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Messaggi - Lou

#526
Attualità / Re:PDR
28 Maggio 2018, 20:20:13 PM
Con parole tue, non importa cosa abbia presente io, che intendi con "rivoluzione vera" ( rivolta ? @.@ ), puoi descrivemi in cosa consiste?
#527
Attualità / Re:PDR
28 Maggio 2018, 18:53:36 PM
Citazione di: bluemax il 28 Maggio 2018, 18:08:06 PM
Citazione di: donquixote il 28 Maggio 2018, 17:35:26 PM
Citazione di: baylham il 28 Maggio 2018, 17:07:53 PMSe è vero allora il popolo italiano li punirà severamente alle prossime, imminenti elezioni. Oculati analisti politici (ad es. D'Alema) la pensano diversamente. Vedremo


Se prima potevano sussistere dei legittimi dubbi riguardo l'influenza dei "poteri forti e delle lobby bancarie", oggi credo che questi dubbi si siano tramutati in certezze per la stragrande maggioranza dei cittadini. E' paradossale, ma il "gombloddo" è vero, è tangibile, è reale. Abbiamo assistito ad un colpo di stato senza nemmeno uno straccio di marcia, senza neanche un carro armato per le strade. Questo significa solo una cosa: la nostra democrazia è virtuale, ossia non è realmente li dove i politici "democratici" ci dicono. Esiste un concetto di democrazia scritto sulla costituzione, ma alla luce dei fatti è evidente che tale concetto non trova alcun riscontro in quella che è la realtà delle cose.


Il popolo ha votato in elezioni libere e democratiche e questo voto è stato completamente ribaltato da un Presidente della Repubblica che non risponde più alla patria bensì alle istituzioni Europee se non alle cancellerie straniere. Quando i carri armati di Pinochet si avvicinarono al palazzo di Salvador Allende, gli uomini del Presidente aprirono il fuoco e morirono per difendere la democrazia e quel governo di espressione popolare. Qui invece le istituzioni sono CONTRO il governo espressione del voto popolare. Per riassumere questo paragrafo: una volta per affossare un governo democratico si doveva combattere e sparare cannonate contro i palazzi - oggi basta che lo spread aumenti di 30 punti in poche ore.


Il presidente della repubblica secondo me DEVE essere messo in stato di accusa nonostante le chances che quest'ultima venga confermata siano pari allo zero cosmico.

La messa in stato di accusa dovrebbe essere richiesta dalla lega, dai 5 stelle, da fratelli d'Italia, da quella parte dei PD. FI e di LeU che ancora hanno l'interesse dell'Italia prioritario sull'interesse del partito (pochi a dire il vero).

Ma quell'atto servirebbe ad evidenziare che esiste una rottura NETTA tra le istituzioni di questo paese (che ormai si comportano come i peggio regimi collaborazionisti degli anni '40) e il popolo sovrano la cui sovranità è stata di fatto cancellata da quasi 24 ore.


Le strade, la storia insegna, a questo punto sono due: elezioni anticipate e affermazione della volontà popolare.. oppure la rivoluzione. Rivoluzione vera...
Per "rivoluzione vera" che intendi?
#528
Tematiche Culturali e Sociali / Re:SQuola
27 Maggio 2018, 01:23:10 AM
Citazione di: bluemax il 25 Maggio 2018, 16:37:11 PM
Citazione di: Jacopus il 25 Maggio 2018, 12:29:36 PM
Puoi spiegare l'avverbio "purtroppo"?

... scrivo di fretta... perdonami se non entro in dettagli sui singoli punti.

certo.
Ho messo "purtroppo" per cercare spiegare meglio un concetto.

Mentre da una parte "il sapere è per molta parte di stampo ebraico" viene immediatamente difeso (e non ho nulla in contrario in quanto anch'esso un dato di fatto) da un "purtroppo" volutamente messo, dall'altra parte quando la frase diventa "il sapere è di stampo maschile" si cerca di nasconderlo o di negarlo con ogni mezzo.

Questo, secondo me naturalmente, dovrebbe portare ad una più attenta riflessione e cercare di capire cosa stà accadendo alla nostra società.
Solo 50 anni fa il maschio era fiero di esserlo. Oggi ha paura persino di scriverlo sui documenti e di dirlo.
Oggi essere donna è essere MEGLIO... essere gay è stare al passo coi tempi, difendere la propria cultura è essere xenofobo, far giocare i figli ai soldatini o con le pistole è sinonimo di violenza, mangiare carne è da uomo delle caverne, fare il proprio ruolo è 'antico' o peggio 'medioevale' ma soprattutto DIRLO è PROIBITO.

