Sempre restando in tema, in ordine alla faccenda dell'interruzione della prescrizione, mi pare che nessuno abbia ancora rilevato che l'art. 111, comma 2, della Costituzione stabilisce che la legge deve assicurare "la ragionevole durata" di un processo; per cui, secondo me, un processo che resti "pendente per sempre", non è costituzionalmente concepibile.
Ed invero, interrompere la prescrizione del reato con l'inizio del processo o di una sua determinata fase (per esempio, dopo la sentenza di primo grado, secondo l'emendamento 5 stelle), vedrebbe l'imputato
esposto al rischio di una protrazione indeterminata (o addirittura "infinita) dei tempi del processo; il che, appunto, sarebbe incostituzionale, oltre che palesemente iniquo.
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Semmai, un rimedio agli attuali abusi del ricorso alla prescizione, potrebbe essere quello di convertire la "prescrizione del reato", nel momento stesso in cui viene interrotta, in "prescrizione del processo", articolata fase per fase, secondo termini di durata massima che tengano ragionevolmente conto delle esigenze di accertamento; superati quei termini, il giudice dovrebbe dichiarare, con sentenza di non doversi procedere, l'estinzione del processo.
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Però è anche vero che, di fronte all'obbligatorietà dell'azione penale, risulterebbe un po' contraddittorio, prevedere un'estinzione del processo per decorso del tempo che operi in alternativa alla prescrizione del reato.
Occorre però anche considerare che, a mio avviso, si dice un po' impropriamente che, estinto il reato, si estingue anche il processo; ed infatti , a voler essere proprio esatti, il processo non si estingue in quanto tale, ma si conclude con una sentenza che dichiara l'estinzione del reato.
E, in tal caso, a ben vedere, l'estinzione del reato conseguente alla prescrizione, non è che abbia impedito ogni accertamento del merito, dovendo il giudice prioritariamente verificare se l'imputato non debba essere assolto perché non ha commesso il fatto, il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Per cui, sebbene il codice preveda, per l'estinzione del reato, una "sentenza di non doversi procedere", secondo me non si tratta di una "improcedibilità" nel senso proprio della parola, perché, se fosse tale, impedirebbe qualsiasi accertamento di merito; che, invece, come osservavo sopra, secondo me comunque sussiste.
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Per cui, a mio parere, considerata la tripartizione delle sentenze:
- di improcedibilità;
- di proscioglimento;
- di condanna;
la sentenza che dichiara l'estinzione del reato per prescrizione, appartiene a pieno titolo alle seconde e non alle prime.
La questione è comunque controversa, perchè, sulla natura sostanziale della prescrizione si è pronunciata la Corte cost. ordinanza n. 24 del 2017, mentre, a favore della natura processuale è, invece, orientata la Corte di Giustizia (Grande Camera, 8 settembre 2015, Taricco, n. C-105/14).
Ad ogni modo, seguendo l'esegesi che ritengo preferibile, il problema potrebbe essere risolto senza ledere l'art.111 della Costituzione, e, nel contempo, evitando un ricorso abusivo all'attuale istituto della prescrizione.
Ed invero, interrompere la prescrizione del reato con l'inizio del processo o di una sua determinata fase (per esempio, dopo la sentenza di primo grado, secondo l'emendamento 5 stelle), vedrebbe l'imputato
esposto al rischio di una protrazione indeterminata (o addirittura "infinita) dei tempi del processo; il che, appunto, sarebbe incostituzionale, oltre che palesemente iniquo.
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Semmai, un rimedio agli attuali abusi del ricorso alla prescizione, potrebbe essere quello di convertire la "prescrizione del reato", nel momento stesso in cui viene interrotta, in "prescrizione del processo", articolata fase per fase, secondo termini di durata massima che tengano ragionevolmente conto delle esigenze di accertamento; superati quei termini, il giudice dovrebbe dichiarare, con sentenza di non doversi procedere, l'estinzione del processo.
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Però è anche vero che, di fronte all'obbligatorietà dell'azione penale, risulterebbe un po' contraddittorio, prevedere un'estinzione del processo per decorso del tempo che operi in alternativa alla prescrizione del reato.
Occorre però anche considerare che, a mio avviso, si dice un po' impropriamente che, estinto il reato, si estingue anche il processo; ed infatti , a voler essere proprio esatti, il processo non si estingue in quanto tale, ma si conclude con una sentenza che dichiara l'estinzione del reato.
E, in tal caso, a ben vedere, l'estinzione del reato conseguente alla prescrizione, non è che abbia impedito ogni accertamento del merito, dovendo il giudice prioritariamente verificare se l'imputato non debba essere assolto perché non ha commesso il fatto, il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Per cui, sebbene il codice preveda, per l'estinzione del reato, una "sentenza di non doversi procedere", secondo me non si tratta di una "improcedibilità" nel senso proprio della parola, perché, se fosse tale, impedirebbe qualsiasi accertamento di merito; che, invece, come osservavo sopra, secondo me comunque sussiste.
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Per cui, a mio parere, considerata la tripartizione delle sentenze:
- di improcedibilità;
- di proscioglimento;
- di condanna;
la sentenza che dichiara l'estinzione del reato per prescrizione, appartiene a pieno titolo alle seconde e non alle prime.
La questione è comunque controversa, perchè, sulla natura sostanziale della prescrizione si è pronunciata la Corte cost. ordinanza n. 24 del 2017, mentre, a favore della natura processuale è, invece, orientata la Corte di Giustizia (Grande Camera, 8 settembre 2015, Taricco, n. C-105/14).
Ad ogni modo, seguendo l'esegesi che ritengo preferibile, il problema potrebbe essere risolto senza ledere l'art.111 della Costituzione, e, nel contempo, evitando un ricorso abusivo all'attuale istituto della prescrizione.








