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Messaggi - Carlo Pierini

#511
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
28 Settembre 2018, 22:29:31 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Settembre 2018, 19:35:55 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Settembre 2018, 18:31:33 PM
CARLO
l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei"

CitazioneSGIOMBO
Dunque niente e nessuno ci garantisce (fra l' altro, nemmeno) che esistano-accadano cose in sé reali anche allorché le sensazioni non lo sono (le quali cose in sé comunque, se esistono come credo per fede, onde non cadere in una platealissima contraddizione affermando che sono reali anche se e quando non sono reali, non possono essere che altri, diversi enti e/o eventi che i fenomeni o percezioni coscienti stessi.

CARLO
Quindi noi crediamo per fede che la Terra giri intorno al Sole e non viceversa? ...O che siano i batteri la causa di certe malattie infettive?

Cit. SGIOMBO
Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni

Cit. CARLO
Il tuo è un ragionamento alla rovescia. In realtà, noi ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa). Altrimenti non esiste alcun motivo per ipotizzare l'esistenza di alcunché.

SGIOMBO
Se "ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa)" i fenomeni (effetto) sono altre, diverse "cose" (enti/eventi) che la cosa (in sé ovvero il noumeno).

CARLO
Il tuo è un circolo vizioso verbale. Nella conoscenza reale, invece, se osservo, per esempio, degli alberi che si agitano, ho bisogno di pensare che esista una causa chiamata "vento", mentre non ho alcun bisogno di ipotizzare l'esistenza di un "vento in sé" che sia altro dal "vento".
Insomma, per gli uomini normali, "in sé" è solo un modo per isolare discorsivamente "la cosa" dai suoi effetti su altre cose e su di noi, non per affermare una entità diversa e separata dalla "cosa" stessa.

SGIOMBO
la mia ipotesi << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è sensatissima: se noi siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa [in sé, N.d.R] solo se esistono fenomeni che ne siano la manifestazione non ne consegue affatto (non ne può conseguire secondo logica) la plateale contraddizione per la quale la manifestazione cosciente (fenomeno) si identificherebbe con la cosa in sé reale anche indipendentemente dalla (eventuale) realtà dei fenomeni, cioé anche allorché, se e quando la manifestazione cosciente non é reale.

CARLO
...Che, tradotto in linguaggio umano, significa....?

Cit. CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.


SGIOMBO
Se il sarchiapone esistesse (in quanto insieme - successione di fenomeni, al pari di qualsiasi altro ente o evento di cui si abbia coscienza), allora allorché non vediamo il sarchiapone esistono cose in sé diverse dal sarchiapone stesso (sono reali anche allorché esso non é reale!) al sarchiapone (fenomeni) corrispondenti; il che spiega come mai appena guardassimo nella giusta direzione vedremmo il sarchiapone: "cosa in sé" o "noumeno" (a là Kant, che piaccia o meno a Platone) é un concetto sensatissimo!
Se (come di fatto accade) il sarchiapone non esiste, non esiste nemmeno la cosa in sé che ad esso corrisponderebbe se esso esistesse (periodo ipotetico dell' irrealtà).

CARLO
Continui con i ragionamenti alla rovescia, oltreché contorti. Quando io pronuncio un nome che non può essere associato ad alcun evento percepibile, quel nome è solo un rumore e nient'altro. Ecco, il sarchiapone e il noumeno sono due esempi di tale rumore privo di significato. E, se vuoi, ti ci aggiungo anche la ...supercazzola in omaggio.   :)                  

Cit. CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

SGIOMBO
Le leggi scientifiche del divenire naturale (benché non dimostrabili: Hume!) sono ben altro che le idee platoniche!

CARLO
Ciò che per noi oggi è l'insieme delle "leggi della natura" un tempo era chiamato "la ragione ordinatrice del mondo" cioè, il "nous", da cui deriva "noumeno". E che la natura non sia caotica, ma ordinata, è evidente a chiunque. Tu stesso rifiuti il dualismo-interazionismo perché credi (a torto) che violi le leggi della Fisica.

Cit. SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l'"eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"


Cit. CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare - come quella geocentrica, per esempio -, poi mi fai sapere i risultati.

SGIOMBO
Ma che cavolo c' entra ?!?!?!

CARLO
Infatti non c'entra: le tue elucubrazioni astratte non c'entrano con la realtà concreta. ...Fatti una domanda e datti una risposta.  :)

SGIOMBO
Rendersi conto che terra, sole, ecc. sono meri fenomeni il cui "esse est percipi" (Berkeley e Hume) non ha proprio nulla a che vedere col darne giudizi errati (e nemmeno col darne giudizi esatti)!

CARLO
Ribadisco: "esse est percipi" è privo di senso perché elimina sia il soggetto che l'oggetto della percezione. Se vogliamo essere onesti, dobbiamo dire che <<l'essere è la corretta interpretazione di ciò che si osserva>>; nel nostro caso specifico: il geocentrismo è una interpretazione errata del moto reale dei pianeti, mentre l'eliocentrismo (la cui approssimazione è progressivamente riducibile col perfezionarsi degli strumenti di misura) è una interpretazione sostanzialmente corretta. Infatti, con il primo non saremmo in grado di andare nemmeno sulla Luna, mentre con il secondo abbiamo inviato sonde nell'intero sistema solare.
Nel processo conoscitivo reale cioè il "percipi" è assolutamente marginale per la comprensione dell'"esse". Ciò che è fondamentale è la corretta interpretazione di ciò che Hume omette: l'oggetto percepito.

