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Messaggi - Eutidemo

#4831
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
02 Ottobre 2019, 11:41:02 AM
Ciao Ipazia. :)
Hai ragione, però ti ricordo che:
1)
Ai sensi dell'art. 97 del Codice penale, non è in alcun modo imputabile soltanto colui che non abbia ancora compiuto il quattordicesimo anno d'età al momento della commissione del reato; ed infatti, in tal caso si presume "iuris et de iure" l'incapacità di intendere e di volere dell'agente.
2)
Ai sensi dell'art. 98 del Codice penale, invece, è pienamente imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intenderee di volere (la pena è solo diminuita).
Ciò significa che la capacità di intendere e volere del minore tra quattordici diciotto anni deve essere accertata volta per volta, potendo essere riconosciuta o esclusa in ragione della concreta maturità psichica raggiunta dal minorenne al momento della commissione del reato; proprio per consentire questo particolare accertamento, si è previsto che questi soggetti non siano mai processati dai Tribunali ordinari, bensì unicamente dai Tribunali per i minorenni. 
In queste particolari Corti di giustizia, l'organo giudicante è sempre di tipo collegiale ed è composto al suo interno sia da magistrati che da esperti dell'età evolutiva, quali psicologi e psichiatri.

***
Quanto al fatto che tu ritieni "irrilevante il voto politico in un contesto sociale in cui una oligarchia sedicente epistocratica governa il mondo con strumenti che risentono assai poco delle fluttuazioni del circo elettorale  e che sempre più riveste un ruolo prevalentemente cosmetico in cui la giovinezza, su tutti i fronti dell'immaginario e degli affari, paga", le tue sono tutte congetture "fusariane" che suonano molto "chic", e "shockma riguardo alle quali mancano concrete dimostrazioni di un sistema politico, sociale ed elettorale alternativo che sarebbe in grado di sostituire quello attuale in modo più equo, giusto ed efficace.
Forse la piattaforma "Roussau"? :D  :D  :D

Un saluto! :)
#4832
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
02 Ottobre 2019, 11:22:15 AM
Ciao Pincopallo :)
Io ho sentito gente di cinquanta anni, che, circa la politica, si è espressa con un'indifferenza ed una ignoranza ancora peggiori di quelle di tuo nipote.
Il metodo "Ab uno disce omnes" non funziona; è solo una fallacia logico-argomentativa!
Un saluto! :)
#4833
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
02 Ottobre 2019, 11:17:58 AM
Ciao Baylham. :)
Come ho già detto rispondendo a Phil, quando io avevo 18 anni, mi consideravano abbastanza adulto per uccidere, ma non ancora abbastanza adulto per votare.
Strana concezione!
Come giustamente cantava Barry McGuirein "Eve of Destruction".
https://www.youtube.com/watch?v=I98KeKV_F9g
Un saluto! :)
#4834
Attualità / Re:Voto ai sedicenni?
02 Ottobre 2019, 11:08:54 AM
Ciao PHIL :)
Che nel tema del voto siano fondamentali le performance del cervello medio ad una determinata età, è talmente ovvio, che non necessita neanche di essere dimostrato;  sarebbe sufficiente la dimostrazione "a contrario", per la quale, se per votare non fossero fondamentali le performance del cervello medio ad una determinata età, ne conseguirebbe che potremmo far votare anche i bambini di otto anni.
Il problema è capire quale sia l'età migliore per consentire ad un cittadino di cominciare ad esprimere il proprio voto!

***
Ovviamente, "a fortiori", ne consegue che ancora più fondamentali siano le performance del cervello medio ad una determinata età,  per essere candidabili alla Camera o al Senato; ed infatti, salvando Di Maio, non credo che sarebbe molto opportuno eleggere ed offrire incarichi di governo ai bambini di otto anni.

***
Hai invece perfettamente ragione nell'osservare che, oltre alle performance del cervello medio ad una determinata età (da cui non si può in nessun caso prescindere), ci sarebbero altre mille variabili da considerare, ai fini della concessione del voto attivo e passivo; ed io, personalmente, non mi sento all'altezza di considerarle tutte.

***
Quanto al fatto che, a 16 anni, il programma scolastico non ha ancora raggiunto la storia contemporanea, questo penso che sia vero; ai miei tempi, comunque, nel terzo Liceo Classico, non siamo andati oltre la seconda guerra mondiale; era il 1969, ed io avevo 18 anni.

***
Quanto all'Educazione Civica, non sono sicuro di averla mai studiata a scuola; forse un'ora al mese alle scuole medie, ma non di più!

***
Sono invece sicurissimo, che a scuola io non ho mai sentito parlare, nè seriamente nè per scherzo, nè di democrazia nè di come funzioni uno stato moderno;  la prima volta che ne ho sentito parlare, fu nel secondo anno della Facoltà di Giurisprudenza, a vent'anni.

***
E' anche vero che, anticipare il diritto di voto potrebbe stimolare i giovani (o almeno una loro minoranza) ad iniziare prima a informarsi per costruirsi una coscienza politica; per quanto, però, come osservi giustamente tu, a quell'età il primo pensiero non sia esattamente il sommo bene per la comunità d'appartenenza.
Il sommo bene, a quell'età, è indubbiamente un altro; me lo ricordo perfettamente!

