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Messaggi - Lou

#541
Io  ritengo che queste istituzioni di per sè abbiano origine per venire incontro alle esigenze di tutti coloro, donne e uomini, che non limitano la propria realizzazione all'accudimento famigliare, ma la estendono anche oltre e non solo a questo ambito, ma a un ambito lavorativo esterno alla famiglia. Ora, mi sembra quantomeno riduttivo pensare che tutte le donne possano realizzare sè stesse come madri, mogli etc, ci sono donne che si sentono e sono realizzate nell'espetare e vi vere questi ruoli, altre che si realizzano in ruoli diversi, altre che realizzano sè stesse sia come madri che come lavoratrici al di fuori della famiglia. Dove per lavoro non intendo ridurlo al timbro di un cartellino.La scelta non è libera? A volte sì e a volte no.
Il posto che che le donne - ogni donna - intendono ritagliarsi nella società e, in primis nella propria vita, mi auguro abbiano come base la realizzazione di sè e l'opportunità e il diritto e il dovere di combattere per attuarla, parimenti a ogni uomo.

La sensazione leggendo questo topic è che sotto una veste critica riemerga l' antica tendenza a voler decidere quale sia il posto degli altri.
#542
Non c'è bisogno di essere uterine/i per notare come la conclusione di questa lunga dissertazione affermi " è colpa delle donne, sempre." Tesi non inedita, ma che ha una lunga tradizione.
#543
Oscar ha una eleganza e una sensibilità nel dire tale da rendere sublime anche la più becera delle menzogne. :P
#544
Non sono del tutto convinta che il campo più congeniale delle donne sia quello dell'emotività. O meglio, andrebbe un tantino presa con le pinze anche questa affermazione in quanto potrebbe anche essere che sia figlia di un retaggio culturale e secolare dove si è applicata una rigida dicotomia tra le caratteristiche proprie di ogni genere con tanto di rispettivi ruoli, il che ha prodotto anche stereotipi che semplificano, a mio parere, rozzamente e poco razionalmente una realtà soggettiva assai complessa di cui la considerazione dell'emotività come caratteristica spiccata di un genere rispetto all'altro risulta essere un terreno interessante da discutere per valutarne le concause e le conseguenze che, ammesso ma non concesso, sia veritiera e non meramente stereotipizzata, ricadono quando essa diviene arma di affermazione.
#545
Citazione di: bluemax il 11 Maggio 2018, 19:35:53 PM
Cerco di spiegare meglio il concetto visto che forse la FRASE di per sè puo' creare fraintendimenti.

Tutto è nato ieri con una riflessione fatta tra me e mia figlia. Una litigata con sua madre per la frase su citata.
Da tale frase abbiamo cominciato a parlare e sono venuti fuori diversi argomenti interessanti...

Innanzi tutto ho scritto "LE DONNE SONO STUPIDE" per due motivi che possono aprire discussioni interessanti.
1) Se avessi scritto "GLI UOMINI SONO STUPIDI" sarebbe stato interpretato come OGNI ESSERE UMANO è stupido unito al fatto che di solito l'uomo (maschio) cerca una spiegazione a tale frase, si mette subito in discussione, in altre parole pensa "PUO' ESSERE VERO".
La donna invece crea subito un confronto ed ecco che la frase viene "IMMAGINATA" come diversa.

Tutto questo perchè ultimamente i mezzi di informazione (la Zanzara ad esempio o tutti i programmi televisivi pomeridiani (guarda caso diretti da donne per un pubblico femminile) associano ad una affermazione cose che quella affermazione non ha.

La discussione con mia figlia è nata perchè lei ha detto alla madre (in un momento di rabbia) che le donne sono stupide e come risposta ha immediatamente avuto "E PERCHE' GLI UOMINI " ?

2) La discussione tra me e mia figlia ci ha portato a far notare come da tanto, troppo tempo ormai OGNI TIPO DI FILM, SERIE TELEVISIVA, PROGRAMMA TV che viene dagli stati uniti (se non sbaglio a partire dal primo film di alien) ha una costante.
In ogni film la donna è "la migliore". Quella che risolve il problema, quella eticamente perfetta, fisicamente prestante, capace di competere e poi battere l'uomo in ogni circostanza.
Tale cosa me lo ha fatto notare mia figlia di 17 anni... pensa che io non ci avevo mai fatto caso... e mi sono accorto essere vero.