SGIOMBO
Le cose in sé si manifestano "di tanto in tanto (non per tutta la durata della loro esistenza/accadimento) alla coscienza, ma come fenomeni; dunque sono "qualcosa" e non "nulla":

CARLO
Lo vedi che cominciamo a capirci? La "cosa in sé" si mostra nei fenomeni, quindi non c'è quella separazione assoluta (tra cosa in sé e fenomeno) che è implicita nell'affermazione abusata dei kantiani: <<Conosciamo i fenomeni, non la cosa in sé!>>.
Cominci a capire cioè che è proprio la cosa in sé la causa dei fenomeni e che dunque non è impossibile risalire gradualmente da essi alla causa.
Ecco, Platone aggiunge solo una "piccola" considerazione in più; lui dice che quella "cosa in sé" che conosceremo grazie alle sue molteplici manifestazioni fenomeniche corrisponderà con il modello metafisico originario da cui essa discende: il vero noumeno, la causa prima della "cosa in sé", ...in termini analoghi a quelli secondo cui ad ogni creazione umana corrisponde l'idea che l'ha forgiata, il progetto (la causa prima) da cui essa discende.




PUCCINI: Sempre con fe' sincera, op. Tosca
https://youtu.be/eH1JrHsyaVs?t=65
#512
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
28 Settembre 2018, 18:31:33 PM
Cit. CARLO
Credo che si dovrebbero aggiungere le ragioni della sua inconoscibilità.
Voglio dire: se le cose si mostrano alla conoscenza, se, cioè, possiamo conoscere un numero crescente di verità su di esse, per quale motivo la loro "vera realtà" dovrebbe rimanere eternamente sconosciuta?
Insomma che relazione c'è tra le cose e le "cose in sé"? Perché le prime sono conoscibili mentre le seconde non dovrebbero esserlo?


SGIOMBO
Confondi "percepire sensibilmente", "sentire!", "avere coscienza di" con "conoscere".
Ciò che percepiamo sensibilmente, sentiamo, di cui abbiamo coscienza (che é ciò che la scienza può conoscere e di fatto conosce, ciò su cui "possiamo conoscere un numero crescente di verità") é ciò che sentiamo, gli insiemi - successioni di sensazioni che proviamo ovvero di "apparenze" (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "fenomeni).


CARLO
Il termine "apparenza" ha senso quando esiste una cosa che appare e un soggetto a cui questa cosa appare, altrimenti il termine apparenza è essa stessa ...una apparenza, cioè un inganno. Quindi se vogliamo chiamare "cosa" tale apparenza, essa non è altro che il mostrarsi della cosa in sé - come fenomeno - alla conoscenza; cioè la "cosa in sé" si mostra come cosa fenomenica", conformemente alla connotazione originaria di "noumeno".
Pertanto l'affermazione "esse est percipi" è solo una mistificazione verbale nella quale scompaiono sia il soggetto che l'oggetto della percezione. L'affermazione corretta è: "Esse est iusta interpretatio rei".

SGIOMBO
Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni, [...] ebbene questo "qualcosa" non può essere l'insieme di sensazioni o fenomeni materiali o mentali che allora non esistevano (per esempio prima, quando avevo gli occhi chiusi e non pensavo a me stesso): crederlo sarebbe cadere in una platealissima contraddizione pretendendo che qualcosa sia reale anche se e quando, anche allorché non é reale. SIC ! ! !.
Cioé tale "qualcosa", per definizione, onde evitare una pazzesca contraddizione, non é apparente (dal greco e a là Kant: "fenomeni)" alla coscienza, bensì qualcosa di puramente congetturabile (dal greco e a là Kant; e con buona pace di Platone: "noumeno").


CARLO
Il tuo è un ragionamento alla rovescia. In realtà, noi ipotizziamo l'esistenza di una cosa SOLO - e SOLO SE - esistono fenomeni la cui causa è riconducibile ad essa (alla cosa). Altrimenti non esiste alcun motivo per ipotizzare l'esistenza di alcunché. Pertanto la tua ipotesi: << Se qualcosa realmente esiste anche allorché non esistono realmente fenomeni>> è priva di senso perché noi non siamo legittimati a ipotizzare l'esistenza reale di qualcosa se non esistono fenomeni che ne siano la manifestazione; perciò, è privo di senso anche il ragionamento che ne segue.

SGIOMBO
I fenomeni sono sensibili (e non necessariamente conoscibili; comunque di fatto conoscibili scientificamente, almeno quelli materiali), mentre il noumeno é congetturabile ma non sensibile: questa é la differenza, o se vuoi -in un certo senso- la relazione fra di essi!

CARLO
Certo, anche il "sarchiapone" è <<congetturabile e non sensibile>>, ma non significa nulla, se non associamo ad esso dei fenomeni di cui supponiamo che esso sia la causa.

Cit. CARLO
"Noumeno" deriva originariamente da "nous" che coincide più o meno con la "ragione eterna ordinatrice del mondo", con l'"intelletto divino" o "primo motore" aristotelico, ma anche col "demiurgo" o "iperuranio" o "cielo delle idee archetipiche" platonici. Pertanto, il suo significato corrisponde essenzialmente con quello di "archetipo", di "idea originaria o modello metafisico della "cosa".
Cosicché esso è intelligibile proprio in virtù del fatto che, essendo modello della "cosa", l'intelletto può risalire ad esso attraverso la conoscenza dei "fenomeni" nei quali la cosa stessa si mostra all'osservazione e attraverso la riflessione razionale. Un po' come lo scienziato che, dall'osservazione dei fenomeni, risale (attraverso processi di astrazione) alle leggi che li governano (e che non sono direttamente osservabili).

Poi arriva Kant, che, mutilandolo nella sua connotazione di "modello metafisico della cosa" e dandogli il nome di "cosa in sé", lo trasforma in una nullità epistemica, in un fonema-fantasma. Di esso, infatti, sappiamo ciò che non è, ma non sappiamo assolutamente ciò che è: non-è la cosa, non-è fenomeno, non-è modello della cosa, non-haalcuna relazione né con la cosa né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".


