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Messaggi - iano

#5431
Citazione di: Carlo Pierini il 04 Settembre 2018, 01:28:41 AM
Citazione di: bobmax il 03 Settembre 2018, 13:46:13 PM
Come ho più volte cercato di evidenziare non esistono "fatti" ma sempre una loro interpretazione.

CARLO
Certo, ma l'esistenza della scienza sperimentale ci ha insegnato che esistono interpretazioni errate - che non portano a nulla - e interpretazioni corrette che, invece, ci permettono di formulare previsioni di eventi che poi si verificheranno realmente e che eleveranno l'interpretazione al rango di verità e gli eventi previsti e realizzati al rango di autentici "fatti oggettivi".
Quindi l'interpretazione non è un limite della conoscenza e della verità, ma è quella preziosa facoltà che, tra tutti gli animali, ha solo l'uomo e che gli permette non solo di comprendere a fondo i fenomeni direttamente osservabili della natura e di utilizzarli a proprio vantaggio, ma anche di risalire - grazie al dono dell'astrazione - a ciò che non è direttamente osservabile, come le leggi che li governano.
Per cui sarebbe ora di finirla con questi piagnistei sull'inettitudine/impotenza dell'intelletto e di cominciare ad apprezzarne la nobiltà, magari cercando di esplorarne le grandi potenzialità ancora disgraziatamente inespresse sul piano della sapienza etico-spirituale, nella quale siamo ancora ad uno stadio poco più che animale.

BOBMAX
D'altronde, mi pare evidente che non sia possibile una reale comunicazione.
Per cui punti di vista incompatibili (per me i numeri non sono affatto archetipi) ben difficilmente possono confrontarsi.
Spiace, perché l'esistenza è comunicazione, ma tant'è.

CARLO
Non c'è mai compatibilità tra vero e falso.
Secondo me tu aggiusti i dati per andare a parare dove ti piace.
La teoria di Newton ci da' previsioni corrette al pari della teoria quantistica,eppure le due teorie hanno presupposti incompatibili fra loro.
Verrebbe allora da dire che non possono essere corrette entrambe,pur portando a previsioni corrette.
Quindi non sembra che previsioni corrette equivalga a fatti oggettivi.
La conoscenza delle cose in se' è un utopia che posso anche condividere.
Ma ciò che avviene in pratica è che sebbene l'acquisizione della conoscenza non richiede come premessa una ricaduta utilitaristica,la conoscenza che si sedimenta è quella che quelle ricadute ha.
Se parliamo ancora della teoria di Newton è perché quelle ricadute sono ancora attuali , al pari di quelle relative alla teoria quantistica,e non perché l'una o l'altra sono corrette e ci portano fatti obiettivi, ma solo a previsioni relativamente utili.
La conoscenza in se' quindi ha comunque sempre un valore pratico alla fine,che non dovrebbe avere nulla a che fare con un autoesaltazione della razza umana,esaltazione che sembra esserti tanto cara.
A cosa serve questa autoesaltazione?
Se per noi è sufficiente,oltre che possibile,una buona interpretazione,perché imbarcarsi in imprese che ,anche quando non impossibili per principio,sono economicamente irrealizzabili?
Il fatto è che sono impossibili anche per principio, perché  prive di ogni senso.
Conoscere una cosa in se'....non significa nulla.
#5432
Citazione di: Carlo Pierini il 03 Settembre 2018, 12:54:27 PM
Citazione di: iano il 03 Settembre 2018, 02:11:27 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM
Se è vero, come sostengono certi "critici" (Kant, Hume, Berkeley, Korzybski, Bateson, ecc.), che i criteri di verità della Scienza sono infondati, indimostrabili, non-provabili e di valore solo intersoggettivo, per quale ragione la loro applicazione REALE alla ricerca ha permesso all'uomo in soli tre secoli di sbarcare sulla Luna, di mandare delle sonde su pianeti e comete, di volare in massa superando in breve tempo distanze enormi, di curare la maggior parte delle malattie che da sempre affliggevano uomini e animali, di comunicare in tempo reale da una parte all'altra del nostro pianeta, ecc.?

