Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - iano

#5341
Scienza e Tecnologia / Re:MQ e coscienza
02 Marzo 2019, 01:55:20 AM
La descrizione di una teoria è una metateoria , che quando funziona bene , ci regala l'illusione di diventare parte di quella descriziome vivendoci come fosse la realtà.
Non è forse quello che ci succede quando assistiamo ad un opera teatrale ?
Siamo capaci di vivere dentro un racconto , accantonando la coscienza , salvo riapprpriarcene quando il racconto finisce.
Allo stesso modo crediamo di vivere dentro a ciò che chiamiamo realtà non coscienti del fatto che a ciò media un racconto.
Ma quando proviamo a vivere dentro una teoria scientifica invece sentiamo la necessità di un racconto che ciò consenta.Una descrizione/interpretazione.
Però ne' la realtà , ne' la teoria , sono quel racconto .
#5342
Scienza e Tecnologia / Re:MQ e coscienza
02 Marzo 2019, 00:50:28 AM
Citazione di: Apeiron il 01 Marzo 2019, 22:27:45 PM




Rispetto questo punto di vista e, per certi versi, lo ritengo condivisibile*. Tuttavia ho un paio di obiezioni da fare. Primo: se la MQ non descrive la realtà perché 'funziona' così bene? In altre parole, perché non ci dobbiamo aspettare che, in futuro, scopriremo il motivo per cui funziona? Secondo (legato al primo): si può obiettare che una prospettiva strumentalista blocca la ricerca. Perché? perché dice che non è possibile dare una descrizione della realtà - ovvero è un'affermazione, in realtà, categorica. Una affermazione di impossibilità che forse è eccessiva.