- Ricordi la reclame di DENIM (per l'uomo che non deve chieder mai ?) Bene... un esempio di come quella reclame fu tolta perchè non paritaria nei generi. ed insieme ad essa tantissime altre reclami sono state tolte o modificate (questo non accade naturalmente per i prodotti femminili dove Donna è Meglio).
- Ho recentemente letto che in inghilterra è stato tolto dalle scuole l'insegnamento della fiaba della bella addormentata nel bosco perchè il principe baciava la principessa senza permesso. Naturalmente tutto normale.
- Ho notato come i programmi TV proveniente da oltre oceano propongano sempre di piu' la donna eroina e l'uomo scemo o sottoposto
- Ho notato come le leggi stiano diventando sempre piu' a favore di un certo "sesso" scordandosi concetti di ugualianza di fronte alla legge
- Ho notato come sempre piu' la donna si vergogni di essere madre per vantarsi di essere manager o indipendente (lo era anche prima).
- Ho notato sempre più donne con piu' stupidi cagnetti al guinzaglio, sempre più spesso nei passeggini, vestiti come bambolotti invece che donne coi bambini.
- Ho notato come le donne possano esprimere violenza sul maschio col loro vestiario pretendendo poi (non si sa in base a cosa) che il maschio non le guardi.
- Ricordo ancora la proposta di legge per togliere lo status di PADRE o MADRE e sostituirla con GENITORE1 e GENITORE2
- Il voler portare violentemente la teoria gender nelle scuole
- Ho letto oggi di come delle prostitute (perchè di tal cosa si parla) che per entrare nel mondo dello spettacolo si siano ALLEGRAMENTE concesse sessualmente all' ORCO Weinstein e dopo aver ottenuto il dovuto lo hanno allegramente sacrificato.
- Ma soprattutto ho notato un maschio totalmente impaurito che di fronte ad una violenta aggressione verbale e spesso fisica rimane immobile a subire come uno zerbino.
- Ho notato come vi sia una desertificazione simbolica maschile nella letteratura e nel cinema
- Ho notato come alle donne (ed anche agli uomini) venga insegnato sin da piccoli che queste sono intoccabili qualsiasi cosa facciano (e lo fanno).
- ed ho notato altre centinaia di cose ma non ho tempo ora per elencarle... scusami...

e questo avviene OGNI giorno sempre di piu' con totale stordimento...

Ecco... è questo su cui volevo riflettere.
Che la nostra società sia al tramonto mi pare evidente... ma parlarne non guasta mai
:)

ciao e grazie :)
- hai espresso l'idea infondata sè non con fumose, fallaci e stereotipate  argomentazioni che le donne non sono capaci di insegnare, di produrre e di comprendere un pensiero filosofico, matematico etc.
Io ho notato questo.
#529
Tematiche Culturali e Sociali / Re:SQuola
24 Maggio 2018, 17:30:01 PM
No bluemax, che il sapere sia di stampo maschile non è un dato di fatto come lo vuoi far passare, il dato di fatto è che per secoli la produzione del sapere intellettuale (mi par di capire da ciò che scrivi) è stato prodotto dal genere maschile, poichè a questa produzione per secoli è stato interdetto l'accesso al genere femminile ( se non rare eccezioni.) In poche parole, le donne non hanno contribuito a questa produzione poichè escluse e discriminate, in quanto donne. Ciò non significa che il sapere sia di stampo innegabilmente maschile, che le donne non siano capaci a produrlo e tantomeno siano incapaci a capirlo. In più che il sesso di chi genera e produce sapere e pensiero per magia ? diventi automaticamente attributo del prodotto è qualcosa che nelle tue mille parole rimane oscuro.
Per quanto riguarda l'ipotesi che il sapere sia sessuato e non neutro e asessuato il dibattito è aperto e sono tutto fuorchè dimostrate, nè l'una nè l'altra ipotesi.
Il fatto che vi siano studiose e studiosi (a cui ti appelli con un argomento fallace ricorrendo all'auctoritas) propendano per una ipotesi rispetto all'altra rimane una ipotesi e non un dato di fatto.
Così come, ben fosse sessuato, il sapere, devi ancora dimostrare l'incapacità delle donne di poter comprendere e capire un pensiero e un sapere che tu dici essere maschile.
#530
Tematiche Culturali e Sociali / Re:SQuola
23 Maggio 2018, 21:48:05 PM
Citazione di: bluemax il 23 Maggio 2018, 11:51:49 AM
Citazione di: cvc il 23 Maggio 2018, 10:07:15 AMForse bisognerebbe anche domandarsi come mai il prototipo di bellezza cui si ispira l'uomo oggi non è più Amedeo Nazzari o Clarke Gable ma altri ideali più glabri e magari makeupizzati. Il fatto è che è normale che cambino i costumi, meno lo è che i paradigmi prposti vengano subito accettati e assimilati senza nemmeno ragionarci un pò.