IN OGNI FILM HOLLYWOODIANO la parte della donna è SEMPRE, ripeto SEMPRE messa in risalto e divinizzata, mentre l'uomo umiliato e reso quasi deficiente. Per non parlare di cartoni quali i Simpson dove i personaggi parlano da soli...

insomma...la frase non l'ho scelta per offendere qualcuno ma per far riflettere su due cose:
1) La frase genera immediatamente un confronto ed una discussione, cosa che non avverrebbe se vi fosse scritto "GLI UOMINI SONO STUPIDI"
2) La figura maschile zerbinata da decenni di pattume hollywoodiano ci ha resi in molti casi complici della prepotenza femminile

Ps. Detta da mia figlia, nel suo gruppo, le donne si permettono di offendere, prendere a ceffoni, zerbinare tutti i ragazzi e si chiede ancora il motivo per cui cio' possa avvenire... :)

beh... io e mia figlia abbiamo avuto una bella discussione e forse puo' nascere anche qua qualche riflessione...

PS. mi scuso in anticipo per grammatica e semantica ma ho scritto veramente di fretta... ciao :)
Mah, anche la frase "gli uomini sono stupidi", sia in senso di uomini inteso nel significato di ogni essere umano, che uomini in riferimento al fattore M genera un confronto, è opinabile e meramente dossica sinchè non la si dimostra veritiera mettendola e mettendosi in discussione. Non capisco perchè sostieni che non avrebbe come esito un confronto.

P.s. Perché sia immaginata come "diversa" la frase, può a livello metalinguistico, ma non è detto che accada, essere vissuta dal ricevente come una provocazione (perchè?), e, pure, potrebbe essere* intenzionalmente espressa quale provocazione*, e, in quest'ultimo caso( non il post ma l'esempio che ho asteriscato*), sarebbe davvero un fraintendimento?
#546
Attualità / Re:I bulli e la scuola
10 Maggio 2018, 18:53:04 PM
Citazione di: baylham il 08 Maggio 2018, 11:13:25 AM
Il bullismo è una modalità di comportamento, non è una tara, un difetto.
Non vedo come si possa eliminare una modalità di comportamento che ha basi biologiche e sociali. Piuttosto andrebbe studiato e compreso.
La reazione al bullismo è già prevista da codici penali e amministrativi,  non considero valide ed utili ulteriori sanzioni verso il bullismo. L'ulteriore disciplina, autoritarismo non è la risposta che condivido, esaspera i conflitti, facendo leva proprio sulla forza e sulla violenza che si vuole contrastare. Ordine e disciplina vanno bene come obiettivi per personalità autoritarie, rigide. Il loro campione di insegnante è ben rappresentato dal protagonista del film Class Enemy di Bicek.
Ricordo nuovamente che i giovani sono la parte più debole e fragile della società, certamente i meno responsabili del suo ordine.
Sinceramente sono più preoccupato del bullismo dell'autorità che del bullismo dei giovani verso l'autorità.
La mia risposta al bullismo l'ho già indicata: la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori al sistema scolastico, che cerchi di migliorare l'istituzione nella sua normalità e quotidianità, puntando soprattutto sull'educazione e sulla conoscenza. Non ritengo che il bullismo sia il problema principale per la scuola italiana. Ad esempio il sovraffollamento delle classi è un problema più grave e serio.
Sono molto in accordo con quanto espresso. Essendo il bullismo una modalità di comportamento essa innanzitutto ha da essere compresa e chi ha il compito di educare (nel significato di "tirar fuori" le abilità e le capacità etc.) e formare -insegnanti e genitori - non possono evitare il momento della comprensione di questo fenomeno per poter attuare misure che, lungi dal rifugio in un autoritarismo che è ben capace di riproporre le stesse dinamiche poste in atto dai bulli, riescano a coinvolgere gli attori di tali comportamenti in un percorso dove ognuno possa arrivare da sè a comprendere che vi possono essere alla base di atteggiamenti bulli energie e risorse che possono essere convogliate in un progetto costruttivo di sè e di conseguenza della società. Per  tutto ciò ci vuole forse, a mio parere, innanzitutto fiducia - più che autorità, e come educatori forse rischieremo che la fiducia sia disattesa, ma anche che l'autorevolezza, orfana di imposizione, generi comportamenti meno mortificanti e percorsi ( e forse che sia che il percorso camminato è esso stesso un contenuto? ) dove la violenza, in ogni sua forma,  abbia sempre meno diritto di cittadinanza.
#547
Fare tutto ciò che si desidera non lo considero prettamente un momento ed una esperienza di libertà: il desiderio, per sua natura, non è libero.
Sulla bruttezza del vedere nell'altro una limitazione alla libertà d'azione, concordo.
#548
@cvc
A mio parere, il sentirsi autorizzati al, detto grezzamente, "faccio quel che mi pare" deriva dal credere che il riconoscimento delle libertá individuali equivalga al riconoscimento di una libertá illimitata (trovo sia un fraintendimento stesso dell'idea di libertà individuale) quando appare assai più comprensibile che il con-vivere "presupponga" un limite alle libertà individuali, dato appunto dalla molteplicità di individui: la libertà a cui appartengo trova il suo limite, diciamo finisce, quando incontra quella dell'altro.
#549
Citazione di: green demetr il 09 Marzo 2018, 02:55:34 AM
Citazione di: Lou il 07 Marzo 2018, 17:56:08 PM
La discussione si è assai sviluppata, io mi chiedo se sia possibile considerare che il fronte globalizzazione non implichi di per sè la idea di uniformizazzione e omogeneità di "visioni" e annichilimento delle differenze, ma possa anche essere considerato quale latore della idea di pluralità, esagerando - di "comunità plurale". Forse perchè non sono del tutto convinta che la comunità sia necessariamente legata all' essere omogenei.

