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Messaggi - Sariputra

#496
Questi fatti confermano purtroppo il gelo e l'ingiustizia che spesso viene coltivato nei cuori degli uomini verso quelli delle donne (ma anche molte donne sono gelide nei confronti di molti uomini, bisogna dirlo per onestà intellettuale...)  :(
#497
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 09:00:20 AM
cit.Sgiombo: Tutto (indiscriminatamente;: di buono o di cattivo, di ottimo o di pessimo, di altruistico o di egoistico) quello che "si pratica" lo si pratica per essere soddisfatti (personalmente) nel desiderarlo, nel desiderio di praticarlo (e se si riesce a praticarlo se ne é soddisfatti) ovvissimamente, per definizione (di "soddisfazione").

Criterio della coerenza nella soddisfazione: il gretto, meschino egoista sarà soddisfatto , quando sarà coerente con la propria meschinità; il generoso altruista sarà soddisfatto quando sarà coerente con la propria generosità. Viceversa: un egoista non potrà essere soddisfatto quando sarà incoerente con la propria meschinità (costretto ad essere generoso dalla moglie, per esempio... ;) ). mentre un altruista non potrà essere soddisfatto se impossibilitato ad essere generoso (per mancanze economiche  o altri gravi problemi esistenziali...).
Naturalmente poi , nella realtà, l'uomo è fatto di infinite sfumature. Capita di essere altruisti un giorno e, il giorno dopo, non esserlo perché magari si è litigato con qualcuno...ma questo è dovuto al fatto che l'uomo è spesso un essere mutevole e incoerente, non all'altruismo e all'egoismo in sé...questo è anche un motivo di sofferenza (per l'altruista di solito...).

cit.Viator: Le religioni quasi sempre si prendono necessariamente molto sul serio e ridere non fa parte dei comportamenti accettati.

risp.Sgiombo: Da ateo non manicheo sottolineerei il "quasi".

Da appassionato non manicheo di spiritualità e religiosità varia sottilineo anch'io il "quasi". Credo si stia dando un giudizio sommario di realtà che non si frequentano e non si vivono...il volto arcigno del vecchio parroco ( e della sua perpetua... :o ) non è esattamente il criterio di valutazione dell'insieme dei credenti. Ce ne sono moltissimi di gioviali, allegri, casinisti...e pieni di sana autoironia.
Ecco un avviso letto sulla bacheca di una  parrocchia che può strappare più di un sorriso:
Giovedì alle 5 del pomeriggio ci sarà un raduno del gruppo mamme. Tutte coloro che vogliono entrare a far parte delle mamme sono pregate di rivolgersi al parroco nel suo ufficio. 
Trovo normale e giusto poi che ognuno di noi difenda le proprie convinzione e quello in cui crede con fermezza.
Gli immunologi, proprio l'altro ieri, hanno difeso con forza la loro convinzione che le analisi screditanti fatte sui vaccini dai no-vax fossero errate e tendenziose...Non mi sembrava che stessero ridendo... ???
#498
cit.Everlost: Mah, Sari...esisterà davvero questo meraviglioso amore che tu descrivi in modo incantevole, con tanta dolcezza?

Ma sì che esiste!...E' solo molto, molto intirizzito dal "gelo di un mondo senza amore"... :(
E' come una terra pronta a fiorire ma che mai fiorirà, perché si continua a depositare su di essa il gelo che fabbrichiamo incessantemente con la nostra avidità, le nostre avversioni e le nostre illusioni...

cit.Everlost: chi ama davvero non si ferma di fronte al rifiuto e all'ingratitudine, continua ad amare anche con il cuore a pezzi, i polsi che tremano, la testa che gira.

"Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore
è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto,
benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo,
pur se rosee labbra e gote dovran cadere
sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore
e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. "  :)

Se osserviamo bene però possiamo notare che, anche quando giunge la stagione del freddo, i pini e i cipressi non perdono le foglie...
#499
Cos'è l'amore? Che tentazione nel voler rispondere di getto di fronte al più nobile dei quesiti. Quasi come un voler gettare il cuore oltre l'ostacolo e tentar di dire ciò che nessuno ha saputo compiutamente dire. Ma il Sari, temerario e furente, inebriato dal suo profumo, che gli sembra a volte di percepire, lontano e indefinibile, che sa di primavera e di morte nello stesso tempo, quasi come il sapore dolce dei cimiteri ad Aprile ha scritto ...o inciso su una lapide...quel che gli pare un dire sommesso e nello stesso tempo ardito...o forse quel che gli piacerebbe fosse scritto sulla nuvola che adesso ha oscurato, per un attimo, il bel cielo sopra la Villa e sopra i sui tetti ormai fatiscenti:

L'amore non ha il desiderio di possedere, sapendo bene che, in senso ultimo, non c'è né ciò che è posseduto né chi possiede: questo è l'amore più grande.
L'amore non parla di un 'io' e non lo concepisce, sapendo bene che questo 'io' è solo un'illusione.
L'amore non fa scelte né esclusioni, sapendo bene che l'agire così crea ciò che è l'opposto dell'amore: l'antipatia, l'avversione e l'odio.
L'amore abbraccia tutti gli esseri: grandi e piccoli, il Sari e il topo che squittisce in granaio, e non solo quelli che ci sono utili, che ci piacciono o ci divertono.
L'amore abbraccia tutti gli esseri,di animo nobile o ignobile, buoni o malvagi. Coloro che sono 'buoni' e d'animo nobile perché l'amore fluisce spontaneamente verso di loro. Coloro che sono malvagi e d'animo ignobile sono inclusi perché sono quelli che più hanno bisogno d'amore. In molti di essi il seme della bontà può essere morto solo perché è mancato il calore necessario per la sua crescita, per il gelo di un mondo senza amore.
L'amore abbraccia tutti gli esseri, ben sapendo che siamo tutti pellegrini nel ciclo dell'esistenza, che siamo tutti soggetti alla medesima legge della sofferenza.
L'amore non è il fuoco sensuale che brucia, scotta e tortura, che infligge ferite invece che curarle, che ora arde e il momento dopo è estinto, lasciando più freddezza e solitudine di prima.
L'amore invece accarezza con mano dolce ma ferma gli esseri sofferenti, sempre immutato nella sua compassione, incrollabile, indifferente alle reazioni che suscita. 
L'amore è il sollievo per coloro che bruciano nel fuoco della sofferenza e della passione; è il tepore che ridà la vita  a coloro che sono perduti nel freddo deserto della solitudine, che rabbrividiscono per il gelo di un mondo senza amore; a tutti coloro il cui cuore è desolato e arido per le ripetute richieste d'aiuto, per la più profonda disperazione.
L'amore è la sublime nobiltà del cuore e dell'intelletto che sa,  capisce ed è pronto ad aiutare.
L'amore , che è forza e cheforza è l'amore più grande.
L'amore, che è stato definito anche come "la liberazione del cuore" e "la bellezza sublime" è l'amore più grande.

Certo, tutto questo sarebbe arduo da far stare su una lapide...ma in un libro ci sta. Proprio il libro di un grande maestro buddhista, che rispetto moltissimo, e del quale condivido in tutto e per tutto questa definizione dell'amore e che perciò ho fatto mia. Perché noi siamo anche i nostri maestri di vita... :)
#500
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
01 Gennaio 2019, 15:15:15 PM
IL FATTORE HINC (human inconsistency).

Riflettevo in questi giorni di festa di quanto forte sia l' HINC in ogni essere inadeguato degno di questo nome. Cos'è l'HINC ? E' il criterio di valutazione dell'incoerenza umana, da me scoperto e postulato già in tenera età e formulato secondo la famosa "equazione di Sari" . L' HINC si basa sul teorema: Il sentimento d'inadeguatezza è inversamente proporzionale all'incoerenza (inconsistency) dell'inadeguato stesso. Ossia, per tutti coloro che non masticano nulla di quella cosa orribile chiamata matematica: più aumenta l'inadeguatezza  più diminuisce l'incoerenza. Possiamo così stabilire che, quando un inadeguato raggiunge il massimo sentimento interiore d'inadeguatezza, raggiunge nello stesso tempo la propria perfetta coerenza. L'HINC è così il criterio valutativo dello stato di sviluppo umano dell'essere inadeguato. Come si fa, direte voi, a stabilire con esattezza scientifica questo livello di HINC? La risposta è semplice: non lo si fa! L'inadeguato, in ragione del suo stesso stato, non riconosce validità ultima al metodo scientifico, per valutare la crescita umana (ritenendolo una rappresentazione umana ansiogena come le altre...)...Infatti l'HINC non è punto un criterio scientifico, perché questo sarebbe in aperta contraddizione con il postulato filosofico che ne sta alla base: il sentimento d'inadeguatezza è soggettivo così come l'incoerenza che ne viene determinata. Essendo per l'inadeguato tipo il mondo una propria ansiogena rappresentazione, e valutando ogni 'fenomeno' sempre in riferimento alla carica d'ansia che produce all'inadeguato stesso, si può allora riassumere in un motto il fine della valutazione del fattore HINC : "Realizzati conoscendo la tua inadeguatezza" che fa il paio con l'altro, molto pregnante di significato: " La tua inadeguatezza ti realizzerà"...Appare chiaro quindi che il sentimento d'inadeguatezza che fa oscillare l'HINC è potente strumento di crescita e che, paradossalmente, il coltivarlo , lungi dal rendere l'essere umano inadeguato 'materiale di scarto' per le umane genti (Humane gentis), rende alla fine l'essere senziente inadeguato capace di  realizzare in pieno il proprio destino (bhagya). Qual'è allora questo destino ultimo dell'essere inadeguato? La liberazione (MokshaHinc o NirvanaHinc) dalla propria ansiosa inadeguatezza realizzata attraverso una perfetta coerenza con l'inadeguatezza stessa . Con un esempio banale: un inadeguato che non aspiri a possedere un villino, affermando nello stesso tempo che questo gli interessi veramente (inconsistency) per sembrare 'adeguato', essendo quindi un 'impostore',nella 'liberazione' realizzerà quello stato in cui non gli interesserà veramente. Infatti 'liberazione' va intesa come 'liberarsi dalla propria impostura'. Naturalmente per realizzare questo il sentimento d'inadeguatezza ( e la relativa carica ansiogena...) deve raggiungere la sua piena realizzazione, così da azzerare l'inconsistency relativa. Un tipico esercizio che fa parte della pratica di coltivazione dell'HINC è infatti quello di porsi davanti all'oggetto desiderato o alla persona da cui si vorrebbe essere amati con il massimo dell'inadeguatezza possibile. Questo produce invariabilmente la reazione avversa : l'oggetto desiato non si farà raggiungere (la porta del villino manco si apre, tra l'ilarità generale...) o la persona vagheggiata accoglierà con una sonora pernacchia, con risate o sguardi di compatimento, le inadeguate effusioni amorose. In quell'istante di suprema inadeguatezza, il fattore HINC farà crollare il proprio sentimento d'incoerenza e d'inconsistenza e si spalancheranno le porte del MokshaHinc.
Nel MokshaHinc si vedrà allora finalmente come questo stato raggiunto di perfetta e compiuta inadeguatezza riveli finalmente la 'vera natura' dell'inadeguato (Inadeguate nature) che corrisponde allo stato spirituale detto "Suprema coerenza" (Supreme Consistency...)che, come ogni persona intelligente ben comprende, è cosa assai ardua, se non impossibile da raggiungere per le persone adeguate e non sottoposte all'HINC.
Ecco quindi realizzata, come in un prodigioso rovesciamento di valori (Transvalutation of all values), la superiore, ma nascosta, 'natura' (Nature) dell'essere inadeguato rispetto alle umane genti  rivelandosi quindi, in realtà, come un 'nobile inadeguato'  (Aparyapta prabhu)...
Tutto chiaro?