***
E' anche vero che risulterebbe quantomeno anomalo che un giovane possa votare, concorrendo alla determinazione di chi guida il paese, ma non possa poi guidare un'auto, comprarsi un pacchetto di sigarette, etc.; in passato, a dire il vero, era ancora peggio, perchè a 18 anni ti consideravano abbastanza adulto per uccidere, ma non ancora abbastanza adulto per votare.
Strana concezione!
Come giustamente diceva Barry McGuirein "Eve of Destruction".
https://www.youtube.com/watch?v=I98KeKV_F9g

***
Quanto alle diverse epoche, invece, non sono molto d'accordo, in quanto è verissimo che, in altri tempi e in altri luoghi, si era/è già padri/madri di famiglia a 16 anni; ma  questo, secondo me, dimostra che i ragazzi di allora erano molto meno maturi, accorti ed informati di quelli di oggi, che, per lo più sono in grado di evitare simili iatture.

***
Far votare i giovani ne aumenterebbe la maturità o è l'idea di farli votare a rivelare la sua stessa immaturità?
La sua di chi?
Se ti riferisci ad Enrico Letta, direi che la sua idea è tutt'altro che "immatura", ma semmai è un po' "paracula", perchè dai sondaggi sembra che i più giovani tendano a votare a sinistra; non che la cosa mi dispiacerebbe, però, onestamente, non posso non rilevare la dissimulata "paraculaggine" dell'idea!

***
Sul tema dell' epistocrazia mi sono già espresso, sia pure molto sinteticamente.

Un saluto! :)
#4835
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
02 Ottobre 2019, 07:01:23 AM
Ciao Bobmax. :)
Tu dici che, se consideriamo il "suicidio" come il risultato di un atto di volontà, avremmo l'assurdità di una volontà che vuole non volere; di qui ne deriverebbe  che necessariamente la morte dell'io non è frutto della volontà. 
A mio parere, a parte il fatto che si tratterebbe più di un "paradosso" che di una "assurdità", a me sembra che il tuo sia un ragionamento un po' sofistico.
Ed infatti, sarebbe come dire se consideriamo il "suicidio" come l'atto compiuto da un essere "vivo", avremmo l'assurdità di un essere "vivo" che vuole non "vivere"; e di qui ne deriverebbe  che necessariamente il "morto" non era "vivo" prima di uccidersi.
Il che, a parte l'aspetto metaforico, non è logicamente e fisicamente possibile.
Allo stesso modo, se io, da vivo "voglio" morire, e quindi mi suicido, una volta morto, poi, non "voglio" più niente; ed in questo non riscontro alcuna contraddizione.

***
Leggermente diversa, e non necessariamente consequenziale, è la tua successiva affermazione per la quale la stessa libera volontà è solo un'illusione; perciò, pure il suicidio fisico non è mai il frutto di volontà individuale.
Al riguardo, secondo me, occorre considerare due aspetti: "in senso lato", uno "fenomenico" ed uno "noumenico".

***
ASPETTO FENOMENICO
Proprio adesso ho appena terminato di leggere un interessantissimo libro di Susan Blackmore, che approccia il tema sotto l'aspetto "psicologico" (""Consciousness" Ed. OXFORD UNIVERSITY PRESS); la quale propende, sebbene non del tutto, per la cosiddetta "TEORIA DEI FASCI MENTALI".
Secondo questa teoria una "persona" non è altro che un "fascio di stati mentali" o "pensieri", per cui l'IO individuale, di cui crediamo di avere COSCIENZA, ed in base al quale "vogliamo" una cosa o un'altra, è una mera ILLUSIONE.
Le "persone", secondo questa prospettiva, non sarebbero quindi "sostanze" portatrici di proprietà mentali (coscienza, memoria, volontà), ma sarebbero, invece gli stati mentali ed i pensieri stessi!
Questa teoria, però, a mio avviso, incontra subito un'obiezione difficile da superare:
- stando ad essa, infatti, "io" sono esclusivamente i "miei pensieri";
 - quindi se ne dovrebbe concludere che "è il fascio dei miei pensieri che pensa".
Però, sostenere che "i miei pensieri pensino", non è una affermazione molto logicamente perspicua; sarebbe come dire che a parlare sono le mie parole, e non "io" che le pronuncio.

***
ASPETTO NOUMENICO
Sotto il profilo "noumenico", cioè, non di ciò che si manifesta, ma di ciò che "è", secondo me l'IO INDIVIDUALE non è affatto un'illusione: "esiste" eccome!
"Esiste", però non "è", in quanto non corrisponde alla REALTA' ultima, di cui è un mero epifenomeno.
Per riprendere un esempio che faccio spesso, non si certo può negare che esistano le singole "onde" del mare, ciascuna con le sue "non illusorie" e specifiche caratteristiche; non si tratta certo di un mero "miraggio"!
Esse "esistono" come fenomeni, ma, in SOSTANZA, esse "sono" MARE.
Il mare si manifesta con le onde,ma queste, prima o poi tornano mare:
- o prendendo coscienza del SE', tramite l'annullamento della(e) volontà dell'IO, da vivi, cosa in verità molto difficile, ammesso che sia possibile;
- ovvero, più semplicemente, morendo fisicamente.
Ma, ovviamente, questa è solo la mia particolare visione della realtà ultima, che non posso certo dimostrare in alcun modo; e di cui, ad essere sincero, non sono sicuro al 100% neanch'io.

Un saluto! :)
#4836
Attualità / Voto ai sedicenni?
01 Ottobre 2019, 15:07:00 PM
Esaminiamo vari aspetti:

***
Il cervello di un adolescente di 14-15 anni è parzialmente sviluppato e fortemente legato alle emozioni; ed infatti, il sistema limbico che media l'emotività e gli impulsi si sviluppa precocemente, ed è situato nelle strutture profonde del cervello.
La corteccia prefrontale e frontale, invece, che sono le parti legate alla razionalità, alla cognizione, alle funzioni sociali e al linguaggio, maturano più tardi, così come si evince visivamente dalla immagine che segue.