Credo che una teoria funziona perché funziona , e non perché descrive la realtà.
Il fatto però che fino a un certo punto lo abbiamo creduto non è da liquidare come un semplice abbaglio , perché questa descrizione , quando c'è, funziona come una sintesi perfetta della teoria , così perfetta che a furia di usarla è come viverci dentro .
La realtà in cui crediamo di vivere , il modo cioè in cui ci appare , è il frutto dell'istaurarsi di queste routine , dove non occorre più l'uso della coscienza.
La presunta descrizione della realtà che si può ricavare da una teoria che funziona crea un mondo dentro al quale , causa perdita di coscienza del processo , che si automatizza , è facile credere di vivere.
E questo stesso credere di viverci dentro ha una sua funzione positiva , che è quella di rendere massimamente efficace e diffusa e condivisibile in modo immediato l'applicaziome della teoria.
Chiunque fa' meglio il suo lavoro se ci crede davvero.
Ma il lavoro in se' è qualcosa da fare , e non qualcosa in cui credere , però se ci credi è meglio.
Tutto bene finché esiste una sola teoria , che è quella ad esempio decisa dall'evoluzione ( che come tutte le teorie nasce dall'esperienza , ed è resa possibile da una coerenza intrinseca della natura ).
Le cose si complicano quando rimettendo mano alla coscienza si creano nuove teorie e ciò in cui abbiamo creduto diventa un ostacolo invece che un aiuto.
Ciò che distingue gli uomini dagli animali non è la coscienza , ma l'uso intensivo che gli uomini ne fanno.
Non è quindi che non dobbiamo aspettarci in futuro una descrizione della MQ , ma è che non dobbiamo pretenderlo, ma solo auspicarlo , e per i motivi sopra detti e non per altri.
Secondo punto.
Una prospettiva strumentalità si spera che non blocchi la ricerca , ma sicuramente stravolge le consolidate abitudini con cui finora si è fatta ricerca , comprensive di una utile descrizione.
La scienza , cioè il modo nuovo che usiamo per rapportarci con la realtà , non prevede più che si possa mettere da parte la coscienza ( e in ciò è veramente nuovo) .
Non è più possibile cadere in uno stato di incoscienza che ci dia l'illusione utile , e perciò sempre desiderabile , di vivere dentro una descrizione, avendo dimenticato , o non avendo mai saputo che di una descrizione si trattava.
Al mondo presentatoci dalla percezione sottostà una descrizione nascosta.
Concedendoci giocoforza di vivere contemporaneamente in più mondi , riusciamo a vivere anche nel mondo di Newton e in quello di Einstein, nella misura in cui alle relative teorie è di ausilio una descrizione, in una evoluzione in cui questa descrizione diventa sempre più evanescente , e rende sempre più difficile la riproduzione dell'utile illusione di viverci dentro.
Se la MQ non è la teoria che metterà fine a questa utile illusione, sembra però una ottima candidata.
È una rivoluzione.
Ma non una rivoluzione qualitativa , ma quantitativa.
L'uso della coscienza , nella quantità in cui la si usa , è la causa di questa rivoluzione.
Quindi la rivoluzione non consiste nella scienza in se' , come normalmente intendiamo.
Nel fare scienza non facciamo nulla di diverso da quello che abbiamo sempre fatto , e cioè rapportarci utilmente con la realtà .
Abbiamo solo più coscienza di quel che facciamo , anche se sempre meno di quel che crediamo , e rimane ancora ampia la zona "d'ombra" in cui la coscienza non interviene.
C'è così tanta coscienza in circolazione che ci sembra di vederla anche dove non c' è.
Le descrizioni del mondo esistevano anche quando non esisteva la scienza , e la filosofia e quindi la scienza , sono nate  per superare quelle descrizioni giudicate non più adeguate.
Per superarle con descrizioni più soddisfacenti , ma le cose poi sono andate oltre le nostre intenzioni , perché se anche le intenzioni possono indicare la strada alla ricerca , non sono le intenzioni la guida ultima della ricerca , ma la realtà, seppure nelle forme sostanzialmente utilitaristiche e indirette in cui ci appare , finché ci appare , posto che questa apparenza è essa stessa uno strumento utile , se c' è, quando c'è ma , a quanto pare non essenziale in se'.
Siamo partiti per superare i miti e ci siamo riusciti bene , al punto che iniziamo a rimpiangerli, seppur camuffati da descrizioni.
#5343
Scienza e Tecnologia / Re:MQ e coscienza
01 Marzo 2019, 19:51:04 PM
@Sciombro.
Io sono d'accordo con Bitbol , tu sei d'accordo con Bitbol ,ma non sei d'accordo con me.
Uno di noi due ha frainteso Bitbol.
O forse mi sono dilungato troppo e malamente.
Bitbol dice che la meccanica quantistica è al servizio dell'osservatore , che dopo averla costruita la usa proficuamente.
Non occorre aggiungere altro , in effetti , ed è ciò a rendere la frase non banale.
Se sei d'accordo , siamo d'accordo.
#5344
Scienza e Tecnologia / MQ e coscienza
01 Marzo 2019, 16:56:39 PM
https://www.youtube.com/watch?v=-LVCaGuhBy8
Inviatomi da Apeiron , l'autore Michel Bitbol , incontra il mio pieno interesse, come previsto da Apeiron , che ringrazio vivamente.
Mischiando le parole del filosofo con le mie:-

