Una cosa su Dostoevskij.
C'è un aspetto che è sfuggito a molti critici ma che secondo me illumina la sua posizione su Cristo.
Il protagonista de "L'idiota", il principe Myskin, è uno dei personaggi che incarnano la "bellezza evangelica" (come Alesa de "I fratelli Karamazov", Sònja di "Delitto e castigo") - il concetto di bellezza evangelica è tipicamente russo o comunque appartenente soprattutto al cristianesimo orientale.
A un certo punto nel romanzo, nel corso della "spiegazione necessaria" di Ippolit (un giovane malato rancoroso che decide di suicidarsi davanti a un gruppo di conoscenti non prima di averne spiegato le ragioni filosofiche), salta fuori che alla provocazione di Ippolit che dice "secondo me il principe è un materialista", Myskin conferma (e lui dice sempre la verità).
Quindi uno dei suoi personaggi più evangelici è un materialista. Evidentemente non crede in Dio.
Che cosa significa?
Ipotesi: Dostoevskij partendo dalle preoccupazioni per le conseguenze sociali di un nichilismo del tipo "se Dio non esiste tutto è permesso" finisce per abbracciare, di nascosto, quasi inconsciamente, un'idea tipicamente cattolica: fare come se Dio esistesse (anche se non ci si crede più).
Non si tratta di un atteggiamento subdolo. Non siamo qui accanto ai religiosi che fingono di credere per costruirsi una carriera.
Piuttosto abbiamo a che fare con una melanconica determinazione a non staccarsi da qualcosa che si è amato profondamente e senza il quale ci si sente destinati all'orrore (della crudeltà, del crimine, appunto).
Da questo punto di vista l'umanità può elevare se stessa, redimere se stessa e il mondo, solo tenendosi stretta l'immagine di un Cristo in cui in verità non si crede più.
Inutile chiedersi se una cosa del genere possa funzionare...
C'è un aspetto che è sfuggito a molti critici ma che secondo me illumina la sua posizione su Cristo.
Il protagonista de "L'idiota", il principe Myskin, è uno dei personaggi che incarnano la "bellezza evangelica" (come Alesa de "I fratelli Karamazov", Sònja di "Delitto e castigo") - il concetto di bellezza evangelica è tipicamente russo o comunque appartenente soprattutto al cristianesimo orientale.
A un certo punto nel romanzo, nel corso della "spiegazione necessaria" di Ippolit (un giovane malato rancoroso che decide di suicidarsi davanti a un gruppo di conoscenti non prima di averne spiegato le ragioni filosofiche), salta fuori che alla provocazione di Ippolit che dice "secondo me il principe è un materialista", Myskin conferma (e lui dice sempre la verità).
Quindi uno dei suoi personaggi più evangelici è un materialista. Evidentemente non crede in Dio.
Che cosa significa?
Ipotesi: Dostoevskij partendo dalle preoccupazioni per le conseguenze sociali di un nichilismo del tipo "se Dio non esiste tutto è permesso" finisce per abbracciare, di nascosto, quasi inconsciamente, un'idea tipicamente cattolica: fare come se Dio esistesse (anche se non ci si crede più).
Non si tratta di un atteggiamento subdolo. Non siamo qui accanto ai religiosi che fingono di credere per costruirsi una carriera.
Piuttosto abbiamo a che fare con una melanconica determinazione a non staccarsi da qualcosa che si è amato profondamente e senza il quale ci si sente destinati all'orrore (della crudeltà, del crimine, appunto).
Da questo punto di vista l'umanità può elevare se stessa, redimere se stessa e il mondo, solo tenendosi stretta l'immagine di un Cristo in cui in verità non si crede più.
Inutile chiedersi se una cosa del genere possa funzionare...