SGIOMBO
Ma non pretenderai mica che Kant dovesse pagare il copyright a Platone per avere usato in tutt' altro senso (razionalmente ben comprensibile e giustificato) una parola che quel discepolo di Socrate aveva impiegato venti secoli prima volendo intendere un ben diverso concetto (idealisticamente infondato, gratuito, e quasi letteralmete "campato in aria" ? ! ? ! ? ! ).

CARLO
Campato in aria è il noumeno kantiano, che non è associabile a nulla. Mentre quello platonico ha una sua logica ben precisa: se esiste un principio metafisico che governa il mondo, da tale principio discenderanno anche i modelli delle cose. E l'esistenza di principi e di leggi della natura non è affatto campata per aria, ma è ampiamente confermata dall'esperienza scientifica.

SGIOMBO

Per Kanti il noumeno non é "modello" di alcunché, ma é invece l'insieme delle "cose in sé", reali (anche) indipendentemente dalle sensazioni o apparenze sensibili coscienti (fenomeni),

CARLO
Continui a ragionare alla rovescia. Qualcosa che non si manifesta MAI all'esperienza, equivale ad un NULLA, quindi, il solo nominarlo (dargli un nome) è già un abuso dell'intelletto.

SGIOMBO
Dunque é falso che per Kant il noumeno "non-ha alcuna relazione né con la cosa [in sè, N.d.R.] né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".

CARLO
Su questo argomento sai dire solo dei "no", ma non ho ancora visto né una sua definizione né un minimo di chiarimento su quale sia la sua relazione con la cosa, cioè, con l'esperienza.

Cit. CARLO
Perché l'esistenza di quel fenomeno culturale chiamato "rivoluzione scientifica" ci ha mostrato ampiamente che il mondo è conoscibile. Se non lo fosse, per esempio, non avremmo mai potuto stabilire che è la Terra a girare intorno al sole e non - come si mostra ai nostri sensi - il contrario. Ci ha mostrato cioè che la conoscenza non coincide con il famoso "percipi" di Berkeley, ma con la corretta interpretazione del "percipi".

SGIOMBO
Ci ha mostrato che é conoscibile scientificamente (in senso stretto) solo il mondo dei fenomeni materiali (e non quello dei fenomeni mentali e men che meno quello delle cose in sé o noumeno; sempre con buona pace di Platone)

CARLO
E chi l'ha detto che i fenomeni mentali non siano conoscibili, dal momento che si manifestano in milioni di modi diversi all'esperienza? Il fatto che non siano conoscibili attraverso gli strumenti della scienza - che sono limitati al "fisicamente quantificabile" - non vuol dire che la mente sia inaccessibile alla conoscenza intesa in senso generale. E' vero che tu ignori la psicologia, ma l'ignoranza preclude a ogni giudizio su ciò che si ignora.

SGIOMBO
Il famoso "percipi" di Berkeley, che mostri di non comprendere, é proprio, nella fattispecie, l' "eliocentrismo approssimativo" del sistema solare, il quale non é nulla di reale "in sé"


CARLO
Tu prova a inviare una sonda spaziale in orbita intorno a Saturno sulla base di una teoria <<approssimativa>> o <<irreale>> dei moti del sistema solare (come quella geocentrica, per esempio), poi mi fai sapere i risultati.
...E, comunque, se è approssimativo l'eliocentrismo impiegato dagli ingegneri della Nasa, che devono comunque confrontarsi con i fatti e con la precisione estrema delle loro previsioni, figuriamoci quanto può essere approssimativa la tua teoria "dualista parallelista", che si adatta alla realtà solo se eliminiamo dal nostro vocabolario termini fondamentali per la nostra civiltà come "libertà", "responsabilità etica", "intenzionalità", "attività in vista di scopi", "conflittualità tra istinti biologici e ideali morali", "manifestazioni dell'inconscio", ecc..
Se il dualismo "parallelista" non sa spiegare nemmeno le ragioni per le quali ciascuno di noi sa distinguere benissimo una azione volontaria da un riflesso condizionato indipendente dalla nostra volontà, c'è poco da stigmatizzare l'eliocentrismo come irreale o approssimativo.


PUCCINI: Donna non vidi mai, op. Manon Lescaut
https://youtu.be/TJgrHQGjvzc?t=13
#513
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
28 Settembre 2018, 11:24:34 AM
Citazione di: SamuelSilver il 28 Settembre 2018, 08:53:29 AM
Per Carlo Pierini
Credo di capire la tua obiezione, tuttavia dal mio punto di vista il problema non è tanto il fatto che il noumeno è inconoscibile, ma che, anche se lo conoscessimo, non sapremmo di avere a che fare con esso. Non piace molto neanche a me il termine "noumeno", io parlerei del tessuto che forma la realtà. Ma come facciamo a sapere se i nostri cinque sensi e i nostri ragionamenti sono sufficienti per cogliere questo tessuto o se invece rimane al di fuori della nostra portata?

CARLO
Perché l'esistenza di quel fenomeno culturale chiamato "rivoluzione scientifica" ci ha mostrato ampiamente che il mondo è conoscibile. Se non lo fosse, per esempio, non avremmo mai potuto stabilire che è la Terra a girare intorno al sole e non - come si mostra ai nostri sensi - il contrario. Ci ha mostrato cioè che la conoscenza non coincide con il famoso "percipi" di Berkeley, ma con la corretta interpretazione del "percipi".
Insomma, la scienza ha rivelato migliaia di verità sul mondo e ha cancellato per sempre migliaia di superstizioni. Quindi non vedo alcuna ragione per credere che quelle verità siano solo "apparenza", cioè, che esse non siano invece aspetti di quella "vera realtà" a cui Kant dà - disonestamente - il nome di "noumeno" e a cui attribuisce dogmaticamente il carattere di inconoscibilità. E dico "disonestamente", perché l'uso di un medesimo termine per indicare un concetto che da duemila anni ha un significato radicalmente diverso, è estremamente ingannevole.
Insomma dove sta scritto che non siano proprio i nostri sensi e la nostra capacità di astrazione gli strumenti necessari e sufficienti alla conoscenza di quella "vera realtà" delle cose che Kant chiama ingannevolmente "noumeno"?

