleva le opposizioni precedenti.
Pertanto, la tua affermazione per la quale "all'analisi deve necessariamente seguire la sintesi, dove le distinzioni devono trovare il loro accordo", confonde "due concetti contrapposizionali" diversi, e "quattro termini semantici differenti": tesi antitesi sintesi e analisi.

***
Forse intendevi dire, parafrasando un po' Hegel, che la "razionalità" del reale,  scaturisce dalla sequenza di:
- "tesi", come momento astratto o momento intellettuale; 
"antitesi", come fase dialettica o momento razionale negativo; 
"sintesi", come momento speculativo o razionale positivo, che unifica ed eleva le opposizioni precedenti.
Ma tutto questo, che, comunque, per me risulta alquanto opinabile, con il mio TOPIC non c'entra assolutamente niente!

***
Quanto al fatto che distinguere tra la nostra razionalità e il mondo, considerandoli inconciliabili, rende impossibile qualsiasi ricerca, per me, senza offesa, anche tale affermazione equivale comunque a "buttarla in caciara" (come si dice dalle mie parti).
Ed invero, il fatto che le nostre specifiche caratteristiche non siano comparabili a quelle del mondo, non rende minimamente inconciliabili l'uomo ed il resto del mondo; nel cui ambito, esistono cose ed esseri i più diversi tra di loro ciascuno con le sue specifiche caratteristiche.
Tra i quali esseri, appunto, c'è l'uomo, che ha (o almeno dovrebbe avere) come "differenza specifica" rispetto agli altri animali, la caratteristica di essere "razionale" (sapiens); ma, il fatto che lo sia lui, non implica che lo sia l'intero mondo FENOMENICO di cui egli fa parte.
Così come l'intera Parigi non è alta 300 metri, solo perchè tale è l'altezza della Torre Eiffel! :)

***
Come ho già scritto, non vedo perchè mai le mie (poche) certezze dovrebbero essere la mia prigione, ed invece le tue certezze non dovrebbero costituire la tua; ed infatti, se ci parliamo al buio attraverso le sbarre, non possiamo sapere chi dei due è dentro una cella e chi ne è fuori. ;)
Ovvero, se, magari, siamo entrambi in una cella diversa! ;D

***
Quanto a non vedere l'assurdità di ciò che regge le mie affermazioni, forse tu non vedi l'assurdità di quel che regge le tue, quando affermi che le tue righe "le sta scrivendo il Nulla!"
Il Nulla non può scrivere nulla, per cui la tua asserzione risulta alquanto autocontraddittoria!

***
Il bello è che, se tu non confondessi il "fenomeno" con il "noumeno", mi pare di capire che, in fondo, potremmo anche essere d'accordo.
Ed infatti, anche io, come scriveva Shakespeare, penso che: "We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded with a sleep!" (Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra breve vita è racchiusa nel sonno – La tempesta, atto IV – mi pare che parli Prospero)
Quindi, così come i vari personaggi del sogno, al risveglio, si accorgono di essere tutti UNO, cioè il sognatore, allo stesso modo "credo" che, dopo la morte, anche noi ci risveglieremo tutti in UN SOLO SPIRITO (come diceva San Paolo)!
Ma, così come i personaggi del sogno hanno un loro livello di realtà, sia pure onirica, così pure noi due abbiamo il nostro livello di realtà, sia pure soltanto fisica: ma che non è certo il NULLA!
Siamo mare, ma siamo pure onde; le quali, finchè ancora si ergono sul livello dell'acqua, hanno una loro "esistenza" reale, magari effimera, ma che non sarebbe corretto definire meramente "illusoria" (se non nel senso del Velo di Maya).
Ma, di tutto questo, non ho assolutamente certezza, poichè constatarlo esorbita dalle facoltà umane.