***
Peraltro, da anni è stata studiata la correlazione tra l'età del soggetto e la percentuale di errori cognitivi commessi utilizzando il WCST (Wisconsin Card Sorting Test); si tratta di uno strumento neuropsicologico che valuta le abilità di ragionamento astratto e di cambiamento delle strategie cognitive al mutare delle circostanze ambientali in soggetti tra i 6 e i 70 anni.
E' stato riscontrato che la capacità cerebrale di evitare errori di tipo perseverativo, aumenta all'aumentare dell'età, per la maggiore strutturazione della corteccia frontale in grado di operare un'azione di migliore controllo "attentivo".

Come si evince dal grafico, tra i 13 ed i 15/16 anni si ha una considerevole diminuzione di tale tipo di errori; la quale, però, oscilla in una fascia abbastanza omogenea tra i 15 e i 20, per poi riprendere a calare sia pure in modo più attenuato.

***
Ci sono differenze in entrambi i casi di cui sopra, ma tra i 15 ed i 20 anni appaiono molto minori che tra i 10 e i 15 (vedi immagini sopra); quindi, a mio sommesso avviso, almeno sotto il profilo cerebrale, non appaiono di tale entità da rendere "impeditivo" un voto ai sedicenni.
Ma ci sarebbe un'infinità di altri profili da considerare!

***
Peraltro, poichè con gli anni, ad un certo punto, le capacità cerebrali cominciano "fisiologicamente" a diminuire, se ci basiamo su tale aspetto,  bisognerebbe proibire il voto a chi supera  una certa età.
E' vero che ci sono dei geni che, a novanta anni, sono più lucidi e performanti di un quarantenne; ma, allora, è anche vero che ci sono gli "enfant prodige", che, a dieci anni, hanno la stessa capacità mentale di un cinquantenne.
Per cui, se si usa l'età come discrimine, poi bisogna basarsi sulle "medie", e non si può tenere conto delle eccezioni particolari: o in un senso, o nell'altro.

***
In tal caso, ed a tal punto, si potrebbe consentire il voto solo a chi ha un Q.I. superiore ad una certa soglia, e/o un titolo di studio adeguato; ma, a mio avviso, sebbene in teoria potrebbe essere una soluzione elettoralmente molto PROFICUA, non sarebbe però molto GIUSTA sotto il profilo sociale  ed umano.
L'età, invece, è un parametro INELUDIBILE, perchè non si può certo concedere il voto ai poppanti!
Quando io ero giovane, il limite era di 21 anni, ora è di 18, per cui, teoricamente, non vedo perchè non potrebbe essere di 16; in IRAN una volta si votava a 15 anni, oggi non lo so.
Però, sinceramente, non saprei proprio dire quale sarebbe l'opzione migliore, tra i 15 ed i 25 anni; è una cosa che supera le mie capacità di analisi, perchè ci sono troppi fattori da valutare (l'esperienza dei più vecchi, la tendenza al rischio dei più giovani ecc.)
Per cui, la mia conclusione è: BOH! ;D
#4837
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
01 Ottobre 2019, 12:55:56 PM
Ciao Ipazia. :)
Hai perfettamente ragione, ma io mi ero "volutamente" limitato ad esaminare solo l'aspetto "fenomenico" della questione; circa l'aspetto "noumenico" (che tu chiami "metafisico"), secondo me occorrerebbe aprire un TOPIC a parte. 

***
Hai anche ragione nel dire che l'aspetto etico e quello giuridico sono "epifenomenici", e che, quindi, rimandano a paradigmi filosofici a priori che andrebbero discussi a parte.

***
Sei stata anche bravissima a ricordare la figura di Socrate che pone la "polis" al di sopra della sua stessa critica e della sua vita; gli ateniesi, cominciando da coloro che lo condannarono, gli offrirono alternative alla morte ma la sua maieutica e la mitologia platonica non gli lasciarono scampo.
Io ho citato Sansone, così come il Siracide e Qoèlet, perchè stavo trattando l'aspetto biblico, e non quello filosofico; che è ben diverso.

***
Sottoscrivo in pieno anche la tua successiva icastica formulazione, per la quale il suicidio riconferma l'unità primigenia tra psiche e soma, riconsegnandone tutti i diritti al legittimo detentore fin dalla nascita;  il suicidio, invero, abbatte la prigione, per la quale il "sóma" (corpo), diviene la "séma" (tomba) del libero SPIRITO in esso racchiuso.

Un saluto! :)
#4838
Tematiche Filosofiche / Re:Del suicidio
01 Ottobre 2019, 12:33:36 PM
Ciao Bobmax.
Sicuramente esiste  un "suicidio" che non implica la morte fisica: la morte dell'"io" individuale.
Ed invero, almeno secondo la concezione Vedanta (e non solo) il senso dell'"Io", detto anche Jiva, ci dà la percezione di essere qualcuno; una specifica onda che esiste nel mare dell'ESSERE.
Non è un'illusione vera e propria, però può portarci lontano dal nostro vero Sé e farci sentire separati  dalla nostra vera essenza, da  Dio, dalla coscienza, da tutto ciò che è.
Il senso di identità che chiamiamo "ego" è lì per aiutarci a capire che non siamo quello, ma qualcosa di più grande, ciò che chiamiamo  Anima  o Sé Superiore o Dio.
D'altronde, non un guru indiano, ma lo stesso San Paolo scrive che siamo tutti destinati ad ESSERE UN SOLO SPIRITO CON DIO.
Ma, secondo me, riuscirci avendo ancora indosso un corpo fisico, è quasi impossibile, salvo che:
per i veri mistici;
per un tempo brevissimo
Un saluto
#4839
Tematiche Filosofiche / Del suicidio
30 Settembre 2019, 15:30:48 PM
Si tratta di un tema molto delicato e complesso, che può essere esaminato sotto vari aspetti:
- religioso
- giuridico
- etico
- eudaimonistico

