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Messaggi - Socrate78

#496
La democrazia è un INGANNO e non è garanzia di alcuna vera giustizia, caro Ipazia, e mi sembra strano che tu non riesca a comprenderlo. Le decisioni prese democraticamente possono essere ottime ma anche pessime, da ogni punto di vista, perché il fatto che sia la maggioranza a decidere ciò che è giusto e sbagliato non significa che le decisioni siano giuste. L'opinione pubblica è influenzata da tantissimi fattori e nelle loro decisioni si riflette ciò che il potere vuole farle credere in base ad interessi di parte, quindi non si può parlare mai di vera democrazia. La Chiesa nella sua storia è stata antidemocratica? Bene, sono disposto ad ammetterlo, tuttavia possono benissimo esistere delle lobby laiche che decidono di manipolare l'opinione pubblica per renderla ad esempio a favore dell'aborto e dell'eutanasia, o anche della liberalizzazione sessuale, facendo propaganda in quel senso, e quindi la decisione che il popolo prenderebbe secondo me è frutto di manipolazione, non è libera. Ricordati che è molto ma molto raro che si informi in modo obiettivo, si cerca sempre di convincere, lo avrà fatto la Chiesa e lo fa, ma lo fanno anche tantissime associazioni e lobby laiche, quindi l'idea delle decisioni liberamente e democraticamente prese è più un mito che una realtà. Oltretutto dal mio punto di vista di credente, come può esistere un fondamento laico/ateo a decidere? Non può esistere dal mio punto di vista semplicemente perché ritengo che la vita sia il frutto di un progetto divino superiore, e non di un capriccio casuale. Se Dio NON esiste, allora tutto è permesso, è questa l'affermazione che in pratica racchiude ciò che penso.
#497
E allora caro Ipazia consentimi di dire che, almeno per me, anche la sofferenza ha un senso che a noi sfugge, che non è vero affatto che una vita scevra sempre di fatica, di sofferenze, sia per questo più dignitosa e più ricca di senso di un'altra invece tutta in salita, consentimi ancor più di affermare che l'aborto è un crimine, perché dal mio punto di vista quel feto non è un vegetale o un oggetto come un ateo pensa, ma al contrario ha già all'interno un'anima, infusa da Dio al momento del concepimento, e quindi ha un valore profondo che va al di là del fatto che il suo cervello ancora non sia sviluppato e che non sia ancora in grado di parlare e di pensare. E poi, a dirla tutta, per quale motivo la singola persona dev'essere superiore al dogma? E' l'ateismo con il suo veleno che ha instillato quest'idea nella società attuale. La singola persona può sbagliare gravemente, i comandamenti stessi e le leggi sono dogmi, non è forse anche un dogma quello che prescrive di "Non uccidere perché la vita ha valore"? Io potrei benissimo sostenere che per me non è giusto, e che il mio giudizio di persona singola è superiore a questa regola. Quello che la società laica sostiene (ma sarebbe meglio dire atea) è il principio del relativismo, secondo cui ogni persona ha il diritto di decidere ciò che è giusto e sbagliato e se vuoi proprio saperla tutta io da cattolico detesto anche il Papa attuale, sì, perché a ben guardare ed analizzando a fondo le sue parole il pontefice sostiene il relativismo, sostiene la società multiculturale in cui tutte le fedi sono allo stesso livello culturale e valoriale, è il papa del "Volemose bene, tanto andiamo tutti in Paradiso",  mentre Ratzinger era un vero Papa, e anche per cultura assolutamente superiore all'attuale.
