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Messaggi - iano

#4921
Tematiche Filosofiche / Re:evoluzione o involuzione
08 Maggio 2020, 03:48:04 AM
@ Jacopus.
Chiarissima esposizione. Grazie.
Mi pare di aver sentito comunque che i virus non siano forme di vita.
Non si possono uccidere , ma solo dissassemblare.
Cioè , non gli si può togliere la vita ma solo la forma.
La tentazione di giocare con le parole non è piccola
Il virus come esempio di forma che si fa' sostanza?😄

#4922

Il fatto che le diverse percezioni possano essere diversamente caratterizzabili ci porta a chiederci quale rapporto di primogenitura , eventuale , possa intercorrere fra i loro eventuali oggetti , quando invece esse hanno origine comune nell'essere prodotti della percezione , che , se pure avranno dei corrispettivi reali , non possiamo sapere se siano diversamente parimenti sostanzialmente caratterizzabili.
Noi non percepiamo la materia al singolare , quindi la materia si può caratterizzare come un insieme di percezioni.
La materia , quando non si specifica quale materia con quale forma, non è concettualmente meno immateriale dello spirito.
Dal fatto che in qualche modo possiamo accomunare diverse percezioni , nasce la super percezione della materia , come fosse una singola percezione .
Se la materia ha una genesi è questa.
Lo stesso dicasi per la percezione dello spirito e della forma.
Ma la funzionalità di queste diverse categorizzazioni non toglie che  in se' siano arbitrarie e , in quanto arbitrarie , non è detto che queste categorie abbiano un corrispondente reale .
Da un semplice elenco di percezioni originano complicazioni di loro possibili insiemi , e questo è un esempio di complicazione che può progredire a partire dalla semplicità, per rispondere a Ipazia ,che però non genera sostanza nuova da sostanza primigenia per complicazioni di parto.
#4923
Attualità / Re:La bufala del Nuovo Ordine Mondiale
02 Maggio 2020, 18:37:29 PM
Cinicamente riassumerei così.
Siccome è inevitabile la solita rivoluzione che riequilibra le cose , almeno momentaneamente , prima là si fa' e meglio e'.
La situazione sarebbe banalmente tragica se la ricchezza si misurasse solo in capitale , ma forse è meno banale e anche più banale di così.
Ciò non è vero quindi  , ma di fatto è vero nella misura in cui ne siamo convinti.
Accumulare le cose più disparate è una passione umana ,compresi soldi , conoscenze e pupazzetti kinder.
Tendenzialmente ho rispetto per ogni passione , quasi indipendentemente dall'oggetto della passione , in quanto mi pare essere il sale della vita. Ogni passione è però anche un vincolo e diventa una gabbia.
Ma in effetti è impossibile poi non fare dei distinguo soggettivi fra i vari oggetti di passione degli altri. In ognuno si possono vedere pro e contro.
La passione di accumulare soldi mi pare fra tutte quella più estrema , che associa  i maggiori pro ai maggiori contro .
L'accumulo del capitale mi viene da associarlo al vizio del gioco , che vizio rimane , anche quando si vincesse sempre.
Il capitale ,che in se' è solo un mezzo , associandosi alle stranezze della natura umana va' a fare i danni che sappiamo.
Come rimediare?
Controbilanciando con la ricchezza di altri vizi umani, sperando di riuscire ad evitare la solita rivoluzione.
Il tuo post comunque  è da incorniciare Andrea per la rara saggezza che emana.