***
Un saluto! :)
#4810
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 07:29:19 AM
Ciao Ipazia :)
Sono perfettamente d'accordo con te, in quanto occorre "sempre" distinguere l'atto delle sue motivazioni; lo stesso omicidio, invero, può avere motivazioni ignobili (rapina), nobili (tirannicidio), ovvero opinabili (eutanasia).
Allo stesso modo, il suicidio può essere determinato dalle motivazioni più diverse: alcune umanamente condivisibili, altre meno, a seconda della particolare visione di ciascuno.
Un saluto. :)
#4811
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 07:14:52 AM
Ciao Bob. :)
Non ti preoccupare: forse sono io a non capire, e non tu a non riuscire a spiegarti.

***
Quanto alla "razionalità", infatti, io mi riferivo al comportamento umano determinato dalla "neocorteccia frontale", che, spesso, è in contrasto con le pulsioni istintuali del "sistema limbico"; ed infatti, gli avvenimenti del mondo esterno, che sono indipendenti da noi, non sono nè "razionali" nè "irrazionali".
Accadono e basta! :)

***
Il mondo, invero, a noi può  sembrare per molti versi intriso di "irrazionalità", ma, a ben vedere, si tratta solo di una nostra categoria mentale; o, al massimo, di una locuzione meramente "metaforica" con la quale giudichiamo gli eventi, i quali, di per sè, sono del tutto "neutri", poichè non sono determinati nè dalla "ragione" (almeno quale noi la intendiamo), nè dall'"istinto".

***
Come ti ho detto, come vedi sono io che non ti capisco. :-[
Ed infatti, per me, "razionale" significa semplicemente "rispondente alla esigenza di logicità", connaturata alla conformazione neuronale del nostro cervello; e, in particolare, ai centri di Broca e di Wernicke.
L'aggettivo "razionale" applicato a qualcosa che non sia umano, quindi (sempre parlando a livello fenomenico), per me non ha alcun senso.

***
Quanto al fatto che, se vi fossero eventi "fenomenici" davvero irrazionali, per loro essenza, perciò senza alcuna possibile motivazione razionale, il Nulla sarebbe assoluto, tale affermazione per me non è da considerarsi "errata", ma, semplicemente, "priva di senso"; ed infatti, per me se sarebbe come dire che, se vi fossero colori che pesano meno di un ettogrammo, il Nulla sarebbe assoluto. ;D
Si può avere fede in qualcosa di assurdo, ma non in qualcosa che non ha senso; anche se porta la firma di Hegel (e non solo di lui)!

***
L'"irrazionale" ed il "razionale", sono solo aggettivi che qualificano le modalità del pensiero e dell'agire umano; la trasposizione di tali concetti in un ambito che non sia umano, comporta soltanto una indebita "antropomorfizzazione" di ciò che non è in alcun modo "antropomorfizzabile"!
Attenzione in non cadere in "fallacie nominalistiche", soprattutto se usate in modo improprio!
Cioè, chiedersi se l'Universo sia "razionale" ovvero "irrazionale" (di per sè ed a livello fenomenico), per me equivale a chiedersi  se l'Universo sia "diarroico" ovvero "stitico".  ;D
"It does not make sense!

***
Quanto al fatto che il suicidio non liberi, tu dici  che "non vi è nulla da liberare, perché non vi è proprio nessuno."
Mi dispiace, ma la mia esperienza e la mia ragione mi dicono il contrario; e, cioè, che, parlando di IO individuale, prima di nascere non c'ero, adesso ci sono, e, dopo la morte non ci sarò più di nuovo.
Come accade, provvisoriamente, durante un'anestesia totale (che ho sperimentato più volte); la quale, per quanto efficace, dubito che possa essere più efficace della morte nell'annientare il mio IO individuale.
Il quale, per ora essendo io al momento sveglio e "vigile", indubbiamente c'è!
Altrimenti, spiegami chi diamine sarebbe quello che, adesso, sta scrivendo queste righe; il Nulla?
Attenzione a non confondere le metafore con la realtà (fenomenica).