#498
Io non credo affatto che quel Dio sia inesistente, caro Ipazia, io ci crederò sempre, tu rimani pure nel tuo ateismo, io nella mia credenza secondo cui anche ciò che ci sembra negativo, abbia un significato profondo che ci sfugge. Se per te Dio è una figura mitologica falsa, non significa però che i credenti siano per forza degli invasati o dei folli, e poi hai evitato accuratamente di confrontarti con ciò che ho detto prima, cioè sul fatto che le cure palliative spesso ipocritamente nascondono una pratica che si avvicina molto all'eutanasia, ma del resto per te è ammissibile ingannare un paziente facendogli credere che starà solo meglio, invece di fatto lo si accompagna alla morte, come pure deduco per te è ammissibile decidere che un bambino debba essere abortito solo perché la sua futura vita è considerata indegna di essere vissuta in base ai parametri degli adulti, se ci pensi si tratta in ambedue i casi di sopraffazione verso i più deboli perché c'è qualcun altro in posizione di potere (genitoriale o come medico) che decide per lui. Deduco quindi, siccome hai definito i credenti invasati, che se una persona ritiene che anche la sua sofferenza abbia un significato per la sua fede religiosa e decida per questo di non sottoporsi a cure palliative, che sarebbe per te solo un malato di mente il cui pensiero non ha valore alcuno? Madre Teresa che appunto ragionava così era quindi da internare in un manicomio?
#499
In realtà dietro le cosiddette cure palliative si nasconde sovente il tentativo di praticare un'eutanasia mascherata. Esistono ufficialmente centri specializzati in cure palliative per i malati terminali (soprattutto oncologici, ma non solo) che si chiamano "Hospice": in questi centri sostanzialmente ai pazienti viene somministrato un cokctail di oppiacei (soprattutto morfina associata ad anestetici) in quantità notevoli: la degenza media di questi pazienti negli Hospice è in genere di quindici giorni (anche meno), dopodiché fatalmente sopravviene la morte. Ora, perché sopravviene la morte? Il decesso sopravviene perché la morfina ha un effetto depressivo sui centri del respiro, quindi di conseguenza il sistema degli Hospice è un'eutanasia camuffata, il medico sa benissimo che il risultato del trattamento sarà letale e lo mette in atto proprio per accelerare la fine.  Ai pazienti viene detto se sono lucidi che andranno lì per semplice terapia del dolore, ma in realtà solo pochi sanno che andranno a morire, quindi questo significa anche ingannarli. E poi alla fine questi pazienti negli Hospice è come se fossero praticamente morti ancor prima di morire, perché le droghe li riducono di fatto in uno stato comatoso, anticamera della morte, in cui non credo affatto si possa parlare di maggiore dignità rispetto alla condizione di sofferenza cosciente.  Il medico dell'Hospice si arroga quindi il diritto di decidere che la vita del terminale è indegna di essere vissuta in quanto sofferente, e quindi la stronca come se fosse un Dio, anzi sostituendosi a Dio stesso nel decidere quando la vita è degna e quando no. E' la stessa arroganza che c'è dietro l'aborto terapeutico (il feto malato è indegno di vivere), che c'è dietro l'eutanasia lampante e non mascherata. Chi l'ha detto che la sofferenza non abbia un senso e non abbia dignità? Chi può decidere quando una vita debba finire, anzi quando non debba neppure iniziare proprio perché malata e sofferente?
