E' degli ultimi giorni la notizia che gli scavi nel foro romano hanno scoperto un altare e un sarcofago ipogeo nelle vicinanze della Curia (La sede del senato). Entrambe i ritrovamenti sono stati attribuiti al culto di Romolo rafforzando quell'idea che nell'antica Roma fosse stata riproposta quella struttura, tipica delle città greche, per la quale il fondatore della città dovesse essere sepolto e venerato nei pressi dell'agorà, cioè dove si prendevano le decisioni politiche, in maniera tale che il suo spirito ispirasse le scelte dei cittadini.
A qualche decina di metri dalla curia, sul bordo della via sacra (La strada più importante di roma antica, dove sfilavano i generali romani vittoriosi), c'è il sito del Lapis Niger, uno spazio pavimentato da pietra nera che in una memoria storica è indicata essere li per celebrare un terribile evento luttuoso e che se calpestato porterebbe terribili eventi funesti.
Scavando sotto il Lapis Niger sono stati rinvenuti i resti evidenti di un monumento funebre, le cui parti superiori sono state eliminate appositamente per sotterrare il tutto sotto la pietra nera.
L'iscrizione riportata sui resti di tale monumento, oltretutto, risulta essere l'iscrizione in latino arcaico più antica che conosciamo, datata VII-VIII secolo A.C..
Purtroppo l'iscrizione non permette di attribuire ad alcuno la titolarità del monumento, gli archeologi hanno fatto delle ipotesi, sempre nella ristretta cerchia delle famiglie reali del periodo monarchico, tra le quali c'è anche l'ipotesi che il titolare sia il primo re di Roma, cioè Romolo, il fondatore di Roma.
Appunto si tratta di un'ipotesi, perchè gli storici, per affermare una cosa del genere, avrebbero bisogno di prove documentali che invece sono del tutto assenti. Le uniche memorie, nelle quali si parla del Lapis Niger sono quelle citate sopra, evidentemente molto ermetiche.
Intuitivamente il collegamento tra le informazioni che abbiamo permette di costruire una storia interessante per la quale quel monumento era effettivamente dedicato a Romolo e ne ospitava le ceneri. Nel 390 A.C., poi, i Galli di Brenno saccheggiano Roma e profanano il monumento disperdendo le ceneri del fondatore. A quel punto quel monumento non rappresenta più lo spirito del fondatore, ma solo il profondo oltraggio subito, per questo si decide di farlo sparire, ma in maniera tale che l'area che esso occupava continuasse ad essere rispettata, si realizza una sorta di damnatio memoriae che spiega perchè informazioni sul Lapis Niger sono assenti negli scritti degli storici romani.
A qualche decina di metri dalla curia, sul bordo della via sacra (La strada più importante di roma antica, dove sfilavano i generali romani vittoriosi), c'è il sito del Lapis Niger, uno spazio pavimentato da pietra nera che in una memoria storica è indicata essere li per celebrare un terribile evento luttuoso e che se calpestato porterebbe terribili eventi funesti.
Scavando sotto il Lapis Niger sono stati rinvenuti i resti evidenti di un monumento funebre, le cui parti superiori sono state eliminate appositamente per sotterrare il tutto sotto la pietra nera.
L'iscrizione riportata sui resti di tale monumento, oltretutto, risulta essere l'iscrizione in latino arcaico più antica che conosciamo, datata VII-VIII secolo A.C..
Purtroppo l'iscrizione non permette di attribuire ad alcuno la titolarità del monumento, gli archeologi hanno fatto delle ipotesi, sempre nella ristretta cerchia delle famiglie reali del periodo monarchico, tra le quali c'è anche l'ipotesi che il titolare sia il primo re di Roma, cioè Romolo, il fondatore di Roma.
Appunto si tratta di un'ipotesi, perchè gli storici, per affermare una cosa del genere, avrebbero bisogno di prove documentali che invece sono del tutto assenti. Le uniche memorie, nelle quali si parla del Lapis Niger sono quelle citate sopra, evidentemente molto ermetiche.
Intuitivamente il collegamento tra le informazioni che abbiamo permette di costruire una storia interessante per la quale quel monumento era effettivamente dedicato a Romolo e ne ospitava le ceneri. Nel 390 A.C., poi, i Galli di Brenno saccheggiano Roma e profanano il monumento disperdendo le ceneri del fondatore. A quel punto quel monumento non rappresenta più lo spirito del fondatore, ma solo il profondo oltraggio subito, per questo si decide di farlo sparire, ma in maniera tale che l'area che esso occupava continuasse ad essere rispettata, si realizza una sorta di damnatio memoriae che spiega perchè informazioni sul Lapis Niger sono assenti negli scritti degli storici romani.
