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Messaggi - Lou

#496
Ma chiudere gli stadi la domenica no? Pure lì c'è gente che lavora la domenica. E gente che lì trascorre il suo tempo libero.
Non capisco perchè, ovviamente è esemplificativo, la passione per il calcio è ok e la passione per il bighellonaggio tra vetrine no.
#497
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
10 Settembre 2018, 20:35:43 PM
Non penso sia così "tutto qui", Carlo, o meglio, il rapporto appare invertito: la scienza rincorre le applicazioni cretative e tenta di descriverne i fenomeni a cui dan corso. In un certo senso è è la tecnica che apre scenari inediti alla scienza, volendomi mantenere nella distinzione che poni, in modo, diciamo di trend genealogico.
#498
Eugenio Montale.
Mariangela Gualtieri.
Alda Merini.
Pier Paolo Pasolini.
#499
Tematiche Filosofiche / Re:Scienza e scientismo
10 Settembre 2018, 17:57:36 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Settembre 2018, 20:21:23 PM
In relazione alle ultime discussioni, vorrei soffermarmi un attimo sul rapporto che
intercorre fra la scienza e la sua, chiamiamola, "estensione" (una estensione che è
in ultima analisi filosofica): lo "scientismo".
La miglior definizione di "scienza" è, a mio parere, quella del Dizionario Filosofico
di N.Abbagnano che già citavo in un altro post: "una conoscenza che includa, in modo o
misura qualsiasi, una garanzia della propria validità".
Bah, di definizioni se ne possono trovare tante, ma questa ritengo sia, davvero, la più
generica ed "esatta" nella sua genericità onnicomprensiva (quindi la più adatta ad una
riflessione di tipo filosofico).
Altrettanto direi della definizione di "scientismo", che nell'Abbagnano così recita: "l'
atteggiamento di chi dà importanza preponderante alla scienza dei confronti delle altre
attività umane, o ritiene che non ci siano limiti alla validità e all'estensione della
conoscenza scientifica. In questo senso il termine equivale a "positivismo".
(preciso che questa definizione di "scientismo" è la seconda; quella prevalente nella
cultura non-anglosassone).
Bah, sulla base di quanto appena accennavo sul post "La psicologia e la psichiatria
hanno valore di scienze?" mi sembra di poter rilevare che oggigiorno si è andati ben
oltre la scienza, sconfinando in un vero e proprio feticismo scientista.
E' ritenuta scienza, dicevo, persino la politica (l'ottimo Jacopus vi ha opportunamente
aggiunto l'economia, il diritto, la sociologia e la storia), figuriamoci.
Ora, chiedevo, perchè, come e da dove nasce questo "bisogno di scienza"?
Per rispondere a questa domanda credo interessante andare a vedere meglio cosa dice il
Dizionario di Abbagnano: "la limitazione espressa con le parole: "in modo o misura
qualsiasi" (vedi definizione di "scienza") è qui inclusa per rendere la definizione
applicabile alla scienza moderna, che non ha pretese di assolutezza. Ma il concetto
tradizionale della scienza è quello per il quale la scienza include una garanzia
assoluta di validità".
E allora, io dico, ecco svelato l'arcano...
Quello che va per la maggiore è il concetto tradizionale di scienza. Perchè l'uomo ha
bisogno di certezze, e la divinità "morta" di Nietzsche ci rientra dalla finestra nelle
sembianze di un apparato tecno-scientifico che l'uomo assume come rimedio contro
l'angoscia suscitata dal divenire delle cose (come in Severino).
Ma vi è ben di più che non la sola ripresa del concetto tradizionale di scienza.
"O la cosa è scienza o non è nulla", dicevo.
Un uomo atterrito dal nichilismo e dal relativismo non può accontentarsi di un sapere
dubbio o tutt'al più probabile. Ecco allora che tutto diviene "scienza" (tradizionalmente
intesa, ovviamente), perchè solo la scienza dà certezze...
Un uomo odierno, si diceva, certamente molto meno libero che non quello degli ultimi otto-
nove secoli (che "conosceva" Dio e sapeva anche relegarlo in un ruolo...)
Per certi versi l'attuale situazione mi ricorda infatti quella dell'alto medioevo, allorquando
le uniche "cause" possibili degli effetti e del divenire delle cose erano Dio o il demonio...
Finchè l'uomo, per così dire, "non imparerà a riconoscere questo nuovo dio" non saprà né
assegnargli un ruolo né, all'occorrenza, ignorarlo.
saluti
Nell'accezione che ritengo essere quella di "senso comune" - attualmente - trovo che al termine "scientismo" si ascriva la posizione che ritiene la conoscenza scientifica l'unica e la sola conoscenza valida  e, oltre a correlarla con "positivismo", la butto lì - la imparento pure con un certo "riduttivismo" assai in voga.
Detto ciò, direi pure che  il confine tra scienza e tecnica pare farsi labile, forse, la distinzione tra i due ambiti sfuma sempre di più, " tecnoscienza" è appropriato? O quale il criterio per distinguerle?
#500
Citazione di: Ercole il 22 Luglio 2018, 10:19:17 AM
Pongo io una domanda: e se il significato di questo mito non avesse nessuna interpretazione? Perchè il simbolo deve richiamare ad altro e non deve essere qualcosa di assurdo, gratuito e in un certo senso minaccioso rispetto alla sua intraducibilità?
Il simbolo è autosignificante, il mito il tentativo stesso di dispiegarne, promuovendone molteplici possibili interpretazioni ( già che si parla di labirinto), il significato in narrazioni - la mitologia sfigura l'intraducibilità del simbolo e dei miti connessi nelle maglie del logos.
#501
Attualità / Re:Tutela e uguaglianza.
31 Luglio 2018, 17:48:20 PM
Citazione di: Ercole il 30 Luglio 2018, 20:58:28 PM
Buonasera,
vorrei chiedere cosa ne pensate del provvedimento che in India istituisce vagoni ferroviari per le donne; una tutela così forte è conciliabile con l'esigenza dell'uguaglianza tra i sessi?