#500
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
01 Marzo 2019, 18:06:17 PM
Secondo me il "male" è tale solo se visto da un certo punto di vista, cambia la prospettiva e non è più un male. Mettiamo il caso di un uomo che perde il lavoro che gli serviva per vivere e finisce in miseria, tutti direbbero che se si tratta indubbiamente di un male molto grave, ma noi non sappiamo che cosa gli poteva capitare in seguito con quel lavoro, forse sarebbe stato in futuro mobbizzato con grandi sofferenze e quindi la perdita del lavoro diventa quasi un bene in questa prospettiva più ampia. Non possiamo quindi stabilire in assoluto che cosa sia davvero bene e che cosa male, perché non conoscendo il futuro e le diverse possibilità non possiamo sapere che cosa sarebbe accaduto SE quella cosa ritenuta cattiva non fosse successa. Ma andiamo oltre. Mettiamo il caso di un bambino che muoia in tenera età, ovviamente tutti direbbero che è un male gravissimo, forse il peggiore dei mali che possano capitare, ma è davvero così? Io da credente penso che Dio abbia permesso quel male per prenderlo con sé quando ancora era innocente e gli ha evitato di macchiarsi di peccati forse anche gravissimi in vita, forse se non moriva sarebbe diventato un criminale o comunque un uomo spietato ed arido, senza coscienza e quindi la sua anima si sarebbe dannata. Forse quel bambino aveva semplicemente esaurito il compito che Dio gli aveva dato in questa vita e  quindi la sua morte, ben lungi dall'essere una disgrazia terribile, diventerebbe in questa prospettiva addirittura un dono che Dio gli ha fatto, poiché essendo morto ancora innocente non dovrà espiare nessuna colpa nell'al di là.   Il peccato secondo me più grave che si può fare è proprio il suicidio, perché se io deciso di mettere fine alla mia vita è come se mi ribellassi (anche inconsapevolmente) a Dio che me l'ha data, è come se dicessi a Dio che ha creato e concepito un errore umano, che ha sbagliato tutto, e quindi con il suicidio l'anima muore in stato di opposizione alla fonte della vita, e la conseguenza non può che essere, dal mio punto di vista, devastante, il suicida continuerà a soffrire di un'angoscia indicibile per l'eternità, resterà per sempre in quella condizione di sconforto e solitudine in cui si trovava quando ha commesso l'atto.
#501
Secondo me la stupidità è molto più diffusa di quanto si pensi e molte azioni che l'essere umano compie non sono affatto intelligenti, ma stupide perché non hanno un senso logico. Andrò controcorrente in maniera assoluta, ma io la vedo così, l'uomo è irrazionale quindi stupido. Ad esempio dal mio punto di vista giocare a calcio (ma anche a molti altri sport con la palla) è qualcosa di fondamentalmente stupido, poiché io non ho nessun motivo razionale per gettare quel pallone in una rete (o in un canestro), quindi il tutto si traduce in un dispendio di energia e in un maggior rischio di subire infortuni per nulla. E' anche stupido imparare una lingua straniera (peggio se una lingua morta) se essa non ti serve per il lavoro e nelle relazioni che prevedi di allacciare, poiché lo sforzo anche notevole non vale il vantaggio obiettivo, quindi sarebbe stato meglio impegnare le proprie energie mentali in un'altra disciplina più utile, più vantaggiosa per il singolo e la collettività, al di là della passione per quella lingua straniera. L'istituzione scolastica spesso mostra notevoli livelli di stupidità obbligando tutti gli studenti ad apprezzare ogni disciplina prescindendo dalle diversità individuali, quindi anche la scuola è stupida nella sua organizzazione e nelle sue regole. Come vedete, a scavare bene, la stupidità è molto più diffusa di quanto si creda e la si può trovare anche in attività apprezzate dai più.
#502
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
01 Marzo 2019, 16:53:03 PM
@Ipazia: Io continuo a credere che esista un mondo ultraterreno e che la nostra ragione abbia dei limiti e non possa escludere il trascendente in linea assoluta. Non siamo portatori di una verità assoluta su ciò che esiste, immagina ad esempio la mente di un cane, egli vede una lampadina che si accende ma non potrà mai concepire l'esistenza dell'energia elettrica, perché la sua mente limitata non può comprendere e descrivere un tale concetto, è al di sopra delle sue possibilità. Così è secondo me per Dio e la realtà ultraterrena, noi con la nostra ragione non possiamo descrivere una realtà simile e siamo tendenzialmente portati a negarla da una prospettiva puramente razionale, tuttavia potrebbe essere come l'energia elettrica per il cane, qualcosa che la nostra mente non può comprendere appieno.
