Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - cvc

#541
Si tratta di una svolta epocale, come in passato lo furono il passaggio dalla cultura dell'oralità a quella della scrittura e il passaggio dalla scrittura manuale alla carta stampata. Non è trascurabile il fatto che non solo le scoperte ma, forse ancor di più, la tecnica con cui si esprime la cultura influenza la cultura stessa. Quindi quando si guarda indietro alle epoche passate occorre leggerle secondo la prassi della cultura del tempo. Non si legge Omero come si legge un autore che scrive libri che saranno stampati in serie. I problemi dell'autenticità e della manipolazione dei testi e dei documenti sono il prezzo da pagare per una maggiore fruibilità di dati e notizie in un mondo che  diventa sempre più complicato da vivere. Altro prezzo da pagare sarà una memoria sempre meno allenata e sempre più bisognosa di sostegno tecnologico.
#542
 
Credo che nella libera informazione ci sia un equivoco. La libertà da tutelare è quella del cittadino di essere informato, altra cosa è il presunto diritto di libertà di chi propaga le notizie di fare della demagogia e di tentare di dirigere l'opinione pubblica a proprio piacimento o comunque trarre un beneficio personale dal proprio ruolo. Alla base dell'odierna società c'è una forte componente di cinismo per cui l'essere al centro dell'attenzione diventa subito un'occasione da sfruttare per scopi politici, commerciali, di carriera, ecc.  Mi sono stupito nel vedere un Corrado Augias, che peraltro ho sempre ammirato, intervenire in un talk show nel giorno degli attentati di Bruxelles ed approfittarne per reclamizzare il suo ultimo libro. C'è una superficialità di fondo nel nostro essere in quest'epoca nei confronti della quale, ahimè, pare non siano immuni nemmeno gli uomini colti. Quindi anche quando si parla di grandi valori come la libertà, lo si fa sempre coi toni della leggerezza e dell'indifferenza. Anche perché oramai viene a scemare anche la spontaneità, quando un fotografo nello scattare una foto sa bene l'effetto che la sua foto può creare a seconda del modo in cui la scatta. Il problema è che se le notizie circolano liberamente, ma ci arrivano già interpretate...

Quando la libertà d'informazione manca, aumenta la satira, che è la valvola di sfogo della censura. Infatti oggi i satiri dilagano, tanto che si arriva persino alla censura della satira, che è una sconfitta per la libertà d'informazione. Certo che i satiri dovrebbero però essere disinteressati e non faziosi. Oramai tutto è strumentale, tanto le affermazioni quanto le critiche alle affermazioni. E i poveri filosofi, che cercano di ricostruire la verità, sono costretti ad un super lavoro.
#543
Citazione di: paul11 il 21 Aprile 2016, 11:36:06 AM
La mia posizione è simile a quella di CVC e l'ho notato  nel thread del rapporto fra etica e biotecnologie,
forse proprio per questo hai aperto questa nuova discussione.
Diciamo che in me si è fatta strada l'interpretazione per cui sono state ribaltate le definizioni di razionalità e quindi di razionale.
Quì sta il nucleo del problema.
La cultura greca e ovviamente la filosofia si diffonde nel panteismo spirtiuale, in cui gli eventi e manifestazioni naturali erano relazionati agil idei, i miti erano il rapporto simbolico , la rappresentazione fra umanità e dei Fin quì il linguaggio è unificante dentro i simboli.
Se il filosofo comincia ad interrogarsi sulla natura ed essendo conoscitore delle matematiche e geometrie, sottrae agli dei le conoscenze e comincia a separare gnoseologicamente natura e metafisica, ma fin quì sono ancora unite, l'una è dentro l'altra.
La filosofia ha avuto il compito di passare dal linguaggio del mito a quello della logica. la logica predicativa di Aristotele, la logica proposizionale degli stoici più la morale, la trascendenza in Platone. Quì sono già in germe, ma anche discusse come sappiamo, i rapporti
fra natura ,che saranno dentro le categorie vale a dire una forma tassonomica della conoscenza più la forma del metodo del conoscere per costruire assiomi e postulati ,della logica.
L'episteme non è ancora spostato sulla natura fisica, cosa che contraddistinguerà dall'umanesimo in poi tutta la modernità(dal res cogitans a quello estensa di Cartesio) in crescendo.
E' ovvio che l'indagine passa all'osservazione della natura ,perchè è ciò che risponde sensorialmente e come potenza alla volontà umana. Se cresce la potenza nell'osservazione della natura , viene man mano depotenziato il divino e l alogica non descrive più l'ontologia metafisica, ,ma  diventa strumento paradigmatico delle matematiche e geometrie che contribuiscono a costruir e le leggi scientifiche moderne. Il soggetto, l'osservatore, il conosciitore sposta l'oggetto d'indagine e adatto che trova sempre più utile e funzionale quella conoscenza ai fini tecnologici ribalta il concetto ontologico che dalla metafisica diventa episteme nella fisica.
In sintesi ora la verità è nella fisica dell'osservato e applicherà lo stesso metodo indagatori anche su se stesso ,la frenologia, la psicologia. E' ovvio che perde l'Essere e i significati dell'esistenza, infatti l'esistenzialismo è una risposta culturale al positivismo .
Ora la razionallità è nell'empirico e tutto ciò che riguarda il soggetto osservatore o è un punto interrogativo indeterminabile dal metodo scientifico ,oppure è un misto fra razionale ed irrazionale.