Ti pare che in Arabia la pensino come noi???

No la tua preoccupazione è eccessiva.
Più che una preoccupazione era un intervento, a suo modo espressione di una nota in disaccordo con alcune altre posizioni espresse.
#550
La discussione si è assai sviluppata, io mi chiedo se sia possibile considerare che il fronte globalizzazione non implichi di per sè la idea di uniformizazzione e omogeneità di "visioni" e annichilimento delle differenze, ma possa anche essere considerato quale latore della idea di pluralità, esagerando - di "comunità plurale". Forse perchè non sono del tutto convinta che la comunità sia necessariamente legata all' essere omogenei.
#551
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Marzo 2018, 20:16:29 PM
Dopo anni (anzi, ahimè dopo decenni...) passati nella militanza attiva in partiti della sinistra (cosidetta "estrema"), e dopo qualche anno di
riflessione "sabbatica", sono arrivato alla conclusione di non potermi più dire "di sinistra".
Sono ancora dalla parte dei più deboli, delle categorie più svantaggiate, degli operai, dei precari, dei pensionati al minimo etc. Il mio "problema",
se così vogliamo chiamarlo, è che non vedo più, nel frastagliato ed ormai ridotto ai minimi termini arcipelago della sinistra, nessuno in grado di
prendere le difese di suddette categorie.
Ma la faccenda è, per me, molto ma molto più grave, visto che sono arrivato a pensare che le suddette categorie non siano più difendibili con la
stessa teoria politica della sinistra: la sinistra, in altre parole, ha per me fallito "storicamente".
Non sto tanto parlando della situazione politica della sinistra nella stretta attualità (che è miserevole a dir poco); sto parlando della stessa
impalcatura "marxiana" della sinistra storica, che nell'attualità sta dimostrandosi totalmente avulsa dalle dinamiche sociali ed economiche in atto.
Il tentativo di Marx (che fino a prova contraria è stato l'unico pensatore "serio" in tutta la storia della sinistra...) di arginare il già montante
individualismo cercando di "surrogare" l'entità collettiva ideologica chiamata "popolo" con la medesima entità collettiva (ma materiale) chiamata
"classe" è fallito laddove il vincolo culturale della tradizione; della religione e financo del "sangue" si è mostrato ben più forte del vincolo
materiale ipotizzato da Marx.
Ciò che è fallita è, in altre parole, la costruzione di una "coscienza di classe"; ma questo, lungi dall'essere un particolare di poco conto, vuol
dire che è fallita la stessa sinistra che sul pensiero di Marx si è fondata.
Non meravigli, dunque, che oggi la sinistra si barcameni fra i liberisti del Partito Democratico (i quali, perlomeno, hanno almeno il buon gusto di
rifiutare l'etichetta di "partito di sinistra"); i liberali di Piero Grasso, ormai totalmente impegnati nella difesa delle libertà classiche dell'
individualismo di matrice anglosassone, e vari gruppuscoli insignificanti nel momento in cui mancano totalmente di una qualsiasi, e seppur debolissima,
analisi del reale (e Marx proprio sull'analisi del reale fondò tutta la sua teoria).
A parer mio, chi come ha coltivato e condiviso quelle tesi e quei valori si deve arrendere al seguente argomento: per opporsi efficacemente all'
individualismo mercatistico oggi dominante ci si deve rivolgere a quella entità collettiva chiamata "popolo".
Fuori dall'entità collettiva chiamata "popolo", vi può essere solo l'individuo, e quindi quel "contrattualismo" che dei rapporti fra gli individui è
la forma più efficace: vi può cioè essere solo il Mercato, ovvero l'odierna ed estrema forma che il capitalismo classico ha assunto.
Si rende dunque necessaria una ripresa "identitaria"; una ripresa del concetto di "nazione"; perchè quel "diritto" che, solo, può arginare il Mercato
e tutelare le classi svantaggiate, può sorgere solo ed esclusivamente all'interno di una entità collettiva culturalmente omogenea.
saluti
Una domanda, la idea di sovranità nazionale come può essere situata in questo discorso?
#552
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
02 Marzo 2018, 18:16:11 PM
Citazione di: iano il 01 Marzo 2018, 23:28:53 PM
Citazione di: Lou il 01 Marzo 2018, 18:34:31 PM
"In astratto possiamo considerarlo simile nient'altro che all'affermazione di Parmenide: l'essere è.