SAMUELSILVER
Secondo me non si può, per cui direi di non porsi il problema. Infatti, il monismo in cui io credo, è compatibile sia con l'eventualità in cui la realtà è colta in tutto e per tutto da noi, sia con l'eventualità in cui rimane al di fuori delle nostre concezioni. Non mi sembra di aver mai parlato di noumeno se non quando converso con Sgiombo, e anche in quei casi non credo di aver mai tirato in ballo la sua inconoscibilità se non per seguire i suoi ragionamenti. Se può confondere il fatto che ho scritto "Non so come è fatto" nel commento scorso, ti chiederei di sostituirlo con un più neutro "Credo di non sapere come è fatto".

CARLO
Se il noumeno è inconoscibile per definizione, allora, per definizione, NESSUNO può sapere "come è fatto", poiché il suo significato non è distinguibile dal significato di "nulla". Pertanto, il suo uso in una teoria è privo di senso a priori.



MOZART: Conc. piano n.17 K453 III
https://youtu.be/CWv-BUfpKfA?t=1487
#514
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
28 Settembre 2018, 03:42:51 AM
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 22:52:51 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2018, 16:18:55 PM
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PMQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

CARLO
Anche tu parli del noumeno come se fosse qualcosa. Hai la minima idea di cosa sia?

SAMUELSILVER
In che senso? Non so come è fatto ma concettualmente è la vera realtà delle cose, ciò che esiste, bisogna aggiungere altro?
CARLO
Credo che si dovrebbero aggiungere le ragioni della sua inconoscibilità.
Voglio dire: se le cose si mostrano alla conoscenza, se, cioè, possiamo conoscere un numero crescente di verità su di esse, per quale motivo la loro "vera realtà" dovrebbe rimanere eternamente sconosciuta?
Insomma che relazione c'è tra le cose e le "cose in sé"? Perché le prime sono conoscibili mentre le seconde non dovrebbero esserlo?

Per tua comodità, ti copio-incollo l'obiezione che ho sollevato a Sgiombo:

"Noumeno" deriva originariamente da "nous" che coincide più o meno con la "ragione eterna ordinatrice del mondo", con l'"intelletto divino" o "primo motore" aristotelico, ma anche col "demiurgo" o "iperuranio" o "cielo delle idee archetipiche" platonici. Pertanto, il suo significato corrisponde essenzialmente con quello di "archetipo", di "idea originaria o modello metafisico della "cosa".
Cosicché esso è intelligibile proprio in virtù del fatto che, essendo modello della "cosa", l'intelletto può risalire ad esso attraverso la conoscenza dei "fenomeni" nei quali la cosa stessa si mostra all'osservazione e attraverso la riflessione razionale. Un po' come lo scienziato che, dall'osservazione dei fenomeni, risale (attraverso processi di astrazione) alle leggi che li governano (e che non sono direttamente osservabili).

Poi arriva Kant, che, mutilandolo nella sua connotazione di "modello metafisico della cosa" e dandogli il nome di "cosa in sé", lo trasforma in una nullità epistemica, in un fonema-fantasma. Di esso, infatti, sappiamo ciò che non è, ma non sappiamo assolutamente ciò che è: non-è la cosa, non-è fenomeno, non-è modello della cosa, non-ha alcuna relazione né con la cosa né con l'esperienza, non è conoscibile. Non è. Esattamente come tutto ciò che non esiste: un significante vuoto e privo di significato, un inconsistente flatus vocis. Resta solo la sua "pensabilità", come è pensabile il "nulla".



MOZART: Sinfonia K95 II
https://youtu.be/0uEgMV0ZWi0?t=187
#515
 
<<L'anima umana è per Marsilio Ficino la parte centrale nella serie graduata delle sostanze, il che non significa solo che per la sua qualità oggettiva sta in mezzo tra l'eterno e il temporale, ma anche che è rivolta nel suo atteggiamento consapevole in su e in giù e unisce così fra di loro le due metà dell'universo.  All'anima viene quindi assai logicamente attribuito un doppio affetto e una doppia inclinazione per cui essa è ugualmente rivolta verso il divino e verso il sensibile. [...] Rispetto a questo suo duplice indirizzo il Ficino paragona qualche volta l'anima a una testa di Giano le cui faccie guardano in due direzioni opposte>>.    [P.O. KRISTELLER: Il pensiero filosofico di M. Ficino - pp.209-10]
 
<<Nella tradizione estremo-orientale (...) se il Wang è effettivamente il Re, nel senso proprio della parola, è in pari tempo anche qualcos'altro.  Ciò del resto risulta dal simbolismo stesso del carattere wang:
https://1.bp.blogspot.com/-MMeXBndxzYA/WZXZ2hUX4-I/AAAAAAAAAHM/WQ2ZSG-Jp38FvZt13gogcxypVhdmlJaagCLcBGAs/s1600/Triade%2BWang.jpg
composto di tre tratti orizzontali che raffigurano rispettivamente, come quelli di altri trigrammi (...), il Cielo, l'Uomo e la Terra, e sono inoltre uniti, nel loro punto di mezzo, da un tratto verticale: infatti, dicono gli etimologisti, "la funzione del Re è quella di unire", e con questo, data la posizione del tratto verticale, si deve intendere innanzitutto unire il Cielo e la Terra. Propriamente, tale carattere designa perciò l'Uomo in quanto termine mediano della Grande Triade, l'Uomo specialmente considerato nel suo ruolo di « mediatore »; per essere più precisi, aggiungeremo che qui esso deve essere inteso non soltanto come l'«uomo primordiale», bensì come lo stesso «Uomo Universale», perché il tratto verticale altro non è se non l'asse che unisce effettivamente fra loro tutti gli stati di esistenza, mentre (...) l'intersezione tra questo e il tratto mediano orizzontale (i due tratti superiore e inferiore rappresentano il Cielo e la Terra), forma la croce, cioè a ppunto il simbolo dell'«Uomo Universale». (...)
Avendo sviluppato tutte le proprie possibilità sia in senso verticale che in senso orizzontale, egli è perciò il «signore dei tre mondi», i quali possono essere rappresentati anche dai tre tratti orizzontali del carattere wang".   [R. GUÉNON: La grande triade - pp. 141/145]
 
