Il discorso che fai, Dubbio, è, a sua volta, determinato da un modello, quello scientifico, che informa di sé il mondo. Si tratta di una specie di colonizzazione concettuale. Il mondo, in tutte le sue manifestazioni, può solo essere spiegato in un modo, quello della causa-effetto. Ed è anche vero ad un certo livello, ma ad un altro esso svela l'immagine dell'uomo come di un automa che fa delle cose che producono effetti che causano altri eventi e così via. L'uomo però non è (ancora) una macchina, anche se molti insistono nel cercare di farcelo credere. Ogni volta che noi compiamo un'azione siamo determinati da innumerevoli fattori precedenti, ma abbiamo un margine di libertà insopprimibile. La prova l'ho già illustrata, e sta nelle enormi differenze comportamentali delle società umane. È anche possibile far nuovamente rientrare nel determinismo questa relativa libertà dell'essere umano, come scelta evolutiva "determinata" per favorire il nostro adattamento. Resta il fatto che se fossimo davvero così determinati in automatico, in cosa consisterebbe la morale o l'etica? ogni azione sarebbe inevitabile. Dovremmo aprire le prigioni, smantellare polizia e tribunali. Sarebbe il trionfo di ciò che è a discapito di ciò che dovrebbe essere. Il senso di essere liberi o di sentirsi più o meno liberi è invece il propellente che ci ha permesso di essere ciò che siamo: una specie animale che non appartiene più al solo mondo della natura ma che ha un piede in un altro mondo, nel quale le leggi della fisica non contano, dal momento in cui l'uomo ha iniziato a pensare in modo riflessivo, creandosi una identità culturale, che è inevitabilmente anche libera. C'è un racconto di Borges che lo spiega bene: "il giardino dei sentieri che si biforcano", se non ricordo male.