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Messaggi - iano

#5191
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Se naufraghi ,
12 Dicembre 2019, 22:01:53 PM

Sono arrivato a mi hai stufato e non vado a leggere oltre.
Senza malevolenza.
Ciao.
#5192
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Se naufraghi ,
12 Dicembre 2019, 17:04:28 PM
Ciao Myfriend.
Guardare all'Europa è come guardarsi l'ombelico in questa era globale .
Il populismo significa qualcosa in quanto fenomeno globale , e non in quanto fenomeno nuovo in se'.
Nessuno conosce la risposta giusta al nuovo problematico quadro mondiale.
Sarebbe saggio quindi astenersi dal dare risposte.
Però la gente vuole risposte , presa da ansia.
L'ansia che deriva non dal prendere bastonate , ma dal non capire da dove arrivano.
Arrivano dalla nuova situazione globale , quindi da nessuno soggetto specifico , Francia , Germania o altro.
A questa ansia tutti danno e si danno la stessa risposta.
Quella che ognuno vuol sentirsi dire .
Quella sbagliata.
Possibilmente una risposta dove venga suggerito l'untore di turno , Germania , migranti o altro , su cui poter sfogare la propria rabbia.
Non mi sembra cosa saggia.
Preferisco sospendere la risposta .


#5193
Tematiche Culturali e Sociali / Se naufraghi ,
10 Dicembre 2019, 02:20:25 AM
avendo il dono di prevedere il futuro , vi fareste salvare dal Titanic?
Questo mi sembra facciano oggi quelli che abbracciano certi populismi.
#5194
Attualità / Re:Un momento di transizione...
10 Dicembre 2019, 01:36:12 AM
Benvenuto Mikos.
La transizione è verso la globalizzazione che nessuno è in grado di governare , e se alcuni anacronistici nazionalismi , come quello cinese e russo , sembrano avere adesso buon gioco , è solo perché rappresentano una buona fetta del globo.
Giocano ancora a un vecchio gioco dal quale l'america stessa si è ritirata , e se anche lo ha fatto malamente , ha fatto un passo che col tempo sarebbe diventato comunque obbligato.
Una volta che anche Russia e Cina saranno obbligati a questo passo ( e la Cina mi pare più vicina a ciò di quanto non sembri) e tutte le vecchie politiche inattuali saranno messe da parte , allora inizieremo a capire come si delineerà la nuova politica del mondo globalizzato.
L'Europa non si fa' , azzardo ipotizzare , non perché ostacolata dal risorgere dei nazionalismi , ma perché occorrerebbe una spinta nazionalistica ormai inattuale.
Le nuove spinte sovraniste sono destinate ad esaurirsi essendo la risposta sbagliata alla crisi di transizione.
Tutti sanno che è sbagliata. lo sa' la Russia , lo sa' la Cina e lo sa' la Turchia , ma una risposta bisogna dare e nessuno ne conosce altra.
Chissa' che la risposta giusta non nasca proprio in quella Europa , anch'essa buona fetta del globo , senza che mai sarà nazione , anche se è vero che da essa non si esce, non conviene , non sta bene , come se fosse una nazione.
Non si esce perché , come non si esce dal globo , non si esce da una sua parte.
L'inghilterra ci sta dando una dimostrazione di ciò.
Non sono più le nazioni , grandi o piccole, unite o federate o altro , i soggetti relazionali , ma le culture.
In tal senso l'Europa c'è , e la Russia , che piaccia o meno ,ne è parte.
Quanto potranno durare soggetti politici fuori dal tempo come Putin?
La stessa saggezza cinese ci insegna che basta aspettare.
Le nazioni sono inattuali se permettono a Bolsonaro di distruggere l'amazzonia.
Gli indigeni dell'amazzonia su questo sembrano molto avanti.
Salvate l'amazzonia dicono , ma non per salvare loro .
Direi che al momento viviamo in un mondo dove tutti , su piccola e grande scala , danno la risposta sbagliata al problema , solo perché è l'unica che conoscono.
Una risposta affidabile e ben collaudata, ma buona per un mondo che non c'è più.