Perché nessuno di quei critici hai mai spiegato i motivi della straordinaria "produttività epistemica" della Scienza proprio a partire dall'applicazione di quel "metodo scientifico" che essi considerano così insignificante?


IANO
Superare in breve tempo distanze enormi,anche in senso metaforico, è quantitativamente , ma non qualitativamente diverso dal superare distanze piccole,posto che qualificare una distanza è puramente soggettivo. La velocità, per sua natura , ammette accelerazioni, come norma , e non come eccezioni.
Cioè, senza la scienza, e con la scienza , l'uomo fa' sostanzialmente quello che ha sempre fatto. (...) La scienza non è niente di nuovo, nonostante le apparenze.


CARLO
Le tue sono mistificazioni verbali allo stato puro. L'uomo non ha sempre inviato sonde su pianeti e comete, non è sempre sbarcato sulla Luna, non ha sempre guarito colera, peste, lebbra, vaiolo, malaria, tifo, tubercolosi, ecc., non ha sempre ricevuto notizie dal mondo schiacciando semplicemente un pulsante, ecc., ecc..
Tutte queste conquiste sono delle novità assolute; non apparenze, ma realtà concrete.
La storia dell'uomo è piena di novità assolute.
Cosa hanno di particolare le novità che elenchi?
Nessuna mistificazione,ma un invito a riflettere..Cio' che a te  sembra un punto di discontinuità tale non è .
Se andare in America non è più fonte di meravlglia,anche andare sulla Luna non dovrebbe più esserlo.
In attesa di altri fantastici viaggi possiamo mettere a riposo il nostro senso di meraviglia.
Non c'è nessuna magia,nessun mistero alchemico.Normale routine,anche quando non sembra.Basta uscire dal senso di meraviglia e tornare coi piedi per terra o sulla Luna se preferisci, perché è la stessa cosa.
#5433
Tematiche Filosofiche / Il tempo per filosofare.
03 Settembre 2018, 02:51:28 AM
Ho la sensazione,che vorrei eliminare , ma non riesco , che studiare la filosofia , tolga tempo al mio filosofare.
Sia chiaro , non sono allergico al legger di filosofia , ma lo studiare è altra cosa.
Mi piacerebbe , perché aumenterebbe l'intesita' e la qualità del mio dialogo con voi , ma la sensazione fastidiosa permane .
#5434
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM
Se è vero, come sostengono certi "critici" (Kant, Hume, Berkeley, Korzybski, Bateson, ecc.), che i criteri di verità della Scienza sono infondati, indimostrabili, non-provabili e di valore solo intersoggettivo, per quale ragione la loro applicazione REALE alla ricerca ha permesso all'uomo in soli tre secoli di sbarcare sulla Luna, di mandare delle sonde su pianeti e comete, di volare in massa superando in breve tempo distanze enormi, di curare la maggior parte delle malattie che da sempre affliggevano uomini e animali, di comunicare in tempo reale da una parte all'altra del nostro pianeta, ecc.?

Perché nessuno di quei critici hai mai spiegato i motivi della straordinaria "produttività epistemica" della Scienza proprio a partire dall'applicazione di quel "metodo scientifico" che essi considerano così insignificante?
Superare in breve tempo distanze enormi,anche in senso metaforico, è quantitativamente , ma non qualitativamente diverso dal superare distanze piccole,posto che qualificare una distanza è puramente soggettivo.La velocità, per sua natura , ammette accelerazioni, come norma , e non come eccezioni.
Cioè, senza la scienza , e con la scienza , l'uomo fa' sostanzialmente quello che ha sempre fatto.
Non possiamo assumere il senso di meraviglia,seppur diffuso , come discrimine,ricadendo nella saga dei miracoli , specie se si pretende che a questa saga la scienza abbia messo un punto di fine.
La critica della scienza dovrebbe scongiurare ciò, appunto, e mi sembra perciò ben fondata.
È sufficiente che essa ci dica che la scienza non è niente di nuovo,nonostante le apparenze,gettando al contempo luce su ciò che era prima della scienza.
L'apparemte discontinuità' si spiega , in breve, con una presa di coscienza sul modo in cui interagiamo con la realtà.
Questa presa di coscienza è la forza che ha prodotto l'accelerazione che tanta meraviglia desta.
Ma non c'e' nessuna discontinuità in ciò,in quanto la coscienza si è sempre usata in varia misura e in base all'occorremza, non essendo un bene in se' , ma uno strumento.
#5435
Apeiron: Per alcuni scienziati , la scienza ci permette di vedere la realtà-così- come è squarciando la limitazione data dal nostro mondo fenomenico.