La MQ è uno strumento al servizio dell'osservatore.
Se non si aggiunge altro non nasce nessun problema, posto che seppur non vi è mai la esplicita volontà di aggiungere un di più, il di più è sempre sistematicamente presente, e il perché ciò avvenga sarebbe oggetto di altra discussione interessante.
Chi pensa che la MQ descriva il mondo indipendentemente da noi , sbaglia , dice il filosofo.
Ed ecco dov'è il di più.
La teoria altro non è che una descrizione invece delle nostre capacità di prevedere cose , senza avere, in modo evidente, l'ambizione di svelare il mondo per quel che è.
Aggiungo io che questa ambizione era illusoriamente presente  , ma sempre meno presente nel loro progredire , nelle precedenti teorie , senza esservi quindi effettivamente.
La MQ infatti ci mostra che la realtà è sfuggente nei termini della teoria che dice che la realtà può essere descritta , contraddicendola di fatto.
Ci conferma invece , rafforzandola, il fatto che la realtà si può prevedere.
La teoria classica sembra dunque affetta da una aspettativa , un verme nella mela , che nella MQ mostra tutta la sua problematicità.
Ciò che entra in crisi è l'idea che la scienza tenda a una conoscenza della realtà in se' ,dove l'uso di questa conoscenza diventa accessorio ed eventuale.
Per la meccanica quantistica l'uso che se ne fa' diventa invece il punto focale.
Ciò significa che la teoria non può essere scissa dal suo utilizzatore , per essere eventualmente riposta in un iperuranio indipemdente da esso.
I risultati, se considerati positivi , derivano dunque dal togliere alla teoria aspettative improprie.
Un operazione coraggiosa perché significa anche togliere fascino alla teoria , fascino comunque , anche se imbellettato.
Mi sembra che l'autore non trovi lo stesso coraggio quando parla in generale di coscienza , laddove la coscienza è chiamata qui impropriamente in causa da alcune interpretazioni della MQ , cosa su cui Apeiron ci tiene sempre aggiornati.😊
In fondo quello che il filosofo sembra dirci è che le nostre conoscenze sono sempre affette da un di più, che però si evidenzia come tale solo nel corso dell'evoluzione della teoria (e la MQ non v'è dubbio sia una evoluzione) mostrandosi in forma di contraddizione , e la chiamata in causa di una coscienza che intervenga come causa fisica è una di queste.
Il di più ha creato il cortocircuito.
Dal punto di vista filosofico è importante sottolineare che il di più c'è sempre , senza che questa consapevolezza debba castrare la libera produzione di idee , perché c'è sempre tempo per toglierlo , e quel momento arriva sempre. Basta saperlo vedere.
Se il progresso consiste nel togliere il di più, quando arriva il momento , allora questo di più ha pure la sua funzione, in fondo.
#5345
@Eutidemo.
Mi pare gia' un successo che ancora nessuno abbia usato il concetto di intelligenza a guisa di medaglia da mettere in modo esclusivo su petto di umano , da allevamento o meno.
Se l'intelligenza puo' degradare , a prima vista , ciò dimostra che non è un bene in se' e/o ad uso di gloria.
Evidentemente anche l'intelligenza sembra sottostare ad una legge economica di sopravvivenza.
E , stante ciò, chi dice che giocare a bridge è cosa intelligente?
A prima vista sembra tutt'altro , considerando che la vincita spesso è una nocciolina virtuale , economicamente non spendibile a quanto sembra.
Però forse l'idea che la natura investa quanto basta , e nulla di più, al fine della sopravvivenza, risolvendo uno dopo l'altro problemi che somigliano a test di intelligenza è semplicistica.
Inoltre in qualunque economia possono generarsi dei surplus e nasce il problema di cosa farne .
Un test di intelligenza , più che emulare problemi reali, somiglia più a un gioco come quello del bridge.
Non serve a niente, ma se per esso si è speso un surplus economico ( che a sua volta produce ozio e noia) , non si può escludere di poter cambiare un domani , in tempi di penuria , la nocciolina virtuale con una reale.
I matematici come ben sappiamo accettano solo noccioline virtuali , o quasi , che prima o poi si riesce però a cambiare utilmente.
Questa è una intelligenza gioiosa e giocosa che vorrei promuovere.
Come investono invece i politici il surplus economico?
Stendiamo un velo pietoso.
Nei test di intelligenza a scimmie e corvi vengono suggerite le soluzioni in fondo , mettendo loro a disposizione gli strumenti che servono.
L'uomo invece , con mani legate dietro la schiena , deve ricavare gli strumenti che il suo ozio attivo gli ha fruttato , senza ricevere alcun suggerimento d'uso.
Il risultato è che ci sorprendiamo della intelligenza "superiore" degli animali , che non è necessariamente tale , ma sicuramente sottostimata per pregiudizio.