#5195
Tematiche Filosofiche / Re:Dei pregiudizi dei filosofi
28 Novembre 2019, 01:11:42 AM
@donquixote
Ottimo argomento , anche se lungo e prolisso per me.
Qualcosa però mi pare di avere acchiappato , e cerco qui di sviluppare il mio punto di vista.

Partiamo da qui.

Se è vero A allora ne segue che è vero B.

Diciamo che questa è...la madre di tutte le affermazioni ...

La definizione di verità è chiusa dentro questa affermazione matematica?
Non resta che estrarla.

Si afferma in sostanza che esistono affermazioni all'apparenza diverse , ma in effetti equivalenti.
Esistono cioè modi diversi di dire la stessa cosa , e ciò è dimostrabile.

Non si dice però che esistono affermazioni vere in modo incondizionato

In termini di definizione di verità non siamo riusciti rispetto alle nostre aspettative ad estrarre un gran che' dalla madre di tutte le affermazioni .
Ma se a ciò non serve a cosa serve questa affermazione madre?
Perché essa non sia un puro esercizio formale occorrerà dire che è utile avere diversi punti di vista sulla stessa cosa.Il punto A piuttosto che il B , etc.....
Utilita' non e' però alternativa a verità, come tu ben dici , ma da quanto sopra detto si capisce forse da dove nasce questo scorretto meccanismo di sostituzione.
Noi sappiamo che la madre di tutte le frasi, pur avendo un puro aspetto formale , non perciò risulta un vuoto passatempo , se è vero che la matematica risulta cruciale , se non per l'evoluzione dell'uomo , cruciale nel comprenderne l'essenza , o , se si vuole debordare , secondo me impropriamente , nel comprendere l'essenza del mondo.
La madre di tutte le affermazioni non ci dice cosa è la verità, in quanto è essa stessa un pregiudizio , perché non esistono affermazioni che non siano pregiudizi , e a questa sorte non sfugge dunque la frase di tutte le frasi.
La frase alla quale , per nostra libera scelta , conformiamo tutte le altre , non perciò gode di particolari privilegi.
Se è vera la madre di tutte le affermazioni , allora è vera la scienza.
Ma la madre di tutte le frasi non è vera , e la verità della scienza rimane perciò sempre sospesa.
Quindi mi rimangio qui l'aver sostituito io in altri contesti  , come molti altri , utilita' a verità , e tengo per me certe intuizioni illuminanti che questa discussione pur mi ha portato , per non fare la figura del sincero babbeo , anche se temo questa dovrebbe essere la massima metà di ogni filosofo.
Non mentire a se stessi , o meglio , più propriamente , non costruire pregiudizi ad arte , perché ciò non distinguerebbe il filosofo da matematico , che infatti perciò una volta distinti non erano.
Ognuno di noi è esso stesso un libero pregiudizio, libero perché con l'illusione dell'autoderterminaziome , presto smentita dall'inevitabile quota di conformazione al tempo e al luogo.
Tutto quello che possiamo fare è non tradire questa illusione, fosse anche solo perché ciò ci consente di esporre le stesse cose in altri termini , secondo diversi punti di vista , anche quando la parte che recitiamo ci sia stata assegnata dal caso.
Tutto quello che possiamo fare è recitare bene la nostra parte , e l'unico modo per farlo è crederci.
Ma se pure noi , come i pregiudizi, siamo figli della storia , a seconda di come là si scrive  i pregiudizi nella storia non sembrano tutti uguali , al punto che a turno alcuni vengono creduti veri.
La verità dunque deriva da quella fantastica e meravigliosa debolezza  umana che è la capacità di credere , dove credere nella parte che si recita rende vera la rappresentazione, almeno per il tempo che dura.