Il fattore HINC si può utilizzare, in maniera però un pò impropria, in quanto fattore tipico del completo inadeguato al mondo, anche per valutare l'incoerenza , per esempio, dei filosofi. Facendo un esempio esemplificativo facile e alla portata di tutti: applicandolo ad un certo Nietzsche, tedesco col baffone, si rivelerebbe subito l'assoluta dominanza del fattore incoerenza a fronte dell'abbattimento del fattore inadeguatezza. Il nostro tester infatti, di fronte ad una notevolissima adeguatezza filosofica, palesava un valore altissimo di Hinc negativo (human inconsistency) essendo a tutti gli effetti un essere del tutto incoerente con quei valori che propugnava con fermezza. In lui si manifestava quindi un livello altissimo di 'impostura' (con l'attenuante però dello stato mentale insalubre che l'accompagnava e che però non rientra nei criteri di lettura dell'HINC...).
Naturalmente direte che un criterio soggettivo come l'HINC non può valutare oggettivamente l'inconsistency altrui.
A questa tipica obiezione rispondiamo che la valutazione dell'HINC altrui viene stabilita per via deduttiva. Ancora un esempio per chiarire: se un soggetto proclama ai quattro venti che bisogna donare tutto ai poveri e poi invece lo si scopre possedere e custodire gelosamente quattro Bmw , una Villa enorme nella Contea e un vigneto di migliaia di ettari messo a prosecco, se ne deduce la grande distanza del soggetto in questione con la Suprema Coerenza e con lo stato di nobiltà inadeguata.
Coerenza e autenticità sono di fatto dei sinonimi. L'essere inadeguato che, innalzando la propria autenticità inadeguata, annienta così la propria impostura e incoerenza (massima inadeguatezza=minima inconsistency), assumendo così la condizione di Aparyapta prabhu, viene anche detto "Colui che riconosce l'impostura".
Costui logicamente non si può più ritenere  parte del 'sistema'  in quanto detto 'sistema' è esattamente il contrario dello stato di 'nobile inadeguato': il 'sistema' non essendo altro in definitiva che la somma di tutte le "adeguate imposture"...
Adesso vi è finalmente chiaro?...
Beh! Vi lascio, per oggi, perché devo andare a porgere inadeguatamente gli auguri  a molti 'adeguati impostori'...
#501
Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2018, 15:08:31 PMUbi maior, minor cessat. Posso mettera la gatta al caldo vicino alla stufa perche il gatto apeiron, con molto più garbo di lei, ha raccontato le contraddizioni della non-etica relativista. Naturalmente il topo Phil, dopo un passata in biblioteca, potrà arrampicarsi su queste contraddizioni e mostrarci il mondo dal suo "tetto". Sempre che questi comuni mortali, in odore di assolutismo etico, ritenga degni. Invece vi racconto un'altra storia. Pascolando con sci da fondo sull'unica, bella e impossibile, pista dell'Altopiano innevata, mi è venuto un pensiero di quelli nicciani all'aria aperta coi muscoli, seppur arrancanti, in movimento: il principe illuminato, suggerito da Ox. Perchè no ? Perchè non dare una chance alla morale dei signori di quell'altro bello e impossibile impazzito a forza di filosofare. Magari, facendo uno sgarbo a lui e a sgiombo, tirando l'acqua alle ragioni dell'ugualitarismo e al contempo spiazzando il relativismo e tirando infine la volata al diritto naturale. Perchè la natura, tra un casino evoluzionistico e l'altro, produce i geni. Dentro il DNA e dentro il cervello umano. Trascurando l'eventuale correlazione, resta il fatto che i geni del secondo tipo ci sono. E dobbiamo a loro se il mondo è più bello e vivibile di come sarebbe senza di loro. Ammettiamo pure che, di primo acchito, porterebbe acqua al mulino della disuguaglianza. Ma è davvero così ? Lo vediamo dopo. Per ora dobbiamo prendere atto che la natura produce i geni e che questi in ogni epoca e tipo di società sono stati corteggiati ed hanno funzionato alla grande. Siamo quindi di fronte ad una costante antropologica disuguale, capace di fondare contenuti etici senza lasciarci influenzare dai nostri pregiudizi ideologici. Il genio sfonda pure i pregiudizi di classe delle società più classiste: il calderaio Lisippo, il pastorello Giotto, lo scalpellino Palladio. Ma quanti Lisippo, Giotto, Palladio ci siamo persi per strada a causa delle loro umili origini sociali ? Anche l'incontestabile disuguaglianza naturale, per esprimere compiutamente la sua potenza creatrice necessita di uguaglianza sociale. Di uguaglianza, almeno nell'età evolutiva, dei blocchi di partenza. Strano che l'Anticristo, il Dioniso dell'ottocento, non ci abbia pensato. Il principe illuminato è un genio che ha dominato il suo tempo anticipandone i desideri. Purtroppo ce ne sono pochi e quando capitano coloro che li circondano spesso bastano e avanzano per mandare tutto a ...