https://video.repubblica.it/mondo/india-entrano-nel-vagone-per-donne-picchiati/57395/56416?refresh_ce
Penso dipenda dalle condizioni per cui una simile misura è stata messa in atto. Non credo sia risolutiva a lungo termine in tema di rispetto reciproco, ma a breve termine ritengo che un lato positivo di questa misura sia quello di poter permettere spostamenti alle donne su mezzi pubblici in modo meno rischioso, dati i tassi di violenze perpetuati nei loro confronti. Nutro tuttavia  profonda amarezza nel vedere come la rabbia e la rivalsa che si effettua in violenza non diminuisca quando è violato un ambiente esclusivo (ma forse, rispetto alle condizioni di cui accennai all'inizio, che mi sono estranee vivendo ambienti differenti, non posso comprendere appieno). Perciò non penso sia la misura ottimale per contrastare fenomeni violenti tra gli umani, aggiunge in un certo grado una complicazione a una situazione già estremamente complessa.
#502
Citazione di: Apeiron il 27 Luglio 2018, 13:02:51 PM
Citazione di: Lou il 17 Luglio 2018, 19:31:02 PM
Amicizia stellare. Eravamo amici e siamo diventati estranei. Ma è giusto così, e non vogliamo né dissimularcelo né tenercelo oscuro, come se dovessimo vergognarcene. Siamo due navi, ciascuna delle quali ha la sua meta e la sua traiettoria; potremmo certo incrociarci e celebrare una festa insieme, come abbiamo fatto, - e poi le due brave navi potrebbero starsene tranquillamente in uno stesso porto e sotto uno stesso sole, cosicché si potrebbe pensare che siano giunte alla meta e che avessero una meta comune. Ma poi l'onnipotente violenza dei nostri compiti ci separerebbe ancora, spingendoci in mari e sotto soli diversi, e forse non ci rivedremmo mai più: oppure ci rivedremmo, - ma senza riconoscerci, perché mari e soli diversi ci avrebbero cambiato! Il fatto che dobbiamo divenire estranei è la legge sopra di noi: ma proprio per questo dobbiamo divenire anche più degni di noi! Proprio per questo il pensiero della nostra amicizia di un tempo si fa più sacro! Esiste, probabilmente, una curva, una traiettoria stellare immensa e invisibile di cui le nostre strade e mete tanto diverse possono costituire piccoli tratti: eleviamoci a questo pensiero! Ma la nostra vita è troppo breve e la nostra vista troppo scarsa perché possiamo essere più che amici nel senso di quella sublime possibilità. Crediamo dunque nella nostra amicizia stellare anche se, sulla terra, dovessimo essere nemici.