<<Nelle concezioni estremo-orientali, l'Essenza e la Sostanza universale sono rispettivamente il polo superiore e il polo inferiore della manifestazione, e possiamo dire che l'una si trovi propriamente al di sopra  e l'altra al di sotto di ogni esistenza. [...] La manifestazione dunque si situa interamente tra questi due poli; e lo stesso vale naturalmente anche per l'Uomo, il quale non soltanto fa parte di tale manifestazione, ma ne costituisce simbolicamente il centro stesso e, per questo motivo, la sintetizza nella sua integralità. Così l'Uomo, posto com'è tra il Cielo e la Terra diventa il  «mediatore» che li unisce, il  «ponte» gettato tra loro>>.   [R.GUÉNON: La grande triade - pp.30/31]
#516
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 18:17:36 PM
Citazione di: viator il 27 Settembre 2018, 17:16:38 PM
Salve Carlo. Non comprendo perchè tu spesso voglia puntualizzare circa argomenti dei quali non sei evidentemente padrone.
La demenza (alla quale non ho mai attribuito il significato che mi contesti) consiste nella mancanza (o sensibile difettosità) della funzione mentale. E' pertanto condizione e patologia che riguarda appunto la neuropatologia e non (se non di riflesso) la psicologia o la psichiatria.
La demenza non intacca la funzione psichica. La mancanza o riduzione della funzione mentale (funzione ed ambito ulteriore e "superiore" a quello psichico) produce la "regressione" dell'individuo il cui comportamento vedrà affermarsi i propri contenuti di radice psichica, i quali ovviamente tenderanno ad imporsi, venendo a mancare la funzione ed il controllo mentale.
Non esistono ovviamente degli animali dementi. Semplicemente perchè essi non hanno mai posseduto una mente. Essi possiedono invece (eccome !) una psiche.
Comprendi quindi la diversità tra una psiche (l'istinto e l'inconsapevole) ed una mente (il raziocinio consapevole) ?.

CARLO
Non c'è bisogno di tante sottigliezze per sapere che psiche e mente sono sostanzialmente sinonimi: basta aprire un vocabolario. Se lo farai, scoprirai anche che il "raziocinio" (la ragione) e gli istinti sono funzioni della psiche (o mente) e che la consapevolezza è una delle sue principali (e misteriose) proprietà. 
Se poi vogliamo riformare il vocabolario, io non ho niente in contrario, ma non ne vedo la ragione.

VIATOR
Per quanto riguarda il percorso da me descritto, improvvisato lo è sicuramente (non sono solito prendere appunti, stendere bozze o consultare fonti quando scrivo qualcosa), ingenuo pure lo è sicuramente (nel senso che è certamente privo di malizia), vago......beh, ogni tanto mi capita di far presente di preferire le sintesi sbagliate alle troppo prolisse analisi giuste. E poi, scusa, io ho chiesto di valutare il percorso, non il mio modo di esprimermi !.
Naturalmente ti confermo i miei complimenti per i tanti temi dei quali ti mostri padrone.
Pensa a me, che , poverino, sono unicamente uno schiavo dell'ignoranza ! .

CARLO
Non buttarti giù: di fronte alla Sapientia Dèi, io non ne so molto più di te.


VERDI: D'Egitto là sui lidi, op. Nabucco
https://youtu.be/Ookel_AHqeQ
#517
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 16:18:55 PM
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PMQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

CARLO
Anche tu parli del noumeno come se fosse qualcosa. Hai la minima idea di cosa sia?
#518
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 13:40:49 PM
Citazione di: viator il 16 Settembre 2018, 18:55:19 PM
Salve. Per Carlo Pierini. Affermi che la coscienza faccia parte della mente.
Il fatto che si possa essere contemporaneamente coscienti e dementi (mentre invece è impossibile una produzione mentale in stato di incoscienza - e guarda che stiamo parlando di mentalismo - non di psichismo) sembra dimostri che le cose stiano diversamente.

CARLO
Demenza non significa "assenza di mente", ma "disturbo mentale",  cioè, si tratta di una psicopatologia grave.

VIATOR
Facciamo che la gerarchia evolutiva (e poi quindi anche funzionale) dei contenuti cerebrali sia invece la seguente : sistema nervoso (strumento che mette in relazione l'interno del corpo con il suo esterno) - percezione sensoriale (traduzione degli stimoli in codice psichico) - psiche (contenente semplicemente ed unicamente - alla nostra nascita - l'istinto di sopravvivenza) - memoria (serbatoio delle esperienze che devono confrontarsi con l'istinto di sopravvivenza) - coscienza (la capacità psichica di distinguere il sé dal fuori di sé - si inaugura il mondo culturale umano) - mente (capacità di connettere tra di loro cause ed effetti) - intelletto (capacità di esprimere in modo codificato e comunicabile i rapporti tra le cause e gli effetti)- ragione (capacità di selezionare i comportamenti in base alla loro utilità) - capacità di astrazione (capacità di estrapolare l'ignoto dal noto) - trascendenza(capacità di esprimere concetti non basati sull'esperienza della percezione).