#5196
Citazione di: Phil il 02 Novembre 2019, 12:32:42 PM
Citazione di: iano il 02 Novembre 2019, 01:38:30 AM
Non esiste misura senza osservatore.
L'osservatore potrebbe influenzare la misura.
Aggiungerei, per aumentare la "scomodità", che non esiste misura senza strumento/tecnica di misura, e che l'osservatore influenza (l'uso del)lo strumento/tecnica che influenza la misura.

Citazione di: iano il 02 Novembre 2019, 01:38:30 AM
Sapere che la palla esiste e che ha una posizione è propedeutico alla misura , ma non è parte della misura.
Questa consapevolezza dell'osservatore , in quanto espressione dell'osservatore , può essere considerata superflua , quindi eliminata , in quanto potrebbe influenzare la misura.
Quindi , ai fini di una buona misura , noi non sappiamo che la palla esiste e che ha una posizione.
Eppure l'influenza di quel presupposto di esistenza è imprescindibile: se non suppongo che esista una palla e che sia situata nell'area a cui rivolgo la misurazione, la misurazione stessa non può letteralmente avere luogo. Più che «eliminata» in quanto «superflua», forse la supposizione di esistenza va considerata come necessaria ipotesi-guida della misurazione (almeno fino a prova contraria).

Citazione di: iano il 02 Novembre 2019, 01:38:30 AM
Lo sappiamo solo quando misuriamo la sua posizione, ed essa esiste e ha una posizione solo nel momento in cui misuriamo.
Non possiamo da ciò dedurre che essa esiste ed ha una posizione prima e dopo della misura anche se noi lo abbiamo percepito , perché la percezione dell'osservatore non è un dato scientifico.
Tuttavia, la misurazione e i suoi risultati, non rientrano essi stessi nelle percezioni dell'osservatore? Il ruolo dello strumento è esentato dal dubbio percettivo, ma in fondo lo strumento, proprio come l'osservatore, non è mai irrilevante nei confronti dei suoi stessi risultati (talvolta persino "indeterministici").
Posso solo ipotizzare , avendone indizi , che esistono le palle.Quindi costruisco un misuratore di palle e quando ottengo una misura so' che lì c'è una palla.
È sufficiente quindi un presupposto di esistenza , come dici tu.
Quando misuriamo le particelle mi pare facciamo così.
Le misure rientrano nelle percezioni dell'osservatore , ma ne sono solo una parte cui segue un interpretazione, che alla fine ci consente di " vedere" una particella.
Non si tratta di un processo sostanzialmente diverso dal percepire una palla, e non è neanche scevro dall'essere influenzato da pregiudizi che entrano attraverso l'interpretazione.
Possiamo fare una analogia fra i diversi processi e confrontarli utilmente , mettendo a confronto i relativi pregiudizi.
Così ad esempio mi sentirei di dire che la palla , mentre non la vedo , non so se esiste e mentre una particella non la misuro , io non so se esiste.
Posso supporre che palla e particella esistono anche quando non vedo e non misuro , finché ciò non provoca problemi.
Il fatto che nel caso della palla tale supposizione non provoca problemi , ciò non ci autorizza a concludere che questa aproblematicità possa valere anche per la particella.
In effetti la MQ mi pare ci dica che non vale.
Si è soliti dire che la natura è duplice , onda /particella e questa presupposizione è problematica.
Quando non la misuro è una funzione d'onda , quando la misuro è una particella.
Questo fa' a botte con l'idea che abbiamo di esistenza , idea che potrebbe essere essa stessa un pregiudizio, una costruzione dell'osservatore , che va' bene finché non da' problemi.
Se si tratta di costruzioni allora va bene dire che è una particella piuttosto che una funziona d'onda , perché non è in effetti ne' l'una ne' l'altra.
#5197
Non esiste misura senza osservatore.
L'osservatore potrebbe influenzare la misura.
Occorre curare in modo maniacale quindi che esso sia il meno invasivo possibile.
Consideriamo il seguente esperimento.
Ho una palla posizionata su un tavolo da biliardo.
Voglio misurare la sua posizione rispetto al tavolo.
So già che la palla esiste  e ha una posizione in modo sufficientemente permanente.