Anche se non mancano le mie critiche a Nietzsche, questo passo lo trovo davvero molto bello (ad essere sincero ho un giudizio "misto" su Nietzsche. Alcune cose le trovo condivisibili, altre invece inaccettabili come il suo testardo rifiuto di mettere paletti "morali" all'espressione della Volontà. Se vi interessa, la mia critica la trovate su questo post https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/nietzsche-l'-uomo-e-il-suo-diritto-al-futuro/msg16993/#msg16993). Ovviamente se si reintroduce l'etica, si rischia anche di introdurre altro  ;D
Ciao Apeiron! Ti leggerò, io Nietzsche lo trovo insopportabile.;)
#503
Ma Ercole, che ne pensa? Apri il topic, e il tuo parere? Lo leggiamo tra le righe o lo espliciti? Azzardi in espliclito?
#504
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Luglio 2018, 19:15:03 PM
Citazione di: Lou il 27 Luglio 2018, 18:30:39 PM
LOU
Che il ruolo della filosofia sia quello di scienza delle scienze ponendosi come la scienza atta a dare unità alla frammentazione delle scienze empiriche è una grande sfida di questi tempi, direi che l'ultimo tentativo che mi viene in mente sia stato quello sviluppato da Husserl, ma a mio modesto parere, direi che viviamo un'epoca in cui sono le tecnoscienze i principali soggetti a cui avrebbe da rivolgersi la critica filosofica, soprattutto nel loro afflato e nelle derive tecnocratiche a cui si assiste, con le sfide, per certi versi inedite che pongono, sia da un punto di vista etico che teoretico. Derive di cui la crisi della filosofia trovo sia uno tra gli ingredienti che ha contribuito a crearle. Il postmodernismo, fortissimo nella sua pars destruens non ha avuto lo stesso slancio nella pars construens, ma,  forse, le sue corde suonano l'atto decostruente come un momento di melodie creative.
Detto ciò e nonostante la narrazione scientifica in senso moderno risulti essere la narrazione più (con)vincente, ciò non la esime da critica e, soprattutto, figlia, abbastanza edipica a dire il vero,  o sorella che sia, non esaurisce le interrogazioni che, volenti o nolenti, l'umano continua a porsi.


CARLO
Sono pienamente d'accordo.
A questo proposito ti propongo un brano di Cassirer molto significativo:

<<Che si fosse potuti arrivare a questa catastrofe, a questa disintegrazione dei nostri ideali di cultura etico-spirituali, non era, secondo Schweitzer, imputabile alla filosofia. Si trattava di un fatto emerso da altre condizioni nello sviluppo del pensiero. «Ma - spiega Schweitzer - la filosofia era colpevole perché non ammetteva il fatto... La vocazione ultima della filosofia è quella d'essere la guida e il guardiano della ragione in generale; sarebbe stato suo dovere, date le circostanze, confessare al mondo che gli ideali etici non erano più sorretti da alcuna concezione del mondo ma, sino a nuovo avviso, erano abbandonati a se stessi e dovevano farsi strada nel mondo con la loro sola forza intrinseca. Essa avrebbe dovuto esortarci a lottare a sostegno degli ideali su cui poggia la nostra civiltà... Non avrebbe dovuto risparmiare sforzo alcuno per rivolgere l'attenzione dei dotti e degli indotti al problema degli ideali della civiltà... Nell'ora del pericolo il guardiano che avrebbe dovuto tenerci svegli dormiva, cosicché noi non opponemmo resistenza alcuna». Io credo che tutti noi, che negli ultimi decenni abbiamo lavorato nel campo della filosofia teoretica, meritiamo in certo senso questa censura di Schweitzer. Non mi escludo dal numero, né assolvo me stesso. Mentre conformavamo i nostri sforzi al concetto scolastico della filosofia, immersi nelle sue difficoltà fino a restar imprigionati nelle sue sottigliezze, troppo spesso abbiamo perso di vista l'autentico concetto della fìlosofìa nel suo nesso con il mondo.
Ma oggi non possiamo più tener chiusi gli occhi dinanzi al pericolo che ci minaccia. Oggi l'urgenza dei tempi ci ammonisce più vigorosamente e imperativamente che mai che sono di nuovo in giuoco per la filosofia le sue scelte ultime e supreme. Esiste davvero un qualcosa che chiamiamo verità teoretica oggettiva? Esiste davvero ciò che le generazioni precedenti hanno inteso come l'ideale della moralità, dell'umanità? Ed esistono proposizioni etiche universalmente vincolanti, che trascendano l'individuo, lo Stato, la nazione? In un'epoca in cui diviene possibile porre queste domande, la filosofia non può starsene in disparte, muta e inerte. Oggi come mai in passato è giunto per essa il momento di riflettere nuovamente su se stessa, su ciò che è e su ciò che è stata, sulla sua finalità fondamentale, sistematica, e sul suo passato storico-spirituale. [...] Senza la rivendicazione di una verità autonoma, oggettiva, indipendente, non soltanto la filosofia, ma tutte quante le scienze particolari, così della natura come dello spirito, perderebbero la loro stabilità e il loro senso.  Nel nostro tempo non è dunque soltanto un'esigenza di metodo, ma un comune destino spirituale, che congiunge la filosofia alle scienze particolari, e lega strettamente l'una alle altre. Al pessimismo persuaso che l'ora della nostra cultura è suonata, che il «tramonto dell'Occidente» è ineluttabile, che null'altro possiamo fare se non contemplare questo tramonto in quieto raccoglimento; a questo pessimismo e fatalismo noi non intendiamo rassegnarci>>. [ERNST CASSIRER: Simbolo, mito e cultura - pp.68/70]