#5346
Anche il dire , ampiamente condiviso , che una teoria scientifica è vera fino a prova contraria , è criticabile , perché la forma in cui presentiamo una teoria non è univoca , e seppur dimostrabile che le forme diverse in cui una teoria "appare" sono equivalenti , una forma può suggerire prove contrarie che in altre non appaiono.
Possiamo dimostrare in mille modi diversi che il teorema di Pitagora è vero , al punto che rimane da chiedersi come mai esso non ci appaia ovvio.
Non esistono verità ovvie , evidentemente , neppure in matematica , ma pretendiamo che la verità filosofica debba avere il carattere dell'ovvieta'.
Ma questo forse è un altro argomento  , su cui si potrebbe aprire una nuova discussione.
#5347
@Sciombro
Quali condizioni indimostrabili?😀
La materia non esaurisce la realtà come non la esaurisce nessuna altra apparenza.
La materia è più vuota di quanto immaginassimo , e il vuoto non è del tutto vuoto.
Stiamo usando termini vecchi che si mostrano idaguati alla bisogna , se il pieno non è del tutto pieno e il vuoto non è del tutto vuoto, e ciò che è vero lo è solo in parte.
#5348
Il punto che mi preme sottolineare è che la consapevolezza/ conoscenza diffusa , e possibilmente equamente distribuita , non è una questione di lana caprina.
Il potere della scienza è infatti quello di essere un opera collettiva , resa possibile grazie appunto alla consapevolezza diffusa , e non nel discoprire verità in alternativa agli inganni percettivi.
Essa crea apparenze non meno del sistema percettivo , solo diversamente utili.
Un grazie ad Ipazia e a tutti voi per avermi aiutato a chiarirmi le idee.
Sono idee che nascono infatti dalla nostra interazione, anche se a volte tendiamo a presentarle come lezioni da impartire , pronte e confezionate .😅
#5349
Citazione di: Ipazia il 19 Febbraio 2019, 20:36:20 PM
La questione si affronta benissimo contestualizzato la verità nei sistemi in cui essa funziona come verità. Il moto apparente del sole funziona benissimo per scandire il giorno e la notte, mentre sarebbe più complicato basarsi sul tempo di rotazione della terra. Il nostro sistema sensoriale dice la verità pure lui nella gamma di frequenze e stimoli che è in grado di percepire.

Quanto più ci si allontana dalle misure/sensorialità antropiche tanto più il tasso di veri(ficabili)tà diminuisce. È questo dato a rendere "misteriosa" la mq ed esoterici i tentativi di implementarla in un sistema scientifico che dica la verità. Altrettanto accade coi fenomeni a noi più lontani nello spaziotempo. Ma il cumulo di conoscenze si dà sempre e il metodo mantiene la sua coerenza e fecondità.

Il problema "verità" mi pare più che altro semantico: basta toglierle di dosso l'eccesso di sacralità metafisica e diventa utilizzabile come qualsiasi altro concetto astratto.
È " più vero " che la terra gira attorno al sole , e non il viceversa " , o è solo più semplice descrivere il sistema con il sole al centro, e quindi questa descrizione è più utile ai fini della comprensione ?
Ai fini applicativi possono invece essere contestualmente utili altre descrizioni , come ben dici , descrivendo ad esempio il sistema col sole che gira intorno alla terra.
Dire che è il sole a girare piuttosto che la terra non è ne' falso ne' vero.
Una descrizione o l'altra si dimostrano contestualmente relativamente più o meno utili.
Continuare a parlare di verità , almeno in questo esempio sarebbe ingenuo , a causa della migliore conoscenza acquisita sul sistema .
Parliamo di descrizioni alternative del sistema nessuna delle quali è vera ne' falsa.
La differenza sostanziale fra sensi e strumenti di misura è che i sensi , o meglio ciò che percepiamo , contiene già in se' una descrizione sottesa , non esplicita, preferenziale, che si dimostra essere anche la più utile , non a caso, nel contesto limitato in cui lavorano i sensi.
Questa scelta non consapevole ,di fatto , di una particolare descrizione, in mancanza di alternative coscienti, ci porta a dire ingenuamente che ciò che percepiamo è vero.
Quindi è qualcosa di più di una questione semantica , anche se , acquisita maggiore consapevolezza sul sistema , possiamo degradarla a tale , ma col rischio di perpetuare il fraintendimento , se questa consapevolezza non è equamente diffusa.
È evidente dunque che il sistema percettivo nella sua dinamica  "non usa il concetto di verità " , ma il concetto di "funziona/non funziona a ciò che serve nel contesto ".
Ciò che appare , "sole che gira intorno alla terra" è utile nella vita di tutti i giorni , oggi come ieri .
Ma quando la scienza ci suggerisce una diversa descrizione, "terra che gira attorno alla terra " , utile in diversi altri contesti , non ci sta proponendo una verità di grado superiore , ma una diversa apparenza, diversamente utile.
In ciò che fa' il sistema percettivo o la scienza non c'è sostanzialmente nulla di gratuito ne' di diverso , e la differenza sta nell'uso di maggiore o minore consapevolezza ad hoc , dove la consapevolezza è uno strumento , ma non un bene in se'.
Il concetto di verità nasce in un contesto di minore consapevolezza.
Non sappiamo perché è " vero ciò che ci appare vero" e quando cerchiamo , avendo acquisito maggiore consapevolezza, di dimostrare che ciò che ci appare vero è vero , allora iniziamo a girare a vuoto.
#5350
Citazione di: Ipazia il 13 Febbraio 2019, 20:40:59 PM
La verità esiste, come la falsità. Non è assoluta ma contestuale al proprio ambito semantico: cronachistico, processuale, scientifico, quotidiano. La verità scientifica esiste e lo dimostra la sua natura cumulativa piuttosto che abrogativa. Le scienze mature sono manuali di verità naturale. La leva di Archimede non è mai stata falsificata. Anche la chimica, dagli atomi ai tecnopolimeri e superleghe, dice la verità. Quando non lo dice, ovvero si sbagliano le ricette, la verità non perdona.