#4924
E se sono apparso arido nell'esposizione ,essendomi sbilanciato sul pensiero calcolante , non bisogna dimenticare che esso è il prodotto di una distinzione che ci permette di governare la realtà, non la realtà .
Che il calcolo sia applicabile alla realtà è un dato di fatto , e noi non siamo in grado di andare oltre i dati di fatto , anche quando ci sembra di farlo , solo perché con la velocità di un computer , che non sospettiamo di avere , ci sembra di saltare da palo in frasca senza un percorso nel mezzo.
I mezzi che costruiamo ci dicono molto di quel che siamo , e da quel che capiamo di essere,  il nostro pensiero calcolante cosciente , cauto , lento e prudente ha già di che restare stupefatto e andare fuori giri  in estasi.
Di certo noi siamo più di ogni parte che riusciamo ad esplicitare , ma ciò non dovrebbe risultare un mistero.
L'universo è certamente meraviglioso se una sua esplicita povera parte, noi , non smette mai di sorprenderci.
#4925
Citazione di: paul11 il 26 Aprile 2020, 11:40:46 AM
Nietzsche distingue il pensiero genuinamente filosofico, dal pensiero calcolante.
Il filosofo è mosso da una intuizione mistica,dalla fede nell'unità delle cose, che non proviene dalla ragione. Questa intuizione ci spinge al di là dei limiti dell'esperienza. L'intelletto calcolatore poi la segue pesantemente, cercando degli appoggi. Il pensiero filosofico non va confuso con il pensiero calcolante., perché percorre rapidamente grandi spazi, mentre quello calcolante procede a tentoni. E perché è spinto dalla fantasia, una forza illogica, che lo fa balzare di possibilità in possibilità. Il filosofo sa  dunque che il suo linguaggio, la dialettica, è inadeguato a esprimere l'unità mistica che sta al di là delle cose, ma questo linguaggio è l'unico mezzo per esprimere metaforicamente ciò che ha contemplato.
Il filosofo sa distinguere ciò che è più grande e più importante, più meritevole di essere conosciuto, da ciò che non lo è.
La scienza per contro si getta a capofitto sulle cose che divora tutte, senza distinguere,
La filosofia disciplina il desiderio di conoscenza con il concetto di grandezza, indirizzando il sapere verso l'essenza delle cose.
Da quello che desumo dalla lettura di questo post direi che FN non sia animato da un amore per la semplificazione.
Credo che ogni distinzione nasca da necessità, col rischio , se funziona , di farsi realtà.
Il rischio è che ogni nuova distinzione diversa appaia assurda , faticando ad affermarsi , per quanto dimostri di funzionare.
Le distinzioni poi a volte sembrano nascere da se', candidandosi fin dall'inizio a papabili realtà.
Viene da se' infatti distinguere il pensiero calcolante da quello filosofico se l'origine dell'uno ci sembra chiara, mentre l'altra oscura.
Ma , fino a prova contraria , ciò è la sola cosa che li distingue.
Assumere infatti , sebbene arbitrariamente , che siano la stessa cosa , sarebbe l'indizio  di una volontà semplificatrice.
Il fatto che i due pensieri si integrino a vicenda di modo che una polarizzazione spinta appaia sintomo di impoverimento sosterrebbe la suddetta scelta.
Non è da pensare che tutti i calcoli debbano essere coscienti ( se ne conosce e se ne può seguire lo svolgimento ) per poter essere definiti tali.
Quando un computer dimostra un teorema non possiamo seguire lo svolgimento dei calcoli , ma sarebbe difficile sostenere che quella dimostrazione non derivi dal calcolo.
Seppure non possiamo sostenerlo per certo , sarebbe quantomeno una utile complicazione .
Se decidiamo di sostenerlo diremo allora che il computer è dotato di intuito?
È possibile seguire calcoli , se sufficientemente semplici , e condividerne i risultati .
Ma ciò che con più certezza condividiamo non sembra derivare da calcolo.
Ma allora come facciamo a condividerlo?



#4926
Credo che per prosperare ,in qualunque senso lo si voglia intendere , occorra come condizione necessaria , ma non sufficiente , un sistema di valori condivisi che possono essere quelli di una religione.
Ogni sistema di valori è una scommessa di prosperità, i cui esiti mutano col mutare del contesto.
Il rapporto fra sistema e prosperità non è però percepito perché in caso di perdita della scommessa la scommessa continua .
Parlare di prosperità, comunque là si voglia intendere , però non è forse il giusto punto di vista , anche se il più appariscente.
Credo sia migliore parametro la durata della società che adotta quei valori , o ,se si vuole , si può intendere per prosperità quella durata.
Perché appunto l'inerzia al mutamento del sistema di valori invita ad usare come misura del successo la durata della società che la adotta.
Se il primo evento eccezionale e inatteso ( metti una pandemia) mette in ginocchio la società più prospera del mondo , a cosa gli è servita quella apparente prosperità?
Il sistema di valori di una religione è caratterizzato da una maggiore inerzia al cambiamento e da una minore territorialità .