Questo realismo ingenuo non è  necessariamente un ostacolo al loro lavoro.
Si può ugualmente immaginare che questa posizione possa funzionare sia da incentivo che da ostacolo al loro lavoro.
Mi sembra che vi siano due categorie di scienziati:quelli che abbracciano o semplicemente ereditano questa posizione,con dose variabile di impiego di coscienza,e chi la rifiuta , rifiuto che comporta una dose alta di coscienza.
In un certo senso non c'è bisogno di sapere cosa stai facendo.Basta sapere come farlo.
Questo mi pare crei un parallelo fra il mondo della scienza e quello della percezione.
La vera posizione naive è quella di credere che si tratti di due mondi separati,cosicché il mondo della percezione è prettamente umano, perciò fallace,come la scienza stessa può provare,mentre quello scientifico e' per contrapposizione perfetto.Quindi non umano,quindi non si sa' bene cosa sia.
Uno strumento esterno all'uomo capace di proiettare l'uomo oltre i propri limiti ?
Ciò che ad alcuni sembra una bella favola e ad altri un racconto dell'orrore, ma purtroppo comunque qualcosa che ci deresponsabilizza,cosicché possiamo criticare variamente la scienza senza che ciò valga come un autocritica.
Una critica seria della scienza non può che essere fondata sull'uomo.
Una critica utile della scienza deve dirci in che modo possa dimostrarsi che la scienza sia fallace , allo stesso modo che la scienza ci dice come la percezione sia fallace.
Fatto ciò al posto del termine fallace,che è il prodotto della suddetta posizione naive,occorrerà sceglierne un altro più adatto,o semplicemente eliderlo.
Sia una percezione che una teoria scientifica non è né giusta ne sbagliata,ma solo più o meno utile.
Ma ora mettiamoci nei panni di un promettente studente in fisica.
Come facciamo ad incentivarlo?
Gli diremo che le teorie fisiche sono utili favolette o gli diremo che ci dicono la verità e che sempre nuove verità sono da scoprire?
O cosa diremo invece all'uomo comune?
Sara' di qualche utilità per lui sapere che vive dentro una favola ben congegnata?
Quindi forse la posizione naive ha comunque un suo perché che spiega la sua diffusione maggioritaria.
Se però sia ha l'ambizione di navigare agevolmente fra le nuove teorie fisiche essa sembra solo un ostacolo,ma quest'ambizione non sembra essere maggioritaria,appunto.
Il pericolo è che un agevole navigazione si contrapponga ai motivi per cui ci siamo imbarcati.
#5436
Citazione di: Socrate78 il 29 Agosto 2018, 15:48:10 PM
Mi chiedo se la filosofia kantiana non porti di fatto a ridurre la realtà esterna al soggetto ad una sostanziale illusione. Infatti se l'ente conosciuto viene filtrato attraverso le forme a priori, ciò significa che le nostre percezioni non corrispondono alla verità autentica del mondo, ma sono un'apparenza creata dalla nostra mente. LO spazio e il tempo non sarebbero, per quanto mi sembra di comprendere, per Kant realtà esistenti, ma solo un'apparenza creata dalla nostra mente per farci fare esperienza del mondo: ma se è così ciò non dovrebbe sfociare nello scetticismo più totale visto che praticamente ogni nostro giudizio sul mondo è inserito in uno schema spaziale e temporale? L'interpretazione migliore del kantismo mi sembra a questo punto quella data da Edmund Husserl, quando afferma che è necessario porre tra parentesi tutta la realtà esterna sospendendo il giudizio su di essa e non si potrebbe fare altrimenti visto che essa è un'apparenza mentale, e non un dato di fatto obiettivo.
Sostanziale illusione , apparenza creata dalla nostra mente.....
sono espressioni che hanno una connotazione negativa gia' in se' che portano ad un ingiustificato scetticismo.
Tutte le percezioni sono illusioni ,non create in modo arbitrario,ma che nascono da una interazione reale con la cosa in se'.