Il problema è dove sposto l'episteme , il veritativo e di conseguenza gerarchicamente costruisco le subordinazioni culturali .
Se scienza e natura sono il veritativo poichè accertabile, misurabile e qualificabile, il soggetto conoscitore che paradossalmente appunto è colui che muove l'atto del conoscere e costruisce l'episteme non è indagabile, accertabile, siamo un ambiguo episteme che costruisce però l'episteme.
Prima l'uomo, soggetto conoscitore logicizza la metafisca costruendo gli oggetti ontologici come essere ed enti, poi sposta sul mondo naturale la stessa logica costruendo le leggi di natura e sempre l'uomo non riesce a costruire una sola legge fisca su stesso che lo definisca.questa è il paradosso epistemologico (o gnoseologico).
Non  si scorge  lo stesso paradosso di Godel sulle logica? Noi siamo dentro lo stesso sistema epistemico,
Non è possibile dentro lo stesso sistema gnoseologico in cui l'osservatore è parte dell'episteme, trovare una verità esterna a lui e nello stesso tempo il conoscitore essere a sua volta verità poichè allora il sistema sarebbe già chiuso :è un circolo chiuso dove sarebbe inutile il moviment odel conoscere perchè già tutto è conosciuto essendo oggett oe soggetto verità.Siamo destinati a produrre all'nfiniito conoscenze accertative ,a mutare enunciati ,assiomi e postulare future nuove leggi fisiche adattative alle nuove scoperte, ma che mai potranno dirci nulla del soggetto conoscitore Noi non siamo il riflesso veritativo dell'oggetto conosciuto essendo noi coloro che conoscono .
Intanto ti ringrazio per aver sviscerato e arricchito meglio di me la questione. Per quanto riguarda la definizione di razionalità, è ovvio che l'accezione di tale termine si è radicalmente trasformata dalle origini della filosofia ad oggi. La razionalità è oggi un termine tecnico usato, ad esempio, per giustificare la teoria dell'homo oeconomicus, che sentenzia in definitiva che l'uomo è razionale perchè fa ciò che gli conviene, che gli è vantaggioso con le sue scelte. Chiaramente se qui confrontiamo col pensiero antico, troviamo un bel salto a piè pari della questione su ciò che è realmente vantaggioso per l'uomo e su ciò che non lo è, sul bene e sul male se si vuole. E qui sta un bel inghippo, le teorie scientifiche (o gran parte di esse) che fanno funzionare la nostra società si ritengono valide dopo aver bypassato ex ante questioni cruciali. Si parte da una definizione di razionalità per cui, in pratica, è razionale chi sceglie il meglio, dopo che già da un pezzo si è smesso di interrogarsi su ciò che è meglio per l'uomo. Se invece guardiamo alcuni dei razionalisti per antonomasia, Socrate e Descartes per esempio, ebbene il messaggio di questi è che l'uomo non deve mai smettere di interrogarsi e dubitare. Inoltre dimostrano che anche la razionalità ha i suoi demoni: Socrate sentiva le voci; Descartes aveva il suo diavoletto ingannatore. Adesso invece la razionalità è un qualcosa che si da per scontato: se fai ciò che ti conviene sei razionale. E ciò che conviene consiste naturalmente nel danzare al tempo dei soliti tormentoni: crescita, valutazioni spese/costi, efficienza, conquista dei mercati. Logico che prima o poi l'inghippo viene a galla, perchè se si pensa che è razionale abbattere le frontiere ed allargare i mercati, quando tutto il mondo diventa un unico mercato globale (ora) e non c'è più niente da allargare, allora iniziano i problemi.