Concordo a pieno titolo...
Bisognerebbe domandarsi tutto questo... e la cosa strana (naturalmente secondo me) non è il fatto che cambino i costumi (cosa naturalmente avvenuta in ogni epoca e che sempre avverrà [spero aggiungo :D ])
ma il fatto che i "costumi" vadano nella direzione dell' omologazione anche di genere in modo cosi' rapido calpestando (o meglio cercando) totalmente migliaia di anni di evoluzione e cooperazione tra i generi.
Praticamente come vedere nel giro di pochissimi anni i Leoni andare a caccia ed occuparsi della prole e le femmine difendere il branco.
Ovviamente uno studioso degli animali (quindi vista dall'esterno) si porrebbe qualche domanda... come mai un tale e repentino comportamento che probabilmente porta all'estinzione della specie (il leone ricordo che non puo' cacciare per via della sua chioma e la leonessa non puo' proteggere il branco perchè non ne ha la forza fisica).

Dal nostro interno invece "appare" tutto normale, anzi a volte SBAGLIAMO nel giudicare (li si') la nostra società OCCIDENTALE superiore a quelle arabe o orientali (naturalmente portando loro un po' di democrazia unita a buone maniere comportamentali e di costume anche se questo altro discorso... )

Perchè appare normale ?
Ovvio... la leonessa pretende di andare a caccia col leone, pretende di ESSERE leone scordandosi totalmente di essere LEONESSA, pretende di azzuffarsi col Leone e pretende persino di vincere... e la cosa ESTREMAMENTE strana, questo si che fa pensare, è che ci sono un sacco di (passatemi il termine per favore) uomini-zerbini pronti a difendere questo stato innaturale di cose, quindi significa totalmente assorbiti da un sistema culturale a mio avviso imposto forse subdolamente.

due giorni fa ad esempio ho notato come una ragazza, alla stazione, si avventasse contro un ragazzo con parole del tipo "eh ! che ..azzo voi ! che voi mena' ? eh... chevvoi mbecille..."
ho osservato molto questa scena.
Ho notato come il ragazzo stesse comunicando con lei come si fa invece tra uomini... stava lanciando lei una serie impressionante di segnali che lei in quanto donna non percepiva. Segnali che lui era pronto allo scontro fisico.
Un altro ragazzo avrebbe capito che lo scontro era vicino e da qui la scelta se FERMARSI o CONTINUARE sapendo che l'esito sarebbe stato la "zuffa". Questa ragazza invece continuava... e continuava... e lui evitava... evitava... ma i segnali (sta cosa l'ho osservata molto attentamente) non verbali di lui ormai erano evidenti ma lei continuava a non recepirli.

Come andata a finire ? :)

Beh... chi aveva colto i segnali (un amico del ragazzo) è intervenuto portando via lei... lei tramutata in UOMO che stava aggredendo un altro UOMO. Beh... ho pensato... che se amava tanto essere UOMO non poteva poi lamentarsi di essere stata trattata da UOMO.