Ciò che va' messo in evidenza è il carattere funzionale delle illusioni piuttosto che quello "illusorio".Carattere funzionale che ci permette di vivere nella realtà,per senza averne una conoscenza oggettiva, ma tanto quanto basta.
Non è neanche da illudersi che questo quanto possa essere incrementato in un percorso , seppur infinito , che tenda al limite alla realtà oggettiva.
La possibilità della conoscenza oggettiva della realtà è la vera illusione che fino a un certo punto coltiviamo,è che quando viene scoperta induce in noi una delusione che può portare allo scetticismo.
In effetti anche questa illusione di avere accesso ad una realtà oggettiva ha una sua funzione.
Infatti ,in mancanza di significative controindicazioni, al fine di ottimale interazione con la realtà.credere di aver accesso a una realtà oggettiva in scala1:1 è un vantaggio.
Ma quando si evidenziano controindicazioni allora l'illusione rivela la sua natura.Da qui delusione e tensione allo scetticismo.
Ma a pensarci bene ,se la realtà oggettiva è,e non potrebbe essere che unica,avere pieno accesso a questa unicità deve essere una bella noia.
Mi sembra più divertente vivere in tanti mondi possibili , nessuno dei quali è quello oggettivo.O no?😅
#5437
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
27 Agosto 2018, 06:15:18 AM
@Samuelsilver.
In effetti temo di essermi perso.Sostieni l'emergentismo debole , ma non quello forte?
Il riduzionismo è certamente utile anche quando non fotografa l'ordine del mondo,se mette ordine alle nostre idee con le quali ci interfacciamo col mondo in modo ,appunto,relativamente utile.
Se ipotizzo componenti ultimi della materia che favoriscono questo ordine,non occorre che ne abbia esperienza diretta per assumerli in pianta stabile attraverso un processo del tutto cosciente che potremmo sintetizzare con un "non è vero,ma ci credo".
Non credo però che la materia come idea abbia origine diversa,se non per il fatto che si origina da un processo non cosciente.
Ciò che percepiamo o sperimentiamo o anche solo induciamo e deduciamo ha a che fare con ciò che è,ma non è ciò che è.
La consapevolezza di questo limite,se da un lato può frustrarci,dall'altro ci da una grande libertà nell'esprimere il potenziale umano in termini di capacità di interfacciarci col mondo in modo però solo limitatamente utile.
Il successo del riduzionismo ci fa' stravedere e questo stravedere diventa un limite non necessario.Ci facciamo prendere la mano dal riduzionismo,ma è solo un utile strumento.Ma paradossalmente quando uno strumento diventa straordinariamente utile iniziamo a sperare che forse è qualcosa di più di uno strumento e iniziamo ad erigere templi.
Quando sento dire che una cosa è vera,fosse anche vera solo fino a prova contraria,perché scientificamente provata,la cosa mi puzza.
Fino a un certo punto questa pretesa in se' e' innocua,e funziona anzi come incentivo e motore della ricerca,ma quando si pretende poi di andare con questi strumenti alla ricerca della sostanza originaria allora si deborda.
Questa sostanza comunque non può essere nessuna di quelle che percepisco,compresa la materia,e sarebbe strano anche che là si possa dedurre o indurre a partire dalle mie limitate percezioni ,non fosse altro perché esse , le mie percezioni , non hanno quella funzione.
Come si dice,chi si loda,ma anche chi viene troppo lodato,seppur con buone ragioni,alla fine si imbroda,e questo temo succeda alla scienza.
Alla fine quando si vuol sostenere il potere della scienza ,anche solo in potenza,se non in atto,di dirci la verità ultima,non si trova niente di meglio per sostenere questa tesi,del suo grande potere e della sua strabiliante utilità.
Questa però è evidentemente una logica zoppa.
Utile non è vero.
Spero di non essere apparso polemico verso nessuno ,non essendo la mia intenzione.
Forse sono andato fuori tema,forse non ho capito tutto,ma grazie per l'occasione di aver potuto dire la mia.