Credo però che nella scissione fra physis e nomos abbia poi dato il colpo di grazia il cristianesimo, perchè se la salvezza dell'anima non è più nella conoscenza (intensa più come stato di coscienza che come sapere) ma nella fede, significa che per assicurarsi tutto il bene morale è sufficiente credere, quindi la conoscenza può essere dirottata sulla conoscenza pratica, ossia la tecnica. Del resto la scoperta che ha dato l'inizio all'era industriale, ossia il vapore come fonte di energia, era gia stata fatta dagli scienziati greci secoli e secoli prima, ma non avevano il pragmatismo necessario ad usarla per scopi utili. Quindi come hai detto tu, l'episteme si è spostata sull'aspetto puramente fisico dell'essere. E l'uomo (il conoscente), non si interroga più su se stesso ma sul modo di fornirsi i migliori strumenti della propria sopravvivenza, al punto che i mezzi stessi sono diventati il fine.
#544
Citazione di: memento il 19 Aprile 2016, 22:40:29 PM
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 14:14:44 PM
Memento, Cvc, Sgiombo, Eutidemo

a proposito di Filosofia e Scienza:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

Nel gioco o scontro sociale delle prassi, la filosofia ha da tempo perso la sua aura metafisica.

Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.

ps provo qui sotto a scirvere alcuni elementi en passant. per dare almeno un vago senso.
(Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro
Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).

Se si è creato uno squilibrio fra filosofia e scienza,la colpa non è imputabile al progresso dei mezzi della conoscenza scientifica. Il problema,come ho già detto nell'altro topic,sta a monte.

Se potessimo ripercorrere la storia della filosofia in parallelo allo sviluppo della scienza moderna,di cosa ci accorgeremmo? Che tutti i filosofi si sono creati un terreno d'appoggio per non scivolare nel campo della confutazione empirica (basti pensare alla res cogitans di Cartesio,al noumeno e alle forme a priori di Kant,allo Spirito assoluto di Hegel,ecc.). Persino la logica dei filosofi analitici può essere compresa in questa necessità di fuga dal contingente.

Dico una cosa che potrà sembrare ovvia: la Scienza non può operare senza una serie di paradigmi ai quali attenersi. Ma non esiste paradigma che non sia filosofico. La filosofia dunque è vittima dei limiti che essa stessa si è data.

Una critica serrata della Scienza come metodo,una "trasvalutazione dei valori" per dirla alla Nietzsche,è l'unica soluzione che permetterebbe di riappropriarsi del senso della conoscenza scientifica,ammesso che si voglia rinunciare all'idea di un ordine prestabilito della realtà. Si vuole?