La filosofia, che la verità l'ha declinata in tutte le lingue, ha invece più difficoltà ad arrivare a risultati stabili e ciò dipende dall'ontologia di cui si occupa, decisamente più condizionata dal punto di vista (che non dichiara) rispetto alla scienza, che il punto di vista lo dichiara nel contesto stesso del suo studio. Anche la filosofia può arrivare alla verità, se rinuncia all'assoluto e si concentra sulla natura circoscritta degli oggetti ontologici di sua pertinenza.
Sono d'accordo.
Ma propongo , banalmente , di dire le stesse cose senza usare il concetto di verità.
Un esercizio non sterile , perché  da un lato ci può aiutare a comprendere da dove nasce il concetto di verità, cercandone possibili succedanei , e dall'altro , seppur col rischio di complicare il discorso scientifico, verificare se appare meno problematica la sua dinamica.
Aver compreso che la realtà non è come ci appare non è una scoperta da poco.
In se' sarebbe pure banale la cosa se non fosse che , chissà per quale motivo , noi lo credevamo.
E questo è il domandone. Perché lo credevamo?
Dire che ci siamo sbagliati è un modo per non affrontare la questione.
Fino a un certo punto , seppur con difficoltà varie, siamo riusciti a configurare la scienza come un accumulo coerente di teorie , una progressione che tendeva a qualcosa , qualcosa che chiamiamo verità.
Con la MQ la difficoltà di inserirla in questo quadro aumenta.
Bisogna cambiare il quadro è mettere altro al posto di verità.
Potremmo mettere un funziona meglio.
È più onesto di un vero , si , ma fino a un certo punto , con vari gradi di distinzione.
È vero che c'è un mistero che sembra deporre a favore della verità, quello per cui le teorie scientifiche sono predittive , e anzi non funzionerebbero se non lo fossero.
Ma appunto , siccome sono predittive , funzionano.
Tutto ciò sembra suggerirci che esiste una realtà ed ha una sua coerenza, ciò che fa si che , pur con limitatezza di mezzi , riusciamo a comprendere più realtà.di quanto potessimo mai sperare.E questa forse è l'unica verità cui possiamo accedere.
È possibile trovare regolarità anche in disposizioni casuali , ma queste regolarità non ci direbbero nulla su come prosegue quella disposizione , se veramente casuale.
È evidente dunque che la realtà non è  un accumulo , e tantomeno casuale , di oggetti .
Essa ci appare come un insieme di oggetti , senza esserlo , ma la coerenza con cui questi oggetti ci appaiono forse ci fa' intravedere qualcosa di più di un ombra della realtà , qualcosa di più dell'ombra proiettata da oggetti ideali , fittizi non meno dei cosiddetti reali.
Senza quella coerenza  forse non ci apparirebbe proprio nulla , ne' in forma di oggetti ne' altro.
Se questi oggetti ,queste apparenze, sono utili , lo saranno ancor più se meglio lì padroneggiamo , e la verità non sembra più uno strumento utile a ciò.
La realtà non è come ci appare , ma il fatto stesso che ci appare significa che.........
ognuno può mettere qualcosa al posto dei puntini, come ho provato a fare io.
#5351
Citazione di: sgiombo il 13 Febbraio 2019, 10:44:41 AM
Lo trovo significare un concetto non banale, necessitante attenta meditazione e critica razionale (filosofica: la scienza non basta, cara Ipazia!), ma assolutamente necessario per stabilire che cosa si può conoscere e che cosa si conosce (o meno) della realtà.
Poniamo di connotare i dati sperimentali come veri.
Sono veri , ma inutilizzabili in forma di elenco.
Per poterli utilizzare dobbiamo diminuirne il grado di verità.
Dobbiamo introdurre metodi non univoci di elaborazione dei dati.
Ne trarremo una teoria che porremo e giudicheremo alla prova dei fatti soddisfacente o meno.
Questo giudizio , anche quando ampiamente condiviso , è arbitrario.
Il fatto che possiamo estrapolare dei criteri di condivisione non cambia la sostanza.
In questo processo la verità mi sembra una chimera mentre la condivisione mi appare come la sostanza , e le due cose , facili da assimilarsi sommariamente ad una , non sono da confondere.
Ciò che la ragione ci porge , quando spogliato del superfluo metafisico , non è difficile da comprendere, anche se perde di fascino.
Ammesso che la verità sia un catalizzatore del processo essa non appare nel composto finale.
La teoria non equivale ai dati sui quali è stata costruita.
Non per questo , priva di veli , perde importanza, anzi.
Perde fascino , mostrandosi per quel che è.
#5352
Errata corrige a un mio precedente post , #217 :
Chiunque affronti la meccanica quantistica , a qualunque livello , se persona ragionevole , NON può non condividerla.
#5353
Citazione di: sgiombo il 13 Febbraio 2019, 10:14:16 AM
Nella storia della scienza le successive falsificazioni della "apparenze" (rectius: credenze, teorie) precedenti sono ottenimenti di credenze più vere (poste alcune premesse indimostrabili ma necessarie come conditiones sine qua non, se ne fosse -filosoficamente- consapevoli o meno, anche delle più primitive e da gran tempo falsificate credenze prescientifiche o "naturalistiche di senso comune".
Comprendo benissimo il tuo pensiero , ma l'uso del termine verità è problematico e non necessario.
#5354
Citazione di: sgiombo il 13 Febbraio 2019, 10:06:35 AM