Trovi convincente, incompleto, deludente o demenziale un simile percorso ? 

CARLO
Lo trovo improvvisato, ingenuo, vago, e soprattutto poco attinente all'argomento della discussione.
#519
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 10:12:55 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Settembre 2018, 08:29:31 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 23:26:46 PM
Insomma, non c'è mai una <<ragion veduta>>, finché non conosciamo abbastanza a fondo il territorio ...nemico.
<<...Questo è un nodo avviluppato...!!>>

SGIOMBO
Ma chi stabilisce quando lo si conosce "abbastanza a fondo"?

CARLO
Il buon senso. Se dici che la psicologia non ti è mai interessata, vuol dire che non la conosci abbastanza a fondo.

SGIOMBO
Personalmente sono un razionalista e cerco conoscenze fondate sull'osservazione empirica e sulle dimostrazioni logiche, non fidandomi di alcuna "rivelazione" mistica o comunque non empirica o logica, ragion per cui non mi interessa nulla di Jung.

CARLO
Anch'io sono un razionalista che non dà alcun credito ad affermazioni che non siano fondate sull'osservazione empirica e sulla logica più rigorosa. Per questo trovo estremamente solido l'approccio di Jung al tema delle esperienze "mistiche". Nel campo della psicologia, sono solo tre gli studiosi che hanno affrontato seriamente questo argomento: Abraham Maslow, Roberto Assaggioli e Jung; ma mentre i primi due si limitano ad annotare gli effetti di queste esperienze sull'evoluzione psicologica di chi le vive, Jung è l'unico ad aver fornito loro una cornice paradigmatica profondamente coerente e conforme alle osservazioni accumulate in questi ultimi 70-80 anni nel campo della Storia comparata del mito e delle idee religiose (M. Eliade, R. Guénon, J. Evola, J. Campbell, E. Zolla, R. Alleau, J. Hillman, W. Williamson, G. Durand, E. Cassirer, ecc.).
Insomma, una teoria psicologica che comprenda in sé anche una dinamica delle esperienze "mistiche" è ben altro che fare affermazioni dettate da rivelazioni mistiche. E il fatto stesso che tu confonda ingenuamente queste due possibilità, la dice lunga sul tuo livello di conoscenza dell'argomento.



HAYDN: Sinf. n. 13, II (fino a 9:18)
https://youtu.be/nfpu_njPjdQ?t=193
#520
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 00:21:01 AM
SAMUELSILVER
Piccola parentesi per Carlo Pierini: la psicologia NON è filosofia. Essa non può essere vista come la parte empirica della filosofia perchè, come ho già detto, la psicologia non si esaurisce nella psicologia dinamica e,  anche se si considerasse solo quella dinamica, essa non sarebbe comunque scientifica o empirica e quindi  non potrebbe rivestire il ruolo di parte empirica della filosofia.

CARLO
Se la fisica (in senso lato) è chiamata anche "filosofia della natura", non vedo perché la psicologia non possa essere chiamata "filosofia della mente".
La filosofia nasce come "amore per la conoscenza", quindi, in una accezione generale, le varie discipline della conoscenza non sono altro che altrettante specializzazioni della filosofia. Non capisco, pertanto, i criteri della tua rigida "tassonomia".

https://it.wikipedia.org/wiki/Filosofia_della_mente

E non ho capito nemmeno cosa intendi quando parli di <<due tipi di monismo>>.



GALUPPI: Torna in quell'onda chiara, op. La Scusa
https://youtu.be/d4OSqC7fL88?t=826
#521
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
26 Settembre 2018, 23:26:46 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 22:28:35 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 21:48:43 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 19:58:44 PM...e non ritengo punto scientifica nessuna delle varie scuole della psicoanalisi, ben sapendo che in ciò dissentiamo, ma non interessandomi approfondire l'argomento, almeno per ora).
CARLO
Dire che <<dissentiamo>> è un eufemismo a tuo favore. Diciamo, piuttosto, che io ho delle fondate ragioni per pensare che la psicologia junghiana fornisca sufficienti garanzie della propria validità, e che tu, invece, non conosci queste ragioni e che (almeno per il momento) non ti interessa conoscerle. Pertanto, più che di <<dissenso>>, io parlerei di contrapposizione tra un giudizio fondato e un giudizio a-priori, cioè, tra un giudizio e un pre-giudizio.

CitazioneSGIOMBO
A volte basta "un assaggio" per decidere a ragion veduta che non ci conviene continuare la "degustazione", preferendo di gran lunga ben diversi "piatti" (e tu di "assaggi" ce ne hai proposti non pochi, per me più che sufficienti per decidere di dedicarmi ad altro).

CARLO
Certo, a volte è necessario anche questo. Ma è un rischio. Infatti, quando io "assaggiai" Jung per la prima volta, indignato, chiusi il suo libro dopo una trentina di pagine e promisi a me stesso che non avrei mai più sprecato il mio tempo con dei "mistici mascherati da psicologi" come lui.  Cosa cazzo voleva dire questo Jung, mi chiesi, con quel concetto roboante e vuoto che chiamava "archetipo" e che relazionava a concetti altrettanto vuoti come "spirito", "Sé", "immagini transpersonali", ecc.? ...Ecco, lo capii una decina di anni dopo, quando proprio l'"immagine transpersonale di un archetipo" irruppe nella mia vita e mise a soqquadro il mio modo di guardare al mondo e a me stesso.
Insomma, non c'è mai una <<ragion veduta>>, finché non conosciamo abbastanza a fondo il territorio ...nemico.
<<...Questo è un nodo avviluppato...!!>>

ROSSINI: Questo è un nodo avviluppato, op. Cenerentola
https://youtu.be/NB14yuKef1s?t=48
#522
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
26 Settembre 2018, 21:48:43 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 19:58:44 PM...e non ritengo punto scientifica nessuna delle varie scuole della psicoanalisi, ben sapendo che in ciò dissentiamo, ma non interessandomi approfondire l'argomento, almeno per ora).
CARLO
Dire che <<dissentiamo>> è un eufemismo a tuo favore. Diciamo, piuttosto, che io ho delle fondate ragioni per pensare che la psicologia junghiana fornisca sufficienti garanzie della propria validità, e che tu, invece, non conosci queste ragioni e che (almeno per il momento) non ti interessa conoscerle. Pertanto, più che di <<dissenso>>, io parlerei di contrapposizione tra un giudizio fondato e un giudizio a-priori, cioè, tra un giudizio e un pre-giudizio.