Concordo anch'io con ciò che ha scritto cvc.
In realtà cominciò tutto molto prima con i sofisti, che erano dei furbacchioni, i quali proclamarono la superiorità delle leggi naturali (physis) sulle leggi dell'uomo (nomos). A ragione di ciò argomentarono che le leggi dell'uomo sono arbitrarie, mentre le leggi di natura non fanno torto a nessuno. Credo ci siano elementi sufficienti per smontare abbastanza facilmente questa argomentazione. Tuttavia la convinzione della superiorità delle leggi di natura su quelle dell'uomo ha via via preso sempre più piede, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il paradosso è che furono proprio i sofisti a mettere l'uomo, cioè colui che argomenta, al centro della questione gnoseologica.
#545
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 16:39:49 PM

Ma il punto non sta nel filosofare o modo di vivere di ciascuno di noi, quanto nelle prassi, nelle mode, negli usi e costumi che emergono nella battaglia dei saperi. In una sola parola della socialità in cui noi siamo immersi. E che vedi la mia chiusura finale, non è che non conti nella discussione pubblica.

Se torniamo negli anni 50-60 erano i filosofi come Vailati a lamentarsi della scuola esistenzialista della scuola di Milano, additandoli come gente che non metteva in luce i problemi della scienza.

Oggi le cose si sono ribaltate (e i protagonisti sono dei nani, in confronto ai giganti del passato).

Il piatto in gioco è poi quello del 3d: ossia quello della conoscenza.

Il rischio è quello di non meditare su Seneca, ma di fare di Seneca la pausa pubblicitaria, il mercato di nicchia, rispetto al film, alla prassi dominante delle questioni scientifiche, come anche si evince dai temi con cui il nuovo forum è iniziato.
È proprio lo stile di vita ciò che conta, nel senso che determina le nostre abitudini che a loro volta si ripercuotono su ciò che siamo  il nostro stile di vita, come società, è quello dettato dagli schemi del capitalismo. Il capitalismo ha i mezzi per far lavorare la scienza al suo servizio. Il processo scientifico si svolge su diversi livelli. Ad un primo stadio i ricercatori lavorano per ampliare le frontiere della conoscenza. Allo stadio successivo chi possiede i mezzi decide come impiegare le risorse della scienza. È stato deciso che il mondo deve seguire gli schemi del capitalismo che stabiliscono già in partenza i nostri bisogni, le nostre scelte, il nostro stile di vita. La scienza non decide le direzioni che il mondo prenderà, perché è solo uno strumento. Solo il filosofo può essere libero perché può assicurarsi ciò su cui nessuno può mettere le mani: la ricerca interiore, la pacificazione dei propri conflitti interni, la scoperta di un senso.
#546
Citazione di: green demetr il 19 Aprile 2016, 14:14:44 PM
Memento, Cvc, Sgiombo, Eutidemo

a proposito di Filosofia e Scienza:

foss'anco che la filosofia si proponesse di legiferare sulla questione epistemologica, al massimo sarebbe un noioso notaio dei risultati eccellenti e brillanti della Scienza.

Nel gioco o scontro sociale delle prassi, la filosofia ha da tempo perso la sua aura metafisica.

Non sarebbe un problema se la filosofia giunta al suo fine (la fine della metafisica), iniziasse a rivoluzionarsi (magari a partire da Nietzsche, con l'aiuto di Kant, Idealismo tedesco e Psicanalisi Lacaniana).
E invece storicamente davanti ai miei occhi stiamo diventando i lacchè della Scienza, di fatto rimanedo i loro servitori.(i progetti di "amicizia" filosofia-scienza fioccano a dozzine nel dipartimento di "scienze" umane)
Mentre loro continuano giornalmente a progredire nella scoperta epistemica-descrittiva, a noi non rimane che chiederci il senso, di volta in volta messo in discussione dalle "loro" nuove scoperte.
Siamo diventati gli spazzini dell'impero scientifico.
Quelli che si occupano di sollevare un polvere dialettico (tutta l'analitica americana) di modo che non ci si concentri invece su questioni ben più rilevanti come la politica delle scelte.
In questo momento non ho le forze, nè la lucidità per aprire un fronte di guerra dialettica così vasto
(di cui questo 3d è solo una minima parte).
Non mi rimane che rimenere "naive" ed affermare senza riserve che la scienza è il nemico mortale della filosofia.