<<Nel momento stesso in cui non ha più fiducia nel proprio potere, in cui cede il passo ad un atteggiamento meramente passivo, la fìlosofìa non è più in grado di assolvere il suo più importante compito educativo. Non può più insegnare all'uomo come sviluppare le sue facoltà attive al fìne di formare la sua vita individuale e sociale. Una filosofia la quale indulga a fosche predizioni circa il declino e l'inevitabile distruzione della cultura umana, una filosofia la cui attenzione sia totalmente concentrata sull'esser gettato dell'uomo, non può più fare il suo dovere. [...]
«Nel diciottesimo secolo e nei primi decenni del diciannovesimo - scrive Schweitzer - la filosofia s'era posta a guida del pensiero in generale. Allora la filosofia portava in idee elementari circa l'uomo, la società, la razza, l'umanità e la civiltà, alimentando così, in modo perfettamente naturale, una vivente filosofia popolare che a sua volta agiva sul pensiero in generale e teneva desto l'entusiasmo per la civiltà». Tutto ciò andò perduto durante la seconda metà dell'Ottocento. E la filosofia non si rese neppur conto della perdita. Non si accorse che la forza delle idee concernenti la civiltà ad essa affidate si affievoliva fino a svanire. Malgrado tutta la sua dottrina, la filosofia era divenuta straniera al mondo ed ai problemi di vita che concretamente occupavano l'uomo; e l'intero pensiero contemporaneo non prendeva parte alcuna nelle attività della sua epoca. [...] «La filosofia filosofò così poco sulla civiltà che non s'accorse che lei stessa e con essa l'epoca sua si svuotavano sempre più di civiltà. Nell'ora del pericolo il guardiano che avrebbe dovuto tenerci svegli dormiva, cosicché noi non opponemmo resistenza alcuna»>>. [ERNST CASSIRER: Simbolo, mito e cultura - pp.233/36]
Cassirer mi manca, leggo-grazie-quello che mi proponi e mi prendo tempo.
Però, e leggendoti, stai sicuro che "la" verità sia mera questione di terra piatta o tonda? La butto lì sta domanda, ma su la posta in gioco, in merito a verità, non ti pare differente?
#505
Citazione di: acquario69 il 29 Luglio 2018, 13:47:35 PM
secondo me e dal mio punto di vista Il "succo" e gli "incastri" del discorso sarebbe questo:

"Ma se io (per prima) non amo me stesso, come posso mai riuscire davvero (poi) ad amare il prossimo?"...e' del tutto impossibile!
e' evidente allora che dire soltanto "ama il prossimo" equivale a niente ...ed anzi molto più facile, direi piuttosto inevitabile che si trasforma in qualcosa di distorto ..."ma io intuisco il vostro altruismo" dice a ragione Nietzsche.

E tornando all'amore di se stessi, questo, per essere tale,dovrebbe..e ancora prima delle due fasi successive descritte sopra.. appunto coincidere con l'amore di Dio (quando Nietzsche dice: "l'amore di se e' quello più remoto e lontano")... che in altri termini sarebbe l'estinzione dell'io
Il problema, forse, è che "me stesso" è il remoto, l'alterità, banalmente, ma non troppo, sono io, declinato al - "tu sei sei sempre stato un altro" - al tu si innichilisce l'io.
#506
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Luglio 2018, 11:50:50 AM
Cit. CARLO
"Più che filiazione, io direi che la Scienza *è* Filosofia: è quella branca della Filosofia che ha affinato i propri criteri di verità per la comprensione del mondo fisico."

