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Messaggi - Ipazia

#5296
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La sessualità
04 Ottobre 2020, 10:56:48 AM
Avendo avuto la fortuna di vivere la maturità sessuale in un'epoca e area geografica in cui una donna poteva esprimere liberamente la sua sessualità ne ho fatto, nell'età in cui essa era prorompente, un uso ad ampio raggio sperimentando, esclusa l'omosessualità (ma all'inclinazione sessuale non si comanda, neppure con l'ideologia), un po' di tutto: rapporti occasionali e amorosi. I limiti me li sono posti da me sulla base del mio desiderio del momento e della valutazione razionale delle situazioni che si venivano creando. Ho sempre relazionato con partner sulla mia lunghezza d'onda in fatto di etica sessuale e questo ha comportato anche situazioni multisessuali. Alla fine ho trovato un compagno di giochi anche più interessanti di quelli sessuali e mi sono accasata stabilmente ritenendo superata la fase della iniziazione sessuale.

Io penso che, al pari di altri talenti, nella sessualità una persona possa esprimere se stessa con grande soddisfazione propria e di chi condivide l'esperienza, tenendo conto della diversità di inclinazione verso questa specificità umana, per cui la soluzione migliore è trovare partner ben sintonizzati sulla tua magnitudo sessuale senza forzature eccessive.

Pur non avendo pregiudizi moralistici, e per mia fortuna neppure lo stato di bisogno, non ho mai dovuto barattare la mia sessualità con vantaggi  mercantili, siano essi di tipo professionale, matrimoniale o da marciapiede. Non so come ci si trovi nella condizione di vagina a cottimo, ma dubito sia una esperienza piacevole e sono felice di essermela risparmiata.

Immagino che neppure "masturbarsi dentro una vagina", più o meno a pagamento, sia un'esperienza gratificante. Opinione condivisa pure dai compagni con cui ho condiviso la mia sessualità. Beati pur'essi di non dover aspettare una sposa illibata o pagare una prostituta per vivere la loro.
#5297
Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2020, 16:12:07 PMSe usciamo dal concetto per andare ancor più "avanti" nell'analisi convenzional-razionale, dove la ragione si solleva dal reale e si fa postulante (come da topic), allora rischiamo di incappare nei miraggi del noumeno, delle idee platoniche, etc., tuttavia, se invece usciamo dai concetti per andare in un'altra direzione, non-convenzionale e, soprattutto, non postulante (v. il rifiuto della razionalizzazione indicato-ma-non-detto dai koan zen, come quello famoso del suono dell'albero che cade con nessuno che lo ascolta, indegnamente parodiato da me), allora abbiamo un "illuminante" antidoto proprio alla postulazione e ai noumeni, sotto forma di esperienza/intuizione della non-dualità di (s)fondo. Prospettiva di cui il (mio) relativismo è appunto un "promemoria convenzionale", e che, importante ribadirlo, va accantonata dietro le quinte quando si tratta di fare la spesa o scrivere su un forum, quindi ancor più quando si fa scienza.

Promemoria convenzionale è pure la tecnica meditativa che usa espedienti come i koan zen per isolarci dal rumore di fondo del samsara e avvicinarci alla condizione estatica della dissoluzione del proprio io nella "chiara luce del vuoto" nirvanico.

Convenzione, perchè il tutto accade all'interno della mia, non della tua, volta cranica. Così come sei tu, non io, a fare la spesa e scrivere su un forum.

La scienza fa bene ad istituire un Universo non duale di (s)fondo come referente di tutto ciò, ma è un referente con livelli di postulazione ben superiori a quelli degli enti della prassi quotidiana, tant'è che deve postulare oggetti particolari correlati da formule per agire la sua rappresentazione.

Se dovessimo limitarci all'immediatezza percettiva, propria degli animali chiamati in causa da Aumkaara, dovremmo piuttosto parlare di una pluralità di (s)fondo che solo la nostra elaborazione razionale riconduce ad un pseudoreferente universale. Il quale funziona benissimo nella costituzione della realtà propria dell'universo antropologico e del suo strumentario epistemico che chiamiamo scienza. La quale non si fissa in cabale metafisiche ma, realisticamente, gestisce la relazione uno-molti e circoscrive insiemisticamente i molti contesti della realtà su cui soltanto può agire con rigore scientifico unitario (di misura).