Voglio di nuovo gioia nel mio cuore...
Penso di capire come ti sei sentita...
Se tutti potessero godere di questa gioia è un desiderio "troppo assolutistico" ?... :(
Ieri , andando a passeggio sulle colline ghiacciate, mi sono imbattuto in una casa, piuttosto vecchia, la quale sul cancello aveva affisso un cartello: "Vietato lamentarsi" - e sotto- "Hai un tetto sopra la testa, del cibo per stasera e qualche spicciolo nel portafogli? Allora fai parte del 25% dell'umanità fortunata. Non lamentarti!"...
Pensare che, tra il rimanente 75% ci potrebbero essere i "migliori" di noi (ops!Scusa Phil, ho usato l'aggettivo migliori... ;D ) ma che mai avranno la possibilità di dimostrarlo, coprendoci occhi ed orecchi perché "tanto è tutto relativo"... e se lo è ben posso godermi i miei spiccioli...è terribile!...E che sia tutto relativo, escludendo ovviamente il proprio portafogli  ;) , purtroppo lo pensano coloro che governano 'sto mondo...


... dagli anni '70 del secolo scorso negli Stati Uniti la dinamica dei redditi del 90% meno ricco della popolazione è rimasta sostanzialmente stagnante, mentre i redditi dell'1% più ricco della popolazione sono cresciuti di oltre quattro volte. Stiglitz sottolinea che tale andamento non ha giustificazioni economiche (legate, ad esempio, ad aumenti di produttività), ma riflette posizioni di potere che hanno dato luogo a rendite immotivate. Un caso emblematico è rappresentato dall'esorbitante crescita dei redditi degli amministratori delegati di banche e società americane che sono poi risultate sull'orlo del fallimento.

Anche in Europa, nello stesso periodo, si assiste ad una dinamica analoga, sebbene emergano significative differenze tra Paesi. Ad esempio, l'aumento del divario tra i redditi dell'1% più ricco e del 90% meno ricco della popolazione è particolarmente accentuato nel Regno Unito, mentre in Italia, Francia e Spagna il fenomeno è più contenuto

La dinamica della disuguaglianza è ancora più eclatante se si considera la quota di reddito complessivo appropriata dall'1% più ricco della popolazione. ..a partire dagli anni '70 nella maggior parte dei Paesi avanzati si rileva un progressivo aumento della quota di reddito dell'1% più ricco della popolazione. Nel 2015, negli Stati Uniti il top 1% si appropria di circa il 18% del reddito complessivo, mentre tale quota è pari a circa il 13% in Regno Unito, Germania e Canada e a circa il 10% in Italia, Francia e Giappone.

Stiglitz evidenzia che la disuguaglianza dei redditi non implica solo ingiustificate sperequazioni di reddito, ma si traduce anche in disuguaglianze di opportunità. Contrariamente al mito del sogno americano, gli Stati Uniti sono il Paese avanzato in cui le prospettive di vita individuali sono maggiormente condizionate dal reddito dei genitori. Inoltre, le disuguaglianze nei redditi sono correlate ad inique condizioni di accesso a beni fondamentali, quali, ad esempio, la Giustizia e la Sanità. In particolare, tra gli americani appartenenti alle classi meno abbienti si sta osservando un preoccupante aumento della mortalità e una quota crescente di decessi è dovuta a suicidi e abuso di alcool e droghe.



Nella ricerca di modelli economici in grado di spiegare la disuguaglianza, Stiglitz segnala, innanzitutto, che la cosiddetta "trickle down economics", secondo la quale avvantaggiare le classi più abbienti avrebbe di per sé effetti positivi su tutta la società, non appare dimostrata. Al contrario, le economie che presentano livelli di disuguaglianza più contenuti hanno migliori perfomance. Inoltre, anche la legge di Kuznets, secondo cui nello stadio iniziale di sviluppo di un'economia si verifica un aumento delle disuguaglianze e successivamente, dopo aver raggiunto un certo sviluppo, le disuguaglianze si riducono, sembra smentita.

