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Messaggi - Lou

#511
@Carlo
"perché l'albero della scienza è immensamente più fecondo dell'albero della conoscenza pre-scientifica, cioè, della filosofia?"
Non sono due alberi, trovo impensabile la nascita della scienza moderna se non come filiazione della filosofia e, in ogni caso, per conoscenza pre-scientifica sono propensa a includervi il mito, non la filosofia - e soprattutto, non è scienza la filosofia?
#512
Ciao Jean,
ho postato questo passo, che ritengo sublime, di un Nietzsche che solitario e malinconico affonda in un desiderio capace di innalzare l'amicizia a un piano più vasto rendendolo un ideale che sovrasta le terrestrità e tende a superarle in una visione prospettica che abbraccia le differenze e le relazioni e le distanze, senza annullarle, ricomprendendole in quel cielo remoto costellato di stelle e di possibilità, infinite.
Ti sono grata della immagine musicale che hai correlato e in cui hai innestato questa visione, la trovo perfetta.😊
#513
Citazione di: davintro il 20 Luglio 2018, 01:23:27 AM
se si intende "soggetto" come singolo individuo, penso dovremmo ammetterne l'esistenza indipendentemente dal pensiero del soggetto, in quanto la prima forma di esperienza del mondo per noi è un vissuto passivo come la sensazione, che costituisce il materiale grezzo che le cose impongono alle nostre strutture mentali. Se fosse il mio Io la condizione di esistenza delle cose, allora sarebbero, per così dire, in mio possesso, avrei un totale dominio su di esse, e la mia volontà potrebbe decidere i contenuti da percepire, mentre in realtà gli stimoli della sensazione sono passivamente recepiti, sono qualcosa che spingono la concentrazione dell'Io (suo malgrado) a orientarsi in direzione del luogo fisico da cui si diramano, e gli schemi associativi in base a cui l'Io interpreta i dati della sensazioni trasformandoli in unità percettive di determinate specie di oggetti, non sono mai fissati in una soggettività mentale che possa pretendere di essere assoluta e di agire arbitrariamente su un materiale oggettivo indifferenziato, ma sono costantemente modificati sulla base degli stimoli sensitivi che via via le cose ci inviano: in sintesi: gli schemi percettivi con cui organizziamo il materiale della sensazione (soggettività) è costantemente ristrutturato e modificato sulla base del materiale stesso (oggettività), cosicché l'oggettività può rivendicare una propria autonomia, nell'incidere sull'attività mentale del soggetto, rendendone possibile l'attività stessa, e questo incidere è una causalità di una esistenza effettivamente distinta e autonoma rispetto a ciò su cui si applica
Condivido molto questa analisi, ritengo infatti che originariamente il rapporto io-mondo si costruisca attraverso il corpo, le cui dinamiche fondamentali ineriscono una dimensione preriflessiva dove l'esperienza vissuta è data unicamente dalla percezione. Ritengo inoltre, che la stessa distinzione tra soggetto e oggetto sia posteriore a questo vissuto originario e appartenga già a una fase riflessiva che li disgiunge.
#514
Citazione di: Phil il 19 Luglio 2018, 14:33:02 PM
Ti ringrazio davvero per la citazione; non conoscevo quel brano, ma è la perfetta versione romanzata dello scenario onirico di cui si parlava.
Resta solo da scoprire come facessero i due Tweedle a conoscere la "verità"...
Grazie a te per la perfetta sintesi che hai proposto.
Comunque, a mio modo, non so se questa analogia che ci catapulta in scenari tra esser-sognanti, esser-sognati e sognare sia volta ad aggirare, complicare, semplificare, insegnare, sviluppare ( questo sì ), spostare o tentare di risolvere il quesito iniziale.

Sulle due facce della "verità"? La domanda resta.
#515
Citazione di: Phil il 19 Luglio 2018, 00:24:01 AM
Se invece non fossimo in un sogno, ma fossimo un sogno, allora sì, al risveglio del sognante misterioso, noi e il nostro mondo cesseremmo di esistere, annientati dalla realtà che credevamo sogno, quando la nostra realtà era il vero sogno...