Come ho detto sopra, se l'essere è, è necessario che sia certo. Non può avere senso parlare dell'essere in un senso fondamentale, base e pilastro di ogni altro discorso, se l'essere non potesse godere di certezza.

Allo stesso modo, l'essere dev'essere necessariamente universale.

Ma se è universale, esso deve fare i conti con ogni tipo di esistenza.

In particolare, deve fare i conti con l'esistenza di chi lo sta pensando."

In che senso? Nel caso che sia lo stesso essere e pensare, come vuole Parmenide? Ma è lo stesso essere e pensare?
Perché è necessario che sia certo?
L'esigenza di questa certezza da dove nasce?
Di certo è una complicazione.
Partì dalla certezza dell'essere , poi giungi a contraddizioni.
Queste ti costringono a rivedere le tue certezze.
A cosa è servito allora partire da certezze?
Se pensavamo che partire da queste ci garantisse altrettanta certezza di coerenza nello sviluppo della teoria , ci siamo ingannati
Meglio prendere atto  allora che si trattava solo dì ipotesi.
Anche se capisco bene che quando tutti abbracciano le stesse ipotesi , queste possano confondersi con certezze.Ma il fatto che tutti abbraccino le stesse ipotesi , magari perché appaiono evidenti, non le rende meno arbitrarie.
Per Euclide le sue ipotesi ad esempio non dovevano essere spiegate,  perché evidenti , e non si trovava uno che avesse qualcosa da eccepire su ciò.
Per noi , uomini di oggi, che tanto abbiamo imparato da Euclide ,le ipotesi non vanno spiegate , perché questa "non necessita' " è ciò che ne definisce la natura.
Se non si accetta l'evidenza delle ipotesi di Euclide , il considerarle arbitrarie , non solo non toglie valore agli Elememti di Euclide , ma da un lato me amplia il campo di applicazione e dall'altro da il via a tante altre geometrie altrettanto utili.
Partire da evidenti certezze è una esigenza ben scusabile e comprensibile , ma anche una complicazione inutile , se non un errore.Detto ovviamente col senno di poi.
Per non parlare del postulato delle parallele , che evidente non era , a dimostrazione del fatto che la ricerca di evidenze è una esigenza tanto pressante da far accettare compromessi , facendoci accontentare di qualcosa di solo sufficientemente evidente.
Quindi , quello che possiamo dire col senno di poi , è che la mirabile opera di Euclide è consistita nel prendere le conoscenze matematiche del suo tempo , divise e frammentarie , riportandole tutte ad unità logica a partire da ipotesi costruite ad hoc , con l'accidentale complicazione che quelle ipotesi apparivano evidenti , anche se questa evidenza  d'altro canto  tanto sembrava rassicurante.
Ai tempi di Euclide è ancora fino a ieri sapevamo di conoscere delle cose senza sapere come facevamo a conoscerle.Troopp bello per essere vero.
Oggi abbiamo aperto una finestra su come facciamo a comprendere le cose.
Molto bella la domanda genealogica sulla nascita: la direi nascere dalla certezza originaria e immediata di esserci.
#553
Tematiche Filosofiche / Re:Ci sono cose
01 Marzo 2018, 18:34:31 PM
"In astratto possiamo considerarlo simile nient'altro che all'affermazione di Parmenide: l'essere è.