LOU
La scienza è filosofia nel momento in cui si interroga sulle condizioni generali della pratica scientifica e del proprio stesso atteggiamento conoscitivo:

CARLO
E la filosofia si eleverà al rango di scienza quando, seguendo l'esempio della "sorella-prodigio" (la Scienza), scoprirà la propria "matematica" e la propria "verifica sperimentale" con cui perverrà alle leggi generali del pensiero filosofico, invece di sprecare il suo tempo a fare da saccente maestrina d'asilo con chi può solo darle preziose lezioni di conoscenza.

LOU
È in campo filosofico che è possibile porre le basi epistemiche e rintracciare il criterio, meglio il Lògos, per la ricerca conoscitiva che permette di dar vita a un sapere razionale distinto da ogni altra forma di sapere.

CARLO
La filosofia non è una scienza a sé, ma, come diceva Fichte, la "scienza di tutte le scienze". Dovrebbe quindi studiare le scienze reali, interrogarsi sui principi che sono comuni a tutte le scienze e su come sia possibile unificarli in un unico principio fondamentale del pensiero. Mentre la filosofia attuale naviga nella direzione opposta: quella di "decostruire", di dimostrare che non esistono criteri di verità affidabili, che la verità è un'illusione, che, come dice Vattimo: <<oggi non siamo a disagio perché siamo nichilisti, ma piuttosto perché siamo ancora troppo poco nichilisti>>!! ...Altro che porre le basi epistemiche per un sapere razionale!