Il che può anche essere interpretato come fanatismo dai postulanti dell'assoluto, ma i demonizzatori sono poi i primi a dovercisi inchinare nel momento in cui il loro stomaco individuale, e non quello di altri, e neppure lo stomaco dell'Uno, reclama la sua parte del Tutto.

Più esplicativo nel contesto antropologico mi pare l'elaborazione marxiana di un monismo dialettico postulante un Universo in cui i molti si interfacciano dialetticamente ciascuno pro domo vita sua, superabile sinteticamente attraverso soluzioni di tipo contrattualistico piuttosto che, secondo ferinità naturale, antagonistico. Il tutto assai lontano da una metafisica dell'assoluto e da un'idea, tutta da dimostrare, di uno Spirito universale, di un'anima mundi. Bellissima metafora orientale-occidentale che metafora rimane.
#5298
Citazione di: Aumkaara il 03 Ottobre 2020, 14:29:28 PM
Mi sembra di aver letto che Ipazia era neoplatonica, quindi in qualche modo non era comunque "inchinata all'Uno"? Il problema per chi la uccise era solo il modo (da "pagana") in cui si poneva a questo uno. Ma in ogni caso la stessa matematica di Ipazia era dedita a tale unità fondamentale, e presumibilmente non alla matematica fine a se stessa o usata per spiegare i "fenomeni naturali", visti come meccaniche indipendenti sorrette da leggi fisiche.
La differenza tra l'Uno neoplatonico e l'Uno cristiano è etica, non metafisica (laddove il secondo deve molto al primo). E' la differenza tra la tradizione ellenica del libero pensiero vigente da Socrate in poi e quella dogmatica dell'integralismo religioso cristiano, inaccettabile per una intellettuale di scuola ellenistica.
#5299
Citazione di: Phil il 03 Ottobre 2020, 11:47:39 AM
Se prima non c'era «nessuna»(cit.) realtà, significa che anche la realtà è nata con l'universo antropologico? La realtà non va forse distinta dal concetto-di-realtà, ovvero non hanno due "esistenze" differenti il concetto e il suo referente? Se è così, la domanda resta, riferendosi essa alla realtà, non al concetto-di-realtà.
Nella riga sotto la mia domanda che hai citato, avevo già anticipato: «se rispondi «nessuna», come fai a saperlo?»; esempio di paradossalità zen che indica quel vuoto di (s)fondo, seppellito da tutte le convenzioni e le necessità del vivere.
Concordo ovviamente sul fatto che dopo (la domanda era infatti sul «prima») il consolidarsi di convenzioni, più o meno razionali, la realtà si declina al singolare o al plurale a seconda della disciplina che se ne occupa.

Se usciamo dal concetto non resta che una realtà postulata, subdolamente noumenica: la toppa che è peggio del buco. Dovrà mica la relativista debole Ipazia dare lezione di relatività ad un relativista forte del tuo calibro  :P

Rispondendo pure a viator, perfino la scienza, monistica per definizione, comincia ad interrogarsi sui soggetti della realtà e, ad onor del vero, non ha mai smesso di farlo cambiando continuamente i suoi parametri fondamentali fin dagli atomi di Democrito. Da Heisenberg in poi anche la relazione causa-effetto è entrata in crisi e le singolarità hanno popolato le aree epistemiche di deludente indeterminazione. Non resta, alla T.Kuhn, che rassegnarsi ad accettare le migliori convenzioni possibili per dire che cosa è la realtà. Più facile intervenire sul suo funzionamento, per la qual cosa è sufficiente il dna e una rudimentale esperienza empirica. Riconoscere il funzionamento della realtà è una implicita ammissione della sua natura ontologica, un atto di fede sulla sua riproducibilità futura, ma, come raccomanda Hume, evitando la maleducazione di metterci sopra il cappello, perchè potrebbe aversene a male e ricambiare il gesto con qualche cigno nero assai bellicoso.

Giustificando la risposta "nessuna" (avevo colto l'assist di Phil ma volevo allungare il brodo, approfondire il dibattito), dalle nostre osservazioni risulta plausibile una realtà indipendentemente dalla presenza dell'osservatore. Ma, metafisicamente, è un gatto che si morde la coda. Invece, fisicamente, è la migliore ipotesi possibile e pertanto, concordo, teniamocela stretta, inseguendo, come instancabili segugi, il filo di Arianna della causalità. Verificata nei fatti, non nelle definizioni, in modo da poter rilanciare in avanti la palla della provvisoria conoscenza.
#5300
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La sessualità
03 Ottobre 2020, 11:58:16 AM
Diciamo che avere una serva in casa, pure sollazzevole per il guerriero, ha trascinato con sè una serie di conseguenze fisiche e metafisiche dal cui gorgo non ci siamo ancora sottratti.