Come ho detto sopra, se l'essere è, è necessario che sia certo. Non può avere senso parlare dell'essere in un senso fondamentale, base e pilastro di ogni altro discorso, se l'essere non potesse godere di certezza.

Allo stesso modo, l'essere dev'essere necessariamente universale.

Ma se è universale, esso deve fare i conti con ogni tipo di esistenza.

In particolare, deve fare i conti con l'esistenza di chi lo sta pensando."

In che senso? Nel caso che sia lo stesso essere e pensare, come vuole Parmenide? Ma è lo stesso essere e pensare?
#554
Scienza e Tecnologia / Re:Bob e Alice che stanno dicendo?
27 Settembre 2017, 11:36:38 AM
CitazioneChi non capisse questo fatto senza chiedere spiegazioni che non siano di due o tre parole, è meglio che rinunci ad interessarsi a seguire questo tipo di argomenti, sarebbe tempo perso. in caso contrario scriva qui il suo parere. Grazie. :(
In realtà a detta di chi è del settore, ad es. il prof. Batra, esiste una "corposa" letteratura in merito a questo aspetto (già noto), cioè al fatto che le ai sviluppino "dialetti"(nuove lingue) e non tutti gli addetti al settore ritengono che sia inutile impiegare tempo nello studio di questi processi e fenomeni a cui si ha una spiegazione, ma che forse son ritenuti valevoli di una maggior comprensione e interrogazione in merito (anche solo per studiare  e approfondire aspetti di come può prodursi e generarsi una nuova lingua) , sebbene in questo caso, cioè per uno degli obiettivi propostosi dagli sviluppatori - l'implementazione di una capacità di negoziazione e interazione con gli umani - ovviamente  una ai che per svolgere questo compito impiegasse con un umano una "lingua" sconosciuta e incomprensibile al destinatario sarebbe poco agevole e abbastanza inutile per il raggiungimento del suddetto obiettivo.
( Non sono certa di aver compreso il senso del tuo ultimo intervento e la tua richiesta, nel qual caso, se la mia nota inserita ora, risultasse totalmente fuori fuoco rispetto a quanto chiedevi, come non scritto.)
#555
Citazione di: Mario Barbella il 20 Settembre 2017, 20:30:49 PM
DOBBIAMO DAVVERO TEMERE
IL DOMINIO DEL COMPUTER?
(Le paure dell'ignoranza)
            Sembra prender piede, nel sentir comune, il timore di dover cedere il naturale dominio della nostra mente alla stravagante presunta sopraffazione di quella artificiale del computer! Ha qualche ragion una tale ridicola preoccupazione? Tutto sta nel definire a quale tipo di sopraffazione alludiamo e parallelamente definire cosa debba intendersi col termine qui usato di "computer". Per prima cosa vediamo come intendere il senso generale di questo termine. Nella preistoria dell'uomo, cioè prima che la sua intelligenza e la sua autocoscienza si sviluppassero in misura da potersi sufficientemente confrontare con quelle che riteniamo essere del livello attuale: a quel primitivo livello, un sasso opportunamente scelto e adattato per rompere noci da mangiare, sarebbe, appunto, e con pieno diritto, un computer. Infatti un computer odierno non è altro che uno strumento, più o meno complesso ed elaborato, costruito, scelto o adattato in modo da svolgere, con sufficiente rapidità e minor fatica per l'Osservatore e compatibilmente con le migliori attese di quest'ultimo, funzioni che senza quest'aiuto tecnico non sarebbero realizzabili così bene da soddisfare le esigenze dell'autore stesso, appunto, l'Osservatore.
            Abbiamo, dunque,  scolpito il significato generale del termine 'computer'. Mantenendoci, quindi, sull'esempio del modestissimo computer che qui chiameremo "sasso schiaccianoci", analizziamone le possibili minacce, non importa di quali entità e tipo, che l'Osservatore potrebbe temere: una è la ovvia possibilità che lo strumento scelto, il sasso, in presenti, allora, come oggi, problemi di sicurezza per l'utilizzatore che potrebbe ferirsi o subire altri danni fisici. Non è poco, è infatti necessario investire in tempo e lavoro per sostituire quel sasso con un altro o con qualche altro attrezzo che si ritenga possa ridurre rischi simili. Esisterebbe qualche possibile ulteriore rischio meno diretto e di altra natura? Sì, se pensiamo, per esempio, agli effetti sociali ed economici delle evoluzioni tecnologiche in generale: potremmo, infatti, pensare