La spiegazione proposta da Stiglitz delle crescenti disuguaglianze fa dunque capo al processo di "riscrittura delle regole del gioco", iniziata tra gli anni '70 e '80, che ha consentito la creazione di rendite. In generale, abbiamo assistito ad una "finanziarizzazione dell'economia", a una cattiva gestione della globalizzazione e a una riduzione della concorrenza. Conseguenze rilevanti si sono quindi avute in termini di instabilità finanziaria ed economica e maggiore concentrazione delle risorse economiche. Una delle forme più evidenti di rendita creatasi in questo processo ha riguardato le grandi corporations, nelle quali il top management ha sfruttato il proprio potere per accaparrarsi vantaggi, spesso in nome di retribuzioni incentivanti che hanno sottratto risorse agli investimenti..

Al contempo, le modifiche dei sistemi fiscali e la deregolamentazione dei mercati hanno portato benefici soltanto ad una esigua minoranza, accrescendo le disuguaglianze e rallentando la crescita. In termini di coesione sociale, l'inasprirsi delle disuguaglianze ha condotto alla perdita di fiducia nelle istituzioni, nel sistema economico e politico.



tratto da:

"La disuguaglianza è una scelta politica" di  Alessandra Cataldi e Eleonora Romano



Namaste
#502
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione

Ma se è solo una chiave di lettura e non di valutazione perchè allora è preferibile all'assolutismo o all'idealismo? Tu dirai che infatti non lo è...( perchè se dici che lo è fai già una valutazione...) ma pur lo difendi a spada tratta! ;D
Spesso scrivi che così non vengono generate guerre e conflitti. E non è una valutazione etica questa?

La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Può però essere vero anche il contrario: ogni società umana è relativa e immanente, ma non l'etica che potrebbe invece essere assoluta (senza limitazioni o imperfezioni) a cui si "ascende" gradualmente con la consapevolezza (Theilhard de Chardin... ;D ). Pertanto ogni società relativa e immanente diventa un gradino di questa scala e così, ogni conquista etica di queste società relative e immanenti, mantiene intatto il suo 'valore'...
Tra l'altro questa teoria sarebbe supportata anche dall'evidente diminuzione di violenza ( o aumento della riprovazione morale..) che progressivamente si sta ampliando in popoli di ex culture (ormai) lontane...

Ciao
#503
Bingo! Anzi, visto il periodo, tombola!    Il punto è proprio questo: come dicevo a Ipazia, il relativismo non fonda etiche, ma è solo chiave interpretativa (e qui rispondo anche a 0xdeadbeef) del panorama etico; per questo non è semplicemente l'antitesi dell'assolutismo, che invece fonda e ha fondato molte etiche "da gatto"  
Il relativismo è su un piano ermeneutico a cui non ha senso chiedere di aprire scenari etici per il futuro o combattere le oppressioni, proprio come non si chiede ai topi di andare a cacciare i gatti; viene quindi spesso tirato in ballo impropriamente (almeno secondo me).


Ma qui il rischio è quello di una 'sterilità' completa. Una sorta di sguardo sul mondo, di comprensione di meccanismi, più o meno verosimili,  e poco più... :(
D'altronde un'ermeneutica dovrebbe pure invogliare a proporre. Ma facendo questo il relativista coerente teme subito di essere tacciato di idealismo o assolutismo?...Va bè , ma 'solo chi non fa non sbaglia"...se ci si accontenta... :)
Il problema è che i gatti non aspettano di essere cacciati dai topi...
E' una forma di 'passivismo' a questo punto...

CitazioneMagari esistessero molteplici 'mondi' consapevoli della loro relatività rispetto agli altri.


Condivido il «magari» associato al «consapevoli»; forse sarebbe un mondo più pacifico...


Temo che l'auspicarselo sia oltremodo insufficiente...la 'pace' artificiale data dall'assunzione del soma ( imbottigliato in colorate lattine ovviamente...) non è però auspicabile...
#504
cit.Phil:Indubbiamente, se vogliamo attivismo, assiomi e ideali per scendere in strada e combattere rivoluzioni, allora l'analisi transculturale, storica e antropologica risulta pedante indagine accademica da topo di biblioteca.

Ma può la vita, materia 'pulsante' e in continua trasformazione, essere fatta da "analisi transculturali" che , nel frattempo che tengono impegnati i topi da biblioteca, permettono ai gatti  di prepararsi a fare di loro uno spuntino?...Insomma o si agisce o si subisce l'azione, o ci si fa buddhisti  ;D  ( ma questo è un affare per pochi, direi...).
Dopo aver ben analizzato storicamente e transculturalmente devo pur scegliere tra A e B e così facendo non posso sottrarmi alle conseguenze della mia scelta  (indipendentemente se la ritengo una scelta 'assoluta' o 'relativa'... ) e le conseguenze non sono mai relative ("quando è fatta è fatta" recita un famoso detto...); ma di questo abbiamo già discusso fino alla nausea...

cit.Phil:la contestualizzazione relativistica, in quanto tale, non può parlare di «miglior mondo possibile» («non è un'etica», dicevamo ben separando i due piani logici), proprio perché riconosce differenti "mondi" che coabitano.

Senza alcuna offesa, Phil, ma adesso , nel mondo del 2018, vedi ancora la presenza di "differenti mondi che coabitano"? Forse qualche 'sacca' qua e là, in via di estinzione. Ti sembra più un'analisi attuale, oggi, quella del relativismo? Mi sembra che i fatti stiano contaddicendo pesantemente queste "aspirazioni"...Magari esistessero molteplici 'mondi' consapevoli della loro relatività rispetto agli altri. Ormai c'è nè uno solo e pertanto il problema del relativismo manco si pone/porrà...io lo vedo ormai confinato alla sola sfera sessuale che, per carità (non entro nel merito...) avrà la sua importanza, ma non è esattamente la forza motrice della società attuale...

