Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2019, 21:55:58 PMProprio il divertimento , il gioco per il gioco , mi auguro sia un valido succedaneo motivazionale alla più pomposa pretesa della conoscenza in se'.
Se la realtà fosse indistinta si cadrebbe inevitabilmente nella contraddizione che il conoscitore é incluso in ció che cerca di conoscere. Ma, per nostra fortuna, caso o intelligenza, abbiamo sezionato la realtà in sottorealtà che possiamo conoscere e determinare da fuori e questo ci salva dal nichilismo e dal caos.
Entro certi umanissimi limiti, ma al cui interno ci si può divertire assai, sperimentando e inventando.
Ma se siamo stati noi a sezionare la realtà ciò non equivale a dire che la realtà sia fatta di sezioni.
La sezione è il prodotto della nostra interazione con la realtà , ma non la realtà.
Dalla conoscenza del risultato di una operazione matematica non posso risalire al calcolo che lo ha generato , ma se il risultato è utile posso indurre che dietro ci sia un algoritmo che non equivalga al caos totale.
Laddove il caos non equivale a una mancanza di ordine , ma a un ordine difficile da controllare fino ad apparire il suo contrario.
Noi non siamo neanche in grado di concepire la mancanza di ordine , il caso puro.
Non abbiamo una vera definizione per esso.
Il nichilismo è un rischio un rischio da correre.
Se tutti ci convinciamo che la conoscenza in se' non è possibile rischiamo il nichilismo.
Per evitare il nichilismo dobbiamo credere nelle favole?
Possibile non trovare una spinta motivazionale diversa?
Il gioco per il gioco a me piace e non chiedo di meglio che divertirmi.
Però voglio un gioco le cui regole non siano fatte per farmi vincere a tavolino.
Non un gioco in cui si fa' vincere il bambino perché sennò va' in depressione.
Ammettere la possibilità della conoscenza in se' equivale a dire che la partita potrebbe essere lunga, ma che la nostra vittoria è gia' scritta nelle regole del gioco.
Non abbiamo neanche il coraggio di dire che la conoscenza in se' è un concetto che suona vuoto , come vuoto suona ad esempio quello di puro caso.
Parliamo di puro caso quando , avendo perso la partita, accusiamo la realtà di barare.
Possiamo indurre il concetto di puro caso da una situazione che casuale non è, ma che tale appare per la nostra difficoltà a gestirla.
Allo stesso modo induciamo una conoscenza in se' possibile dalla constatazione che è possibile una utile interazione con la realtà.
Non esiste alcuna conoscenza in se' , come non esiste il puro caso per il motivo che se ne dovessimo dare una definizione assoluta non saremmo in grado di farlo.
Possiamo parlare di caso solo a partire da una situazione confusa, ma non disordinata.
Possiamo parlare di conoscenza in se' solo a partire da una conoscenza pratica e relativa.
E non viceversa.