#503
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
01 Marzo 2019, 16:01:53 PM
E' difficile per un ateo avere fede in una realtà ultraterrena che esista dopo la vita fisica, ma perché l'ateo ha il pregiudizio che la realtà si esaurisca nella "materia" e che quindi una volta finito il ciclo materiale tutto termini. Invece l'ateo NON sa niente riguardo all'esistenza o meno di una realtà trascendente, egli è ignorante nel senso più deteriore del termine, perché crede di sapere spacciando il pregiudizio per verità. In realtà la nostra ragione ha dei limiti e ciò che sembra insensato o improbabile razionalmente può anche essere vero. Molte delle nostre certezze, su cui basiamo la nostra vita, non è detto che siano nemmeno vere, ad esempio noi diamo per certa l'esistenza della solidità della materia, ma se si guarda il mondo in una prospettiva infinitamente piccola si nota come tutto sia energia, anche la materia stessa lo è: infatti alcuni fisici quantistici parlano di illusione della materia, sottolineando il fatto che la realtà potrebbe essere diversa da come ci appare. Quindi se non possiamo nemmeno essere certi della verità della realtà che ci circonda, come possiamo escludere che esista un'altra dimensione ultraterrena? Se tutto è energia allora anche la nostra mente potrebbe sopravvivere al campo energetico del corpo.
#504
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
28 Febbraio 2019, 17:13:33 PM
@Inverno: Il prozac non sempre funziona a meraviglia e come dovrebbe, anzi, spesso e volentieri è successo che proprio il farmaco ha fatto insorgere tendenze suicide in soggetti depressi che non avevano prima mai contemplato l'idea di uccidersi. Secondo me non ci sono evidenze scientifiche sul fatto che la depressione dipenda veramente da carenza di serotonina, perché potrebbe essere semmai la dopamina il neurotrasmettitore implicato nella sindrome oppure il tutto essere molto più complesso dipendere da qualcos'altro,  come una comunicazione più lenta del cervello depresso tra le diverse aree della corteccia, con l'effetto quindi di deprimere l'umore, la concentrazione, la volontà e tutte le funzioni nobili cerebrali. Non a caso il depresso tipico non ha appetito, non riesce a concentrarsi nelle attività di ogni giorno ed è apatico, quindi è come se vi fosse una comunicazione troppo lenta tra i neuroni. Ci sono anzi studi opposti che dicono addirittura che alcune depressioni nascerebbero proprio dall'eccesso di serotonina, che in eccesso agirebbe come un depressivo delle funzioni cerebrali e quindi il Prozac non farebbe altro in quei casi che far deprimere ancora di più! Ad esempio un recente studio dell'Università svedese di Uppsala dice che la fobia sociale e la conseguente depressione sarebbero causate dall'eccesso di serotonina, la troppa serotonina renderebbe ipersensibili alle critiche e al giudizio altrui, inclini alla depressione e all'isolamento sociale, ed ecco spiegato perché questi soggetti socialmente fobici non vedono affatto migliorare la loro ansia con i normali antidepressivi e continuano ad avere attacchi di panico quando devono stare con gli altri, per forza, i farmaci aumentano la serotonina e quindi aggravano il problema.
#505
L'intelligenza è secondo me la capacità di adattarsi all'ambiente che ci circonda, quindi anche un virus, sia pure in modo negativo e producendo danni, è però molto intelligente perché mette in atto strategie anche complesse per replicarsi in una cellula ospite e quindi riprodursi e sopravvivere, così come è intelligente una pianta che sviluppa meccanismi di sopravvivenza in un ambiente ostile e muta forma e caratteristiche per adattarsi alle varie circostanze. O è insufficiente tale mia interpretazione secondo voi?