Più che «porre sullo stesso piano le varie culture e morali» (cit.), il relativismo dà a ciascuna il suo piano (contesto), riconoscendo che ogni piano non può logicamente diventare criterio di valutazione qualitativa degli altri piani.

Infatti ho scritto del superamento del concetto di mia cultura superiore alla tua...ma io questo non lo vedo come 'relativismo' (se possiamo finalmente uscire da questa ossessione dualistica assolutismo/relativismo...) ma semplicemente come constatazione di un dato di fatto.
Namaste
#505
cit. Oxdeadbeef: E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).

E infatti è quello che sta avvenendo ed è disperante il vedere che gli unici ( a livello globale...) che si oppongono seriamente a "questa" sintesi sono... dei terroristi fanatici islamizzati  :o  ( che sospetto però siano pure essi funzionali alla sintesi stessa...)!...
Ricordo alcune pagine 'profetiche' di Y. Mishima, ma anche di tutta quella genrazione di scrittori giapponesi postsconfitta, da Dazai  a Tanizaki, che per primi vissero l'asservimento e l'annientamento di fatto della loro cultura, quasi come il 'primo vagito' dell'ordine nuovo che si andava dispiegando..."ti lascio il tuo tempio,o il tuo municipio, svuotato di ogni significato e valenza reale, e ti riempio le strade di lattine di Coca -Cola"...
Namaste
#506
Mi piace pensare al fattore umano detto 'consapevolezza' o 'coscienza'  come quello che può superare sia il relativismo (culturale ed etico) che l'assolutismo.  Lo sforzo umano di acquisire una sempre maggiore 'coscienza' della propria natura più autentica potrebbe essere visto come un processo graduale di 'uscita' da uno stato di ignoranza e illusione. Le varie culture e le morali  , a volte così diverse ma non completamente, avendo sempre molti elementi in comune,  non sarebbero perciò soggette ad una sorta di scala gerarchica di 'valore' (la mia cultura superiore alla tua; la mia morale alla tua...) ma semplicemente viste come gradini di una comune strada verso questa maggiore consapevolezza. Lo so che la cosa sa molto di utopistico ( e mi si potrebbe rinfacciare che penso in particolare ad un modo per acquisire questa maggiore consapevolezza...visto il mio nickname ;D  )...ma l'alternativa non è, come sperava il realtivismo, di porre sullo stesso piano le varie culture e morali, ma l'imposizione di un'unica cultura e di un'unica morale (quella attualmente dominante, fondata sull'interesse economico e sul consumismo...) così che, da Central park a Mumbai possiamo vedere, in questi giorni, gli stessi identici babbi natali e le stesse lunghe code davanti alle stesse catene di grandi magazzini...Il relativismo culturale ed etico sarà velocemente superato dalla storia stessa ( e in verità mi sembra quasi un processo irreversibile, ormai...), ma non sarà superato "a destra" (assolutismi ideologici o religiosi), ma alla sua stessa "sinistra" (nichilismo passivo...alimentato dal 'soma'  mercificato...).

P.S. "destra" e "sinistra" senza alcun riferimento politico ovviamente, giusto per semplificare...
#507
cit.Ipazia: Il generale esperto si equipaggia in patria ma si approvvigiona a spese
del nemico. Così l'esercito non manca mai di cibo (Sun Tzu)