Sospetto sia il re rosso il sognante misterioso^^

<<"In questo momento sta sognando" disse Tweedledee; "secondo te cosa sogna?"
Alice disse: "Questo non può dirlo nessuno".
"Ma sogna te!" esclamò Tweedledee, battendo trionfante le mani. "E se smettesse di sognare, dove credi che saresti?"
"Dove sono ora, naturalmente" disse Alice.
"Macché" ribatté Tweedledee con disprezzo. "Tu non saresti più in nessun posto. Tu non sei che una specie di cosa nel suo sogno!"
"Se quel re lì si svegliasse" aggiunse Tweedledum "tu ti spegneresti..paf!...proprio come una candela!"
"Ma no!" esclamò Alice indignata. "E poi, se sono soltanto una specie di cosa nel suo sogno, cosa siete voi, vorrei sapere?"
"Idem" disse Tweedledum.
"Idem, idem" gridò Tweedledee. Lo gridò così forte che Alice non potè fare a meno di dire. "Sss! Finirete per svegliarlo, se farete tanto baccano".
"E' inutile che parli di svegliarlo" disse Tweedledum "tanto tu non sei che una delle cose nel suo sogno. Sai benissimo di non essere vera".
"Si che sono vera!" disse Alice, e si mise a piangere.
"Non credere che piangendo diventerai più vera" osservò Tweedledee "non c'è niente da piangere".
"Se non fossi così vera" disse Alice quasi ridendo tra le lacrime (tutto sembrava talmente ridicolo), "non riuscirei a piangere".
"Non crederai mica che quelle siano lacrime vere" la interruppe Tweedledum in tono di sommo disprezzo.
"So che parlano a vanvera" pensò Alice fra sé "ed è sciocco piangerci sopra". Così si asciugò le lacrime e continuò più allegramente che poté.>>


"Attraverso lo specchio", L. Carroll
#516
Citazione di: Ercole il 18 Luglio 2018, 22:07:27 PM
Ho visto che questo sito era pieno di suggerimenti culturali e mi sono iscritto: di me dico solo che sono un laureato in filosofia non pentito e che amo molto l'agone filosofico.
Ciao e grazie a tutti
Ciao Ercole, piacere.
#517
Analogia intrigante, Prospero.
Mi parli da un luogo dell'onirico o da fuor d'esso? Dove ti poni? poi, magari, rispondo.
#518
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Luglio 2018, 16:44:57 PM
Citazione di: Lou il 16 Luglio 2018, 21:05:21 PM
Ma per Nietzsche e Spinoza stesso non ritengo proprio sia così, viene prima la polis dell'individuo, è inimmaginabile una vdp individualistica posta in questi termini, se non in senso reattivo. Se me lo consenti, nè per l'uno, nè per l'altro. La realtà non è individuale.


Come affermo nella precedente risposta a Kobayashi, contesto questa tesi delle forze "attive" e "reattive" (la contesto
sulla base, dicevo in precedenza, degli studi dello psicologo nietzscheiano A.Adler, che individua la volontà di potenza
anche nel masochista, nel suicida o nel malato psichico).
Dal mio punto di vista è chiaro che l'"oltreuomo", nella sua "nobiltà", vitalità etc. è solo un residuo idealistico se
non proprio metafisico (anzi, direi che lo è decisamente...), e che la realtà è molto più elementare e meschina.
Che vuol dire: "la realtà non è individuale" (come che vuol dire che per Nietzsche viene prima la polis)?
Sto semplicemente dicendo che la filosofia anglosassone, nella sua tradizione classica, vede il "Bene" in maniera
soggettiva, e cioè come ricerca dell'utile e del piacere individuali (contro una tradizione europeo-continentale
che invece lo vede, il "Bene", in maniera oggettiva, cioè come "in sè").
E che Nietzsche, nel momento in cui distrugge quell'"in sè", distrugge anche l'idea europeo-continentale del "Bene".