Tornando alla sessualità, quello che i moralisti non riescono a cogliere è l'aspetto estetico, che la volge in arte. L'umano non si limita a costruire tane tecnologiche: le vuole belle. L'erotismo è la sublimazione della sessualità in arte. Sublimazione nota fin dall'antichità e praticata nelle culture non sessuofobiche che produsse figure femminili rispettate ed ammirate come le etère e le geishe. Tale ambito "professionale" ha potuto evolversi, anche in termini sociali, dalla funzione canonizzata di macchina riproduttiva di guerrieri e schiavi, proprio per la natura originariamente estetica della sessualità che coinvolge ogni amplesso amoroso anche a livelli meno professionali.

Inevitabile il depauperamento estetico di tale arte nella mercificazione consumistica che caratterizza l'epoca attuale, ma dal fatto che ci sia cinema e cibo dozzinale non deriva che l'arte cinematografica e la gastronomia siano dozzinali in toto. L'erotismo continuerà ad essere un'arte raffinata che si fonda su una delle vocazioni biologiche più potenti della natura e continuerà a dare gioia a chi lo pratica col dovuto rispetto e abilità.
#5301
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2020, 23:35:50 PM
Risposta (con domanda) zen: quante realtà c'erano prima che tu o chiunque le contasse?

Nessuna (così completiamo la triade pirandelliana). Nessuna, perchè allora non esisteva il concetto di realtà, nato con l'universo antropologico (En arché en o logos) che la realtà, convenzionalmente, le enumera sulla base dei propri presupposti metafisici, corretti nella misura in cui (Protagora) azzeccano il contesto della loro enumerazione.

Nel contesto delle scienze naturali la realtà è una, dominata da leggi naturali che una metodologia enumerante sofisticata si sforza di scoprire e rappresentare. Una realtà ineffabile e beffarda, che non si arrende neppure di fronte ai numeri immaginari, ma tant'è: questo è quello che passa il convento physis.

In etica lo sai anche tu quante realtà ci sono 8) E nelle prospettive individuali sono ben più di centomila.

Tra i tanti assoluti farlocchi c'è pure quello dei numeri. La realtà, qualunque cosa essa sia, ha un assetto numerico variabile. Cosa di cui si accorse il venerabile Eraclito, (diabolico) maestro di tutti coloro che vennero dopo di lui. Ipazia compresa. Quella vera - uccisa perchè non voleva chinare la testa di fronte all'Uno - e questa virtuale, che se la passa meglio, dopo che l'Uno è passato a miglior vita.
#5302
Citazione di: anthonyi il 02 Ottobre 2020, 17:25:33 PM

Che poi la mia spiegazione tu non la condivida me ne farò una ragione, in fondo anch'io ho profonde perplessità sulla tua ossessione sessuofobica (Ma quando parli di certe cose hai in mente il mondo di oggi, che del sesso praticamente non se ne accorge più, almeno qui in Italia, o che cosa ?)

Lo spettro sessuofobico é assai esteso nel tempo storico e nello spazio sociale. Non è cosa che si cancella con un colpo di spugna dopo una rivoluzione sessuale incompleta e precaria che interessa una parte privilegiata dell'umanità. Di quello spettro fa parte anche l'omofobia, che mi pare  assai virulenta anche da noi.

In generale, il tarlo che rende insopportabile la felicità altrui scava ancora in profondità nelle travature neuroniche dell'homo sapiens contemporaneo.
#5303
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La sessualità
02 Ottobre 2020, 21:47:36 PM
In questa discussione si affronta la sessualità che certamente é un veicolo di amore erotico. Ma che c'azzecca la riduzione o meno dell'amore alla sessualità ?

Anche l'amore materno ha una forte carica di emotività carnale, ma non di tipo erotico nella stragrande maggioranza dei casi.