Per coloro che "non siamo animali e bla bla bla" ricordo loro che a mio avviso siamo eccome animali.... animali appartenenti alla specie umana solo circondati da pattume o giocattoli che ci fanno sentire superiori (sbagliando). La velocità con cui la tecnologia avanza (poche decine di anni) non puo' minimamente competere con la velocità con cui si evolve una specie (poche centinaia di migliaia di anni).

diamo quindi un benvenuto al nuovo MODELLO di "uomo".


ed al nuovo modello di donna



imposto dai media con una violenza sconcertante.
Ricordo infatti che in ogni film d'oltre oceano la donna assume SEMPRE il ruolo maschile

ciao e grazie della tua risposta :)
Il modello di donna combattente, guerriera è antichissimo, nulla di inedito e nuovo (per di più l'immaginario al corsetto, reloaded ai tempi che corrono, che stringe e contiene mica ci rinuncia). Un archetipo, tra i tanti, come un uomo che si pittura, elementi sommersi che riaffiorano, niente di nuovo sotto il sole.
Semmai ritengo che il problema sia stato ben evidenziato in merito alla problematica "consumistica", "modaiola" che si nutre, cannibale, di queste indoli e maschere antiche, artistiche, senza tempo, sfregiandone slealmente la valenza in mero computo utilitaristico.
#531
Tematiche Culturali e Sociali / Re:SQuola
22 Maggio 2018, 17:48:06 PM
Citazione di: bluemax il 22 Maggio 2018, 13:07:10 PM
continuo a pensare che i tuoi assunti vadano ben oltre a ciò, in maniera che considero gratuita, in particolar modo riguardo al "sapere maschio" che manca ancora un argomentazione valida non aneddotica o viziata da fallacie logiche evidenti.

Non credo vi sia bisogno di argomentare su un dato di fatto.
Volente o nolente nelle scuole (almeno quelle che ho frequentato) il sapere tramandato ha una prevalenza di origine maschile. Questo secondo me dovuto al fatto che la mente maschile è (per fortuna aggiungo) differente da quella femminile (e con differente non intendo superiore ma squisitamente differente). Il sapere femminile esiste e, almeno nel passato, è stato tramandato di madre in figlia senza che per questo l'uomo volesse (potesse) metterci il naso. Giusto aggiungo. Del resto oggi le pari opportunità come pari diritti esistono ma il sapere difficilmente è arricchito da una scoperta, intuizione, curiosità femminile. Anzi a dire il vero stiamo eccedendo secondo me... cominciando ad esempio a parlare di femminicidio, quote rosa, o discriminazione sul lavoro nel caso inverso.

ciao :)
Il fatto che il sapere che oggi si insegna e si trasmette nelle scuole sia stato prodotto, nei secoli, da rappresentanti del genere maschile - questo è un dato di fatto, le cui ragioni sono state l'impedimento all'accesso a tali processi e spazi di produzione alle donne, tranne rare eccezioni (la scuola pitagorica per citarne una), non implica di per sè che il sapere sia maschile, nè che siano di sesso maschile i più atti a trasmetterlo. Inoltre trovo abbastanza mitica l'idea che hai del sapere, frutto di mera intuizione, come se aver accesso allo studio e ai suoi spazi non stimoli intuizioni, immaginazione, curiosità e non formi competenze per gestirle e orientarle alla scoperta e alla ricerca con le conseguenti produzioni. In più spacci per dati di fatto, concesso che esistano e qui sto tenendo fermo questo assunto, tue e mie interpretazioni. Ricordo inoltre che il signor Socrate nel Simposio è tratteggiato da Platone al cospetto e in dialogo con Diotima, figura femminile, sarebbe quantomeno interessante, oltre a rintracciare un filo che unisce questa immagine a Parmenide e al suo poema, per capire che il ruolo femminile non è affatto marginale in origine, nella ricerca, nella produzione e nella trasmissione dello stesso, nelle sue differenze e analogie. L'articolazione della produzione e trasmissione del sapere è complessa, così come la ricerca e la conoscenza e ridurre tutto ciò in modo manicheo la trovo una operazione che non ne rende giustizia.