MOZART: Ruhe Sanft, op. Zaide
https://youtu.be/jSQqbJPoSbw
#523
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
26 Settembre 2018, 21:14:10 PM
Citazione di: Phil il 26 Settembre 2018, 20:04:42 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
per me un vero "possibilista" è chi dedica al paradigma "avversario" la stessa attenzione (in termini di tempo e di materiale di studio) che egli dedica al proprio paradigma di appartenenza

PHIL
Intendi che il possibilista dovrebbe dedicare il tempo che dedica al possibilismo anche agli altri paradigmi?
CARLO
...E' tornato il nero di seppia! Ricordi?  :)   ...Circonvoluzioni verbali costruite, non per chiarire, ma per con-fondere, per offuscare la verità.
Il possibilismo non è una visione del mondo a cui <<dedicarsi>>, ma è il nome che diamo all'incertezza sulla verità della nostra visione del mondo di fronte all'affacciarsi della possibilità che una visione del mondo diversa e incompatibile con la nostra sia più veritiera di quest'ultima.
Quindi intendo - come era già chiaro prima che spruzzassi il tuo "nero di seppia", che il vero possibilista dedicherà al paradigma "candidato possibile" lo stesso tempo-attenzione-impegno che dedica al proprio paradigma abituale di appartenenza.

PHIL
In fondo, non si dedica "tempo e studio" al possibilismo, semplicemente ci si confronta con gli altri approcci: per me, il possibilismo non è il punto di partenza di tale confronto, ma il punto di arrivo (non garantito!); si inizia cercando di capire un tipo di approccio e ci si può ritrovare ad essere possibilisti in merito, ma si potrebbe anche concludere che tale approccio non ha senso o è falsificato dai fatti.
Per me, non si è possibilisti a priori, si è possibilisti nei confronti di qualcosa a posteriori: del dualismo.

CARLO
Nero di seppia!  :)  

Citazione di: Carlo Pierini il 26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
Ecco: tu sei un "possibilista" come lo sono stato io, oppure, semplicemente, ti limiti a un generico "non escludo", fregandotene tuttavia di approfondire con impegno e serietà tutte le motivazioni avversarie, [...]?
PHIL
Se devo proprio scegliere solo fra queste due ipotesi, sto al gioco: per adesso e fino a prova contraria, indubbiamente la seconda opzione ;D

CARLO
Braaaavo! Ci voleva tanto a dire che sei essenzialmente un monista per fede (il monismo non è scienza) e che, però, pretendi una prova scientifica per farti cambiare idea? E' vero che la tua posizione manca di coerenza, ma puoi stare tranquillo lo stesso: nel nostro paese c'è piena libertà di fede.  ;)



OFFENBACH: Barcarolle, op. Les contes d'Hoffmann
https://youtu.be/0u0M4CMq7uI?t=62

OFFENBACH: Les oiseaux dans la charmille, op. Les contes d'Hoffmann
https://youtu.be/mVUpKIFHqZk
#524
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
26 Settembre 2018, 16:21:05 PM
Citazione di: Phil il 26 Settembre 2018, 13:30:46 PM
Citazione di: viator il 25 Settembre 2018, 22:04:37 PM
Non ditemi che questa fecondissima discussione sta per finire !! Per di più nei personalismi un poco acidi e senza aver raggiunto una qualche ragionevole verità !
Con questa osservazione (in stile "castigat ridendo mores"  ;) ) fornisci tre elementi, a mio giudizio, molto interessanti: discussione feconda, personalismi e ragionevole verità.

Parto dalla recente esperienza personale: la richiesta di autoidentificarmi come "monista", secondo me è animata dall'esigenza concettuale di incanalare il discorso nell'alveo della classica (e per questo, a suo modo, accogliente) dicotomia monismo/dualismo, il caro vecchio "tertium non datur" per cui "o con me, o contro di me", ovvero "se argomenti contro le mie tesi, allora devi essere sostenitore della tesi simmetricamente opposta", escludendo a priori posizioni oblique, ibride, non orto-dosse e non canonizzabili in standard da manuale.
Questo spiegherebbe come mai quando parlo di affinità con il monismo, tale affermazione resta impressa e viene annotata diligentemente, ma quando (poche righe sotto) specifico che non sono monista al 100% (citando poi relativismo, agnosticismo, possibilismo, etc.), tale specificazione rimane curiosamente "non pervenuta", sotto traccia (nonostante le ripetizioni), pur essendo affermazione più rilevante della precedente, poiché la disambigua.