L'amore e la sessualità hanno spettri ontologici e semantici assai estesi che in parte si sovrappongono, ma vanno considerati ciascuno nella sua specificità.
#5304
Ammesso ciò non vedo perché ostinarsi a cercare una realtà assoluta monistica/non-duale o duale quando il primo Pirandello che passa ti dice: e i centomila dove li mettiamo ?

La realtà è, a seconda del contesto, monistica, duale o plurale. Illuminazione é contare correttamente.
#5305
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2020, 12:51:33 PM
Pensare il/al comune vivere può significare sospendere/accantonare il pensare tale assenza-vuoto, ma non viceversa (ovvero ciò è dualistico solo se lo si pensa a partire dal pensiero convenzionale, mentre pensando a partire dall'assenza-vuoto, non c'è dualità; come samsara-nirvana suppongo siano dualistici solo guardati dal samsara, ma non viceversa, narrazioni "popolareggianti" a parte)

Suppongo siano dualistici anche visti dalla parte degli illuminati quando li teorizzano. Quando li vivono non fanno storia universale, aldilà dello stato estatico racchiuso nella loro mente. Maieutico certamente come ogni farmaco mentale che si rispetti. Un farmaco più elitario che popolareggiante. Potendoselo permettere.
#5306
Tematiche Culturali e Sociali / Re:La sessualità
02 Ottobre 2020, 10:29:43 AM
La sessualità è una pulsione naturale che nella dimensione antropologica si è evoluta psicologicamente ed ideologicamente dalla condizione naturale che l'ha generata. Tale evoluzione ha avuto una magnitudine massima perchè correlata all'intensità fisica, emotiva e sociale della sessualità.

L'evoluzione ideologica, sovrastrutturale, affonda le sue radici arcaiche nel dimorfismo sessuale che acquista ben presto un carattere di differenziazione sociale con i giochi di potere connessi che hanno visto soccombere l'"altra metà del cielo", sulla quale la sovrastruttura ideologica ha infierito con mitologie ad hoc, soprattutto nella componente abramitica dell'ideologia sessista.

Il patriarcato è la prima forma di divisione sociale e si impernia sulla sessualità generando una persistente ideologia sessista, non necessariamente sessuafobica come risulta dalla popolazione bisessuale degli olimpi orientali e occidentali antichi e nelle visioni etiche degli stessi, raffigurate nei templi e nella statuaria.

Tutte le culture hanno un carattere patriarcale, sessista, più o meno accentuato, ma non di concerto sessuofobico. La sessuofobia irrompe nelle religioni abramitiche e assume forme acute nel cristianesimo con la demonizzazione della sessualità è la sacralizzazione della castità. Persino l'islam, la religione più misogina in assoluto, demonizza la sessualità, ma solo nella parte relativa al genere femminile, e si guarda bene dal privare dei piaceri sessuali nell'aldilà i suoi adepti maschi, come accade nel paradiso dei cristiani rigorosamente depurato da ogni bassa pulsione carnale.
#5307
Ammetterai che se il passaggio verso la Verità è il Nulla, chi meglio del martire assassino lo realizza nullificando l'altro e assumendosi la colpa sacralizzata del gesto omicida in un "Dio lo vuole" in sedicesimo individuale, più o meno consapevole. Meno in questo caso, ma la koinè profonda popolata di imperscrutabili spiriti maligni, come da te argomentato, è quella.

Concordo sull'importanza "illuministica" della responsabilità, ma isolare il reo nel narcisismo è un escamotage teoretico che agisce il sintomo piuttosto che la causa. Quella causa che Nietzsche individuò nei "bestemmiatori contro la vita" che, scalfendo sotto l'imbiancatura dei sepolcri religiosi e delle loro mitologie, ...
#5308
L'unità psicosomatica, tanto del corpo individuale che sociale, è una splendida utopia, che va però calibrata a teorie più terra terra in attesa che l'era del paradiso-nirvana si realizzi (dentro di noi e intorno a noi nell'agognato Tutto). Il modello di riferimento è quello delle funzioni matematiche trascendentali, che puntano impudicamente all'infinito, dalla quali dobbiamo, a malincuore ma anche no, sezionare la parte che ci è utile per far funzionare le nostre applicazioni tecnoscientifiche nella loro area di esistenza che resta assai lontana da quel teorico, virtuale, infinito (succede sempre qualcosa prima che nol consente).

Persino i non-duali hanno dovuto modellarsi sulla coppia dualistica samsara-nirvana per teorizzare la non-dualità.