Detto ciò, considero un impoverimento educativo la semiestinzione della componente "genere maschile" nel corpo insegnanti, trovo che nello sviluppo e nella formazione di bambini e adolescenti la pluralità, e in questo senso trovi il mio accordo nel riconoscere che esistono forme educative plurali e differenti, di sensibilità, approcci e metodi sia una ricchezza atta a dar vita a visioni e relazioni più articolate e approfondite di sè e della realtà per gli studenti e per gli stessi educatori. Non sono certo in linea, però, con quella  visione rigidamente manichea e settoriale che proponi. Una prospettiva più fluida e dinamica ricca di contaminazioni, come la vedi?
#532
Tematiche Culturali e Sociali / Re:SQuola
22 Maggio 2018, 10:58:29 AM
Inserisco questo articolo all'interno di questo interessantissimo topic, augurandomi che offra e apporti spunti critici e fertili al dibattito.
Fonte: https://www.galileonet.it/1998/10/il-sapere-non-e-neutro/


"Il sapere non è neutro

1 OTTOBRE 1998 - MARINA MARRAZZI
INTERVISTA A ELENA GAGLIASSO
FILOSOFA
E STORICA DELLA SCIENZA
ALL'UNIVERSITÀ DI ROMA



Le scienziate ancora oggi sono poche, e non hanno facile accesso ai posti di responsabilità e di potere. Quali sono le ragioni che, per secoli, hanno tenuto lontane le donne dalla scienza più che da altri campi di attività? Cosa è cambiato negli ultimi decenni, e quanto di questo cambiamento è dovuto all'impegno di gruppi di lavoro di scienziate e donne intellettuali? Ne abbiamo parlato con Elena Gagliasso, filosofa e storica della scienza all'Università di Roma "La Sapienza", da anni impegnata su questi temi come epistemologa e come femminista.

Donne e scienza: un binomio che ha diverse sfaccettature. Da circa trent'anni, anche sull'onda dei movimenti femministi degli anni '70, sono stati prodotti numerosi lavori di analisi, alcuni più teorici, altri puramente statistici, sulla presenza e il ruolo del genere femminile all'interno del mondo scientifico.Perché le donne nei centri di ricerca sono ancora poche, soprattutto nei posti di responsabilità e di potere? Ci sono dei motivi specifici che per secoli – salvo rare occasioni -hanno tenuto lontane le donne dalla scienza più che da altri campi di attività? Cosa è cambiato nel panorama culturale rispetto a questo problema negli ultimi tre decenni, e quanto di questo cambiamento è dovuto all'impegno di gruppi di lavoro di scienziate e donne intellettuali che si sono interrogate su questi temi?Ne abbiamo parlato con Elena Gagliasso, filosofa e storica della scienza all'Università di Roma "La Sapienza", da anni impegnata come epistemologa e come femminista nell'analisi di queste problematiche.

Da dove nasce il suo interesse per il binomio donne e scienza?

Potrei dire che si tratta di confluenze storiche in parte obbligate e in parte casuali. Fino a un certo periodo di tempo ho tenuto decisamente separate la mia professione dalla militanza femminista. Ma ricordo che allora provavo un certo disagio di fronte ad alcune posizioni del movimento femminista che opponevano alla scienza una critica molto radicale, che toccava punte di irrazionalismo. Sentivo una debolezza nel movimento delle donne, soprattutto nel suo riattraversare tematiche – come una maggiore vicinanza delle donne alla natura – che non erano affatto nuove. Infatti, dal romanticismo al naturismo dei primi del '900, gli uomini, parlando delle donne, le collocavano proprio in questa dimensione di maggiore naturalità. Provavo una certa insofferenza nei confronti di questa riproposizione che, peraltro, era qualcosa che non ci apparteneva. Contemporaneamente, in quegli stessi anni, ero particolarmente interessata a tutte le tematiche che avevano a che fare con la non-neutralità della scienza.

A cosa si riferisce?

Parlo di quella linea epistemologica che prendeva le mosse da figure di rilievo come Kuhn, Hanson, Lakatos e che si contrapponeva alla visione allora corrente secondo la quale il progresso scientifico era unilineare e inarrestabile. Questa posizione "tradizionale", del resto, era sostenuta e rafforzata dagli epistemologi di derivazione neo-positivista (per esempio Carnap, Neurath, fino a Popper) che non solo consideravano ovvia tale premessa ma, su questa base, impostavano le loro ricerche dell'unità della scienza. In Italia questa critica della scienza nasceva non solo da analisi di tipo storico ed epistemologico, ma anche da basi politiche. Mi riferisco soprattutto al gruppo romano di fisici intorno a Marcello Cini: per loro la neutralità della scienza voleva dire impossibilità di parlare di una scienza completamente oggettiva e neutrale rispetto al contesto sociale e politico. Essi partivano da una personale messa in discussione, una sorta di autocritica, che permettesse di poter auto-osservare la parzialità della propria posizione: appartenenza a una comunità disciplinare, a un contesto epocale, a una situazione storica ed economica e così via. Quindi neppure le domande scientifiche erano neutre, ma influenzate da molti elementi: economico, culturale, di storia delle idee, di percorso personale. Ai miei occhi loro posizione era particolarmente interessante proprio perché proveniva dall'interno del percorso scientifico stesso, e non era opera di storici o di filosofi.