Voglio misurare la posizione.
Sapere che la palla esiste e che ha una posizione è propedeutico alla misura , ma non è parte della misura.
Questa consapevolezza dell'osservatore , in quanto espressione dell'osservatore , può essere considerata superflua , quindi eliminata , in quanto potrebbe influenzare la misura.
Quindi , ai fini di una buona misura , noi non sappiamo che la palla esiste e che ha una posizione.
Lo sappiamo solo quando misuriamo la sua posizione, ed essa esiste e ha una posizione solo nel momento in cui misuriamo.
Non possiamo da ciò dedurre che essa esiste ed ha una posizione prima e dopo della misura anche se noi lo abbiamo percepito , perché la percezione dell'osservatore non è un dato scientifico.
Parimenti possiamo dire quando misuriamo una particella che sfugge alla nostra percezione.
Non sappiamo se esiste e se ha una posizione prima e dopo della misura , ma possiamo solo ipotizzarlo finché tale ipotesi non entri in conflitto con le risultanze sperimentali.
Non possiamo fare l'analogia con la palla da biliardo , perché in tal modo rendiamo l'osservatore invasivo facendo entrare i suoi pregiudizi nell'esperimento , e anche se l'ipotesi nasce ovviamente dall'analogia , l'ipotesi , una volta fatta , deve restare indipendente dai pregiudizi che l'hanno suggerita.
La misura di una particella e la percezione di una palla sono due cose distinte e separate, anche se quando penso a una particella non posso fare a meno di pensare a una palla.
Questa analogia può essere utile , ma non è necessaria.
Se non poniamo maniacale attenzione a tutto ciò il rischio è quello di raccontarci delle palle.😇
#5198
Citazione di: baylham il 28 Ottobre 2019, 01:23:35 AM
Non condivido la svalutazione della tecnica, che è un fatto naturale: qualunque sistema ecologico è anche un sistema tecnico.
Concordo.
Inoltre.....
L'utopia DIO e l'utopia TECNICA non sono propriamente alternative , ne' necessariamente esclusive , potendosi passare da una all'altra eliminando Dio dall'insieme delle cause che generano gli avvenimenti naturali.
Un operazione banale se non fosse per l'importanza del soggetto e le conseguenze etiche dell'operazione , così che un tempo potevamo fidarci del peggior nemico, mentre oggi non possiamo fidarci del miglior amico.
L'utopia ecologica è parte integrante di quella tecnica.
Non rimane da chieresi se non ci sia ancora qualche causa ipotetica dì troppo da eliminare per passare a una terza utopia , con immaginabili nuove conseguenze etiche.
Questa ipotetica causa , se c'è, sembra ben nascosta , non vi pare?
Se non la vediamo il motivo potrebbe essere che ci nuotiamo da sempre dentro.
Potrebbe essere quindi la centralità dell'uomo?
La storia della scienza , e quindi della tecnica , si può scrivere in effetti come la storia del progressivo decentramento dell'uomo dal creato.
Occorre forse ancora uno step.
Quello che è certo è che finché reggeva l'utopia DIO ciò non era possibile.
Nn dico che sia una strada in discesa , però è tracciata , mi pare.
La TECNICA ecologica ci dice che non solo non ha senso mirare dritto all'uomo snobbando la vita degli altri esseri,
perché seppure fra i diversi esseri c'è conflitto, noi non potremmo vivere senza la collaborazione di mutuo soccorso con quei virus che possono pure ucciderci.
Ogni singolo essere vivente è in effetti un ecosistema complesso fatto di più esseri , con buona pace della centralità dell'essere umano.
Essere umano?
Non inizia a suonarvi strano questo termine , come un ipotesi superflua?
Certo le conseguenze etiche non sarebbero da poco come detto sopra.
Pazienza , visto che le etiche si mettono e si tolgono , come etichette.😇
#5199
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2019, 22:48:29 PM
Salve Iano. Osservo : "Ma il fenomeno succitato ci dice che non crediamo agli angeli , anche se li vediamo , restando nell'ambito percettivo".
C'è chi crede agli angeli senza averne mai visti, chi non vi crede pur vivendo in loro compagnia psichica o mentale....................

