Citazione di: Ipazia il 27 Settembre 2019, 09:58:58 AMPersonalmente direi un'interpretazione umana delle relazioni fra noi e il mondo; dove una certa teologia(non tutta e non tutta la metafisca) ha interpretato l'esistenza come un "fio" da pagare, dividendo così nettamente il dolore sulla terra per accedere alla gioia nei cieli. Nemmeno io sono d'accordo da credente su questa tesi , perché non è colpa dell'uomo essere nato, "gettato nel mondo", come se fosse una colpa gioire in terra e dover vivere invece "miseri melanconici": è gettare una esistenza.Citazione di: paul11 il 27 Settembre 2019, 00:43:27 AM
Ciao Ipazia,
non penso alla contrapposizione fra Dio e scienza, tanto meno scienza moderna.
La mia tesi è che l'uomo ,storicamente, tende ad estremizzare fino alla "nausea" una modalità culturale, per cui arriva poi una risposta culturale di tutt'altri paradigmi.
Manca sempre il senso della misura, si tende ad esasperare. Lo hanno compiuto con la meta-fisica, con Dio, e nella modernità con la morte di Dio, l'esaltazione della fisicalità e di teorie naturaliste.
Ma è sempre l'uomo come soggetto storico che decide quale strada percorrere, in base alle interpretazioni dei paradigmi culturali del tempo.
Perchè l'uomo è "schizofrenico" per sua natura, essendo fisicamente ancorato tra le regole naturali e la razionalità/irrazionalità fra linguaggio/mente .
Tutto il resto ne deriva, comprese le antitesi culturali, il gotha dei sacerdoti e della comunità scientifica, il potere.
L'uomo non è un animale razionale, perché la ragione deve vincere la morte che è regola naturale,questo è un grande problema. La ragione non vuole piegarsi all'ordine naturale e allora la ragione diventa fonte di trasformazione della natura, la manipola, la altera cercando di piegare al proprio volere i domini, i quali imperterriti seguono gli ordini universali quelli che gli antichi definivano "del cielo e della terra" che non era altro che il cosmo universale e della natura soggetti entrambi al movimento circolare. L'occidentale moderno culturalmente ha spezzato questo paradigma illudendosi di crescere sempre di più di evolversi sempre di più di progredire in quel concetto moderno di infinito quando invece c'è "un eterno ritorno".
L'uomo vuole l'infinito e l'illimitato perché teme il finito, teme il destino assegnato dall'universo,da quando si è illuso di "domare" la natura per vincere la sua stessa natura cadaverica.
La post modernità ha partorito un uomo desideroso di morte ubbriacandosi dei piaceri effimeri della vita, per stordire la sua anima.
L'uomo non trova rimedio al dolore e alla sofferenza che nessuna materia può consolare, e allora ha paura anche di soffrire e del dolore, è diventato intollerante persino alle manifestazioni naturali e dell'anima(psuche che poi divenne psiche).
La contrapposizione evolutiva non è tra Dio e scienza ma tra una concezione del vivere teo-logica ed una antropo-logica. La quale ultima ha una sola via percorribile (con soddisfazione di green): quella di Zaratustra che si fa carico di seppellire il vecchio dio (Dio per i cristiani), non per mettersi ad adorare, come fa l'ultimo uomo, il giocoliere rivale che l'ha spodestato facendolo precipitare dalla fune tesa al settimo cielo dove gli acrobati divini eternano il circo teologico, ma per trovare alfine il senso del proprio destino, umano, semplicemente umano.
Nel far ciò bisogna resistere anche alla tentazione, forte in tempi di squallore da vitelli d'oro che si comprano al Mercato fattosi Tempio, di trovare illusori risarcimenti in ordini metafisici del cielo e della terra che hanno soltanto dalla loro parte la dignità della storia, ma non della verità, che va cercata nel qui ed ora umano, liberandolo dai feticci antichi e moderni.
In tal senso mi pare più attrezzata la cultura orientale, sensibile da sempre alla Maia e ai suoi veli, disvelati i quali si potrebbe trovare un salvifico nulla (non un Nulla metafisico), una chiara luce del vuoto, da riempire di senso con l'operari umano. Alfine consapevole della hybris demenziale dell'in(de)finito a cui - schiavo - continua a pagare il filo nelle sembianze dei vitelli d'oro del suo tempo.
Evoluzione come trasvalutazione, superamento dell'ultimo uomo e del suo insuperabile feticismo.
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E' una lettura interpretativa dei domini che non ha misura, né armonia.
Hai una grande fiducia nell'uomo, che personalmente ho avuto fra l'adolescenza fino quarant'anni di età circa.
Da anarchico utopista credevo fattibile un "paradiso terrestre".Ero estremamente fiducioso che in date condizioni l'uomo potesse dare il meglio di sé.Perchè una società "seria" che vorrebbe costituita da umanità felice, dovrebbe mettere in condizione le persone di migliorarsi.
Non mi ha deluso il ruolo mistificatorio di chi determina le culture, i potenti teologici, scientifici, delle finanze, ecc,. perchè governano non per il popolo felice, ma per il proprio narcisimo, megalomania, mi hanno deluse le comune persone del popolo... e lì sono entrato in crisi e ho riflettuto a lungo. Non ho perso la fiducia che forse era troppa, era utopia, ma mi sono accorto che l'ignorante non sa stare al suo posto deve mostrarsi ipocritamente saggio , che il povero è invidioso del ricco, che chi non ha potere lo cerca , che chi è nascosto vuole esibirsi. Daccapo: manca la misura. E questo è dentro la natura umana che tende ad un egocentrismo, anche quando le regole non sono naturali (perché la nostra opulenza non ci fa morire di fame o sete e un riparo qualcuno lo dà).L'uomo si evolverà davvero ,quando saprà governare la sua intimità, La nostra cultura vuol domare i domini immodificabili:cosmo, natura. Ma l'uomo invece se vuole davvero superare la cultura della morte, dello sfruttamento, delle guerre, del rendere misero ciò che intimamente è umanità,deve lavorare prima su se stesso, deve sapersi governare e capire i limiti con i nostri simili ,
l"altrui", i limiti con la natura, i limiti universali. Vogliamo essere ricchi dentro o fuori? Oggi si ostentano potere e denaro, con ipocriti sorrisi da pubblicità: e "beviamo".Il potere vuole un misero umano per domarlo dentro le sue regole del gioco artefatte,Bisogna avere la forza di viverci dentro e nello stesso tempo di non esservi omologati, se vogliamo cambiarlo .A quel punto non importa chi sei, cosa pensi, non sono le diversità a scoraggiarci, perché stiamo facendo un identico percorso da "compagni di viaggio".