Nel mondo di oggi sembra a me perdente , come mi pare anche a Viator.
Ma sulla lunga distanza?
In effetti ,come qualcuno ha fatto qui notare , certi piccoli paesi atei prosperano ancora sulla rendita della loro trascurata religione , di fatto dura a morire.
#4927
Però non tutti i romanzi sono uguali.
I migliori sono quelli che ti coinvolgono e ti fanno entrare nella storia.
#4928
Seguendo questa discussione mi rendo conto di essere attiguo  alle idee di FN .
Mi viene da pensare che , se  uno digiuno di filosofia come me , ha assorbito queste idee, allora vuol dire che queste idee sono nell'aria da un bel po' . Sono più che attuali.
Quali conseguenze hanno avuto e continuano ad avere nella nostra vita in generale?
A me pare che la rinuncia alla ricerca della verità ,  perché in questi termini mi pare di poter riassumere la questione , possa avere contropartite positive , magari difficili da vedere e descrivere , perché in atto.
La rinuncia alla ricerca della verità è veramente un salto nel vuoto?
A me pare che non si tratti in effetti di una vera scelta , ma di un dato di fatto che non origina dalla filosofia di FN , ma che in essa può trovare conforto .
È vero. Se smettiamo di misurare la nostra realtà essa si dissolve.
La novità è che abbiamo coscienza della misura.
Possiamo decidere di calcolare , ma lo facevamo anche quando non lo sapevamo , senza averlo deciso.
Non sembra più attuale contrapporre illusione ed errore a verità e perfezione.
La scienza ha preso la misura alle illusioni e sugli errori ci ha costruito una teoria.
Il principio di indeterminazione è certamente corretto ma espresso in termini non attuali , ponendo l'accento sui limiti della misura , mentre in effetti ci dice che l'oggetto della misura , l'atomo , non è quella cosa così ben definita.
Da un punto di vista operativo ciò ci lasca ampi gradi di libertà nel definire sempre nuovi atomi i quali sembrano essere comunque funzionali alla misura.
Ma è inutile negare che ciò ci induce anche un senso di vuoto che potrebbe bloccarci.
Però la realtà è che ,adesso possiamo iniziare a dirlo , sebben non chiare siano tutte le conseguenze , non c'è stato nessun blocco.
Per fare un romanzo occorrono atomi protagonisti, non necessariamente corrispondenti a personaggi reali , ed è un arte umana.

#4929
La democrazia rappresentativa credo sia un modo di rendere fittiziamente meno popolata ,attraverso il parlamento ,una nazione molto popolata.
#4930
Quando il bambino era un bambino credeva di essere il regista del film che guardava .
#4931
FN ,questo sconosciuto per me.
Non so' cosa intendesse FN , con "Umano , troppo umano". O forse sì?
Mi limiterei a dire umano , ma credo che i più sottendano "Umano , purtroppo umano".
Per noi esistono  note , che la scienza ci dimostra essere cosa umana ,troppo umana, dietro cui stanno le indifferenti onde , che però a me sembrano ancora un arte umana , ne troppo ne' tanto meno purtroppo umana .
DIFFICILE È LA COSCIENZA.
Questa frase mi ha colpito.
In effetti mi pare l'onda sia una "nota cosciente" , da non intendersi come la coscienza di una sensazione.
Ma l'onda diventa una nota dolente , se pensiamo di doverci fare musica.
La musica l'abbiamo già fatta , ci faremo dell'altro.
Sarebbe come dire che vogliamo far musica col gusto.
Col gusto ci si fa' altro e con la chimica altro ancora.
Dobbiamo far qualcosa che sta per la musica. Un altra arte.
I sintetizzatori digitali di note hanno iniziato imitando le note analogiche facendolo malamente.
Poi si sono messi a fare la loro musica , ed è tutta un altra musica.
Per i vecchi cultori della musica non è musica.
Se fosse , l'obiettivo è stato centrato.
Ma alla fine sempre e solo arte è.
La divina musica?
No , umana e basta , di cui andare fieri.
Roba nostra.
Anche gli atomi sono un arte umana che suonano il determinismo.
Il determinismo se corrispondesse alla realtà sarebbe assurdo , non meno degli atomi.
Ma perché, una fuga di Bach invece un senso ce l'ha?
No però è quello a cui tendiamo , per qualche motivo , chissà .

