Non può essere certo accusata di feticismo del dato una filosofia che rifiuta le postulazione dell'assoluto e non ha bisogno nemmeno dei maestri con la matita rossa e blu. Una visione del mondo relativista conosce bene la relatività del dato e le interferenze della mediazione tra osservatore e osservato.
I puntini sulle i, e la ricerca di fondamenti più solidi, sono derivati dalla contingenza di chi confonde un assassino con una aggregazione di quark, generando quella famosa notte in cui tutte le vacche sono nere.
Anche i mandriani notturni di vacche nere alla fine necessitano di punti di gravità (semi)permanenti e li vanno a cercare nella cultura antropocentrica al netto di tutte le raffinatezze filosofiche pre e post qualcosa.
Lo spazio dei dati di fatto non ha bisogno di maestrini scettici che segnano il passo sul post(o) rimasticando se stessi e la loro assolutistica scepsi, ma di critica epistemologica che cessa laddove il dato impone euristicamente se stesso e può riprendere ad operare solo dopo che un altro dato ha falsificato il primo. La realtà epistemica opera così a prescindere da tutti i metadiscorsi che ci si possano fare sopra. I quali pure dipendono dal dato, pur nel travestimento di principi, paradigmi, metodi, ecc. che si guadagnano la pagnotta solo nella loro quotidiana dimostrazione di funzionare, fosse pure per tirare la carretta sgangherata di una superstizione fuori corso.
Tornando al significato del fare filosofia, rimando alla considerazione finale del pensatore che, all'inizio della sua riflessione, ha chiamato mondo lo spazio dei dati fatto:
Se non resta più alcuna domanda, in cosa consiste la risposta ?
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I puntini sulle i, e la ricerca di fondamenti più solidi, sono derivati dalla contingenza di chi confonde un assassino con una aggregazione di quark, generando quella famosa notte in cui tutte le vacche sono nere.
Anche i mandriani notturni di vacche nere alla fine necessitano di punti di gravità (semi)permanenti e li vanno a cercare nella cultura antropocentrica al netto di tutte le raffinatezze filosofiche pre e post qualcosa.
Lo spazio dei dati di fatto non ha bisogno di maestrini scettici che segnano il passo sul post(o) rimasticando se stessi e la loro assolutistica scepsi, ma di critica epistemologica che cessa laddove il dato impone euristicamente se stesso e può riprendere ad operare solo dopo che un altro dato ha falsificato il primo. La realtà epistemica opera così a prescindere da tutti i metadiscorsi che ci si possano fare sopra. I quali pure dipendono dal dato, pur nel travestimento di principi, paradigmi, metodi, ecc. che si guadagnano la pagnotta solo nella loro quotidiana dimostrazione di funzionare, fosse pure per tirare la carretta sgangherata di una superstizione fuori corso.
Tornando al significato del fare filosofia, rimando alla considerazione finale del pensatore che, all'inizio della sua riflessione, ha chiamato mondo lo spazio dei dati fatto:
Citazione6.52 Noi sentiamo che anche qualora tutte le possibili domande scientifiche avessero avuto risposta, i problemi della vita non sarebbero stati ancora neppure toccati. Certo, allora non resta più domanda alcuna, e questa appunto è la risposta.
Se non resta più alcuna domanda, in cosa consiste la risposta ?
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