PER CUI, visto che non è certo pensabile che Nietzsche possa riprendere PER INTERO l'idea anglosassone del Bene (con
annessi e connessi "orologiai", mani invisibili e divinità varie...), chiedevo cosa restasse.
Si pensa davvero possa restare l'idea di un "oltreuomo" nobile e, diciamo, dalle mille virtù?
Oppure si può pensare che resti una realtà elementare e meschina, come dicevo, che vede l'agire umano come rivolto solo
e sempre al perseguimento del proprio utile e piacere?
Non a caso dicevo appunto fin dall'inizio che avrei cercato di proporre un Nietzsche diverso, appunto "da un altro punto di vista"...
saluti
A grandi linee, pur non conoscendo in modo approfondito Adler, la tesi delle forze attive e reattive* non la vedo smentita nel fatto di considerare, ad esempio il gesto suicida che è un gesto assai potente, retto da vdp. Detto ciò, dovrei studiare Adler, quindi prendila così. (* per altro verso è coerente pure con la disanima nietzschiana del nichilismo attivo e passivo)
Che viene prima la polis significa che, poichè il punto di vista sulla Vdp che presenti lo trovo parecchio individualista, ecco vorrei rimarcare che la Vdp la trovo assai latrice di pluralità e differenza e socialità - la creazione di valori non ricerca il proprio utile, ma afferma una differente visione della società umana - più che una componente che muove alla ricerca del proprio utile e del proprio piacere.
Sul resto mi riservo di rifletterci, la carne al fuoco è tanta.
Ciao^^
#519
Citazione di: Sariputra il 18 Luglio 2018, 11:33:01 AM
Se la realtà è una rappresentazione che ne fa il soggetto, anche l'esistenza di altri soggetti potrebbe benissimo far parte della rappresentazione che se ne fa un unico, ipotetico soggetto (io non credo ad un soggetto come entità fissa ed autonoma, ma piuttosto come un processo impermanente, condizionato e interdipendente, come tutti gli altri ...). Concordo quindi con Sgiombo sull'impossibilità di dimostrare razionalmente l'esistenza di altri soggetti, ma solo se ne può accettare ragionevolmente l'esistenza  "per fede irrazionale" (una specie di "sensazione",forse???...).
Anche la visione della "fine" di altri soggetti-altro-da sè è una rappresentazione che il soggetto si fa della morte, essendo impossibilitato a vedere l'opposto da sè, ossia la morte come non-soggetto, così come la lama di un coltello non può tagliare se stessa.
Cosa succede alla fine del soggetto è uno degli indecidibili (avyakrita). Problemi irrisolvibili per la razionalità.
Tenendo a mente che "fine" è solo un concetto utile e convenzionale. Ciò di cui il soggetto fa esperienza è sempre "trasformazione", mai fine.
Spero si capisca...l'afa che opprime Villa Sariputra mi ottenebra assai, in questi giorni... :(
Ottima obiezione: erodendo come si deve ogni fondamento di certezza empirica ed esperienza concreta, sono io sola (al mondo). 8)
#520
Citazione di: Ercole il 17 Luglio 2018, 21:13:18 PM
Propongo una riflessione: come si può fondare razionalmente il fatto che il Mondo continuerà ad esistere dopo la fine del Soggetto? Da dove deriva la certezza che la Realtà non cessi interamente con la fine della mente che la pensa?
Partirei dal fatto che innanzitutto siamo testimoni della morte di altri soggetti. È alla vita e al mondo che si muore.