Dunque, in quegli anni, differenti linee di pensiero confluivano verso una messa in discussione del ruolo tradizionale della scienza?

Sì, percepivo una sorta di riverberanza tra alcune delle prassi del movimento femminista (il "partire da sé", il ruolo del soggetto, il tener conto del contesto storico) e le proproste dei fisici di Roma che analizzavano la loro stessa posizione dall'interno della pratica scientifica mettendo in discussione gli assunti che fino agli anni '60 erano stati considerati ovvi. L'epistemologia, dal canto suo, si stava avvicinando a una problematizzazione della tradizionale concezione della scienza come progressivo disvelamento del vero e come attività neutrale nella ricerca pura, a prescindere dagli usi sociali che potevano essere positivi o meno. A questo devo aggiungere la lettura di testi di studiose che già da anni stavano facendo un percorso analogo al mio: per esempio Evelyn Fox Keller, Sandra Harding, Donna Haraway e in parte Caroline Merchant. I loro lavori mi dimostravano che questa problematica cominciava ad essere matura nell'aria: le risonanze che sentivo tra la situazione complessiva dell'epistemologia di quegli anni e le posizioni di queste epistemologhe e storiche straniere avevano una qualche importanza e potevano essere messe in connessione.

Ovviamente, il tema della non neutralità della scienza è centrale rispetto al discorso della presenza delle donne nel mondo scientifico. Ma qual è la differenza tra la non-neutralità della scienza di cui parlavano gli epistemologi e i fisici del gruppo di Roma e quella a cui si riferiscono le donne?

In questa seconda accezione c'è qualcosa di più: non solo la scienza non è neutrale nel senso che non è oggettiva, ma non è neutra neppure rispetto al sesso. Quanto più si analizza, non solo la situazione contemporanea, ma anche quella delle origini del processo scientifico, tanto più emerge con chiarezza il fatto che, tra tante attività in cui si muovono i soggetti sociali, dall'arte alla letteratura, la scienza è quella che maggiormente ha rappresentato il proseguimento di una forma di pensiero monosessuato e omofilo.

Che cosa vuol dire questo: che le donne che hanno avuto successo nella scienza si sono dovute "mascherare" da maschi?

Se guardiamo alla storia, questo è certamente vero alla lettera: alcune hanno dovuto mascherarsi davvero da uomini, in senso reale e non solo metaforico. Molto spesso, sono state costrette a far passare i loro lavori come lavori fatti da uomini o comunque annullare il loro essere donne. Ma siamo nel lontano passato. Io credo che ci sia un gradiente che parte dalla fine dell'800, attraversa questo nostro secolo e va verso il futuro nel quale questo "mascheramento" diventa sempre più simbolico e sfumato. Se prendiamo le scienziate degli anni '50, certamente dovevano omologarsi il più possibile al mondo maschile – come atteggiamento e modo di pensare – per essere accolte nel mondo monosessuato della scienza. Molto più delle loro colleghe degli anni '60 e poi '70, fino ad arrivare alle giovani ricercatrici di oggi, che sempre meno devono indossare questo "chador" ideale e che invece possono cominciare a intessere legami professionali tra loro, e con ciò autolegittimarsi all'esistenza.Bisogna però dire che questo cambiamento è anche il risultato di un banale effetto quantitativo: il maggiore numero di ricercatrici funziona come un contrappeso. Infatti, l'esistenza di una massiccia presenza femminile permette alle donne una maggiore libertà di pensiero e modifica circolarmente il modo di relazionarsi dei ricercatori uomini con le donne. Intendo dire che, lasciando da parte la scarsa presenza femminile che si può registrare ai livelli dirigenziali, oggi il modo di rapportarsi dei ricercatori uomini e donne tra loro è meno segnato da quell'impronta che ha costretto ogni donna scienziata delle generazioni precedenti a moltiplicare gli sforzi rispetto ai colleghi maschi per essere semplicemente accettata dalla comunità scientifica.

