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Messaggi - Socrate78

#541
Tematiche Filosofiche / Re:Elogio dell'individualismo
20 Gennaio 2019, 10:03:08 AM
Tutta questa plasticità non la vedo, ci sono molte persone che in fondo non stanno bene né da sole né con gli altri, da sole non sopportano la solitudine e si annoiano da morire, ma con gli altri finiscono per entrare in conflitto, per sparlarsi a vicenda dietro le spalle, per voler dominare nel gruppo oscurando gli altri in mille modi, non mi sembra affatto che ci sia tutta questa capacità di adattamento alle diverse condizioni, è una visione troppo ottimistica. Io almeno ho la fortuna di saper star bene da solo, oppure, come adesso, sto con gli altri ma attraverso una tastiera e mantenendo la dovuta distanza.........
#542
Tematiche Filosofiche / Re:Leopardi e il Nulla.
17 Gennaio 2019, 13:32:38 PM
Invece era un materialista assoluto e tra i più convinti della storia del pensiero, leggendo a fondo lo Zibaldone (io l'ho letto TUTTO) si può notare come egli riducesse ogni ideale dell'uomo (anche quelli più apparentemente nobili....) all'utile e all'amor proprio (di fatto a motivi egoistici), a motivazioni di utile materiale, quindi negava fortemente che esistesse una dimensione spirituale come movente dell'agire umano.  Bisogna dire le cose come stanno, non cercare di strumentalizzarne il pensiero per adattarlo alle nostre convinzioni, e la realtà del pensiero di Leopardi è appunto una visione disincantata di tutto l'agire umano.
#543
In realtà la scienza e la medicina non possono MAI rispondere alla fatidica domanda del "Perché si muore?", la scienza infatti descrive il COME accadono i fenomeni, ma il perché profondo e nascosto rimane insondabile. Che cosa sia la vita o la morte rimangono quindi dei misteri. Infatti il resoconto di un decesso non è altro se non la descrizione del suo come, si dice ad esempio che il cervello rallenta la sua attività, il cuore non è più irrorato di sangue, ma non si riesce a spiegare che cosa è mancato che prima, un istante prima, invece c'era. Anche dire che il cuore si è fermato non risolve il problema, poiché non si comprende veramente che cosa abbia fatto cessare il battito. Infatti ci sono casi di persone anche in stato comatoso che resistono con il cuore che continua a battere nonostante tutto, quindi è come se ci fosse ancora un minimo di vita in loro, poi quando muoiono non si comprende (almeno, dal mio punto di vista) che cosa sia intervenuto di diverso che abbia fatto cessare quel residuo di vita. Io comunque da credente (non dogmatico) credo che ci sia qualcosa che si può definire "anima", ed è proprio la separazione dell'anima dal corpo a determinare la morte, il corpo non è più animato da questa spinta vitale e quindi si spegne, ritengo che anche gli animali abbiano una parte spirituale.
#544
In realtà la perfezione come assenza di errore ha un suo significato ed è forse la migliore definizione del concetto di "perfetto". Ad esempio se io scrivo un testo privo di errori ortografici e sintattici allora secondo me è lecito affermare che esso è PERFETTO dal punto di vista della forma grammaticale, e non mi sembra affatto illegittimo dire questo. La perfezione è quindi relativa e si riferisce ad un preciso ambito in cui l'ente può effettivamente essere perfetto e non più migliorabile.
#545
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
12 Gennaio 2019, 20:12:51 PM
Il potere ufficiale non ci fa conoscere la scienza vera, ma solo quella falsa, sveglia.