ps provo qui sotto a scirvere alcuni elementi en passant. per dare almeno un vago senso.
(Oggi dire scienza e dire Scientismo ha un confine sempre più labile: lo scientismo per affrontare il capitalismo, si sta rendendo sempre più conto di aver bisogno di una Politica, in questo senso la conquista dei palazzi universitari è il primo passo. ovviamente nella loro cecità filosofica non si accorgono di alcuni problemi che noi affrontammo ai tempi, ma siccome noi siamo i loro lacchè, gente che deve far numero a favore della loro Politica, a noi non si rivolge parola. se non per pura convenienza di immagine, e per nulla di fatto).
Ribadisco, come già detto nel tropic sulle tecno scienze, che non avverto nessuna necessità di una rivalità fra scienza e filosofia, ne tantomeno credo che la filosofia debba correre dietro alla scienza per colmare un eventuale gap che i successi scientifici avrebbero creato. Semmai è stato lo smembramento progressivo della filosofia a promuovere lo sviluppo scientifico e non il contrario. Inoltre io penso che la natura dell'uomo non è fondamentalmente cambiata nei millenni, l'uomo è sempre il campo di battaglia della lotta fra i suoi sentimenti. Sia che sfrecci sul suv sia che trotti sul mulo, sia che invii messaggi con l'iphone sia che invii messaggi che arrivino dopo giorni a cavallo. Come dicevo ad acquario il progresso in sé non è né un bene né un male, è l'uso che se ne fa ad esserlo. Ha ragione Eutidemo, la fisica non è che una branca della filosofia. E per di più le branche della filosofia non sono interdipendenti come nelle scienze. I collegamenti degli antichi fra fisica ed etica sono per lo più arbitrari. Il campo morale, intendendo per morale non solo l'etica ma in generale lo spirito e il pensiero, è secondo me il vero campo della filosofia. E il fatto che la filosofia sia morta potrebbe essere dovuto proprio a questa immutabilità dell'animo umano. In quanto non è cambiato, su di esso non c'è molto da aggiungere a quanto già dissero gli antichi. Come nella musica, essendo solo sette le note, prima o poi le melodie si ripetono. Così una canzone di Michael Jackson viene scambiata per una di Al Bano. In questo mondo tecnologico io mi faccio ancora consigliare da Seneca.
#547
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 08:31:11 AMConcordo con chi nega l' inconciliabilità di scienza e filosofia: sono due "campi di conoscenza" perfettamente conciliabili, anzi "da conciliare", complemantari.
E anche con chi (Memento) polemizza con la pretesa che la filosofia non "metta il naso nella scienza": una filosofia razionalistica sottopone al vaglio della critica razionale tutto, anche la scienza (quali che siano la portata e le conseguenze dei risulati da essa conseguiti, senza alcun "complesso di inferiorità"), cercando di rilevarne e studiarme pregi e difetti, validità pratica e anche teorica e limiti.

Inoltre da negatore del monismo materialistico sostengo che la realtà non é limitata al naturale - materiale scientificamente conoscibile, ma include esperienza cosciente e pensiero, la cartesina  "res cogians" almeno per certi aspetti, che non essendo "extensa" e dunque misurabile, e inoltre non essendo intersoggettiva, non può essere conosciuta scientificamente (ma non per questo é meno reale della "res extensa": intersoggettivo =/= reale; soggettivo =/= non reale, inesistente!).
E' appunto la realtà che comprende osservatore e osservato il problema dei problemi, chi osserva quello che osserva? E' qui che gran parte delle certezze (perlomeno le mie) crollano ed è meglio rifugiarsi nella scettica sospensione del giudizio. Ma di una cosa sono certo, che più della conoscenza conta per me ciò che avviene in me stesso per effetto della conoscenza.
#548
Citazione di: acquario69 il 19 Aprile 2016, 03:30:46 AM

io credo che la cristallizzazione che dici tu sia l'allontanamento dell'uomo da se stesso,cioè avrebbe mano a mano "esternalizzato" la conoscenza ai fenomeni,finendo per considerarli separati,(e considerarsi separato)