***

ASPETTO RELIGIOSO
SANSONE (in ebraico Shimshon, che significa "piccolo sole") era un "Giudice" biblico, descritto nel Libro dei Giudici ai capitoli 13; 14; 15; 16.; la Chiesa lo esalta come un "eroe sacro", e nessuno ha mai avuto niente a che ridire sul fatto che si sia suicidato!
Peraltro, sempre nella BIBBIA, in SIRACIDE 30,17 si legge: "Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno, piuttosto che una malattia cronica.", ovvero, come si legge in QOÈLET  7,1: "... è preferibile la morte al giorno della nascita".
E potrei citare anche altri passi biblici, in tal senso!
Quanto a Gesù, in effetti, non ha mai affrontato in modo specifico il tema; sebbene, a prescindere dagli aspetti "teologici" e "teleologici" della sua condotta (ovviamente molto più elevati e profondi), "sostanzialmente" lui stesso si offrì come vittima sacrificale, in una sorta di suicidio per interposta persona.
Voglio dire che, se io, per incassare una assicurazione (che non paga in caso di suicidio), sparassi con una pistola a salve ad un presidio militare armato di mitragliatrici a via dei Fori Imperiali, quelli mi manderebbero subito all'altro mondo con una raffica di MG 42/59; ed in tal caso, "tecnicamente", non si potrebbe dire che io mi sia suicidato...però "sostanzialmente", SI'.
*
E' vero che il quinto comandamento dice: "Non uccidere", però:
a)
Uccidere se stessi, ed uccidere altre persone (soprattutto se non consenzienti), sono atti completamente diversi; così come costituiscono comportamenti diversi, mangiarsi le unghie, e cercare di mangiare le unghie del prossimo.
b)
In subordine, ammessa (ma assolutamente non concessa) l'indebita omologazione tra "suicidio" ed "omicidio", merita rilevare che in determinate circostanze la dottrina cattolica non solo consente l'omicidio (ad es. per legittima difesa o per stato di necessità), ma, addirittura, lo predica e lo benedice (ad es., secondo San Tommaso, il "tirannicidio" è un dovere sacro); senza considerare che sotto Pio IX, beatificato se non sbaglio nel 3° millennio, furono ESEGUITE sentenze di morte, come giustamente mi ha ricordato un mio saggio amico (Simoncelli, giustiziato il 2 ottobre 1852, colonnello della Guardia civica di Senigallia ed anche altri).
Ed allora, se in determinate circostanze la dottrina cattolica consente l'omicidio, perchè mai in determinate circostanze non dovrebbe consentire anche il suicidio?
*
Ovviamente i testi sacri possono essere interpretati in modo molto diverso a seconda della particolare visione di ciascuno, e non è affatto detto che quello più corretto sia il mio (ci mancherebbe altro); Dio ha una sola voce, ma gli uomini hanno miliardi di orecchie, ciascuna coppia delle quali lo ascolta in modo diverso.
Anzi, a volte, una stessa persona, con un orecchio ci sente una cosa, e con l'altro un'altra.
A me capita!
Ovviamente, a coloro hanno dato in gestione il proprio cervello e la propria coscienza ad una specifica confessione religiosa, per lasciarla decidere in loro vece, questo non capita MAI.
Buon per loro!

***
ASPETTO GIURIDICO
L'art.56 del Codice Penale, stabilisce che, chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto previsto dal codice, risponde di "delitto tentato", se l'azione non si compie o l'evento non si verifica, e viene punito di conseguenza; ovviamente, in misura minore che in caso di "reato consumato".
Orbene.
Se davvero fosse lecita l'omologazione tra "suicidio" ed "omicidio", chi compisse atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un "suicidio" -non riuscendoci-, dovrebbe essere incriminato e punito per "omicidio tentato"; cosa che, per fortuna, non è mai passata per la testa a nessun imbecille (pur essendo in tanti)!
L'art. 580 del Codice penale, invero, considera reato soltanto "I'istigazione o l'aiuto al suicidio (altrui)"; che è cosa ben diversa.
*
E' bensì vero che alcuni considerano comunque ILLECITO il suicidio, in base al divieto generale, presente nel nostro ordinamento, degli atti che dispongono del proprio corpo; secondo tale tesi, in quanto considerati beni primari, la vita e il corpo non sono diritti di cui si possa fare ciò che si vuole attraverso il suicidio o autolesioni.
*
Resta il fatto, però, che:
- il "suicidio consumato", non è punibile per ovvie ragioni "tecniche";
- il "suicidio tentato", non è punibile per le ragioni che ho esposto sopra.
Non avrebbe senso, allora, formulare un divieto, se poi la violazione di tale divieto non può essere punita: la stessa portata dissuasiva del divieto penale (cosiddetta "funzione deterrente della pena") verrebbe meno e, dunque, sarebbe come se il divieto non esistesse.
*
E' vero che, teoricamente, il "suicidio tentato" potrebbe essere punito; tuttavia, in questo caso, si arriverebbe al paradosso che, per infliggere una pena a chi ha tentato il suicidio, si spingerebbe quest'ultimo a riprovare una seconda volta il proprio gesto (in quanto ulteriormente disgustato dalla stupidità umana).
*
In conclusione, in base agli argomenti di cui sopra, secondo me, in mancanza di un espresso divieto legale (come c'è, invece, nel catechismo), il suicidio va sicuramente considerato giuridicamente lecito: ciò in forza del principio di autodeterminazione, cioè del potere, che spetta ad ogni uomo, di decidere autonomamente cosa è meglio o peggio per sé; cosicché ogni limitazione risulterebbe incostituzionale.
*
Tuttavia "a contrario", si potrebbe eccepire che, se il suicidio deve essere considerato lecito e, quindi, un diritto di ognuno di noi, impedire l'esercizio di questo diritto dovrebbe allora essere ritenuto un illecito e non un dovere; si arriverebbe,  quindi, in questo caso, al paradosso per cui, chi tenti di suicidarsi e non ci riesca a causa dell'intervento altruistico del terzo, potrebbe fare causa a quest'ultimo per avergli impedito l'esercizio di un proprio diritto.
Ammetto che l'argomento è molto forte, ma un po' paralogistico; ed infatti, altruisticamente, un amico potrebbe benissimo cercare, con tutti i mezzi (leciti), di impedirmi di giocarmi tutti i miei beni in un Casinò, però:
- io non potrei citarlo per aver cercato di impedirmelo;
- se non ci fosse riuscito, ed io mi fossi giocato tutti i miei beni a BACCARAT, non sarei comunque perseguibile per il mio comportamento.

