Citazione di: sgiombo il 28 Settembre 2018, 19:35:55 PMCARLOCitazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 18:31:33 PM
CARLO
l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei"CitazioneSGIOMBO
Dunque niente e nessuno ci garantisce (fra l' altro, nemmeno) che esistano-accadano cose in sé reali anche allorché le sensazioni non lo sono (le quali cose in sé comunque, se esistono come credo per fede, onde non cadere in una platealissima contraddizione affermando che sono reali anche se e quando non sono reali, non possono essere che altri, diversi enti e/o eventi che i fenomeni o percezioni coscienti stessi.
Quindi noi crediamo per fede che la Terra giri intorno al Sole e non viceversa? ...O che siano i batteri la causa di certe malattie infettive?
Cit. SGIOMBO
Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni
Cit. CARLO
Il tuo è un ragionamento alla rovescia. In realtà, noi ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa). Altrimenti non esiste alcun motivo per ipotizzare l'esistenza di alcunché.
SGIOMBO
Se "ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa)" i fenomeni (effetto) sono altre, diverse "cose" (enti/eventi) che la cosa (in sé ovvero il noumeno).
CARLO
Il tuo è un circolo vizioso verbale. Nella conoscenza reale, invece, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, ho bisogno di pensare che esista una causa chiamata "vento", mentre non ho alcun bisogno di ipotizzare l'esistenza di un "vento in sé" che sia altro dal "vento".
Insomma, per gli uomini normali, "in sé" è solo un modo per isolare discorsivamente "la cosa" dai suoi effetti su altre cose e su di noi, non per affermare una entità diversa e separata dalla "cosa" stessa.
SGIOMBO
la mia ipotesi << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è sensatissima: se noi siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa [in sé, N.d.R] solo se esistono fenomeni che ne siano la manifestazione non ne consegue affatto (non ne può conseguire secondo logica) la plateale contraddizione per la quale la manifestazione cosciente (fenomeno) si identificherebbe con la cosa in sé reale anche indipendentemente dalla (eventuale) realtà dei fenomeni, cioé anche allorché, se e quando la manifestazione cosciente non é reale.
CARLO
...Che, tradotto in linguaggio umano, significa....?
Cit. CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.
SGIOMBO
Se il sarchiapone esistesse (in quanto insieme - successione di fenomeni, al pari di qualsiasi altro ente o evento di cui si abbia coscienza), allora allorché non vediamo il sarchiapone esistono cose in sé diverse dal sarchiapone stesso (sono reali anche allorché esso non é reale!) al sarchiapone (fenomeni) corrispondenti; il che spiega come mai appena guardassimo nella giusta direzione vedremmo il sarchiapone: "cosa in sé" o "noumeno" (a là Kant, che piaccia o meno a Platone) é un concetto sensatissimo!
Se (come di fatto accade) il sarchiapone non esiste, non esiste nemmeno la cosa in sé che ad esso corrisponderebbe se esso esistesse (periodo ipotetico dell' irrealtà).
CARLO
Continui con i ragionamenti alla rovescia, oltreché contorti. Quando io pronuncio un nome che non può essere associato ad alcun evento percepibile, quel nome è solo un rumore e nient'altro. Ecco, il sarchiapone e il noumeno sono due esempi di tale rumore privo di significato. E, se vuoi, ti ci aggiungo anche la ...supercazzola in omaggio.

Cit. CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.
SGIOMBO
Le leggi scientifiche del divenire naturale (benché non dimostrabili: Hume!) sono ben altro che le idee platoniche!
CARLO
Ciò che per noi oggi è l'insieme delle "leggi della natura" un tempo era chiamato "la ragione ordinatrice del mondo" cioè, il "nous", da cui deriva "noumeno". E che la natura non sia caotica, ma ordinata, è evidente a chiunque. Tu stesso rifiuti il dualismo-interazionismo perché credi (a torto) che violi le leggi della Fisica.
Cit. SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l'"eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"
Cit. CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare - come quella geocentrica, per esempio -, poi mi fai sapere i risultati.
SGIOMBO
Ma che cavolo c' entra ?!?!?!
CARLO
Infatti non c'entra: le tue elucubrazioni astratte non c'entrano con la realtà concreta. ...Fatti una domanda e datti una risposta.

SGIOMBO
Rendersi conto che terra, sole, ecc. sono meri fenomeni il cui "esse est percipi" (Berkeley e Hume) non ha proprio nulla a che vedere col darne giudizi errati (e nemmeno col darne giudizi esatti)!
CARLO
Ribadisco: "esse est percipi" è privo di senso perché elimina sia il soggetto che l'oggetto della percezione. Se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che <<l'essere è la corretta interpretazione di ciò che si osserva>>; nel nostro caso specifico: il geocentrismo è una interpretazione errata del moto reale dei pianeti, mentre l'eliocentrismo (la cui approssimazione è progressivamente riducibile col perfezionarsi degli strumenti di misura) è una interpretazione sostanzialmente corretta. Infatti, con il primo non saremmo in grado di andare nemmeno sulla Luna, mentre con il secondo abbiamo inviato sonde nell'intero sistema solare.
Nel processo conoscitivo reale cioè il "percipi" è assolutamente marginale per la comprensione dell'"esse". Ciò che è fondamentale è la corretta interpretazione di ciò che Hume omette: l'oggetto percepito.
SGIOMBO
Le cose in sé si manifestano "di tanto in tanto (non per tutta la durata della loro esistenza/accadimento) alla coscienza, ma come fenomeni; dunque sono "qualcosa" e non "nulla":
CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>.
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.
PUCCINI: Sempre con fe' sincera, op. Tosca
https://youtu.be/eH1JrHsyaVs?t=65