#521
Amicizia stellare. Eravamo amici e siamo diventati estranei. Ma è giusto così, e non vogliamo né dissimularcelo né tenercelo oscuro, come se dovessimo vergognarcene. Siamo due navi, ciascuna delle quali ha la sua meta e la sua traiettoria; potremmo certo incrociarci e celebrare una festa insieme, come abbiamo fatto, - e poi le due brave navi potrebbero starsene tranquillamente in uno stesso porto e sotto uno stesso sole, cosicché si potrebbe pensare che siano giunte alla meta e che avessero una meta comune. Ma poi l'onnipotente violenza dei nostri compiti ci separerebbe ancora, spingendoci in mari e sotto soli diversi, e forse non ci rivedremmo mai più: oppure ci rivedremmo, - ma senza riconoscerci, perché mari e soli diversi ci avrebbero cambiato! Il fatto che dobbiamo divenire estranei è la legge sopra di noi: ma proprio per questo dobbiamo divenire anche più degni di noi! Proprio per questo il pensiero della nostra amicizia di un tempo si fa più sacro! Esiste, probabilmente, una curva, una traiettoria stellare immensa e invisibile di cui le nostre strade e mete tanto diverse possono costituire piccoli tratti: eleviamoci a questo pensiero! Ma la nostra vita è troppo breve e la nostra vista troppo scarsa perché possiamo essere più che amici nel senso di quella sublime possibilità. Crediamo dunque nella nostra amicizia stellare anche se, sulla terra, dovessimo essere nemici.
#522
Citazione di: Kobayashi il 17 Luglio 2018, 11:42:20 AM
Scrive Deleuze: "Non si insisterà mai troppo nel sottolineare quanto siano estranee a Nietzsche e alla concezione della volontà di potenza le nozioni di guerra, di rivalità o anche di confronto. Non che egli neghi l'esistenza della lotta, ma non la ritiene affatto creatrice di valori. Tutt'al più, i soli valori che essa crea sono i valori dello schiavo che trionfa: la lotta non è principio o motore della gerarchia, ma mezzo di cui lo schiavo si serve per rovesciare la gerarchia. La lotta non è mai espressione attiva delle forze o manifestazione di una volontà di potenza che afferma, e il suo risultato non esprime affatto il trionfo del signore o del forte. Al contrario, la lotta è il mezzo con cui i deboli, in quanto più numerosi, riescono a prevalere sui forti."
Seguendo l'interpretazione di Deleuze direi che comunque, se non erro, la volontà di potenza essendo sottesa, o meglio, intrinseca alle forze che plasmano i fenomeni, ha una valenza genetica per quanto riguarda la gerarchia valoriale che viene a crearsi, crea differenza e pluralità. Concordo che le nozioni di lotta, guerra e rivalità comunemente intese nel passo che hai postato, siano estranee al concetto di Vdp, tuttavia ritengo che la guerra, nel senso eracliteo del termine, giochi un ruolo importante nella concezione nietzschiana della Vdp.
#523
Ma per Nietzsche e Spinoza stesso non ritengo proprio sia così, viene prima la polis dell'individuo, è inimmaginabile una vdp individualistica posta in questi termini, se non in senso reattivo. Se me lo consenti, nè per l'uno, nè per l'altro. La realtà non è individuale.
#524
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Luglio 2018, 10:29:25 AM
Vorrei provare a ragionare e far ragionare sulla "volontà di potenza", di cui molto si è scritto e molto spesso
nei soliti termini (forza, sopraffazione etc.), vista da una prospettiva diversa.
E' vero che Nietzsche spesso la descrive egli stesso in quei termini, ma è altrettanto vero che egli la intende
essenzialmente come il, diciamo, "motore primo" di ogni agire umano.
Da questo punto di vista dicevo provocatoriamente che forse persino S.Francesco e Madre Teresa erano animati da
volontà di potenza. Perchè appunto il loro "motore primo" era la volontà che le loro idee e i loro principi
morali avvessero a "primeggiare", ad "imporsi", su quelli che essi ritenevano "dis-valori" (dal punto di vista
religioso Dio "vince" il demonio).
Sappiamo bene che per la filosofia anglosassone, fin almeno da Hobbes, il "Bene" è ciò che viene desiderato e che
piace all'individuo.