#5438
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
26 Agosto 2018, 23:33:56 PM
Io ho difficoltà ad accettare un qualunque monismo di cui si pretenda di conoscere la sostanza.
Perché la materia e non altro, se come ben dice Samuelsilver a partire dalle sue proprietà (quali?) non si riesce a dedurre le emergenze, emergenze alle quali la materia stessa mi sembra di poter ridurre?
#5439
@jacopus.
In tempi non tanto passati quando scendeva il buio si filosofava anche senza sapere di farlo.
Oggi il contesto è cambiato.
Tucidite fa' dire a Pericle di se' e degli Ateniesi: "Noi amiamo il bello con semplicità e filosofiamo senza timidezza".
Tratto dalle prime pagine del primo volume di una infinita enciclopedia della filosofia,rilette mille volte , senza andare oltre.
Pigrizia?
No , è che in quelle poche pagine trovo tanti di quegli spunti che mi perdo sempre dietro ai miei pensieri.
Cosa unisce ,dici questo essere l'argomento,il filosofare di oggi a quello di ieri,rimasto immune ai cambi di contesto?
Questo è davvero un superspunto che non avevo colto,e che immagino nessuno storico della filosofia abbia affrontato,o no?
Grazie.
Credo non sia cambiata la naturale voglia di filosofare,anche quando non lo si ammette per timidezza.
Difficile tirare fuori la gente da questo guscio,ma non impossibile,e quando succede mi sento a pieno uomo fra gli uomini.
Certo una volta era più facile caderci di fronte a un cielo stellato nella notte buia.Altri contesti.😀
#5440
@davintro.
Ma in fondo,se al puro fine teoretico ci torna utile ricevere spunti da un passato o presente indefiniti,seppure questi sappiamo arrivino per lo più da una stratificazione di contestualizzazioni,cosa importa,se si cerca lo spunto per lo spunto?
Ma se pretendo di dialogare direttamente con Eraclito allora nasce il problema della contestualizzazione.
Il problema semmai è un altro.
Prendiamo ad esempio il tuo ottimo post.
È scritto in linguaggio corrente.Vale come spunto per chiunque.
Non bisogna conoscere la storia della filosofia per usarlo come spunto.
Può usarlo come spunto anche chi ha deciso di iniziare a filosofare 5 minuti fa',in quanto cio' e sua facoltà,in quanto uomo.
Direi quindi che è perfettamente contestualizzato,in senso positivo.
Si tratta però di un esempio raro, da prendere ad esempio.
Di solito non è così in questo forum.
Un forum di filosofia è rivolto ai filosofi o agli uomini ,filosofi in quanto uomini?
Se ci interessa lo spunto per lo spunto,ed è ciò che interessa me,anche uno spunto che nasce dal fraintendimento di ciò che Eraclito voleva dire va' bene.
Certamente dovremmo essere accorti a che la storia della filosofia non diventi una zavorra al piacere di filosofare.
Ma forse succede ai filosofi più o meno di mestiere quel che succede a tutti.
Un lavoro può anche piacere , ma è sempre un lavoro.
#5441
Citazione di: Carlo Pierini il 24 Luglio 2018, 13:55:07 PM
Se è vero, come sostengono certi "critici" (Kant, Hume, Berkeley, Korzybski, Bateson, ecc.), che i criteri di verità della Scienza sono infondati, indimostrabili, non-provabili e di valore solo intersoggettivo, per quale ragione la loro applicazione REALE alla ricerca ha permesso all'uomo in soli tre secoli di sbarcare sulla Luna, di mandare delle sonde su pianeti e comete, di volare in massa superando in breve tempo distanze enormi, di curare la maggior parte delle malattie che da sempre affliggevano uomini e animali, di comunicare in tempo reale da una parte all'altra del nostro pianeta, ecc.?