Come SEMPRE ovvio ma MAI sottolineato, il problema sta nel manico, cioè nel volere (moltissimi non lo VOGLIONO) o nel saper definire (moltissimi non SANNO farlo) ciò che vedono ed cui credono o dubitano.

Io posso avere una visione ma - non credendo in via pregiudiziale agli angeli così come descritti da una qualche fede o letteratura - potrei tranquillamente e sinceramente affermare di aver visto tutt'altro personaggio (da un artista circense alla donna dei miei sogni). Altri invece, davanti alla identica visione, in base ai loro propri canoni e persino desideri e bisogni psichici potrebbero mettersi a strillare di aver visto la Madonna.

La meccanica della percezione è (quasi) uguale per tutti (vedere appunto sua descrizione scientifica) ma ciò che conta è l'interpretazione prima PSICHICA poi MENTALE (eh sì, conta moltissimo anche il fatto culturale).

Ovvio quindi che alla base del tutto stia l'atto di fede, il CREDER VERO, non importa su quali basi. Come già più volte ho affermato, VERITA' e REALTA' sono concetti esclusivamente umani, relativi e soggettivi e consistono semplicemente in ciò che noi crediamo (in alcuni casi persino in ciò che noi SPERIAMO) essere vero.

Conosci forse qualcuno che non consideri vero ciò in cui crede ??. Saluti.
Ciao Viator.
In effetti la visione più frequente delle persone affette dalla sindrome di Charles Bonnett consiste nel vedere persone piccole , ferme o in movimento.
In genere però chi ne soffre , più che impressionato si dice divertito dalle incredibili visioni , che sono relative comunque a persone anziane con forti menomazioni alla vista.
Normalmente comunque l'elaborazione dei dati visivi (sostanzialmente fotoni) è di enorme complessità e impegna gran parte del cervello , sebbene a noi la visione appaia come cosa immediata , non avendo coscienza di tale super lavoro, che sostanzialmente è un lavoro interpretativo che inizia già a partire dagli occhi, che sono quindi ben lungi dal potersi esemplificare come una macchina fotografica.
Un gran lavoro interpretativo è necessario anche per i dati scientifici , dove l'interpretazione però è perlopiu cosciente .
La differenza quindi fra i due sistemi , percezione e scienza , è nell'uso della coscienza , ma non nella sostanza.
Quindi semplificando molto la scienza è l'esplicitazione della percezione.
Essendo la scienza giovane ha cercato inizialmente di rottamare la percezione.
L'uso in negativo del termine allucinazione è parte di questo tentato parricidio.
Non resta che chiedersi quali allucinazioni , in un senso buono da dare al termine, sono relative alla scienza?
I difetti della scienza quindi , rispondendo anche a Jacopus, più che da correggere , sono da indagare per far luce su quello che è il processo scientifico , che del tutto esplicito in effetti non è .
Un atto di fede a me sembra faccia capolino nei due sistemi.
Un atto di  fede cieca è alla base della scienza come della visione?😊
Cieca si , ma non immutabile come la scienza ci insegna , se ogni suo progresso assomiglia a una guerra di religione.
Così mi piace dire che la scienza più che sul dubbio è fondata su una fede presa in prestito.
Le visioni sono spesso causa di fede , ma è vero e fondamentale il contrario .
Quando il cervello decide che l'elaborazione dei dati in ingresso è andata a buon fine.
Con quale atto?
Forse la scienza c'è lo può dire , per analogia.
La fede è come un punto che mette fine a una frase , ma non chiude mai il discorso.
Quasi una ineluttabile necessità tecnica.