#546
Sì, ma secondo te ciò che ho detto prima non ha una sua logica? Se si considera l'empatia come comprensione del vissuto emotivo di un altro, allora anche il peggiore dei manipolatori è empatico, poiché riesce a circuire proprio facendo leva sui bisogni (di affetto, anche di autostima, ecc.) delle sue vittime, altrimenti se non avesse consapevolezza di questi bisogni profondi dell'altro non potrebbe portare a termine i suoi raggiri. Continua a non convincermi l'idea che non ci sia comprensione del vissuto altrui nel criminale e nel sadico, secondo me questa comprensione è persino raffinata, solo che ne fanno un uso perverso. E' persino intuitivo che se un soggetto non riesce a comprendere che l'altro soffre, non potrà nemmeno perversamente godere della sofferenza della vittima, poiché semplicemente non riuscirà a comprenderne il vissuto.  Hanno empatia senza avere compassione, in realtà quando si dice che l'empatia in loro è assente vuol dire che sono spietati, ma non per questo non comprendono ciò che gli altri sentono.
#547
Tematiche Filosofiche / Leopardi e il Nulla.
09 Gennaio 2019, 20:39:49 PM
Ho sempre considerato (sia pur non condividendolo o forse comprendendolo del tutto....) affascinante il pensiero del poeta Giacomo Leopardi, soprattutto ritengo che la sua statura filosofica sia da approfondire e sia stata sottovalutata. La filosofia di Leopardi, così come ci è stata tramandata dai testi scolastici, si basa sul concetto secondo cui ogni essere umano (o in generale essere vivente) tende istintivamente al piacere, alla felicità, ma si tratta di una felicità senza limiti nel tempo e nello spazio. Ora, il gravissimo problema consiste nel fatto che tutti i piaceri della vita sono invece FINITI, hanno un termine nel tempo e sono limitati nello spazio, di conseguenza l'uomo è condannato ad un'infelicità costante; di fatto per Leopardi il piacere è una somma illusione, poiché in realtà si tratta sempre o di un ricordo di una felicità provata in passato o dell'attesa di una felicità che verrà in futuro, per cui metaforicamente il sabato che preannuncia la festa è per il poeta ben più piacevole della domenica stessa. Il piacere è come un fantasma che ci sembra reale e vivo ma in realtà non c'è MAI! Tali concetti sono espressi nello Zibaldone e in maniera sistematica nelle Operette morali, un tipo di prosa spesso molto vicino alla poesia.
Ora mi chiedo: è proprio vero che il raggiungimento della felicità sia l'unico fine per cui la vita è degna di essere vissuta, tale che se non viene raggiunto la vita stessa è priva di valore? Inoltre Leopardi usa spesso il termine Nulla, egli afferma che tutte le cose vengono dal nulla e ad esso ritornano, ma poi egli dice che questo nulla è l'essenza stessa della vita. Non è chiaro però che cosa egli intenda con questo termine, infatti esso sembra essere considerato da Leopardi stesso in due accezioni: A) Nulla come NON-essere; B) Nulla come MALE, come senso di angoscia e di vuoto, equiparabile quindi al concetto di noia. Le due diverse accezioni sono inoltre ben poco sovrapponibili, tali quindi da generare una notevole ambiguità. Inoltre è opportuno precisare come la filosofia leopardiana entri in crisi se si considera come felicità e piacere non siano la stessa cosa: si può infatti provare godimento fisico ma essere infelici dentro, mentre si possono avere molti problemi ma essere comunque felici perché si crede in un ideale, in una fede religiosa o umana, e quindi pur nel dolore si prova comunque un senso di utilità e di realizzazione.
Inoltre nel caso della passione amorosa effettivamente si può dire come due amanti, quando raggiungono una profonda comunione e fusione dell'uno nell'altra, provino qualcosa che va oltre il tempo e lo spazio, quella felicità indefinita appunto che Leopardi vedeva come chimera: di conseguenza sembrerebbe si possa, nel pessimismo leopardiano, individuare un'eccezione nel panorama desolante dei piaceri negati. Ovviamente terminati quei momenti tutto torna come prima, ma mi sembra veramente arduo ritenere che anche la felicità derivata dall'amore sia così illusoria. Secondo voi le mie critiche a Leopardi sono fondate o l'impianto filosofico del poeta resta comunque valido?