***
ASPETTO ETICO
Sotto il profilo etico, considerando la morale AUTONOMA, e non ETERONOMAMENTE condizionata da un determinato credo religioso, è ovvio che ciascuno è libero di comportarsi come crede più "giusto".
Per quanto mi riguarda, io non credo che il suicidio sia sempre moralmente lecito; ed infatti, non lo ritengo assolutamente tale:
a)
Quando si hanno figli ancora piccoli, che abbisognano delle nostre cure e della nostra assistenza.
b)
Quando i figli sono ormai grandi ed autonomi, ma si hanno ancora a carico genitori anziani,  per i quali la morte di un figlio per suicidio, costituirebbe un dolore devastante.
c)
In ogni altro caso, in cui  la nostra morte comporterebbe un grave ed irreparabile danno per qualcuno (e lasciamo perdere il presunto "danno sociale", che, almeno nel mio caso, sarebbe assolutamente nullo).
A prescindere da tali ipotesi, da valutare caso per caso, ritengo il suicidio SEMPRE legittimo; anche per semplice tedio della nostra vita...visto che questa appartiene soltanto a noi.
Però, come ho detto, si tratta di un giudizio personale, il quale, come tale, è opinabile; salvo che uno non cerchi di imporre il suo a qualcun altro.
Non è da egoisti vivere e morire come si vuole; è invece da egoisti pretendere che gli altri vivano e muoiano come vogliamo noi!.

***
ASPETTO EUDAIMONISTICO
Sotto il profilo "eudaimonistico", e, cioè, in senso generale, di ciò che sia più conveniente per la nostra "felicità personale", i casi sono due:
*
A)
Se le cose vanno molto male, in salute o per altri motivi, come giustamente dice il SIRACIDE, indubbiamente è: "...meglio la morte che una vita amara", ovvero, come dice  QOÈLET: "... è preferibile la morte al giorno della nascita"; la Bibbia, a saperla leggere, dice cose molto sagge.
D'altronde, se vai al cinema e il film non ti piace, non c'è senso di starlo a vedere fino alla fine; peraltro, nel caso della vita, non abbiamo neanche dovuto pagare il biglietto per entrarci (in tal caso, io mi sarei decisamente rifiutato).
Comunque: "De gustibus non est disputandum"!
*
B)
Se le cose, invece, vanno molto bene, direi che il suicidio si presenta molto meno impellente; ma, a ben vedere, in ogni caso, almeno in teoria, "eudaimonisticamente", sarebbe comunque la scelta più "prudente" da mettere in atto.
Ed infatti, almeno sotto il profilo "strettamente" logico:
*
1)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, se ne vieni privato con la morte, NON PERDI NIENTE; ed infatti, se non c'è più nessuno a potersi rammaricare di una perdita, non c'è, ovviamente, nessuna perdita!
*
2)
Anche se ti stai godendo la vita al 100%, non puoi sapere cosa accadrà domani; e se è vero che nessuno può più rammaricarsi di ciò che ha perso una volta morto, può invece amaramente rammaricarsi di non essere morto prima di subire atroci perdite da vivo.
Ad esempio, le mie due nonne (alle quali, per il resto, era sempre andato tutto bene) persero dei figli quando erano ancora vive; e spesso si lamentavano di non essere morte prima.
*
C)
A prescindere da A) e B), in ogni caso, se ci riflettete bene, la scelta non è tra vivere e morire, perchè morire bisogna per forza; qualcosa ci ucciderà comunque, prima o poi.
Tutto sta a vedere:
- QUANDO
- COME
*
Circa il QUANDO, che si muoia prima o dopo, non fa la benchè minima differenza, perchè il TEMPO è roba solo per i vivi, non per i morti; per essi, ormai, essere morti a venti anni o ad ottanta, non cambia più niente.
IL NOSTRO PRINCIPALE ERRORE, E' DI GIUDICARE LA MORTE CON LA PROSPETTIVA DEI VIVI!
*
Circa il COME,affidandosi al caso, almeno secondo la mia esperienza, il modo in cui si muore è quasi sempre ORRIBILE; e, in genere, sempre molto più LENTO di quanto sarebbe auspicabile.
"Morire nel sonno" è rarissimo; e, in ogni caso, nessuno si è mai svegliato per raccontarci se sia stata una esperienza particolarmente gradevole (dipende dalla causa della morte).
Se, invece, ci si suicida, scegliendo il calibro giusto (io suggerisco il cal. 45 in canna da 5") e la giusta postura (molti la sbagliano), la morte è immediata e praticamente indolore; però non è certo un bello spettacolo per chi trova il cadavere.
L'ideale sarebbe una iniezione sedativa seguita da una iniezione letale; ma, per questo, temo che bisognerà attendere il IV millennio!