#506
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
27 Febbraio 2019, 20:52:18 PM
L'animale che si lascia morire dopo la morte del padrone non lo fa per amore, ma soltanto perché si rende conto confusamente che non potrà vivere senza quella figura che egli considera il capobranco. La morte del padrone è quindi per lui una rovina, perché senza di lui non avrà cibo, cure, sicurezza. Si tratta di servilismo, opportunismo animale, dipendenza, ma non amore. L'"amore" del cane verso il padrone è solo un affidarsi ad una figura che gli serve per vivere, per sostentarsi e da cui riceve in cambio sicurezza e anche gratificazioni, ma non c'è amore in quanto egli lo fa per un tornaconto preciso, per la propria sicurezza e incolumità. Ma se l'animale, per ipotesi, dovesse per qualche motivo (anche da semplici gesti, sensazioni, ecc.) iniziare a percepire che il padrone non gli è più utile per la sicurezza, per il piacere e che anzi rappresenta una minaccia, ecco che anche tutto l'amore apparente va a farsi benedire e magari il cane finirà per aggredire senza apparente motivo il padrone percepito come una minaccia e non più come una guida. L'animale quindi non è in grado di superare gli istinti di conservazione (di sé e della specie) per elevarsi ad una forma di amore più puro, è determinato dalla materia e proprio per questo non potrà mai decidere intenzionalmente di uccidersi, il suicidio ironicamente è proprio un indizio molto lampante secondo me del fatto che solo l'uomo è dotato di un'anima e del libero arbitrio, infatti con questo gesto tragico dimostra di poter spezzare il determinismo dell'istinto di conservazione.
#507
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
26 Febbraio 2019, 19:26:45 PM
@Freedom: Io ritengo di amare la vita e ciò che essa mi dà, anche tu potresti tentare di farlo. Potresti ad esempio cercare di vedere anche nelle persone che meno stimi, che ti sembrano o che ti sono ostili degli aspetti positivi, un qualcosa che possa rivalutarle ai tuoi occhi. Potresti cercare di non odiare nessuno, di non giudicare, di perdonare se ricevi un qualche torto, facendo magari tu il primo passo per riconciliarti. Già questo ti porterà ad essere più sereno e ad eliminare pensieri negativi, sentimenti di vendetta, disprezzo, rancore che causano sofferenza. Resta poi il problema della malattia e della morte, molto più difficile da risolvere se non si ha fiducia in una realtà trascendente, ma pensa se ad esempio vivevi anche solo cinquant'anni fa, quando tante malattie non potevano essere curate e guarite, quando c'era molta più povertà e persino miseria, già questo dovrebbe farti considerare la tua esistenza e il periodo in cui vivi come un privilegio rispetto a chi si è dovuto barcamenare in condizioni peggiori.
#508
Percorsi ed Esperienze / Re:DOMANDE
23 Febbraio 2019, 13:00:54 PM
 Iniziamo dalla seconda domanda: NON si vive per la felicità, il grado di felicità non è assolutamente indicativo del valore di una vita e della moralità di una persona, si può essere assolutamente felici e sereni ma anche insensibili al dolore altrui, ingiusti nelle relazioni, egoisti. Il mafioso che riesce ad aver ragione di tutti i boss rivali dopo aver compiuto una strage per dominare il territorio è sicuramente felice, si sente forte e realizzato nel suo desiderio di potere, ma è decisamente peggio delle bestie e la sua esistenza è un disvalore assoluto. Anche ciò che è noioso, brutto, faticoso, persino doloroso, può avere un valore, può aiutarci a crescere, ad essere a lungo termine più forti, meno fragili, più disposti a comprendere gli altri che hanno sofferto come noi, quindi no, la felicità non è tra le cose che ritengo diano senso vero e valore alla vita. Studiare è faticoso ad esempio, ma ti aiuta a sviluppare il sapere e ha applicazioni pratiche, se io avessi impostato la mia vita tenendo conto di questo criterio di felicità e piacere come base di tutto allora avrei preferito tante volte giocare invece di impegnarmi a scuola, non avrei mai fatto attività fisica essendo piuttosto pigro, ma invece ho fatto anche quello per tenermi in forma, invece l'ho fatto. Ciò che dà piacere ed euforia può anche fare malissimo, come il fumo, l'alcol, le droghe pesanti e leggere, quindi il piacere e la felicità non sono un criterio valido per discernere il bene dal male.  Io da credente anzi ritengo che il senso della vita sia accettare tutto quello che ci capita come espressione di un progetto divino superiore, io credo che anche il dolore abbia un senso che a noi sfugge e se Dio permette la nostra sofferenza è perché ha un progetto su di noi e tutto quindi va offerto al divino, il bene come la sofferenza, in fondo questo viene detto non solo dai cristiani ma anche da altre religioni come l'islamismo (Sottomissione al volere di Allah), veniva detto dai filosofi stoici secondo cui tutto, anche il dolore, è l'espressione di una provvidenza, di un logos (ragione) che governa la natura ed il mondo e quindi tutto è in fondo benefico, anche ciò che ci sembra malvagio.