#548
In realtà dissento molto con l'idea comune secondo cui i criminali non siano empatici e non si compenetrino in qualche modo con le loro vittime. Ad esempio il sadico è in fondo empatico, poiché percepisce molto bene che la sua vittima sta soffrendo, solo che la percezione del dolore altrui nella sua mente perversa diventa fonte di piacere. Ma se il soggetto sadico NON percepisse il dolore dell'altro, non si accorgesse della sua sofferenza, anche la sua perversione verrebbe a cessare, proprio perché mancherebbe lo stimolo essenziale che la scatena, cioè la percezione del dolore! Alcuni psicologi dicono ad esempio che il sadico inconsciamente si identifica con la sua vittima, e quindi in realtà proverebbe piacere nel far soffrire se stesso, ecco perché sadismo e masochismo vanno a volte a braccetto.
I soggetti che veramente non hanno empatia non sono tanto i criminali, ma semmai il discorso dell'assenza di empatia vale per definire gli autistici, infatti una caratteristica del soggetto autistico (vedasi sindrome di Asperger) è quella di non percepire il mondo emotivo degli altri, da qui tutta la serie di fraintendimenti, difficoltà, che sono costretti ad affrontare.
#549
Sì, ma non è detto che chi preferisce la solitudine rispetto alla socialità debba essere per forza considerato "peggiore" rispetto a chi sente un forte bisogno di aggregazione e sta male da solo. In effetti la socialità se è motivata dal bisogno non è altro che interesse, convenienza, quindi il suo valore morale si perde, diventa di fatto un "usare" l'altro per il proprio tornaconto.
#550
Il thread che intendo aprire riguarda una mia riflessione sull'origine della socialità dell'uomo, della sua attitudine a stare in genere con gli altri piuttosto che in disparte. Il concetto di socialità è già presente nella filosofia antica greca, infatti Aristotele riteneva l'uomo un animale "sociale" (usava anche il termine "politico") e tale definizione è stata poi ripresa, forse anche in modo piuttosto dogmatico, da molti altri pensatori. Ora, io tuttavia mi chiedo quale sia davvero l'origine della socialità e soprattutto se si possa veramente parlare di vera ed innata attitudine sociale o di qualcos'altro. E' evidente che i primi esseri umani vivevano in un contesto ambientale ostile: erano soggetti a cambiamenti climatici imponenti, minacciati dalle belve feroci, da tribù nemiche e non avevano la certezza che le risorse, il cibo che con fatica erano riusciti a procacciare, durasse anche il giorno dopo. In un contesto del genere, quindi, ecco che si fa strada l'idea che senza gli altri sia praticamente impossibile vivere: un ipotetico misantropo nell'epoca della preistoria assai difficilmente avrebbe visto l'età adulta, scegliere la solitudine significava di fatto scegliere la morte. La socialità, quindi, non si rivela qualcosa di innato e di connaturato all'uomo, ma di strumentale, di imposto dalle circostanze e dalle gravi limitazioni dell'ambiente: più che di vera socialità si può parlare di convenienza a stare in gruppo, di interesse e di calcolo, ci si serve degli altri ma non è affetto detto che si provi simpatia e affetto istintivi per i propri simili di cui si ha bisogno. Se, per pura ipotesi, le condizioni in cui i primi uomini si fossero trovati a vivere fossero state molto migliori e semplici, con facilità a trovare le risorse e mancanza di pericoli, molto probabilmente anche i contatti sarebbero stati più sporadici, selezionati, e quindi l'essere umano sarebbe stato ben meno sociale. La vera socialità si può invece rintracciare semmai in insetti come le api, che sembrano davvero programmati dalla natura per stare in gruppo a prescindere da qualsiasi circostanza.
E' giusto secondo voi considerare la socialità umana come qualcosa di strumentale oppure effettivamente vi è anche un'attitudine innata?