Il povero Sun Tzu sarebbe andato incontro ad una memorabile sconfitta con questa strategia. Infatti , già  nel 514 a.C., gli Sciti utilizzarono la tattica della "terra bruciata" contro il re Dario il grande di Persia. Gli Sciti, di fronte all'avanzata del temibile e più attrezzato esercito invasore, preferirono ritirarsi nelle steppe, distruggendo le fonti di cibo e avvelenando i pozzi d'acqua. Come risultato, Dario fu costretto a cessare l'invasione e ad ammettere la sconfitta, quando una gran parte delle sue truppe morì di fame e disidratazione.
In epoca moderna la tattica della "terra bruciata" fu utilizzata dai Russi prima contro l'esercito svedese di Carlo XII nella campagna di Poltava e successivamente contro le armate francesi di Napoleone durante la campagna di Russia del 1812. Fu anche utilizzata durante la Seconda Guerra Mondiale da tedeschi e sovietici, per esempio i Russi usarono la tecnica durante l'attacco di Hitler nel 1941 (Operazione Barbarossa) e successivamente il Gruppo d'Armate Sud tedesco la usò per frenare la controffensiva russa dopo la battaglia di Stalingrado nel '43...
Namaste
#508
Che relativismo etico e capitalismo vadano a braccetto mi sembra un a cosa ovvia, evidente ( se non si ha il famoso salame sugli occhi...). Infatti le società in cui il relativismo etico è dominante sono quelle a capitalismo più avanzato (direi più "sfrenato"...). Il benessere materiale consumistico ha bisogno di una dose via via maggiore di relativismo etico, ma mano che aumenta (ed infatti è più sviluppato nelle classi più agiate...), soprattutto per 'proteggere' la propria condizione di superiorità (nell'agiatezza...) dalla massa di persone i cui bisogni essenziali non sono certo "relativi". Se è 'relativo' che tutti quanti abbiano una vita decorosa e dignitosa posso stare 'relativamente' tranquillo nella mia posizione di superiorità...posso non vergognarmi del fatto di desiderare fino all'ingordigia...perché no?..Ogni tanto posso concedere l'illusione, funzionale al sistema, che qualcuno "ce la faccia" ad entrare nel cerchio di coloro che godono...magari una lotteria, una startup (concetto di 'scalabilità'...), ecc..Non serve 'cambiare il mondo' perché..."tutti ce la possono fare"!...
Il vuoto, lasciato dalla  caduta di un'etica pensata come 'immortale' è stato colmato dal denaro, la "nuova divinità" della civiltà dei consumi,e da delle divinità 'minori' ossia dal dio "Crescita Economica" e da quello chiamato "Sviluppo", che cozzano contro l'ideologia relativistica, confinata  nel campo della sessualità, di fatto.... L'elevazione dell'economia e della finanza a nuovi sistemi di valori universali ha però provocato aridità morale e sterilità culturale. E' importante solo ciò che è 'merce', includendo in questa anche il corpo e gli stati mentali che infatti si "vendono" anch'essi oggigiorno...L'importante è quindi solamente ciò che è 'utile' e soprattutto di un'utilità che produca denaro...questo ovviamente svilisce la relazione che cerca autenticità e la cultura; cose che permettono di sperimentare l'"Utilità dell'inutile"...La crisi attuale ha però messo in crisi anche questi nuovi 'dei', soprattutto tra i giovani disorientati e nelle masse sedotte dal dio denaro e subito da esso abbandonati ( e anche il dio Progresso non gode più di buona salute tra loro...). Questo disagio nei giovani apre la porta, più che al relativismo etico, ad un vero e proprio nichilismo esistenziale con tendenze autodistruttive; in presenza di un autentico "smarrimento" dovuto a mancanza di scopo e di direzione...
Stiamo entrando, a mio parere, con tutti e due i piedi in una società di "nichilismo passivo" (Massimo Donà), che afferma il declino dei 'valori' e la loro finitezza in quanto creazione umana, ma continua disperatamente a vivere sulla base di questi anche se percepiti come svuotati di ogni significato reale. Incapace, o sfiduciata e indifferente, nel proporne di nuovi...
Il rifugio nella fantasia e nell'irrazionale diventa inevitabile farmaco contro l'alienazione nichilistica (e quindi forte ascesa di tutte quelle forme di esperienze che entrano nella definizione di "neospiritualismo" e che, secondo me, attecchiranno sempre più in profondità...forse fino a diventare l'unica realistica speranza di 'cambiamento', seppur irrazionale...).
Namaste
#509
Tematiche Spirituali / Re:Ciò che Dio vuole da noi
24 Dicembre 2018, 11:09:02 AM
cit.Socrate78:Tutto il forum tranne due persone sembra fatto di ATEI, convintissimi che non ci sia assolutamente nulla dopo questo brevissimo (rispetto alla vita della Terra un nulla....) percorso terreno. Eppure io resto convinto proprio del contrario, che la morte non sia uno sprofondare in quel nulla in cui eravamo prima di nascere, ma sia il passaggio ad un'altra dimensione, a qualcos'altro di diverso che ora non possiamo nemmeno concepire e che forse non è nemmeno quello che le religioni dicono, ma secondo me una realtà "altra" esiste. La nostra ragione è limitata e non è in grado di sondare una realtà trascendente.