#4932
Scienza e Tecnologia / Re:Inflazione cosmica
28 Aprile 2020, 02:51:30 AM
Citazione di: iano il 28 Aprile 2020, 02:17:13 AM
Citazione di: bobmax il 27 Aprile 2020, 18:36:41 PM

Infatti il pensiero o è determinato o non è.
Si può pensare solo ciò che è un "qualcosa"

L'infinito non è un qualcosa e quindi non può essere pensato.
E allora come mai compare questa idea dell'infinito?
Semplicemente in quanto negazione del finito.

Penso a ciò che è finito e poi provo a negarne la finitezza. Ci provo soltanto... perché il pensiero inevitabilmente si arresta.
Se poi qualcuno dichiara di riuscirci, chapeau! Ma non mi convince.

L'infinito è perciò una necessità logica. Trae la sua essenza nella negazione del finito, da nient'altro. Ed essendo esclusivamente una negazione... non c'è!

Lo stesso dicasi del nulla: Non può essere pensato.
Se ci provo, è solo perché sto negando la possibilità di ciò che potrebbe esserci.
Ma sto pensando al non esserci di qualcosa, non al Nulla!
"............."
Lo stesso "caso" non è pensabile. Però compare come possibilità in quanto negazione della necessità.
Provare a pensare un evento davvero casuale... fa venire le vertigini! Il Caos si avventa sulla nostra mente che a stento fugge terrorizzata.
Sono sostanzialmente d'accordo , ma....


Se l'universo fosse infinito potremmo associare ad esso il numero uno.
Un universo infinito. Si , ma infinito quanto? Ovviamente questa domanda non ha senso.
Ma se l'universo è finito che numero possiamo associargli ?
Finito quanto , è lecito chiedersi.
Si potrebbe pensare che non occorra conoscere questo numero.Basti sapere che è un numero.
Il non saperlo però comporta che quando parliamo di finito stiamo sempre escludendo qualcosa.
Quindi mi pare che il finito non sia adatto a descrivere quell'universo che tutto include., non meno dell'infinito .
Dovremmo parlare di finiti più che di finito , perché i finiti sono tanti mentre solo l'infinito è singolare.

Dire che esiste qualcosa giustifica la sua negazione , che esiste nulla.
Suggerisco però di considerare che il nulla non si opponga all'essere , in quanto esso stesso è, ma al qualcosa.
Il nulla e l'infinito sono figli della genericità.
La realtà ci appare come multipla , come l'insieme di tanti finiti , e quell'insieme è uno come uno è l'infinito.
Sarà un caso?
L'infinito è singolare ,mentre il "finito è plurale" .
Forse da ciò si comprende meglio la sua natura che non da una negazione.
#4933
Scienza e Tecnologia / Re:Inflazione cosmica
28 Aprile 2020, 02:17:13 AM
Citazione di: bobmax il 27 Aprile 2020, 18:36:41 PM

Infatti il pensiero o è determinato o non è.
Si può pensare solo ciò che è un "qualcosa"

L'infinito non è un qualcosa e quindi non può essere pensato.
E allora come mai compare questa idea dell'infinito?
Semplicemente in quanto negazione del finito.

Penso a ciò che è finito e poi provo a negarne la finitezza. Ci provo soltanto... perché il pensiero inevitabilmente si arresta.
Se poi qualcuno dichiara di riuscirci, chapeau! Ma non mi convince.

L'infinito è perciò una necessità logica. Trae la sua essenza nella negazione del finito, da nient'altro. Ed essendo esclusivamente una negazione... non c'è!

Lo stesso dicasi del nulla: Non può essere pensato.
Se ci provo, è solo perché sto negando la possibilità di ciò che potrebbe esserci.
Ma sto pensando al non esserci di qualcosa, non al Nulla!
"............."
Lo stesso "caso" non è pensabile. Però compare come possibilità in quanto negazione della necessità.
Provare a pensare un evento davvero casuale... fa venire le vertigini! Il Caos si avventa sulla nostra mente che a stento fugge terrorizzata.
Sono sostanzialmente d'accordo , ma....