e secondo me  e' sempre e da sempre in quel "conosci te stesso" l'unica vera via d'accesso,per intuire che conoscente e conosciuto si identificano simultaneamente
Appunto, conosci te stesso in quanto conoscente. Ma l'importante non dovrebbe essere la conoscenza in se ma ciò che avviene nel conoscente nella sua lotta per liberarsi dalle inquietudini e conquistare la propria pace interiore. Ma il concetto di pace interiore pare non accordarsi più con i nostri stili di vita, in cui sembra piuttosto che si sia sempre alla ricerca di un'emozione, un brivido che ci scuota dal nostro torpore. Almeno questa è la mia impressione. Ho spesso l'impressione di un'umanità che assiste inebetita ed impassibile ai bollettini di guerra dei telegiornali, incapace persino di provare disgusto e ribellione per quello che sta succedendo, paralizzata nell'anima
#549
Citazione di: green demetr il 18 Aprile 2016, 21:53:27 PM
In fin dei conti è il problema che Heidegger ha sollevato è il seguente: che il conoscente si è appiattito alla conoscenza.
L'errore fondamentale che continua a verificarsi da 3500 anni a questa parte, è che che la domanda di chiedersi non è del conoscente (che ne è solo una modalità rispetto ad un oggetto), ma dell'interrogante.
(in questo senso l'interrogante non è un oggetto come gli altri oggetti)
Heidegger iniziò pure un lavoro iniziale sull'interrogante, ossia a partire dalla sua inautenticità come conoscente.
Ma poi nella sua famosa "svolta" si rese conto che la Tecnica ossia la "modalità della conoscenza" era diventata un problema troppo serio e urgente, per non farci i conti subito.

Oggi questa ondata senza senso di voler unire scienza e filosofia, mi pare l'ennesima prova di incapacità della filosofia di rispondere ad alcunchè di niente: voglio dire o si fa scienza o si fa filosofia.
Heidegger ci ha avvisato, ma si fa ancora una gran fatica ad intenderlo.




Concordo che il conoscente si è appiattito nella conoscenza. Per quanto riguarda scienza e filosofia, come ho detto nell'altro topic, per me la differenza è che la filosofia parte dal tutto per arrivare al particolare mentre la scienza fa il contrario.






#550
Citazione di: InVerno il 18 Aprile 2016, 21:36:42 PM
Per come la vedo io è una relazione un po forzata. La tua analisi isola due singoli elementi, e li mette forzatamente in relazione. Ma siamo sicuri che lo sono? Perchè il bouquet tra i quali scegliere mi sembra più vasto. Posto che la relazione sia valevole, la scienza si, è una palestra di umiltà, e da una base culturale come questa forse non possono nascere grandi slanci umani, o rarissimi esempi che vanno rarefacendosi. Ma davvero ne sentiremo la mancanza? Perchè le persone sono ancora libere di sviluppare se stesse e il loro rapporto con il mondo, forse ci mancheranno re e regine, papi e papesse, forse non dipingeremo mai più una cappella sistina, o se lo faremo grazie alla tecnica non desteremo la meraviglia di nessuno..ma siamo sicuri che si sta cosi peggio, ora che abbiamo ridimensionato un po il nostro egocentrismo? Siamo sicuri che stare un po più "al freddino" sia contrario infine alla filosofia, alla vita di riflessione e al rispetto? Non vorrei stessi cadendo nell'errore della nostalgia, di ricordare del passato con vividezza solo i momenti belli, e tralasciare quelli a noi avversi. La tua è una riflessione molto interessante che desta parecchi interrogativi, mi sorprendo nessun altro sia intervenuto, ma ti esorterei a elaborare oltre, perchè già siamo in un campo profondamente ipotetico e almeno a me servirebbero linee guida di discussione più stringenti.







