Citazione di: giopap il 15 Aprile 2020, 21:52:38 PMMa una relazione scientifica, tipo la legge di relatività, esiste o meno. Io posso costruirne la formula in mente, e in fondo anche questa formula potrebbe essere definita un "espediente letterario" come era stato definito il caso, cioè uno strumento per raccontare qualcosa. Poi posso avere tutte le conferme empiriche che voglio della stessa legge, ma mai avrò la prova che quella legge "esiste" al di là della mia esperienza/percezione.Citazione di: anthonyi il 15 Aprile 2020, 19:21:48 PM
Ciao Giopap, tu hai scritto: "né Dio né il caso sono dimostrabili essere reali e nemmeno non essere reali ......secondo me la scienza ..presuppone l' inesistenza (ontologica, reale, oggettiva) del caso e la realtà dell' ordine".
Il problema è il concetto di "essere reale", se con essere reale si intende qualcosa di ontologico è difficile che per la scienza possa essere reale alcunchè, se invece si intende qualcosa di osservabile, quindi nell'ambito della "conoscenza della realtà", allora il caso esiste, allo stesso livello di tutte le ipotesi postulate dalla scienza, nella misura in cui è coerente con i dati.
La questione epistemologica dell'interpretazione del caso poi la lascerei da parte, anche perchè, come anche tu dici, la scienza "postula" l'ordine, ma non può certo dimostrarlo.
Non vedo alcun problema di intesa del termine "reale" in (preteso) senso "ontologico" o in (preteso) senso "scientifico": reale in senso ontologico é né più né meno che sinonimo di "reale non solo in quanto oggetto di pensiero ma anche indipendentemente dall' eventuale essere pensato o meno"; per esempio l' attuale re di Francia é reale solo in quanto oggetto di pensiero (se qualcuno pensa questo concetto), mentre la attuale regina d Gran Bretagna é reale in senso ontologico: che la si pensi o meno, é una donna anziana in carne ed ossa.
Dunque la scienza, conoscendo cose osservabili, conosce, senza alcuna particolare difficoltà diversa dalla (e ulteriore rispetto alla) ovvia necessità di verificare empiricamente le sue teorie, cose reali in senso ontologico (come la é la regina di Gran Bretagna; per esempio un nuovo pianeta quale fu Plutone al momento della sua scoperta; allora fu nuovo, tuttora é ontologicamente reale); mentre per esempio la storia della letteratura conosce anche cose reali non in senso ontologico (come é ad esempio don Chisciotte della Mancia).
E perché possa darsi conoscenza scientifica, allora il caso (per lo meno in senso forte) non può darsi in senso ontologico, cioé come qualcosa di reale nel senso in cui la é la regina Elisabetta (ma casomai solo in senso gnoseologico, quello nel quale é reale don Chisciotte, cioé come "cosa pensata"; per difetto di conoscenza del reale) per il semplice fatto che per definizione é incompatibile (in reciproca contraddizione logica) con la possibilità di conoscenza scientificaCitazione
Ipazia:[/size]
Se non si definisce il livello di astrazione dell'ambito di applicazione, ovvero il "sistema", concetti come [/size]caso, causa, fine, necessità, ordine, realtà,...[/size] diventano flatus vocis veterometafisici.[/size]
Infatti mi sembra di aver diligentemente e chiaramente distinto realtà ontologica (a là regina Elisabetta o a là pianeta Plutone) da realtà fittizia (a là re Luigi novantasettesimo di Francia, o a là don Chisciotte della Mancia), evitando brillantemente di cadere in pretesi flatus vocis veterometafisici (a parte il fatto che la vecchia metafisica non mi fa affatto schifo; casomai la posso criticare opponendole una metafisica tanto, non necessariamente, più nuova quanto più razionalmente fondata).
Non a caso tu mi fai l'esempio di concetti fisici, il Re, Plutone, se però porti tutto nell'ambito degli "oggetti" propri del discorso scientifico ti sarà abbastanza difficile dimostrarmi che la legge di relatività è più reale del caso.