Questo è un risultato del lavoro svolto dal gruppo di studio "donne e scienza" di cui lei ha fatto parte fin dalla sua creazione nel 1987?

No, quanto detto è semplicemente una registrazione che definirei quasi antropologica. Invece il Coordinamento donne e scienza ha lavorato sulla autoconsapevolezza del proprio essere scienziate. Voglio dire che nel confronto di esperienze comuni a molte scienziate (non totale riconoscimento del proprio lavoro, marginalità, difficoltà di accesso a particolari ruoli o di relazioni con particolari strutture o gruppi di ricerca) diventa possibile generalizzare quello che fino ad allora era vissuto come un'esperienza singola, individuale e privata. A partire da qui, le scienziate che hanno cominciato a lavorare in collegamento fra loro, secondo quanto riferivano, riuscivano a vivere alcune loro situazioni individuali in modo diverso, perché le reinterpretavano attraverso una analisi collettiva.

Le difficoltà percepite prima individualmente e poi riconosciute comuni erano soprattutto nella gestione del lavoro o nella sostanza della ricerca?

In un primo momento direi soprattutto nella gestione: perché devo lavorare e produrre dieci volte più del mio collega per essere riconosciuta a pari livello? Era un discorso, potrei dire, rivendicazionista. Da lì poi sono partite domande più di fondo, maggiormente legate ai contenuti del lavoro scientifico. Ma su questo argomento non c'è stata univocità. Bisogna considerare che all'interno del gruppo esistevano esperienze molto distanti: dalle ingegnere dell'Ansaldo, alle genetiste molecolari, alle matematiche, alle epistemologhe. A un estremo, dunque poteva trovarsi chi rivendicava una totale non appartenenza delle donne al modo in cui si è costituita la ricerca, e quindi ipotizzava la necessità di accantonare la ricerca stessa per arrivare solo in un secondo momento a poter porre nuove domande scientifiche. All'altro estremo c'era chi era interessata al proprio ambito di ricerca, ne ricavava una reale passione scientifica e aveva invece delle difficoltà di altro tipo, diciamo gestionale.

Qual è il suo bilancio dei risultati raggiunti dal gruppo "donne e scienza"?

Nel tracciare un itinerario della storia del gruppo, bisogna tenere presente che il contesto è cambiato: la scienza di cui si parla oggi, a mio parere, si è modificata da quella di venti anni fa. A questo si aggiungano i cambiamenti sociali e politici che rendono il contesto storico sostanzialmente diverso: se negli ultimi trent'anni la società ha fatto un passo avanti rispetto alle possibilità di accesso delle donne in molti settori, è anche vero che il clima culturale, politico ed economico degli anni '90 penalizza la libertà femminile. Le donne si sono ritrovate a dovere rifare addirittura semplici battaglie di civiltà quando, per altri versi, sono molto più avanti rispetto alle loro madri. Non si può insomma parlare di risultati precisi, ma di cambiamenti che fanno parte di una grande mutazione antropologica collettiva. Ma è certo che il punto di partenza attuale di molte giovani ricercatrici è la sensazione di avere le stesse possibilità dei loro colleghi. E' come se oggi a certi sbarramenti, che siano teorici, gestionali e via dicendo, si arrivasse molto più tardi e quindi ciò permettesse a queste giovani di avere uno spazio più ampio per l'edificazione di se stesse, salvo poi incontrare difficoltà in una fase successiva.

E rispetto a posizioni più radicali, come la prospettiva di modificare alcune caratteristiche "intrinseche" del fare scienza?

Neppure una rivoluzione riesce a cambiare delle costruzioni che si sono stratificate in quattro secoli di storia esplicita e in duemila anni di edificazione del modo di pensare occidentale. A mio parere, non è questo il problema. E' vero, le donne si ritrovano fin dalla prima infanzia in un mondo che non è stato costruito in prima persona da loro, e devono imparare una lingua che è data e che non le rispecchia interamente. Questo vale soprattutto per i termini che vengono usati in campo scientifico: le metafore che vengono messe in gioco, la costruzione del modo di porre le domande. Però esistono all'interno di tutti i settori scientifici delle ampie aree, di pratica e di teoria, dove è inutile andare a cercare aspetti di sessuazione. Esistono ambiti di neutralità: poste alcune premesse, che neutre non sono – il mondo del metalinguaggio e delle metaregole – i percorsi successivi sono canalizzati. All'interno di questi percorsi i linguaggi tecnici sono in codice, e dunque non si possono analizzare con la chiave della sessuazione. Qualsiasi donna che lavora in un ambito di ricerca specifico, partecipa di una curiosità per il reale che non è necessariamente segnata dalla sua specificità di genere ma fa parte di una grande impresa comune.