#5200
La scienza ci rivela i meccanismi della percezione svelandoci che quest'ultima è ingannevole.
Sicuramente è ingannevole nella misura in cui abbiamo creduto a ciò che vediamo.
In sostanza la scienza ci dice che a fondamento della nostra visione del mondo prescientifica vi è un atto di fede.
Vediamo il mondo non perciò che è ma perciò che crediamo che sia.
Non si può negare però che il sistema percettivo presenti una struttura coerente nella sua fallacita' se normalmente tutti siamo soggetti alle stesse allucinazioni.
In alcuni soggetti questa coerenza ha delle falle.
Chi è affetto dal fenomeno di Charles Bonnett vede cose che sanno non esistono .Sanno che non esistono nel senso non banale che hanno la consapevolezza che non esistono.
Il fatto è che anche ciò vediamo e che abbiamo la consapevolezza che esiste non è meno ingannevole.
Cioè i meccanismi che presiedono alla visione normale sono gli stessi che presiedono alle visioni alterate.
Ma per quale motivo siamo portati a pensare che i meccanismi che presiedono alla ricerca scientifica non siano gli stessi?
Perché è stata la scienza a svelare che la percezione è ingannevole?
Ma il fenomeno succitato ci dice che non crediamo agli angeli , anche se li vediamo , restando nell'ambito percettivo.
Quindi l'atto di fede di credere in ciò che vediamo è vero  fino a un certo punto, senza bisogno di tirare in ballo la scienza.
Ora che abbiamo trasferito la nostra fede da ciò che vediamo a ciò che "scientifichiamo" non dovremmo quindi sorprenderci se alla scienza non sempre ci crediamo , e possiamo ben immaginare in futuro una iperscienza che ci sveli quanto la scienza sia fallace.
Così sveleremo i difetti della scienza , che in analogia ai difetti percettivi , ci aiuteranno a renderne espliciti i meccanismi , i quali , sono pronto a scommetterci , risulteranno fatti della stessa sostanza di quelli percettivi.
Potremmo così capire ad esempio da dove nasce la babele interpretativa della scienza attuale che crea falle nella nostra fede scientifica.
Forse più che il dubbio alla base della scienza , c'è  una fede presa solo in prestito.
In matematica si chiamano assiomi , ai quali diamo la nostra fede in prestito.
Forse non è così difficile capire allora l'efficacia della matematica nello svelarci l'essenza della realtà, o almeno così noi crediamo.
L'apparente paradosso dell'efficacia della matematica nasce dalla non completa consapevolezza  che alla base vi è celato un assioma di fede.


P.S. Ho usato qui il termine percettivo con la imprecisione di un non addetto ai lavori, ma spero si chiaro il senso.
#5201
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
19 Ottobre 2019, 03:31:40 AM
Insieme infinito,  attuale , come precisa Epicurus.
Cosa che abbiamo digerito da un pezzo con non poca fatica.
Ma se gli cambiamo nome , e lo chiamiamo universo blocco , ricominciano i mal di pancia. O no?😂
L'analogia mi sembra feconda e ognuno può trarre le sue filosofiche conclusioni.
Se la matematica esiste realmente in un mondo a parte, siccome in esso l'infinito attuale ha luogo , allora un universo blocco potra' esserlo , reale , altrettanto.
Per chi pensa invece alla matematica come utile artificio tale considerera' anche l'universo blocco , dove il tempo può essere declassato a quarta dimensione .
Perché no ? Se viene bene.
Possiamo anche dire che la terra gira intorno al sole , se viene bene . E infatti lo diciamo , pur essendo solo un artificio senza corrispondenza alla realtà.