Perché l'interlocutore sceglie di credere solo ad alcune delle affermazioni complementari fra loro? Misteri della mente umana?
Forse no; qui, a mio giudizio, entrano in gioco i suddetti tre elementi: nel momento in cui l'interlocutore non ci mostra una ragionevole verità (o almeno qualcosa che possiamo identificare come tale), la fertilità del discorso viene spesso compromessa da personalismi; si glissa sul tema e si inizia a parlare dell'interlocutore (che assurge a topic). Nei migliori dei casi, la conversazione ristagna; in altri casi, la capacità di argomentare con osservazioni pertinenti viene risucchiata da polemiche dispersive, si smette quindi di fare filosofia (e si inizia a far politica: slogan, strumentalizzazioni di affermazioni, alleanze, schadenfreude, etc.).
Se l'altro non ci mostra la sua verità (possibilmente rigida, chiusa e con link a wikipedia) siamo un po' a disagio: se non possiamo concordare, non sappiamo cosa criticare, dove scagliare i dardi pungenti del nostro assennato dissenso (spesso attacchiamo per non doverci/saperci difendere); per cui, in assenza di bersagli, li creiamo per antitesi congetturale (estorcendo al testo altrui affermazioni che non gli appartengono, popolandolo di fantasmatiche insinuazioni che lo fanno rientrare in cliché più familiari e "affrontabili").
Le argomentazioni altrui che non sfociano in (auto)dichiarate certezze, ma restano aperte a domande, dubbi e pluralismi vari, non vengono considerate come tali, perché destabilizzano: se il nostro interlocutore dice "forse" o "è possibile" ci disarma (almeno finché restiamo nella logica binaria del "si o no") e per difenderci "blindiamo" le nostre idee etichettandole (non dimostrandole) come evidenti, oggettive e sorrette da rispettabile tradizione. Oppure, un po' spaesati, raccogliamo prontamente le armi della "legittima difesa personale" e lo accusiamo di averci insidiosamente provocato, perché quel "forse" non è autentico (non può esserlo!) e quell'"è possibile" è sarcastico (e deve esserlo!); in caso di mancanza di altri appigli plausibili, usiamo l'artiglieria pesante: l'imputazione di autocontraddizione, di negazione dell'evidenza, etc.

Pare che la nostra mente rifugga l'incertezza più dell'errore...
(ad esempio, il fatto che abbia appena usato la parola "mente" dopo aver affermato che sarebbe interessante provare ad analizzare alcune questioni sospendendone precauzionalmente il concetto, ad alcuni potrebbe sembrare contraddittorio: "o la neghi o la affermi! Cos'è questa storia della sospensione, di aspettare di verificarla... non abbiamo tempo da perdere qui, dicci subito: si o no?"  ;D ).


P.s.
Questa predica, nonostante l'uso del "noi", insinua, fra le righe, che sono bello e bravo? Secondo me, no; significa piuttosto che sono brutto (perché non rispetto l'estetica del discorso dicotomico) e cattivo (perché indico la strada per deviare dalla "zona di comfort", in veste di cattiva compagnia, non filosofica ma filosofistica  ;) ).

CARLO
Tagliamo la testa al ...topo: cos'è che distingue, nei fatti, il tuo percorso di ricerca da quello di un monista "talebano"?
Per capirci con un esempio reale che riguarda me: nel momento in cui il mio monismo-materialismo talebano fu scosso dalla "famosa" esperienza visionaria e aprì una crepa di "possibilismo" nella mia concezione del mondo, io sentii il bisogno di prendere in seria considerazione e di approfondire metodicamente tutte le obiezioni (da qualunque campo provenissero) che vengono mosse al materialismo e di metterle a confronto con quelle che lo sostengono. Tant'è, che in questi ultimi trent'anni mi sono letto almeno due volte i venti ponderosi volumi che costituiscono l'opera omnia di Jung (Freud e molti altri psicologi "materialisti" già li avevo approfonditi in precedenza), almeno cinquanta volumi dei principali studiosi di Storia comparata delle idee religiose, ...e poi tutti e dieci i volumi della "Storia della Filosofia" di Abbagnano, con particolare riguardo ai filosofi religiosi, ...e tralascio il restante 90% di materiale di studio per non riempire una decina di pagine di titoli di pubblicazioni (per esempio, passai un anno intero - orario di ufficio - nella Biblioteca Nazionale di Roma).
Insomma, per me un vero "possibilista" è chi dedica al paradigma "avversario" la stessa attenzione (in termini di tempo e di materiale di studio) che egli dedica al proprio paradigma di appartenenza; e che solo alla fine decide se esso sia più attendibile del proprio oppure no. Ecco: tu sei un "possibilista" come lo sono stato io, oppure, semplicemente, ti limiti a un generico "non escludo", fregandotene tuttavia di approfondire con impegno e serietà tutte le motivazioni avversarie, ritenendole <<non dimostrate>>, come se il materialismo fosse una teoria dimostrata?



DELIBES: Duetto dei fiori, op. Lakmé
https://youtu.be/2GPNZGwMS0w
#525
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
26 Settembre 2018, 15:11:39 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Settembre 2018, 09:14:44 AMCARLO (al medesino Phil):

Appunto. Il tuo "possibilismo" è solo millantato, mentre il tuo atteggiamento, di fatto, è perfettamente identico a quello di un monista "talebano".  Infatti il talebano se ne frega della psicologia perché è certo che la mente non esista e che, quindi la psicologia non possa essere che una pseudo-scienza. Quindi, non sarebbe forse più semplice ammettere di essere semplicemente un monista convinto, invece di nasconderlo dietro a una nuvola di superflue circonvoluzioni verbali? (# 171)


CitazioneCommento mio (di Sgiombo):.

Non vedo come si possa non vedere che questo  é -quasi letteralmente; eccetto il riferimento alla psicologia come scienza- quanto da me (e non solo da me) ripetutissimamente contestato a Phil con dovizia di argomentazioni ed esempi.

CARLO
Non mi sono riferito alla psicologia <<come scienza>>, ma ho parlato di <<pseudo-scienza>> se riferita ad una psiche non esistente in sé. E questa non è una ambiguità, perché ho già chiarito più volte che se per "scienza" intendiamo la Scienza propriamente detta (applicazione del metodo matematico-sperimentale) la psicologia non fa parte della Scienza; e che si può considerare "scienza" solo nella sua accezione generale di "disciplina che fornisce sufficienti garanzie della propria validità".