Dunque per gli Anglosassoni l'utile individuale, che è "motore primo" dell'agire umano (l'uomo agisce sulla base
di ciò che gli procura piacere o dolore) è anche ritenuto sommo "Bene" (in quanto, nel sostrato metafisico alla
base di questa visione, vi è un "grande orologiaio" che fa sì che l'utile dell'individuo corrisponda all'utile
della collettività, cioè che si configuri come "Bene" in assoluto).
Io trovo che nella volontà di potenza Nietzsche recuperi in qualche modo la concezione anglosassone, ma per così
dire la "depuri" dal grossolano elemento metafisico in essa presente (ed ancora presentissimo in certe sfumature
della contemporaneità, basti guardare alle teorie economiche neoclassiche).
L'uomo agisce sulla base di ciò che gli procura piacere o dolore, chiaramente perseguendo il primo termine e
cercando di evitare il secondo. E visto che piacevole è senz'altro il primeggiare (delle proprie idee e principi
ma anche di se stessi), ecco allora che vero ed autentico Motore Primo diventa una volontà di potenza che va
ad obliare e a succedere al Motore Primo aristotelicamente (poi religiosamente) inteso.
Credo in definitiva che buona parte delle ragioni della visione filosofica nietzscheiana vadano ricercate proprio
nella filosofia anglosassone e nel suo concetto di "Bene".
La volontà di potenza, dunque, come volontà di perseguire ciò che piace e che è utile. Senza "orologiai" o
infingimenti che ne ammantino ipocritamente la cruda realtà.
saluti
Trovo il concetto di volontà di potenza estremamente polivalente e questo punto di vista lo trovo interessante per una serie di ragioni, però ho una domanda, anzi più d'una: questo perseguimento di "ciò che piace e che è utile" come è conciliabile con l'assenza di scopi e fini verso cui è diretta suddetta vdp, se non sè stessa ovviamente? Il "bene" verso cui è "diretta o persegue" (uso un linguaggio improprio), non è forse l'aumento della propria potenza? Ma come "è" allora il primo motore immobile, potenza di potenza? arriviamo a Spinoza?
#525
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Giugno 2018, 19:41:23 PM
Perdonatemi ma trovo che la vostra posizione (certamente rispettabile e forse, per certi versi, anche condivisibile)
sia, come dire, esageratamente sbrigativa. E che poco faccia i conti proprio con il concetto di "relazione".
Affermare infatti che qualcosa (in questo caso l'assoluto) non "esiste" significa affermarlo in maniera assoluta.
Anche in questo caso mi rifaccio all'etimologia del termine "ex-sistere"; che vuol dire "stare saldamente fuori".
Fuori da che cosa? Naturalmente dall'interpretazione soggettiva; cioè dal relativo.
Trovo superfluo premettere "per me" (l'assoluto non esiste); ognuno di noi è in un certo qual modo "costretto" ad
esprimersi per assoluti (come il genio di Nietzsche ha intuito); essendo il silenzio la sola alternativa possibile.
Trovo perciò inevitabile, necessario, che tra il relativo e l'assoluto (come concetti, non certo come essenti
"concreti") si stabilisca una qualche relazione.
A mio modesto parere, l'identificazione fra assoluto e tutto (come fra relativo e molteplice) confonde e rende tutto
il discorso "distorto", ed appunto perchè troppo individua in questi due termini una esistenza "concreta" (che cioè
ha una posizione spazio-temporale).
saluti

(chiedo scusa all'amico Sgiombo: ho scritto questa risposta senza aver letto la sua)

Ecco si, appunto, carissimo Sgiombo, mi sembra tu abbia ben "inquadrato" il problema.
Dicevo di Nietzsche, il quale nei "Frammenti postumi" dice: "nell'eterno fluire delle cose di nulla potremmo dire
che è".
Cioè non potremmo mai, senza ricorrere all'assoluto, affermare che questa cosa E' questa cosa.
saluti e stima.
mauro
Quasi nulla potremmo dire che è tranne il divenire stesso, forse, che permane. Ciò che non diviene , non muta è il mutare stesso.
Come intravide Eraclito e sulla sua scia Nietzsche, al divenire i caratteri dell'essere...