I problemi metafisici (rectius: ontologici) e la ricerca della verità (della conoscenza vera della realtà) mi interessano tantissimo!

Nel corso della storia delle scienze gli strumenti via via migliori hanno consentito (in maniera discontinua, non "progressivamente lineare, come forte tendenza ostacolata da controtendenze)  l' acquisizione di conoscenze via via nuove e la falsificazione (per lo meno relativa, parziale) di teorie scientifiche precedenti.

Dunque gli strumenti via via nuovi che tendono ad essere prodotti e usati non solo sono (in maniera banalissimamente tautologica) "più attuali", ma anche tendono ad essere via via "più veritieri" (= "a dirci", o meglio a consentirci di ottenere,  via via più verità e mano falsità).
Non sono alieno al tuo pensiero , tanto che l'ho condiviso e mi piacerebbe continuare a farlo.
Ma è proprio l'evoluzione della ricerca scientifica a frustrare questo desiderio , e non posso fare a meno di prenderne atto.
Non ho la soluzione in tasca e la goffaggine dei miei post lo testimonia,
È un processo in atto nella mia testa che ha valore solo nella misura in cui posso condividerlo con voi.
Il mio ultimo post mi piacerebbe vederlo come un buon approdo , che mette un po' di ordine in questo mio caos ,seppur sempre momentaneamente.
Ridefinire il valore della condivisione è un po' il succo di questo discorso.
Il mondo non è come ci appare , ma perché ci appare a tutti allo stesso modo?
#5355
Citazione di: acquario69 il 13 Febbraio 2019, 03:45:47 AM
La realta non e' come ci appare e a questo punto bisogna essere ostinatamente ottusi per non arrivare a capirlo.
La stessa materia (unico illusorio punto di riferimento per menti limitate) non e' come ci appare attraverso i nostri sensi..dopodiche si cerca pure di giustificarlo mentalmente..con tutte le fantasie, le mere opinioni personali e vari sofismi del caso

Eppure anche la fisica quantistica lo ha dimostrato, arrivando a cogliere quello che i premoderni avevano gia intuito da sempre.
Piu si indaga sulla materia e piu dovrebbe essere ormai chiaro che non esiste nessuna "solidità" e che non vi e' reale separazione tra le cose.