Se l'universo fosse infinito potremmo associare ad esso il numero uno.
Un universo infinito.
Ma se l'universo è finito che numero possiamo associargli ?
Si potrebbe pensare che non occorra conoscere questo numero.Basti sapere che è un numero.
Il non saperlo però comporta che quando parliamo di finito stiamo sempre escludendo qualcosa.
Quindi mi pare che il finito non sia adatto a descrivere quell'universo che tutto include., non meno dell'infinito .
Dovremmo parlare di finiti più che di finito , perché i finiti sono tanti mentre solo l'infinito è singolare.

Dire che esiste qualcosa giustifica la sua negazione , che esiste nulla.
Suggerisco però di considerare che il nulla non si opponga all'essere , in quanto esso stesso è, ma al qualcosa.
Il nulla e l'infinito sono figli della genericità.
La realtà ci appare come multipla , come l'insieme di tanti finiti , e quell'insieme è uno come uno è l'infinito.
Sarà un caso?
L'infinito è singolare ,mentre il "finito è plurale" .
Forse da ciò si comprende meglio la sua natura che non da una negazione.
#4934
Ciao Santos.
Mi pare che da poco ci stiamo occupando ,investendo risorse , della sicurezza della rete per proteggere lo stato da attacchi informatici.
Quindi mi pare quantomeno prematuro parlare di governo diretto del popolo attraverso la rete.
La democrazia diretta elimina quei filtri che oggi ci sono , non essendo più necessari. Ma chi  ci dice che non dovremo poi rimpiangerli , accorgendoci , che seppur nati da necessità , svolgevano funzione virtuosa e insostituibile  ?
Dovremmo prima capire chi è il popolo digitale , in alternativa a quello analogico , perché è fin troppo facile cadere nell'inganno che si tratti dello stesso popolo, dato che si tratta delle stesse persone.
Iniziamo solo da poco a capire chi è questo popolo.
In questo popolo digitale sono tutti scienziati.
Sarà un caso che la scienza oggi ha raggiunto un picco negativo nella considerazione del popolo stesso?
Se eliminiamo il confronto politico analogico , siamo sicuri di non perdere qualcosa di insostituibile ?
Il confronto digitale sembra tenda ad accentuare le polarizzazioni ,perché ti permette di evitare confronti diretti problematici ,di cui volentieri facciamo a meno potendo.
Però proprio nel confronto conflittuale fra diversi ,quando non puoi evitarlo ,temo risieda ciò che fa' della democrazia un sistema di successo.
È di successo nella misura in cui sei costretto , tuo malgrado , a confrontarti con altri.
Se potessimo evitarlo , rinchiudendoci in bunker digitali , isolandoci dai diversi da noi , lo faremmo volentieri.
Comprendere le ragioni degli altri è faticoso.
La democrazia diretta , fin troppo diretta, ci evita questa fatica cliccando altrove con un dito.
#4935
Citazione di: giopap il 25 Aprile 2020, 22:39:47 PM


"Nella scienza si cerca di dire ciò che nessuno ha mai detto prima. Nella poesia si cerca di dire ciò che ha già detto qualcun altro, ma meglio. E' questo, in sostanza, a spiegare perché la buona poesia é rara come la buona scienza".

Penso con Phil che la filosofia sia trasversale a scienza e poesia.
Ma mi pare che sia la poesia a dire ciò che nessuno ha mai detto prima , mentre la scienza prova a dire meglio quello che qualcuno ha già' detto , perché anche quando la scienza la si descrive come procedente per geniali salti è invece sempre il risultato di un lavoro oscuro graduale e continuo , che ogni tanto emerge all'attenzione generale,
Si può dire lo stesso della poesia in fondo .Tutti fanno poesia , ma non tutta emerge.
Il sommerso però non è meno importante di ciò che emerge .
La funzione della poesia è quella di impadronirsi del linguaggio se non vogliamo che il linguaggio si impadronisca di noi.
La funzione della scienza è quella di padroneggiare i nostri pregiudizi , che nascono dai fatti , criticandoli alla luce di sempre nuovi fatti , non lasciando quindi che siano i nostri pregiudizi a padroneggiarci.
La morale comune è che dobbiamo essere coscienti e padroni dei nostri mezzi .
E la filosofia?
Rimbalza fra l'una cosa e l'altra diventando veicolo di contagio , così che a volte un equazione sembra  generare forti emozioni   e una poesia trasmettere indubitabili verità.