***
ALLEGRIA, ed un saluto a tutti! :)
#4840
Sansone morì suicida, e, sempre nella BIBBIA, in Siracide 30,17 si legge: "Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno, piuttosto che una malattia cronica." 
#4841
Come in altri campi, ho rilevato che, anche in relazione alla cosiddetta EUTANASIA, molte persone tendono ad omologare e confondere situazioni e condotte diverse; e, per _nescienza_ medica, forse anche io.
Ed infatti, secondo me, occorre distinguere tra:

A)
Malati TERMINALI, solitamente per CANCRO, i quali, sia pure all'ultimo stadio, possono però considerarsi VITALMENTE AUTONOMI, praticamente fin quasi all'ultimo respiro; intendo dire che costoro non sono tenuti in vita artificialmente, tramite alimentazione, respirazione e idratazione forzata,ma sono soggetti solo a terapie di sostegno ed analgesiche.
In tal caso, a parte la maggiore o minore _"intensità"_ delle terapie di cui sopra, la cui interruzione, di per sè, non determina in alcun modo la morte del paziente, per non farlo soffrire, essendo lui consenziente, l'unica opzione è di sopprimerlo tramite una iniezione letale, preceduta da un'iniezione sedativa
Il che, a seconda delle modalità di tale tipo di intervento, che è comunque ATTIVO, può configurare:
- o l'art. 580 del Codice penale, che tutt'ora considera reato "I'istigazione o l'aiuto al suicidio";
- ovvero addirittura l'art. 575 Codice penale, cioè un vero e proprio "omicidio".
In queste fattispecie, infatti, la LEGGE 219/17 non opera in alcun modo.

B)
Malati NON TERMINALI, che, però NON SONO VITALMENTE AUTONOMI; intendo dire coloro che, se sono tenuti in vita artificialmente, tramite alimentazione, respirazione e idratazione forzata, potrebbero continuare a (soprav)vivere per anni.
In tal caso, a parte la maggiore o minore _"intensità"_ delle terapie di cui sopra, la loro interruzione, di per sè, determina automaticamente la morte del paziente; ovviamente accompagnata da terapie sedative.
In tal caso, in effetti, il paziente (ovvero chi ne ha la legale rappresentanza) ha il <<DIRITTO>> di pretendere dai medici l'interruzione di tali terapie, sia in base all'art.32 della Costituzione, sia in base alla legge 219/17, la quale, finalmente, ne ha fornito una indiscutibile INTERPRETAZIONE AUTENTICA.
Cioè, il medico ha diritto all'"obiezione di coscienza" (fatti suoi), ma, MI DEVE TOGLIERE LE MANI DI DOSSO, SE IO RIFIUTO LE SUE "NON GRADITE" CURE. >:(
Lo dice la Costituzione e la legge (oltre che il buon senso)
 

***
E qui veniamo al NOCCIOLO della questione, in quanto:

- in base alla normativa sopra citata, la mera INTERRUZIONE della terapia di "vita artificiale" (che, _"latu sensu"_, può considerarsi "OMISSIVA" in quanto il medico _omette_ di porre una condotta che "salverebbe" il paziente), non comporta alcuna conseguenza penale per il medico stesso, in quanto scriminato "ex lege";

- diversamente, se, invece di limitarsi ad interrompere la terapia di "vita artificiale" (accompagnando la morte con procedure sedative) , il medico pratica al paziente una INIEZIONE LETALE (preceduta da procedure sedative), "de iure condito" si configura senz'altro o l'art. 580 del Codice penale, che tutt'ora considera reato "I'istigazione o l'aiuto al suicidio",  ovvero addirittura l'art. 575 Codice penale, cioè un vero e proprio "omicidio"

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Se ho ben individuato il NOCCIOLO della questione, "forse" la CORTE COSTITUZIONALE, nella sentenza in questione, intendeva semplicemente dire che, poichè non impedire un evento che si ha la facoltà di impedire (proseguendo la terapia di vita artificiale), equivale a provocarlo direttamente, in sostanza non c'è nessuna differenza tra il causare la morte del paziente interrompendo la terapia, ovvero nel sopprimerlo con una inezione letale o tramite veleno.

Ed invero, non ha alcun senso scriminare la condotta omissiva, e non quella attiva, se l'effetto è lo stesso.
#4842
Ciao Anthonyi. :)
Anche questa volta, condivido in pieno quello che hai scritto.
Tuttavia, sia per l'omicidio che per il suicidio, oltre all'aspetto "formale", occorre considerare anche quello "sostanziale".

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Ed infatti, sempre mio padre, che era medico, mi raccontava che, durante la seconda guerra mondiale, se venivano portati negli ospedali da campo dei soldati in fin di vita, i medici e gli infermieri non potevano certo impiegare tempo e farmaci per loro; ed infatti, l'uno e gli altri, dovevano essere necessariamente impiegati per salvare i feriti che avevano qualche speranza di sopravvivenza.
Per cui, o per "omissione" o per "azione", i primi venivano tecnicamente "uccisi"; ma mai nessun medico venne incriminato per questo!
Così come non si negò mai un funerale cristiano, a tutti quei piloti che, nella prima guerra mondiale, per non morire bruciati, si sparavano in testa; vedi, al riguardo, il mio topic su Francesco Baracca.
Per cui, laddove viene in qualche modo "favorita" la fine dell'agonia di un malato terminale, anche se "tecnicamente" potrebbe configurarsi il reato di "omicidio", ovvero di "aiuto al suicidio", in realtà nessun medico è mai stato incriminato per questo; non si può mica uccidere chi, praticamente, è già morto.