La materia non può essere di per se qualcosa di autonomo e a se stante (e peggio che mai avere l'allucinazione di considerarla come l'unica realtà)  "prima" di questa e' il vuoto che in un certo senso la rende manifesta.
Quel "vuoto" lo si può chiamare anche Dio o Spirito o Tao...

Ma per voi materialisti risulta troppo difficile e per alcuni impossibile arrivare a capire che quel "vuoto" e' in realtà Tutto

—————————

Trenta raggi si uniscono al mozzo e nel suo non-essere si ha l'utilità del carro.
S'impasta l'argilla per fare un vaso e nel suo non-essere si ha l'utilità del vaso.
S'aprono porte e finestre per fare una casa e nel suo non-essere si ha l'utilità della casa.
Perciò l'essere costituisce l'oggetto e il non-essere costituisce l'utilita
Tao te ching (XI)

O Sariputra, la forma è vacuità e la vacuità è forma.
La vacuità non differisce dalla forma, la forma non differisce dalla vacuità. Qualunque cosa sia forma, quella è vacuità; qualunque cosa sia vacuità, quella è forma.             
Prajnaparamita Hrdaya (Sutra del Cuore)
Il vuoto è apparenza non meno del pieno , quindi non mi farei partigiano dell'uno a scapito dell'altro.
Mi farei partigiano delle apparenze in toto perché  sono ciò che ci permettono di rapportarci con la presunta realtà, ma nessuna apparenza è da privilegiare sulle altre , ne' quelle attuali , in essere , ne' quelle in potenza, che eventualmente saranno.
Di fatto si può dire che siamo coscientemente oggi alla ricerca di nuove apparenze , come quando tentiamo interpretazioni condivisibili della MQ.
Sappiamo che ciò è possibile , perché se sono oggi in essere le apparenze del pieno e del vuoto , della materia e della non materia , del tempo e del non tempo , in qualche modo queste sono state costruite , ma non sappiamo esattamente come.
Stiamo tentando di riprodurre in modo cosciente un processo che non ha avuto bisogno della coscienza per prodursi , o del quale processo non abbiamo comunque memoria.
Nella misura in cui comprensibilmente abbiamo confuso , e continuiamo a confondere , le apparenze con la realtà stessa , tale possibilità risulta destabilizzante.
Non è certo quindi il piacere di sentirci mancare la solida materia sotto i piedi che ci guida , ma la necessità di interiorizzare in modo soddisfacente le nostre nuove esperienze fatte grazie ai nostri nuovi sensi tecnologici.
E sopratutto di farlo tutti insieme , in modo di condividere le nuove apparenze , non meno di quanto condividiamo quelle gia' in essere , come il tempo , la materia .
Si possono avere legittimi dubbi sulla loro esistenza , ma , seppur non sia possibile provarlo , tutti giureremmo di condividere le stesse idee di spazio , tempo e materia.
Questa condivisione è ciò che ci ha tratti in inganno , portandoci a confondere le apparenze con la realtà, ma questa condivisione rimane un punto fondamentale che in qualche modo , non sappiamo quale , dobbiamo riprodurre.
Il termine stesso condivisione non rende pero' completamente ciò che voglio esprimere.
Chiunque affronti la meccanica quantistica , a qualunque livello alla fine non può, se persona ragionevole , condividerla , fosse anche di malavoglia.
Su questo non può esserci dubbio.
Può star tranquillo Ipazia che non mi butto giù da una finestra pensando di levitare , ne' tantomeno mettere in dubbio i risultati provati della scienza.
Voglio solo sottolineare l'importamza di un processo di condivisione che , se affrontato solo sul versante della ragione, resta un processo a meta' , e noi non sappiamo bene quale sia l'altra metà del processo , quella che porta all'ovvieta'.
Quella che ci fa' dire L insieme a Santo Agostino : So' cosa è il tempo, ma se mi chiedono di dire cos'è, allora non so' più cos'è.
Qual'e' quel processo che porta una apparenza all'ovvieta' ?
Quel processo che ha costruito il nostro senso di realtà , senza il quale oggi non parleremmo neanche di realtà, anche solo per presumerla.