***
Quanto al nostro libero arbitrio, poichè il nostro sistema limbico è programmato per impedirci, o, almeno, per ostacolare i nostri propositi suicidi, penso che già questo dimostri che esso, in qualche modo ed in qualche misura, c'è; sebbene ammetto che esso possa essere molto "pesantemente" influenzato da numerosi "idola" (tribus, specus, fori, theatri) che hanno determinato il nostro modo di essere e di ragionare.
Sia il mio che il tuo!

***
Quanto al fatto che, per accettare ciò tu sostieni, io dovrei prima fare "tabula rasa" delle mie "certezze", ammesso che io le ritenga davvero tutte "certe" (cosa inesatta) questo è verissimo; come, però, è anche vero l'esatto contrario.
E' come dire che se io fossi d'accordo con te, allora io sarei d'accordo con te; come pure se tu fossi d'accordo con me, allora tu saresti d'accordo con me.
Non mi sembra un argomento molto dimostrativo! ;)

***
Un saluto! :)
#4812
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 06:09:57 AM
Ciao Sariputra. :)
Quello di Mishima fu solo uno delle tante migliaia di "seppuku" che costellano la storia del Giappone (per non parlare dei "kamikaze"); non so se la sua, in particolare, sia da considerarsi una "dimostrazione inutile", e, soprattutto "giustificata", però:

1)
Se la sua fu una "dimostrazione inutile", lo fu pure quella di Catone l'Uticense, di Ian Palach e dei 72 tibetani che negli ultimi dieci anni si sono dati fuoco  in segno di protesta contro la Cina; che, però, è ancora lì ad opprimere il loro Paese.

2)
Però, almeno secondo me, una "dimostrazione" come quelle di cui sopra:
- vale di per sè stessa, a prescindere dal conseguimento o meno del risultato che essa si prefiggeva;
- comunque, ottiene il risultato di suscitare disgusto e disprezzo, in ogni uomo degno di tale nome, per le tirannie che l'hanno provocata, e, solo per questo, costituisce già per di per sè un meritorio risultato.
- in ogni caso, consente a chi muore, di trovare almeno la sua libertà individuale: "libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta!"

3)
In fondo, anche Mishima, pur non essendo certo un martire della Libertà, suicidandosi evitò di dover vivere in un mondo che, ormai, non era più il suo; cosa vuoi che gliene importasse che il suo incredibile talento letterario andasse sprecato!



Un saluto! :)
#4813
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
09 Ottobre 2019, 05:03:29 AM
Ciao Bob. :)
Sono perfettamente d'accordo con te; ma, il caso del "suicida omicida", non ha niente a che vedere con il "suicidio puro e semplice", che, per antonomasia, significa uccidere solo se stessi, e non anche altre persone.
Ed invero;
- a parte i casi, "orribili" del suicida che, prima di togliersi la vita, commette anche omicidi "con dolo puro";
- secondo me sono "deprecabili" anche i casi del suicida che, dopo essersi tolto la vita, commette omicidi "con dolo eventuale"; come, ad esempio, quelli che si suicidano col gas, senza prima aver tolto la corrente ed aver messo, comunque, un avviso fuori della porta  (oppure che si buttano dalla finestra, senza prima aver verificato che nessuno stia passando di sotto).
Ed infatti, ciascuno è padrone della propria vita e della propria morte, ma non certo di quella altrui!

