Ciao Sariputra.
Dipende "di che cosa" si sta morendo.
Ad esempio, a mio padre, che stava morendo di cancro al fegato, i medici in un primo tempo si rifiutavano di somministrargli la morfina, poichè dicevano che, avendogli il cancro provocato problemi di respirazione, la morfina lo avrebbe potuto uccidere; poi, alla fine, gliela diedero e lui, subito dopo, morì.
E' chiaro che sarebbe morto comunque, ma, in base a quanto mi dissero, la morfina, se non fu addirittura la causa "determinante" della sua morte, fu almeno una causa "concomitante"; in altre tipologie di cancro, invece, non avrebbe avuto tale effetto collaterale.
Non sono medico e non ricordo bene, ma mi pare che mi dissero che la morfina può provocare una depressione respiratoria, per cui, nel caso di determinate affezioni (cancerogene o meno), può risultare più letale del cianuro; per cui, il concetto di VELENO, va valutato in concreto, e non in astratto!
Il che, a quanto mi dicono, vale anche per altri "sedanti terminali".
***
Ciò detto, sono perfettamente d'accordo con te che quando scrivi: "...nel caso di un malato in così gravi e irreversibili condizioni, la somministrazione di un farmaco che può provocarne la morte, peraltro inevitabile in qualunque caso, ha degli effetti positivi, come quello analgesico, tranquillizzante, ecc. che superano il dubbio, e lo rendono di fatto inesistente, sugli effetti collaterali futuri (in quanto non c'è 'futuro' in un paziente terminale...)."
Ma, a quel punto, se comunque il paziente deve morire, non vedo una gran differenza tra un analgesico letale e una iniezione letale; la quale, almeno, agisce SICURAMENTE subito.
La distinzione mi sembra un po' ipocrita!
***
Quanto al fatto che alcuni medici facciano differenza tra un analgesico letale (nei casi in cui, di fatto, lo è o può esserlo) e una iniezione "dichiaratamente" letale, a ben vedere, ciò non è solo frutto di ipocrisia, bensì dipende anche da come funziona il nostro sistema limbico; il quale, "fortunatamente", ci rende riluttanti a sopprimere un nostro consimile.
Per cui, psicologicamente:
- un conto è praticare sedativi analgesici, letali o meno che possano di fatto risultare nel caso di specie;
- un altro contro, invece, è praticare una iniezione letale vera e propria.
Tanto è vero che, sebbene io -razionalmente- ritenga molto migliore e più logica la seconda soluzione, probabilmente mi sentirei più tranquillo con la mia coscienza (e i miei pregiudizi) a praticare la prima.
***
Proprio per tale motivo, forse hai ragione anche quando dici che "accompagnare la morte" di un malato terminale con la cosiddetta "sedazione palliativa profonda" può provocare meno ritardi e resistenze psicologiche nei medici che se essi fossero costretti a praticare una "iniezione letale"; ed infatti, anche considerando la nefasta influenza della Chiesa Controriformistica in Italia, prima che la Commissione Etica lo consentisse, passerebbero mesi o anni.
***
Quanto al fatto di tua madre, mi dispiace molto; e ti capisco benissimo, perchè anche io tutt'ora provo un senso di colpa ad aver forzato i medici a praticare a mio padre iniezioni di morfina.
Sbagliamo entrambi a nutrire sensi di colpa...ma penso sia umano!
Un saluto!

Dipende "di che cosa" si sta morendo.

Ad esempio, a mio padre, che stava morendo di cancro al fegato, i medici in un primo tempo si rifiutavano di somministrargli la morfina, poichè dicevano che, avendogli il cancro provocato problemi di respirazione, la morfina lo avrebbe potuto uccidere; poi, alla fine, gliela diedero e lui, subito dopo, morì.

E' chiaro che sarebbe morto comunque, ma, in base a quanto mi dissero, la morfina, se non fu addirittura la causa "determinante" della sua morte, fu almeno una causa "concomitante"; in altre tipologie di cancro, invece, non avrebbe avuto tale effetto collaterale.
Non sono medico e non ricordo bene, ma mi pare che mi dissero che la morfina può provocare una depressione respiratoria, per cui, nel caso di determinate affezioni (cancerogene o meno), può risultare più letale del cianuro; per cui, il concetto di VELENO, va valutato in concreto, e non in astratto!
Il che, a quanto mi dicono, vale anche per altri "sedanti terminali".
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Ciò detto, sono perfettamente d'accordo con te che quando scrivi: "...nel caso di un malato in così gravi e irreversibili condizioni, la somministrazione di un farmaco che può provocarne la morte, peraltro inevitabile in qualunque caso, ha degli effetti positivi, come quello analgesico, tranquillizzante, ecc. che superano il dubbio, e lo rendono di fatto inesistente, sugli effetti collaterali futuri (in quanto non c'è 'futuro' in un paziente terminale...)."
Ma, a quel punto, se comunque il paziente deve morire, non vedo una gran differenza tra un analgesico letale e una iniezione letale; la quale, almeno, agisce SICURAMENTE subito.
La distinzione mi sembra un po' ipocrita!
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Quanto al fatto che alcuni medici facciano differenza tra un analgesico letale (nei casi in cui, di fatto, lo è o può esserlo) e una iniezione "dichiaratamente" letale, a ben vedere, ciò non è solo frutto di ipocrisia, bensì dipende anche da come funziona il nostro sistema limbico; il quale, "fortunatamente", ci rende riluttanti a sopprimere un nostro consimile.
Per cui, psicologicamente:
- un conto è praticare sedativi analgesici, letali o meno che possano di fatto risultare nel caso di specie;
- un altro contro, invece, è praticare una iniezione letale vera e propria.
Tanto è vero che, sebbene io -razionalmente- ritenga molto migliore e più logica la seconda soluzione, probabilmente mi sentirei più tranquillo con la mia coscienza (e i miei pregiudizi) a praticare la prima.
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Proprio per tale motivo, forse hai ragione anche quando dici che "accompagnare la morte" di un malato terminale con la cosiddetta "sedazione palliativa profonda" può provocare meno ritardi e resistenze psicologiche nei medici che se essi fossero costretti a praticare una "iniezione letale"; ed infatti, anche considerando la nefasta influenza della Chiesa Controriformistica in Italia, prima che la Commissione Etica lo consentisse, passerebbero mesi o anni.
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Quanto al fatto di tua madre, mi dispiace molto; e ti capisco benissimo, perchè anche io tutt'ora provo un senso di colpa ad aver forzato i medici a praticare a mio padre iniezioni di morfina.
Sbagliamo entrambi a nutrire sensi di colpa...ma penso sia umano!
Un saluto!