Ed alla prima domanda risponda: Sì, in linea molto generale si vive proprio per lavorare! L'inattività totale infatti coincide con la MORTE, ogni essere vivente è attivo quindi lavora, sto lavorando io che sto scrivendo questo post (è un lavoro in fondo), il lavoro inteso come attività tesa al raggiungimento di un fine è ciò che caratterizza la vita nelle sue varie forme, mentre solo i morti ormai, cessando il ciclo vitale, non lavorano più. Come vedi, le risposte che per te sembravano scontate (vivere per la felicità, non per il lavoro, ecc.) non lo sono affatto se si guardano questi problemi con prospettive differenti da quelle comunemente accettate.
#509
Una rivoluzione comunque non necessariamente deve passare attraverso la violenza ed atti delinquenziali di massa, ad esempio se gli operai di moltissime fabbriche, le varie categorie di lavoratori, iniziassero a scioperare ad oltranza, a rifiutarsi di eseguire il lavoro, occupando in massa le fabbriche, e così per settimane intere, il sistema entrerebbe in crisi senza per questo spargere sangue. E poi, il rivoluzionario non può essere definito secondo me delinquente, perché secondo me delinquente è chi commette reati per ottenere un vantaggio personale o per una certa categoria di appartenenza, ma chi è mosso da un ideale e desidera migliorare la società non è delinquente, semplicemente è una persona che valuta che purtroppo è necessaria anche un'azione di forza per raggiungere un fine nobile. Il rivoluzionario è poi diverso anche dal terrorista, poiché quest'ultimo considera la violenza come mezzo privilegiato per sovvertire un sistema politico, mentre il rivoluzionario può benissimo ritenere che la via pacifica sia la più idonea, Mahtama Gandhi fu appunto un rivoluzionario assolutamente pacifico, tutte le sue proteste furono forme incruente di disobbedienza civile di massa, tale però da mettere in crisi un sistema iniquo senza prevedere il male.
#510
Come mai, nonostante se ne parli da anni, ancora non sono comminate in maniera seria le pene alternative al carcere per chi delinque? Se noi esaminiamo la funzione educativa della pena, dovremmo concludere che il carcere non sia la soluzione più idonea, essa è idonea al limite (ma ci sarebbe da discutere...) solo per la funzione puramente punitiva o di tutela della società dai criminali, ma almeno a mio avviso non per far migliorare la persona e farla desistere dal crimine. Le pene alternative invece, basate sul lavoro, riuscirebbero a dare un vantaggio maggiore anche dal punto di vista economico alla società e, nello stesso tempo, potrebbero essere uno strumento educativo più efficace, potrebbero favorire un più proficuo inserimento del condannato nella vita sociale, abituarlo ad impegnarsi per uno scopo utile e combattere quindi l'abitudine mentale al crimine. Invece mi risulta che l'affidamento in prova ai servizi sociali (pena alternativa) venga effettuato assai raramente, in un numero molto limitato di casi e per reati minori, invece tale pratica andrebbe estesa. Quindi, se razionalmente mi sembra proprio che queste pene siano utili, perché rimanere (irrazionalmente direi) così  ancorati alla pena detentiva che poi costa anche allo Stato in termini economici?