Ogni presunzione di Tutto decade di fronte alla pluralità delle coscienze individuali nel cui confronto nessuna può pretendere una superiorità epistemica a priori, ma anche si giungesse ad una coerente mente collettiva essa si dovrebbe confrontare dialetticamente con "leggi" naturali che non conoscono l'amnistia e scorciatoie azzeccagarbuglie.

La condizione umana è dialettica a prescindere da tutte le pillole afrodisiache che l'intelletto umano possa escogitare. Mentre le stelle stanno a guardare.
#5309
Citazione di: bobmax il 01 Ottobre 2020, 17:47:06 PM
Ma il Male, se riesco a coglierlo in questa sua abissale insensatezza, mi scaraventa all'origine del Tutto. Dove, sebbene non abbia alcuna idea del perché, mia è la colpa.

La metafisica della colpa ha una arcaica nobiltà che risale al debito di Anassimandro, si sviluppa nella teologia orientale della dualità  8) samsara-nirvana e nel cammino, verso una ipoteticamente non-duale illuminazione, attraverso le reincarnazioni; si volgarizza nei miti del peccato originale e di Prometeo fino a saturare di sè gli attori dell'"esistenzialismo" da Kierkegaard ad Heidegger, Sartre, Camus,... in forme diverse, intercettando pure Nietzsche, che cercò per tutta la vita di divincolarsi da essa in un contesto familiare e sociale non certo favorevole all'impresa, giungendo alfine a Freud e alla nascita della psicologia moderna.

Se la metafisica della colpa fosse rimasta nell'alveo filosofico di una pacata, non-dualistica, riflessione etologica ed ecologica sulla condizione umana avrebbe prodotto pochi danni, ma il fatale dualismo antropologico, proliferante nei pluralismi individuali, ha evocato creature infernali: legioni di martiri assassini che, non sopportando la felicità di chi non incardina la sua vita nella metafisica della colpa, ne decreta la morte fisica e morale. Preferibilmente entrambe.
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#5310
Citazione di: anthonyi il 01 Ottobre 2020, 20:05:28 PM
Ciao Ipazia, supponi, dopo una ricerca, di aver trovato una spiegazione del comportamento dell'omicida, che so, in un trauma infantile, allora anche questa spiegazione sarebbe umiliante in quanto sgravante il reietto dalle sue colpe ?

Non tutti coloro che hanno traumi infantili diventano assassini. Così come non tutti i figli di mafiosi diventano mafiosi. C'è sempre  una responsabilità individuale in scelte così estreme con motivazioni così futili.

CitazioneSulla base di quali argomenti tu assumi che sia l'individuo l'assoluto ente causale degli eventi ? Capisci che con questa assunzione tu neghi l'esistenza della società e riduci tutto all'individualismo ?

Quella che nella lingua giuridica si definisce: capacità di intendere e volere. Cosa di cui il nostro era evidentemente provvisto altrimenti non sarebbe arrivato a frequentare un corso di scienze infermieristiche. Il caso va indagato ma non pare che vi siano situazioni pregresse giustificanti tanta ferocia. Se ci saranno novità in proposito se ne riparlerà.

CitazionePer quello che mi riguarda possiamo anche mettere da parte il soprannaturale, definendo il male come ente epistemico operante nella società, il pensiero sociale ne ha costruiti talmente tanti.
Il problema di fondo comunque resta, ed insiste nella non spiegazione naturale di quel comportamento umano.

Il comportamento umano, senza scomodare gli dei, non è riducibile al DNA.

CitazioneE comunque la sessuofobia non ci può entrare. "Li ho uccisi perché erano felici!" La motivazione era nel loro stato (Potremmo anche dire spirituale) interiore, non c'era nulla di materialistico come il sesso.

L'analogia sta nel fatto che anche le religioni sessuofobiche odiano la felicità (erotica) e in ogni epoca l'hanno demonizzata. La loro genesi patriarcale individua nella donna una creatura demoniaca da recludere e su cui esercitare ogni possibile violenza. In Afghanistan i talebani hanno ucciso una madre e una figlia perchè cantavano e ballavano. Anche quei talebani odiano la felicità e uccidono le persone felici. L'odio della felicità ha radici remote e le religioni sessuofobiche ne sono la summa theologica e legittimazione ideologica perenne.