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Il caso di Fabo non l'ho seguito, ma, da come lo descrivi, era completamente diverso; ed infatti, se è vero, come tu dici, che lui non era per nulla in fin di vita e che senza il veleno svizzero chissà per quanti anni avrebbe continuato a vivere e a soffrire, allora scattava sicuramente il dispositivo dell'art. 580 del Codice penale, che tutt'ora considera reato "l'aiuto al suicidio".
E, a ben vedere, la Corte ha ribadito la piena vigenza di tale reato, concedendo a Cappato soltanto la "causa di non punibilità"; circa la ricorrenza della quale, però, bisognerebbe leggere tutta l'intera...che non riesco ancora a trovare.

Un saluto!  :)
#4843
Attualità / Re:Articolo 67 della Costituzione italiana
29 Settembre 2019, 15:32:42 PM
Condivido più o meno tutti i precedenti interventi, laddove si sottolinea che l'art.  67 della Costituzione, sancisce che ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni "senza alcun vincolo di mandato"; non rappresenta mica il partito o il movimento che lo ha messo in lista! ;)

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Non se qualcuno lo abbia già detto (forse mi è sfuggito), ma c'è anche da considerare il caso, non infrequente, in cui un partito dopo le elezioni faccia tutto il contrario di quello che aveva promesso agli elettori; in tale ipotesi, se uno degli eletti si distacca dal suo partito, per cercare di fare ciò che era stato promesso dal suo partito agli elettori, in effetti, il "traditore" è il partito, e non lui. :)

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Peraltro, voler imporre il vincolo di mandato, mi sembra un'idea un po' "calcistica" della politica; nel senso che, nel corso di una partita, un giocatore non dovrebbe mai tirare il pallone nella porta della sua squadra (cambiando, o, peggio ancora, non cambiando nemmeno maglietta).
Che ciò non debba essere consentito nel calcio, sono senz'altro d'accordo; ma la politica è un'altra cosa.

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Infine, il parlamentare deve perseguire esclusivamente, a seconda delle circostanze che si vengono a presentare, l'INTERESSE DELLA PATRIA, almeno per come sembra a lui, e non certo l'INTERESSE DELLA PARTE con cui era schierato al momento delle elezioni; ovviamente, se cambia casacca nell'INTERESSE PROPRIO, magari perchè comprato dalla parte avversa, il discorso è diverso!
"E' lecito a una damigella mutar cavaliere, ma giammai per denaro, sol per piacere!"; nel nostro caso, invece, direi "per costituzional dovere"!
Un saluto a tutti!
#4844
Ciao Sariputra. :)
Dipende "di che cosa" si sta morendo. :(
Ad esempio, a mio padre, che stava morendo di cancro al fegato, i medici in un primo tempo si rifiutavano di somministrargli la morfina, poichè dicevano che, avendogli il cancro provocato problemi di respirazione, la morfina lo avrebbe potuto uccidere; poi, alla fine, gliela diedero e lui, subito dopo, morì. :(
E' chiaro che sarebbe morto comunque, ma, in base a quanto mi dissero, la morfina, se non fu addirittura la causa "determinante" della sua morte, fu almeno una causa "concomitante"; in altre tipologie di cancro, invece, non avrebbe avuto tale effetto collaterale.
Non sono medico e non ricordo bene, ma mi pare che mi dissero che la morfina può provocare una depressione respiratoria, per cui, nel caso di determinate affezioni (cancerogene o meno), può risultare più letale del cianuro; per cui, il concetto di VELENO, va valutato in concreto, e non in astratto!
Il che, a quanto mi dicono, vale anche per altri "sedanti terminali".

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Ciò detto, sono perfettamente d'accordo con te che quando scrivi: "...nel caso di un malato in così gravi e irreversibili condizioni, la somministrazione di un farmaco che può provocarne la morte, peraltro inevitabile in qualunque caso, ha degli effetti positivi, come quello analgesico, tranquillizzante, ecc. che superano il dubbio, e lo rendono di fatto inesistente, sugli effetti collaterali futuri (in quanto non c'è 'futuro' in un paziente terminale...)."
Ma, a quel punto, se comunque il paziente deve morire, non vedo una gran differenza tra un analgesico letale e una iniezione letale; la quale, almeno, agisce SICURAMENTE subito.
La distinzione mi sembra un po' ipocrita!

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Quanto al fatto che alcuni medici facciano differenza tra un analgesico letale (nei casi in cui, di fatto, lo è o può esserlo) e una iniezione "dichiaratamente" letale, a ben vedere, ciò non è solo frutto di ipocrisia, bensì dipende anche da come funziona il nostro sistema limbico; il quale, "fortunatamente", ci rende riluttanti a sopprimere un nostro consimile.
Per cui, psicologicamente:
- un conto è praticare sedativi analgesici, letali o meno che possano di fatto risultare nel caso di specie;
- un altro contro, invece, è praticare una iniezione letale vera e propria.
Tanto è vero che, sebbene io -razionalmente- ritenga molto migliore e più logica la seconda soluzione, probabilmente mi sentirei più tranquillo con la mia coscienza (e i miei pregiudizi) a praticare la prima.

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Proprio per tale motivo, forse hai ragione anche quando dici che "accompagnare la morte" di un malato terminale con la cosiddetta "sedazione palliativa profonda" può provocare meno ritardi e resistenze psicologiche nei medici che se essi fossero costretti a praticare una "iniezione letale"; ed infatti, anche considerando la nefasta influenza della Chiesa Controriformistica in Italia, prima che la Commissione Etica lo consentisse, passerebbero mesi o anni.


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Quanto al fatto di tua madre, mi dispiace molto; e ti capisco benissimo, perchè anche io tutt'ora provo un senso di colpa ad aver forzato i medici a praticare a mio padre iniezioni di morfina.

Sbagliamo entrambi a nutrire sensi di colpa...ma penso sia umano!