#5202
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
19 Ottobre 2019, 02:51:29 AM
A proposito.....ma come fa' il gemello che "vola sul razzo" a restare più giovane, rispetto a quello che resta "fermo" a terra , se non esiste la velocità assoluta?
Si potrebbe infatti dire parimenti ,essendo là velocità relativa ,che quello che "vola sulla terra" resta più giovane rispetto a quello che resta "fermo" sul razzo.
Questo esperimento è stato fatto più volte e confermato con orologi atomici al posto dei gemelli . Le "lancette" dell'orologio in volo "girano" più lentamente.
Se ciò succede deve esserci una causa , che non può essere però la differente velocità, perché in assoluto differente velocità è espressione priva di senso.
Chiaro è invece il caso degli orologi posti a terra e , in alternativa , sul tavolo , dove la causa del diverso girare delle lancette  , la maggiore vicinanza a una massa , ha un senso assoluto.
Immagino inoltre che , nonostante la strabiliante precisione degli orologi atomici , questa non è tale da valutare l'effetto della differente velocità angolare degli orologi posti a terra e sul tavolo , che infatti non ho mai sentito chiamare in causa.Oppure perché il suo effetto è relativamente trascurabile.
Per gli stessi motivi immagino non si chiama in causa la differente altezza del razzo.
Chi sa' rispondere.🤨 ?
Rileggendo il post introduttivo di Epicurus ho trovato illuminante l'esempio sui numeri naturali visti come serie crescente o in alternativa insieme infinito , quest'ultimo usato per dare l'idea dell'universo blocco.
#5203
In effetti quando la meccanica quantistica ammette il puro caso , sta di fatto dicendo che la partita della conoscenza in se' è stata persa , e questo è tanto più vero quanto è vero che la MQ si mostra mostruosamente utile nell'interagire con la realtà .
Giocoforza quindi i fisici si rassegnano a concentrarsi esclusivamente sulla sua applicazione , e se continuano a farlo senza cadere nel nichilismo magari è perché lo considerano come quello un bel gioco.
La vera rivoluzione della MQ è un altra.
Non sembra essere un gioco per tutti.
Non sembra permettere una percezione comune diversamente da come è successo finora.
La percezione comune non è più una priorità?
O forse semplicemente qualcosa di altro sta sostituendosi ad essa , o meglio si stanno esplicitando i suoi meccanismi.
Ma qualcosa che al pari della percezione funziona fuori dal nostro controllo cosciente.
Qualcosa che somiglia all'intelligenza artificiale?
Spero si capisca che sto andando a ruota libera per provocare.
A malapena in effetti so' di cosa parlo.🙏
P.S.
Ma riflettiamoci bene.
La MQ ammette il puro caso senza saperci dire cosa sia.
Vi pare logico?
Non sarà che vuole dirci altro , ma non ha le parole per dirlo ?

#5204
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 21:55:58 PM
Se la realtà fosse indistinta si cadrebbe inevitabilmente nella contraddizione che il conoscitore é incluso in ció che cerca di conoscere. Ma, per nostra fortuna, caso o intelligenza, abbiamo sezionato la realtà in sottorealtà che possiamo conoscere e determinare da fuori e questo ci salva dal nichilismo e dal caos.