Non 'sembra' è fatto di Atei... ;D
Anche la sezione 'spiritualità' più che per dibattere o approfondire tematiche spirituali, viene generalmente usata per confutare qualunque forma di spiritualità, da parte degli utenti che scrivono solitamente nella sezione filosofica. Il che è legittimo ovviamente, ma decisamente poco proficuo per un approfondimento di tematiche spirituali o per invogliare qualche utente interessato più a questi temi che non alla filosofia in senso stretto a partecipare...Io stesso che ho più interesse per le varie forme di spiritualità, passate e presenti, che non alla filosofia, spesso sono restìo ad intervenire , notando la chiusura netta che c'è attorno a questi temi...
Da quando , qualche anno fa, ho iniziato a scrivere su questo forum la consapevolezza di questa 'solitudine' è sempre stata viva in me, ma non mi ha impedito di 'postare' qualche intervento (più di 'qualche' visto il numero ormai raggiunto... ::) ) in questa sezione  perché ho notato che, a fronte dei pochi che scrivono regolarmente, ci sono assai di più 'visitatori'. Penso quindi che, tra questi, ve ne siano anche alcuni con interesse verso le discipline che genericamente vengono definite come 'spirituali', pur essendo un termine ormai  abusato...
Scrivere non pensando solo al contraddittorio con gli utenti soliti del forum ma con una visione d'insieme dei visitatori mi spinge anche a cercare di approfondire, nei miei limiti, il tema. Questo, a volte, mi rende un pò prolisso, è vero...ma l'eccessiva sintesi e stringatezza male si abbina alla spiritualità che è anche, se non soprattutto, "parola", comunicazione e relazione...
Ciao e Buon natale
#510
Tematiche Spirituali / Re:Ciò che Dio vuole da noi
24 Dicembre 2018, 00:58:45 AM
Io direi che, alla domanda posta da Viator: "che cosa Dio vuole da noi?" dovremmo in primo luogo chiederci se noi vogliamo veramente ascoltare quello che ci chiede. Perchè ascoltare? Perché nella visione cristiana l'ascolto è la chiave  d'apertura della fede e poi della conoscenza (di Dio) che diventa carità, amore. Infatti la carità è generata dall'ascolto ( "Caritas ex auditu"). Quindi non solo la fede ("fides ex auditu") e la speranza ("Spes ex auditu"), anche la carità/agape nasce nell'ascolto e dall'ascolto. Nell'AT abbiamo la narrazione di un fatto che rivela la centralità dell'ascolto nell'approccio  verso la fides cristiana: sulle alture attorno a Gerusalemme si stanno offrendo sacrifici a Dio e a Gabaon. Salomone parte e va anche lui per offrire un sacrificio umano con 1.000 vittime. Vorrebbe così "inaugurare" il suo regno (sigh!). La notte però gli appare il Signore che gli chiede: "Domanda ciò che vuoi io ti conceda". Salomone risponde:"Concedi al tuo servo un "leb shomea". (un "leb" in ebraico significa un "cuore" che però, nella loro concezione,designa non tanto e solo il cuore come lo intendiamo noi, cioè lo spazio dell'affettività, quasi opposto alla razionalità, ma proprio la 'sede' di tutto quello che è razionale e affettivo insieme, senza dicotomie e dualità.Il cuore è la sede dei sentimenti ma è anche la sede dell'intelletto, è la sede del discernimento, è l'organo centrale di tutta la persona vivente, per l'ebraismo...). Donami un "leb", un cuore dunque, ma anche "shomea" che deriva da "shamà" (ascoltare): Salomone chiede cioè un 'cuore che sappia ascoltare".Il testo biblico continua: "Piacque al Signore che Salomone avesse fatto questa richiesta". Dio "prova gioia" che Salomone abbia fatto la richiesta della capacità di ascolto da parte del cuore. E  così Dio dice a Salomone: "Poiché tu hai domandato questo, non mi hai chiesto né lunga vita, né ricchezza, né prosperità, neanche la morte dei tuoi nemici, io ti do davvero un cuore che sappia ascoltare". L'ascolto è il fondamento della comunione e della relazione . E questo, secondo questa visione, anzitutto con Dio stesso. Ecco perché poi troviamo all'interno delle scritture bibliche un invito martellante all'ascolto.
 Ascoltare, nel cristianesimo, non è acquisire conoscenza intellettuale senza conseguenze per la vita. Non ha lo scopo di fornire delle nozioni, ma vuol dare una conoscenza penetrativa, personale,esperienziale, che tende ad essere adesione, atto di fede, fino a diventare, in quell'adesione, un forte vincolo di amore, di carità.
Quando Yeoshwa, sollecitato dallo scriba, deve dire qual è il primo comandamento dice che il primo comandamento è: "Ascolta Israele"(Mc 12,29-31). L'ascolto è inteso in vista della conoscenza, è in vista dell'amore. Senza questo ascolto nessuno può conoscerlo, né amarlo. Verrebbe cercato soltanto a tastoni, come tutti gli uomini delle genti, ma col rischio che Dio sia un idolo, una nostra proiezione, come quasi sempre avviene. Ecco perché allora l'importanza dell' ascoltare. Capiamo perciò gli inviti di Yeoshwa: "Ascoltate, ascoltate". I vangeli sono solo un'eco certamente delle parole del Cristo, una narrazione ,  ma quante volte ci testimoniano che Yeoshwa ha iniziato quasi tutte le parabole o il discorso della montagna con: "Ascoltate". E poi ci sono quelle famose espressioni:
"Chi ha orecchi per ascoltare ascolti", 
"Beati quelli che ascoltano la parola di Dio",
 "Beati i vostri orecchi perché ascoltano".
C'è una centralità dell'ascolto che però, secondo me, i cristiani tengono assai poco presente nella loro vita,
Se ascoltare è il primo rapporto con la fede, allora la vita del credente è essenzialmente un porsi in ascolto.
Ascoltare 'cosa', se questo Dio è Silenzio? Direi 'ascoltare l'altro' (il "povero") , perché solo ascoltando l'altro lo possiamo incontrare e, per il cristiano, la voce del "povero" (in tutti i sensi...) è la voce di Dio, voce che cerca il nostro ascolto.
L'ascolto è al centro della spiritualità anche in senso non strettamente abramitico: Arjuna ascolta Krsna;il mio omonimo Sariputra realizza il Dhamma ascoltando il Buddha, ecc. Noi stessi impariamo le cose veramente importanti ascoltando...foss'anche ascoltando la voce del Silenzio.
Una brevissima riflessione personale sull'ascesi in senso cristiano ( ma non solo...):
L'ascesi non è una legge, ma un aiuto che deve adattarsi alle possibilità, alle forze, alle capacità di ciascuna persona. I rischi di un'ascesi non disciplinata sono gravissimi. L'ascesi deve tenersi lontana da ogni estremo. Trovo che oggi, più che mai, è necessaria un'"ascesi del tempo", cioè una disciplina del proprio tempo. In un'epoca in cui nessuno ha più tempo, occorre esercitarsi a ritrovarlo per poter essere restituiti ad una dimensione  di 'essenzialità' necessaria proprio per esercitarsi anche all'ascolto.

Namaste e buona vigilia a tutti :)