Un saluto! :)
#4814
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
08 Ottobre 2019, 15:08:55 PM
Ciao Inverno. :)
A parte il fatto che le armi di Achille furono deposte sulla tomba di Aiace, che, pure, era morto suicida, la stigmatizzazione del suicidio c'è effettivamente stata in molte culture, ma non certo in tutte; ed infatti in molte altre culture il suicidio era "consentito", e, a volte, addirittura "prescritto", sia in "forma rituale", come nella "devotio" romana,  e nel "seppuku" giapponese, sia in "forma libera", come accadde per molti grandi uomini!
Ad esempio, Catone l'Uticense, di cui Dante scrisse: "Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta." (Purgatorio canto I vv. 70-72); e che, pur essendo morto suicida, Dante "esonerò" dall'Inferno!
Per cui, la stigmatizzazione del suicidio non era poi così diffusa; e, anche dove c'era, soffriva di notevolissime eccezioni.

***
Quanto alla paura che, come scrivi tu, "se rendiamo il suicidio socialmente accettabile, tanti cominceranno a prenderlo alla leggera e a buttarsi dai dirupi per dimostrare qualcosa, o perchè gli hanno rubato la bicicletta", questa, secondo me, è una completa assurdità; ed infatti, come ho scritto altrove, a frenare il 99% degli individui dal suicidio, non è certo la stigmatizzazione sociale, bensì il "sistema limbico", che funge da inibitore cerebrale delle pulsioni suicide.
Tanto è vero che, a parte i cosiddetti "suicidii razionali", che costituiscono la minoranza dei casi, per lo più i suicidii vengono posti in essere a seguito di disfunzioni del "sistema limbico" dovute a lesioni fisiologiche o a cause psicopatologiche (depressione ecc.)

***
Non farei assolutamente paragoni con il controllo delle nascite, l'eutanasia, l'aborto, ecc., che vanno tutti considerati ciascuno per loro conto.

***
E' invece molto interessante quanto scrivi circa una sostanziale disparità di genere, di cui, sinceramente, ignoravo l'esistenza; ed infatti non sapevo che gli uomini riescissero nei loro intenti suicidi con molta più efficacia delle donne, nè conoscevo le cause di tale fenomeno.
Ma se lo dici, ti credo! :)
Però occorre anche vedere se anche i "tentativi" di suicidio siano più numerosi tra gli uomini che tra le donne (che è cosa ben diversa); perchè, se così non fosse, la maggior efficacia maschile nel portare tecnicamente "a buon fine" i propri tentativi di suicidio, ha, ovviamente, cause diverse di quelle da te ipotizzate (anche se, sul momento, non mi vengono in mente quali).

***
Un saluto :)
#4815
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
08 Ottobre 2019, 14:19:49 PM
Ciao Bob, :)
Non sono affatto d'accordo sul fatto che, come sosteneva Hegel, tutto sia razionale; sopratutto non lo è il comportamento umano.

***
Questo mio continuo  distinguere tra "fenomenico" e "noumenico", dipende dal fatto che molti tendono a confondere i due piani: un conto è l'albero che io "vedo", che è solo una mia immagine mentale, ed un altro conto è l'albero "in sè", che io non potrò mai conoscere.
E la stessa cosa vale per l'IO e per il SE'.
Ma, come ho detto, non voglio andare OT.

***
Quanto al fatto che il suicidio, non ci possa liberare da una schiavitù altrimenti assoluta, il mio amico Paolo la pensava come te; ma, quando si ritrovò imprigionato nel suo corpo, a causa della SLA, ben presto ci ripensò, e voleva esserne liberato.
Ma, benchè la legge 219/17 glielo consentisse, la riluttanza dei medici gli precluse tale liberazione.
Quanto a me, se mi diagnosticassero una patologia del genere, che è molto lenta e progressiva, provvederei subito da me, finchè ho ancora l'uso delle gambe e delle mani; sperando di avere il coraggio fisico e psicologico per farlo.

***
Quanto a Dawkins, la mia citazione non implica affatto che io condivida in pieno tutte le sue tesi; ed infatti, io credo nel libero arbitrio, in quanto, se non ci fosse, il sistema limbico ci impedirebbe SEMPRE il suicidio.
Ed invece, di fatto se è vero che ci prova sempre, però non sempre ci riesce!

***
Un saluto! :)