#551
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 11:06:45 AM
Il fatto che si è altruisti spesso in dipendenza dall'umore felice indica che in realtà l'altruismo stesso non è puro, poiché si compie quel gesto proprio perché ci si aspetta istintivamente altro piacere, mentre se si è di cattivo umore non si è motivati a farlo visto che la mente non si aspetta di ricevere piacere. La genesi dell'altruismo è a mio avviso proprio questa, l'uomo si rende conto sin da piccolissimo che se si mostra generoso (con altri coetanei o con la madre, ad esempio....) riceve in cambio una gratificazione, come le attenzioni materne, il sostegno e l'amicizia di un coetaneo, e quindi ripete l'azione altruistica proprio per ricevere altre gratificazioni. Ovviamente potrà anche fare crescendo gesti disinteressati, ma la genesi dell'altruismo è egoistica, è inerente al meccanismo della ricompensa sociale di determinate azioni. Poniamo invece il caso in cui in una società l'altruismo non fosse proprio apprezzato e le azioni generose viste con sospetto, il soggetto in quel caso sin da piccolo noterà la risposta fredda e diffidente degli altri alle sue azioni generose e allora ben difficilmente sarà altruista.
#552
Tanto con voi atei è inutile discutere in ogni modo, perché è sempre sbattere contro una barriera, un muro. Per me anche la vita di quel tetraplegico cieco ha un senso, un significato, un significato sconosciuto anche al tetraplegico, solo è chiaro che se si vede in una prospettiva puramente razionale essa non ha nessun senso, ma ripeto, non è detto che la nostra ragione veda davvero lontano, essa per me è affetta da grave miopia. San Francesco prima di morire doveva essere pieno di malattie e di gravi limitazioni, viste le descrizioni dei sintomi è credibilissimo che avesse glaucoma con dolori atroci, quasi sicuramente cancro, infezioni e chissà che altro, eppure ha accettato tutto questo come parte di un piano divino, la fede fa anche questo, anche se fosse tutta un'illusione. Ma chi diamine sei tu, dimmi, per dire che la vita di quel tetraplegico cieco NON ha valore? In realtà è alla fine proprio esattamente questo che il Demonio se esiste vuole, che noi perdiamo la fede nella bontà intrinsceca di OGNI vita, che anzi ci ergiamo a giudici su chi deve/dovrebbe vivere e chi no, e in questo modo pecchiamo di superbia credendoci buoni e compassionevoli.
#553
L'onniscienza e l'onnipotenza di Dio non sono affatto in contrasto con il suo amore. Dio crea (creerebbe, meglio il condizionale....) perché vuole dare, in maniera incondizionata, ad una persona il dono della vita, traendola dal non essere all'essere per amore: è comunque un dono, perché prima semplicemente non eri nulla, adesso invece SEI e quindi puoi gioire della vita, cosa che prima non potevi fare. Sta alla persona poi, con il suo libero arbitrio, decidere se usare la propria intelligenza per il bene oppure per il male, è una scelta libera che non contrasta con l'amore divino. Anzi, sarebbe contrario all'amore creare degli esseri che possono solo ed esclusivamente agire per il bene, poiché in questo caso Dio di fatto costringerebbe le persone ad agire solo in una direzione, e la costrizione in fondo è sempre violenza, non è amore.
#554
Il non empatico che però è intelligente secondo voi è comunque svantaggiato nelle relazioni e nella vita  rispetto a uno di intelligenza normale/mediocre ma con alto tasso di empatia?
#555
Sì, ma a quelli che non credono si possono anche raccontare mille storie di esorcismi, di fatti inspiegabili, diranno che un giorno si spiegheranno e che non c'è niente di soprannaturale, lo escluderanno a priori, forse perché nel loro inconscio il soprannaturale, soprattutto se è demoniaco, gli fa una paura incredibile.