Entro certi umanissimi limiti, ma al cui interno ci si può divertire assai, sperimentando e inventando.
Proprio il divertimento , il gioco per il gioco , mi auguro sia un valido succedaneo motivazionale alla più pomposa pretesa della conoscenza in se'.
Ma se siamo stati noi a sezionare la realtà ciò non equivale a dire che la realtà sia fatta di sezioni.
La sezione è il prodotto della nostra interazione con la realtà , ma non la realtà.
Dalla conoscenza del risultato di una operazione matematica non posso risalire al calcolo che lo ha generato , ma se il risultato è utile posso indurre che dietro ci sia un algoritmo che non equivalga al caos totale.
Laddove il caos  non equivale a una mancanza di ordine  , ma a un ordine difficile da controllare fino ad apparire il suo contrario.
Noi non siamo neanche in grado di concepire la mancanza di ordine , il caso puro.
Non abbiamo una vera definizione per esso.
Il nichilismo è un rischio  un rischio da correre.
Se tutti ci convinciamo che la conoscenza in se' non è possibile rischiamo il nichilismo.
Per evitare il nichilismo dobbiamo credere nelle favole?
Possibile non trovare una spinta motivazionale diversa?
Il gioco per il gioco a me piace e non chiedo di meglio che divertirmi.
Però voglio un gioco le cui regole non siano fatte per farmi vincere a tavolino.
Non un gioco in cui si fa' vincere il bambino perché sennò va' in depressione.
Ammettere la possibilità della conoscenza in se' equivale a dire che la partita potrebbe essere lunga, ma che la nostra vittoria è gia' scritta nelle regole del gioco.
Non abbiamo neanche il coraggio di dire che la conoscenza in se' è un concetto che suona vuoto , come vuoto suona ad esempio quello di puro caso.
Parliamo di puro caso quando , avendo perso la partita, accusiamo la realtà di barare.
Possiamo indurre il concetto di puro caso da una situazione che casuale non è, ma che tale appare per la nostra difficoltà a gestirla.
Allo stesso modo induciamo una conoscenza in se' possibile dalla constatazione che è possibile una utile interazione con la realtà.
Non esiste alcuna conoscenza in se' , come non esiste il puro caso per il motivo che se ne dovessimo dare una definizione assoluta non saremmo in grado di farlo.
Possiamo parlare di caso solo a partire da una situazione confusa, ma non disordinata.
Possiamo parlare di conoscenza in se' solo a partire da una conoscenza pratica e relativa.
E non viceversa.


#5205
@Apeiron
Grazie per le tue risposte.
Possiamo chiederci cosa succederebbe se tutti ci convincessimo che il mondo non può essere compreso?
Entreremmo in depressione? Butteremmo la spugna?
La coscienza , cosa in se' non necessaria, necessita di un motivo? Come ad esempio della ricerca della conoscenza in se'.
Cosa succede se glielo togliamo?
Noi possiamo aspirare a saltare da questo nostro stato ad un altro ,diciamo così superiore, se la conoscenza in se' è possibile.
Ma se la conoscenza in se' include l'osservatore allora non possiamo sperare nel cambio di stato , perché inquinata da uno stato inferiore che si ritrova nel prodotto finale.
La semplificazione di escludere l'osservatore quindi viene da se' , e non nasce da una semplificazione, ma da un autoesaltazione delle nostre potenzialità ,essendo comunque non una scelta semplificativa , ma un dato di fatto ineliminabile.
Tutto ciò a me sembra una scoria del buon lavoro che fa' la coscienza, quando il suo apporto è utile.

La coscienza deve essere motivata come un dipendente che si voglia far rendere al massimo.
Sappiamo che l'evoluzione della scienza contempla storicamente un cambio di paradigma , complicato , se non doloroso.
Complicato perché coinvolge tutti , seppur a diverso livello.
Sincronizzare tutte le coscienze non è cosa da poco , ma cosa necessaria , se la scienza non ha un senso ontologico ne' epistemologico , ma altro.
Altro che non ha a che fare con l'uomo , ma con l'umanita' Così per la scienza come per la percezione, dove la scienza può spiegarci il mistero di una percezione che se non si può dimostrare essere comune , ancor più non si riesce a dimostrare il contrario.
Non so' se in ciò la coscienza possa trovare buoni motivi per il suo lavoro in alternativa alla conoscenza in se'.
Quello che è certo secondo me è che , se la coscienza non avesse bisogno di essere motivata , la scienza ne uscirebbe potenziata , e potremmo meglio concentrarsi su come fanno le percezioni soggettive a sincronizzarsi fino al punto da dare l'illusione dell'oggettivita.