all'eventualità che, a quel tempo, potesse darsi luogo ad una potenziale competizione sollecitata anche dall'invenzione di un mero quanto vitale (allora) "computer schiaccianoci", cioè di qualcosa che richiamava, con parole di oggi, l'evoluzione tecnologica e che modificava, non importa in quale senso ed con quale intensità, i comportamenti individuali, da una parte, e gli approcci con le piante di noci ed altre fonti alimentari, dall'altra, e così in generale. E' facilissimo allargare ragionevolmente il campo delle conseguenza sociali, economiche e politiche intorno a questo esempio sì da giustificare possibili conseguenze significative nei rapporti tra le persone, si tratta sempre di timori conseguenziali all'evolversi generale delle tecnologie, nelle le quali il computer, seppur solo un sasso modificato, poteva essere, allora, un esempio notevole; ma oggi i timori nei confronti del "computer" (intelligenza artificiale) sembrano trascenderequeste conseguenze dirette e indirette che, al più, sarebbero non altro che ovvi rischi della vita quotidiana con gli strumenti della tecnica. L'opinione comune sembra temere ben altro: alludiamo, nientemeno, che ad un fantomatico dominio intellettivo del computer sull'Osservatore! Computer che, da oggetto controllato dall'Osservatore, si invertirebbe in dominatore di questo! Il computer, secondo queste opinioni, si accingerebbe a dominarel'Osservatore senza il consenso di quest'ultimo, sarebbe credibile una siffatta idea? Rispondiamo subito con un secco NO; ma se pur solo supponessimo che ci possa essere qualcuno al mondo tanto sprovveduto da credervi, allora dobbiamo spendere qualche parola per cercare di riorientarlo nel senso giusto, che poi significa solo richiamarlo al buon senso logico. Si potrebbero subito mettere a tacere queste stravaganti e sciocche supposizioni ricordando semplicemente che i computer, per quanto complessi ed avanzati, sono pur sempre inventati, progettati, elaborati, costruiti e poi scartati dalla mente dell'Osservatore o, indirettamente, da intelligenze artificiali che sono ancora cose progettate e realizzate dalla mente cosciente dell'Osservatore. Ciò assicura che non è il prevalere dello "strumento" sulla mente osservante che dobbiamo temere, ma la ben risaputa incostanza o "flaccidità" della forza conoscitiva dell'Osservatore, debolezza, questa, che ha lasciato che il sasso schiaccianoci ferisse il dito del poveraccio, nonostante ben sapesse dell'esistenza di un tale rischio e, forse, già pensava a future possibili migliorie dell'attrezzo. Ma d'onde nascono simili paure? Se riportiamo quest'esempio al mondo dei computer di oggi o futuri, ben più gravi conseguenze ci sarebbero da temere, ma sempre da considerarsi come conseguenze accidentali dell'uso delle tecnologie di ogni tempo e, no, va ribadito con forza, dovute sempre alla "flaccidità" ovvero, alla debolezza conoscitiva dell'Osservatore che dovrebbe auto-cautelarsi mettendo in conto i rischi dovuti sempre ai suoi stessi errori sovente di valutazione. Un'intelligenza artificiale non è, ovviamente, almeno a giudizio delle persone di buon senso, superiore all'intelligenza che l'ha realizzata, non dimentichiamo mai questo principio generale! Questo punto è da chiarirlo bene: la debolezza dell'Osservatore non sta nell'incapacità di dominare una mente più forte (che non esiste), ma nel non riuscire a dominare sempre e puntualmente la sua per sottrarla dalla minaccia del caos universale: l'entropia. L'Universo dell'Osservatore non è "chiuso" sì da potersi coprire e dominare con un'ampia e forte coperta conoscitiva da stendervi sopra e tutto includervi per dominare il caso ed il caos. Per grande che sia, ai margini di questa coperta incalza sempre il caos universale incontrollabile. Il teorema di Gödel insegni.

           
Le capacità previsionali dell'Osservatore sono limitate: ritengo che sia nel il timore verso i propri limiti previsionali la terra su cui sorge il timore, ma anche il motore, per le invenzioni di cui l'Osservatore non è solo tale, ma Artefice. Ritengo esista un margine di impredicibilità  e imprevedibilità, diciamo inguinzagliabile e incontrollabile, forse, che io giudico più in termini di opportunità, che non di superiorità/inferiorità o dominio.