Non voglio cadere ancora una volta nell'empasse scienza vs filosofia. C'è differenza fra conoscenza ed effetto della conoscenza sull'animo umano. La conoscenza per me è e rimane un mezzo per un fine, trovo un non senso considerare la conoscenza come un fine. Il fine dell'uomo è, credo, trovare la propria pace interiore e in essa la propria libertà. Non credo che la conoscenza in sè dia un aiuto all'uomo a trovare la propria serenità, la conoscenza in sè non è che un accumulo di nozioni. Ma anche l'applicazione di queste nozioni è pur sempre un mezzo, la scienza è un mezzo, il fine è il senso della vita. Ad esempio per Galileo la matematica era uno strumento per leggere le leggi dell'universo, perchè il suo scopo era osservare l'universo e comprenderlo. Per i platonici invece lo scopo era separare l'anima dal corpo ed usavano la matematica come strumento per questo scopo. Anche Marco Aurelio usava la fisica come strumento per raggiungere la tranquillità dell'animo. La differenza fra Galileo e i platonici e Marco Aurelio è che per il primo in primo piano c'è la conoscenza, per gli altri il conoscente. E nel mondo attuale l'attenzione è tutta sulla conoscenza, ben poca sul conoscente. Al massimo solo per quel che riguarda il conoscente nella veste di consumatore.









#551
Il sapere scientifico, rispetto alla filosofia antica o a quella orientale, pare tutto volto ad una cristallizzazione del sapere. Il sapere è inteso come un insieme di formule e teorie che una volta verificate, fino a quando non si presenta una solida invalidazione delle stesse, sono come dei nuclei di verità oggettive che possono essere comprese da tutti nello stesso modo. Ciò permette agli scienziati di passarsi il testimone della verità potendo così lavorare in gruppo oppure continuando il lavoro di altri che non sono più e poi, a sua volta, lasciando il testimone a quelli che verranno dopo. Ciò da l'idea di una sorta di fissità della conoscenza, in cui colui che conosce, l'uomo, non è che un depositario effimero di quel sapere che va sempre più sviluppandosi e consolidandosi nel tempo. L'uomo appare sempre più rassegnato alla propria estemporaneità, al proprio destino di granello insignificante di fronte al maestoso e mastodontico sviluppo scientifico che, a differenza dell'uomo, sembra conquistare sempre più il dominio del tempo, fino addirittura a poterlo plasmare a proprio piacimento rilegandolo al rango di quarta dimensione.  Ora io credo che tutto dipenda dal punto di vista. Dal punto di vista della scienza il sapere sembra avere trovato la sua piena realizzazione. Ma dal punto di vista dell'uomo interesserebbe conoscere anche gli effetti che questo sapere ha sull'uomo stesso. Perché l'uomo cominciò a filosofare, credo io, spinto dalla ricerca della felicità o comunque da un bisogno di perfezionamento interiore. Alle latitudini del "sapere per il sapere" mi pare faccia un po' freddino. In un universo in espansione pare che nell'uomo si espanda il cinismo e i rapporti umani diventino sempre più sclerotici, dettati oramai più dal sapere stesso che dall'uomo. Forse ci sono più cose nell'uomo di quante ce ne siano in cielo e in terra....
#552
Tematiche Filosofiche / La direzione della storia
16 Aprile 2016, 12:11:20 PM
Da un certo punto di vista la storia è l'inganno di giudicare le cose a posteriori e in una prospettiva temporale indeterminata, mentre gli eventi avvengono in limiti di tempo circoscritti con decisioni da prendere spesso senza il necessario tempo per rifletterci bene sopra. La direzionalità della storia ha senso solo a posteriori, nel presente può succedere di tutto.
#553
Citazione di: acquario69 il 15 Aprile 2016, 15:34:01 PM
Citazione di: cvc il 15 Aprile 2016, 15:25:55 PM
Citazione di: acquario69 il 15 Aprile 2016, 15:17:50 PM

non lo so ma al tempo stesso non ne sarei così convinto,ne che vi fosse solo pura sopravvivenza (forse agli occhi di noi moderni può fare sicuramente questo effetto ma anche per ragioni di chi scrive la storia stessa che tende troppo spesso a vedere - e difendere -solo quello che rientra nello stesso dogma dominante)
e ne che fossero così ignoranti come immaginiamo..la loro magari era una sapienza che non veniva stabilita da quanti libri si leggono oppure dalla iper-specializzazione che di fatto ti rende un ignorante istruito, ma aveva a che fare con la vita stessa che e' il "libro" per eccellenza..
per il resto sono perfettamente d'accordo con te
Non lo sapremo mai. La storia la raccontano i sopravvissuti. La storia di chi è morto di stenti a venti o trent'anni non la racconta nessuno.