Un saluto! :)
#4845
Ciao Anthony, :)
hai perfettamente ragione. :)
Ed infatti ho sentito alla radio che, in un altro punto della Sentenza (che, come ho detto, ancora non ho avuto modo di leggere per esteso), i Giudici della Corte avrebbero invitato il Parlamento a varare una "nuova legge" al riguardo.
Ma, già esiste da più di un anno la LEGGE 22 dicembre 2017 , n. 219 che consente al paziente di rifiutare l'accanimento terapeutico consistente nel tenerlo forzatamente in vita tramite alimentazione, idratazione e ventilazione forzata (cosa precedentemente al 2018 NON CONSENTITA); per cui ne desumo che i Giudici della Corte abbiano invitato il Parlamento a varare una NUOVA LEGGE SUL FINE VITA, volta ad integrare la LEGGE 22 dicembre 2017 , n. 219.

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Come avevo già rilevato, il punto della sentenza che ho avuto modo di visionare, suona alquanto ambiguo, poichè, a parte lo specifico caso Cappato, in esso:
a)
Si parla, in generale, di "chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi,  di un paziente", il che, in effetti, come tu giustamente osservi, più che all'"interruzione di terapie salvavita", lascia proprio pensare alla "assistenza all'eutanasia"; nella quale cioè sono stati messi in atto "interventi attivi" che hanno determinato la morte in un certo modo.
b)
Però, subito dopo, si precisa che tale paziente deve essere in condizione di essere "tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile"; per cui, non si parla di un soggetto che sopravvive autonomamente, per quanto afflitto da un male terribile, bensì di un SOGGETTO NON AUTONOMO, che sopravvive solo grazie a trattamenti di sostegno vitale.

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Visto che, però, la Corte suggerisce al Parlamento di "varare una nuova legge", io avanzerei una congettura al riguardo; per la verità poco lecita:
- non avendo io letto il testo integrale della sentenza;
- essendo io del tutto digiuno di "ars medica".
La mia "illazione" è che la Corte, pur riferendosi sempre all'ipotesi di soggetti non autonomi, in quanto tenuti in vita artificialmente:
- ritenga che la LEGGE 22 dicembre 2017 n. 219 riguardi esclusivamente l'INTERRUZIONE delle terapie di sostegno, a seguito della quale, ovviamente, il paziente muore.
- ritenga però, che, oltre a questo, dovrebbe essere legalmente consentito, da una nuova legge, di SOPPRIMERE il paziente tenuto artificialmente in vita, praticandogli una iniezione letale o qualcosa del genere.

***
Il che, però, non mi convince molto, in quanto:
a)
Secondo la legge (e la logica), NON IMPEDIRE UN ATTO CHE SI E' IN GRADO DI IMPEDIRE, EQUIVALE A PROVOCARLO; per cui:
- se, alla "bruttidio", si interrompe ad un soggetto il sostegno respiratorio artificiale;
- o se gli si spara in testa;
il risultato è esattamente lo stesso; anche se il paziente preferirebbe sicuramente il secondo metodo, mentre gli addetti alle pulizie il primo.
b)
A parte quanto sopra, benchè io sia ignaro di arte medica, quando si parla di "interruzione delle terapie di sostegno vitale", non si intende certo semplicemente "staccare i tubi" alla "bruttidio", e lasciare che il paziente soffochi per conto suo, contorcendosi nel suo letto; in tali casi, infatti, come pure prevede la  LEGGE 22 dicembre 2017 n. 219, si pratica al paziente la cosiddetta "sedazione palliativa profonda", che magari non sarà la stessa cosa di una "iniezione letale", però, almeno a mio parere di profano, le somiglia molto (per le ragioni che dirò sotto).

***
So che il Comitato di Bioetica, ha accuratamente evitato l'uso dell'espressione "sedazione terminale", perché troppo brutale (e, forse, più sincera) ed ha proposto invece proposto, molto più gesuiticamente la definizione  "sedazione palliativa profonda continua nell'imminenza della morte", per indicare la somministrazione intenzionale di farmaci, alla dose necessaria richiesta, per ridurre il livello di coscienza fino ad annullarla, al fine di alleviare o abolire la percezione di un sintomo altrimenti intollerabile per il paziente nell'imminenza della morte.

***
Ma, a parte il fatto che si tratta di una perifrasi molto eufemistica, secondo me occorre riflettere sul concetto di "VELENO", in quanto:
- si può avere un prodotto di per sè "velenoso" , in quanto idoneo e finalizzato ad uccidere anche soggetti in piena salute;
- ma si può avere anche un prodotto di per sè "non velenoso", in quanto inidoneo ad uccidere soggetti in piena salute, però perfettamente idoneo ad uccidere coloro che siano affetti da particolari patologie.
Ad esempio, per quanto ne posso capire io, somministrare MORFINA ad un soggetto già per suo conto in debito di ossigeno, può provocare una ulteriore "depressione respiratoria" che ne determina (o ne "condetermina") la MORTE, oltre che la mera SEDAZIONE!
Per cui ho il vago sospetto che la "sedazione palliativa profonda", pur non consistendo nella somministrazione di veleni veri e propri, in buona parte, però, consiste nella somministrazione di farmaci che, di per sè (quasi) innocui,  nella particolare circostanza dell'interruzione di terapie di ventilazione forzata, oltre ad avere un effetto analgesico, hanno anche un effetto "letale" come un altro qualsiasi veleno.
Però non è il mio campo, per cui le mie sono solo "illazioni". :)

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Comunque cercherò di capire meglio cosa intendeva la Corte, quando avrò avuto modo di leggere il testo integrale della sentenza, ed averci riflettuto sopra.

Un saluto! :)