Che cosa pensa delle pari opprtunità?

Il principio delle pari opportunità è basilare. Non si tratta però, a mio parere, di stabilire "parità di posti", o di "quote", ma di promuovere un principio di giustizia nell'accesso alla conoscenza e nella possibilità di espressione e ricerca, superando gli scarti storici che hanno marginalizzato le donne. Penso ad esempio, concretamente, alla costruzione dei percorsi di studio, e al modo in cui gli insegnanti si relazionano ai bambini e alle bambine fino dai primi anni di scuola. Un modo che è, tuttora, inconsapevolmente sessista, anche nei paesi più avanzati."


#533
Jaco, Blue (ci) gioca la carta "conflitto" (in slang dicesi "mette le mani nel sangue"), artefatta a "collaborazione". Sono entrambe bare, ma nella loro barità ci stanno momenti verità. ( BLUE - ti urlo! ;)- non nei "big" (ahahah) dati del ministero o nel richiamo all'auctoritas di una femminista pentita, roba islamic e PONTIficazioni varie ed eventuali nostalgiche su capacità and so on..., questa è la purezza riflessiva che decanti?), sempre sussurrato con quell' affetto dal sapore retrò,
Lou
#534
;)
A dopo.
#535
Veniamo al "lo fa", ora se una donna vuole fare il politecnico? Non la femminista pentita o il camionista, ci può stare, va bene, sfascia la società se vuol fare e riesce a fare l'ingegnere e non la sarta o i ricami? Che dite mette i piedi in campi che non le competono? Non è nobile costruire ponti, arti artificiali etc?
#536
Stai generalizzando in modo arbitrario e sconsiderato, [questo era il messaggio ben preciso (forza! Ma che l'hai capito invece di maestrare bacchettando in maiuscolo)], estendendo a una intera categoria una tendenza "per le mamme i figli sono un peso" che trova come sua fonte una tua percezione (e ferme convinzioni), basata per altro su social, tv e sentito dire.
#537
Ma come puoi generalizzare così dicendo che oramai le donne percepiscono i propri figli come un peso?
#538
Sicuramente è una filosofa che ha cambiato idee e posizioni nel tempo, senza dubbio.
#539
Ida Magli offre prospettive e considerazioni interessanti, posto una una sua intervista, degli anni novanta
https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/22/ida-magli-addio-io-destinata-alla-famiglia-ho-studiato-solo-perche-mio-padre-e-morto/2485249/
#540
Le esigenze cambiano e divengono continuamente, non restano fisse nel tempo poichè sono risultanti da i soggetti, le condizioni, i limiti , le opportunità, l'ambiente, la società e una miriade di ingredienti che decostruiscono ogni pretesa di mantenere fissa una presunta naturalità di ruoli. Non ritengo che sia stato insegnato che esiste qualcosa di più importante dei figli, piuttosto è emerso il desiderio sommerso - questo sì per secoli da volontà altrui, in parte condizionato e in parte incondizionato, che orienta le volizioni di molte donne a divenire tali ed esprimersi e realizzarsi nel mondo, nella società e nella storia con un minimo di libertà spesso sottratta, non solo nell'espilicitare e vivere attivamente il ruolo di madri, ma anche ad avere una voce in altri ambiti da cui per lungo tempo sono state escluse essendo considerati prerogativa maschile: parlo della politica, della possibilità di studiare, di scegliere da sè il proprio percorso esistenziale e tentare di affermarlo, di non essere relegate all'illusione d'altri che ne fanno oggetti passivi e non soggetti con volontà e desideri e voci proprie, essendo stati soggetti a cui spesso la storia non ha dato voce, considerate difettose, incapaci, stupide illuse :P secondo una lunga tradizione religiosa, filosofica e, in senso ampio, culturale dove la stessa rappresentazione e narrazione delle donne è stata fatta da uomini, non da sè stesse, tranne rare eccezioni etc.