ma anche i "vincitori"...e chi muore di stenti a venti trent'anni ci sono anche ora
Effettivamente la questione è interessante, immaginare cioè, per esempio, se ai tempi di Cesare la gente comune avesse delle concezioni, delle opinioni autonome di ciò che fosse il periodo, la realtà che stavano vivendo. Oppure se erano totalmente manovrati dalla propaganda dei potenti. Che opinione aveva di Roma e di Cesare o Pompeo il cittadino medio? Era in grado di farsi un'opinione dell'andamento politico del tempo e immaginare quali sarebbero state le cose giuste da fare? Oppure si preoccupano solo di sostenere chi assicurasse i rifornimenti di grano?
Di sicuro a Roma le opinioni della gente aavevano il loro peso e i personaggi influenti dovevano tenerne conto perché per regnare serviva anche il favore del popolo. Ma qui siamo in democrazia, la non proprio.
Comunque mi sa che stiamo scivolando fuori tema.......
#554
Citazione di: acquario69 il 15 Aprile 2016, 15:17:50 PM

non lo so ma al tempo stesso non ne sarei così convinto,ne che vi fosse solo pura sopravvivenza (forse agli occhi di noi moderni può fare sicuramente questo effetto ma anche per ragioni di chi scrive la storia stessa che tende troppo spesso a vedere - e difendere -solo quello che rientra nello stesso dogma dominante)
e ne che fossero così ignoranti come immaginiamo..la loro magari era una sapienza che non veniva stabilita da quanti libri si leggono oppure dalla iper-specializzazione che di fatto ti rende un ignorante istruito, ma aveva a che fare con la vita stessa che e' il "libro" per eccellenza..
per il resto sono perfettamente d'accordo con te
Non lo sapremo mai. La storia la raccontano i sopravvissuti. La storia di chi è morto di stenti a venti o trent'anni non la racconta nessuno.
#555

[/quote]
Secondo me la differenza sta nel fatto Che a differenza dei tempi passati a cui tu fai Riferimento,Oggi siamo 4 gattii a parlarne di queste cose Che reputano decisive,perche credo lo siano,e il cerchio si fa sempre piu ristretto,forse fino a scomparire del tutto.
L'influenza Che poteva suscitare (anche indirettamente) poteva essere enorme,cosa Che oggi a mio avviso 
E ' diventata impenetrabile.
[/quote]
Io credo che, al contrario,  a quei tempi, dati l'analfabetismo dilagante, ben pochi fossero in grado di trattare questioni che non fossero legate alla pura sopravvivenza. Non credo che in percentuale il rapporto fra cinici e coscienziosi sia cambiato, il fatto è che i procaccianti hanno ora mezzi alquanto più potenti. Il progresso in sé non è né un bene né un male, è l'uso che se ne fa ciò che conta. Oramai il mondo è programmato per il consumismo, la produzione e la crescita. Non viene percepito altro modo di far funzionare il mondo anche perché le strutture che lo reggono sono troppo radicate e dure da smantellare. Glielo dici tu ai proprietari dei pozzi  di petrolio che bisogna usare energia pulita? O alle industrie farmaceutiche di non produrre solo le medicine che le fanno guadagnare? Qui si parla di scavare la fossa all'etica, ma se collassa l'intero pianeta a ben poco serve coltivare il proprio orticello. Certamente i nostri discorsi qui non cambieranno come per magia lo stato delle cose, ma è pur sempre meglio che niente. A volte la coscienza richiede tempo per risvegliarsi, a forza di svuotare l'acqua col secchio ci si dovrà accorgere che la nave sta affondando. Speriamo non sia troppo tardi.