E' per questo che chi, come me, propone l'idea, per quanto fondata, di un Principio universale  è, non solo ignorato, ma addirittura oggetto di derisione e di insulti a-priori!
Che il ruolo della filosofia sia quello di scienza delle scienze ponendosi come la scienza atta a dare unità alla frammentazione delle scienze empiriche è una grande sfida di questi tempi, direi che l'ultimo tentativo che mi viene in mente sia stato quello sviluppato da Husserl, ma a mio modesto parere, direi che viviamo un'epoca in cui sono le tecnoscienze i principali soggetti a cui avrebbe da rivolgersi la critica filosofica, soprattutto nel loro afflato e nelle derive tecnocratiche a cui si assiste, con le sfide, per certi versi inedite che pongono, sia da un punto di vista etico che teoretico. Derive di cui la crisi della filosofia trovo sia uno tra gli ingredienti che ha contribuito a crearle. Il postmodernismo, fortissimo nella sua pars destruens non ha avuto lo stesso slancio nella pars construens, ma,  forse, le sue corde suonano l'atto decostruente come un momento di melodie creative.
Detto ciò e nonostante la narrazione scientifica in senso moderno risulti essere la narrazione più (con)vincente, ciò non la esime da critica e, soprattutto, figlia, abbastanza edipica a dire il vero,  o sorella che sia, non esaurisce le interrogazioni che, volenti o nolenti, l'umano continua a porsi.
#507
Ho avuto qualche problemino a postare, e si è perso il commento sotto la citazione, provvedo ora.
Condivido, la premessa al tuo argomentare, donquixote: molti temi anticipati nella Gaia Scienza sono sviluppati e approfonditi nel Così parlò Zara, così come condivido la tua analisi secondo cui la "philia" tratteggiata da Nietzsche sia scevra dall'idea di mero commercium e scambio, seppur virtuoso, ma sia elevata ad ideale. Non tuttavia nel senso prettamente cristiano di "agapè". Ci tengo a sottolinearlo perchè nella produzione nietzschiana trovo una costellazione di passi in cui l'amore, sia inteso come "Eros" che come "Philia" è profilato nella sua autenticità ( o almeno l'autenticità che vi riconosce Nietzsche ) come scevro da desideri e pratiche di possesso e interessi egoistici, in linea con un pieno e nobile riconoscimento del "tu" ( più antico dell'io, mi pare arrivi a dire ):in questo senso è simile all'agapè, purtuttavia trovo che inserendo l'ingrediente della distanza, del remoto, del lontano, del futuro, si assista a una rielaborazione dell'ideale cristiano di fratellanza e di dono che viene a declinarsi in una creatività oltreomistica a-venire da trattare con cautela: non la ritengo, nei  tratti tipici della visione presentata da N., completamente sovrapponibile alla visione cristiana, sebbene sia assai affascinante la analisi che proponi sebbene, anche qui, quando parli di una terra fecondata da un Logos divino, sia una dinamica originaria e attinente la grecità, che alla cristianità*, o meglio, mutuata da, confluita in e - azzarderei - "saccheggiata" da quest'ultima*.
#508
Citazione di: donquixote il 26 Luglio 2018, 20:54:08 PMSe "La Gaia Scienza" è, come pare verosimilmente essere, una sorta di prologo o di lavoro preparatorio di "Così parlò Zarathustra" (e non certo solo per una questione di mera cronologia), molti dei suoi aforismi vi possono essere ricondotti ed hanno necessariamente un qualche legame con il suo capolavoro, in cui appunto trovano posto diversi concetti espressi in quest'opera ad iniziare dall'incipit (§ 342). In particolare l'aforisma qui riportato a mio avviso evoca, più che l'amicizia intesa come rapporto confidenziale e solitamente preferenziale fra due persone basato su di un sentimento più o meno intenso, la fratellanza intesa in senso originario (e cristiano) in cui appunto "tutti gli uomini sono fratelli" e si comportano come tali anche se i destini di ognuno sono necessariamente diversi e occasionalmente possono ritrovarsi su fronti opposti e quindi di fatto nemici. Se due persone sono sinceramente amici (e "fratelli" nel senso di figli della medesima madre Terra e del Logos divino che l'ha fecondata) dovrebbero essere perfettamente in grado di comprendere che questa condizione non subisce variazioni (anzi si può addirittura rafforzare) se ognuno di essi persegue il proprio compito in questo mondo, compie il proprio destino, "diventa ciò che è", sommo comandamento enunciato nello "Zarathustra", e il contestuale riconoscimento dell' "altro da sé" con tutto ciò che questo comporta è la più sublime dimostrazione di fratellanza e di amicizia. Io sono amico (inteso nel senso nobile e "niciano") di qualcuno non certo se costui la pensa come me, si comporta come me, ha i miei medesimi valori morali e magari tifa per la mia stessa squadra di calcio, ma se riconosco in lui mio "fratello", uguale ma diverso, qualcuno che come me ha un compito creativo nella vita che supera la vita stessa e si conclude nel comune destino della terra e prosegue anche oltre questa, ed ha l'intenzione e la volontà di eseguirlo come l'unica cosa che veramente conti mentre le contingenze, fra cui anche una bella amicizia terrena, vengono riconosciute e trattate come tali e non assolutizzate, e se del caso sacrificate a qualcosa di estremamente più nobile, elevato e creativo che può giungere anche al punto di vedere l'amico di un tempo come un estraneo se non addirittura come un nemico. Questo mi pare appunto il senso della "amicizia stellare", e il miglior servizio che qualcuno possa fare ad un amico è aiutarlo a riconoscere se stesso e a diventarlo.
"[...] Io non insegno a voi il prossimo, bensì l'amico. L'amico sia per voi la festa della terra e un presagio del superuomo.
Io insegno a voi l'amico dal cuore ardente. Ma chi vuol essere amato da cuori fervidi bisogna che sappia farsi simile alla spugna.
Io insegno a voi l'amico, che creò in sè un mondo intero: una coppa del bene — l'amico creatore, che ha sempre un mondo da prodigare in dono.
E nello stesso modo che per lui il mondo andò svolgendosi, così esso in altri anelli si riavvolge, quale un procedere del bene dal male, del fine dal caso.
Quegli che ha da venire e che più è lontano sia la ragione del tuo oggi: nel tuo amico tu devi amare il superuomo quale ragion di te stesso.
Fratelli miei, non vi consiglio ad amare il prossimo: amate quelli che son da voi più lontani».
Così parlò Zarathustra."
#509
CARLO
"Più che filiazione, io direi che la Scienza *è* Filosofia: è quella branca della Filosofia che ha affinato i propri criteri di verità per la comprensione del mondo fisico."
______

La scienza è filosofia nel momento in cui si interroga sulle condizioni generali della pratica scientifica e del proprio stesso atteggiamento conoscitivo: è in questo porsi trascendentale rispetto a sè che la scienza si ritrova nel suo atto fondativo originario che per l'appunto, filosofia. È in campo filosofico che è possibile porre le basi epistemiche e rintracciare il criterio, meglio il Lògos, per la ricerca conoscitiva che permette di dar vita a un sapere razionale distinto da ogni altra forma di sapere.
#510
Un'ora sotto il portico dipinto, domanderei sull'impronta materiale.