Perché nessuno di quei critici hai mai spiegato i motivi della straordinaria "produttività epistemica" della Scienza proprio a partire dall'applicazione di quel "metodo scientifico" che essi considerano così insignificante?

In altre parole, se "la qualità di un albero si giudica dai suoi frutti", perché l'albero della scienza è immensamente più fecondo dell'albero della conoscenza pre-scientifica, cioè, della filosofia? Quali sono state le innovazioni che hanno reso i criteri di verità della Scienza tanto fecondi ed efficaci da permetterle di scoprire leggi e principi della realtà fisica? E perché la filosofia - che pretende di giudicare infondati i metodi della Scienza - non ha idea di quali siano le leggi e i principi che riguardano il proprio dominio di competenza, cioè, il pensiero?

Insomma, questo "spread" tra la critica filosofica della Scienza  e la Scienza reale, non dipenderà forse dal fatto che sono proprio i SUOI (della critica) criteri di verità ad essere <<infondati, indimostrabili e non-provabili>>? Non dovremo forse RIFONDARE la critica sul modello scientifico il quale non attribuisce alcun valore epistemico a giudizi che non trovino conferma nella realtà dei fatti?
Ma prima della scienza come faceva l'uomo ad interagire utilmente con la realtà?
Il fatto che con la cosiddetta rivoluzione scientifica ci sia stato un salto notevole non comporta necessariamente una discontinuità nella qualità di questa interazione.
La contrapposizione se c'e,non è fra filosofia e scienza.
La scienza non è figlia della filosofia . ma una evoluzione in continuità dell'arte di arrangiarsi a questo mondo, arte che la filosofia ha assistito e continua ad assistere.
L'impressione che vi sia una discontinuità  nasce da un salto quantitativo notevole mei modi in cui interagiamo col mondo.Questa interazione era già efficace prima e continua ad esserlo e continua a dare i suoi frutti.
Sulla bontà dei nuovi frutti non sono così certo.Vedremo come va' a finire.
Diciamo che fino a un certo punto è andata bene.
Il problema è, come dici in altro post, è che questa apparente discontinuità ha creato specializzazioni necessarie, fonti di fazioni contrapposte inevitabilmente.
La scienza non serve l'uomo , me l'uomo serve la scienza.La scienza è l'uomo.
Rimane da spiegare il motivo del salto quantitativo,non qualitativo,che la rivoluzione scientifica ha comportato , nelle "tecniche " di interazione con la realtà.
Clredo il motivo sia la presa di coscienza di queste tecniche.La loro esplicitazione.Questa è la strada che ha preso l'evoluzione umana, e ripeto vedremo come va' a finire.Io credo bene.
La critica della scienza si può vedere come la storia di questa presa di coscienza, quindi in se' non è da criticare.
La scienza non è figlia della filosofia ,ma entrambe fanno parte dell'arte di arrangiarsi a questo mondo in piena continuità,anche quando non sembra.
Infine chiedo scusa se mi esprimo con termini semplici a fronte dei tuoi post ben argomentati è che apprezzo molto.
#5442
Quando definisco qualcosa definisco al contempo ciò che quella cosa non è,perciò la conoscenza è complementarietà di opposti.
Una definizione in se' è qualcosa di arbitrario , ma non tutte le definizioni godono dello stesso successo quando messe alla prova.
La matematica , che è il linguaggio principe di queste definizioni quindi è in se' arbitraria , come qualunque linguaggio umano.
Il linguaggio della matematica ha però un vantaggio sugli altri linguaggi umani , prestandosi in modo ottimale al meccanismo delle prove , con errori e correzioni , delle definizioni.
La conoscenza quindi sta entro il limite del linguaggio.Il nome non è la cosa , ma la indica.
Tuttavia ho piena memoria di come da giovane per me fra il nome e la cosa esistesse un legame inscindibile ed è una illusione non del tutto eliminata dalla considerazione generale,credo.
Questa illusione così pervicace penso abbia una forte motivazione e meriti approfondita riflessione.
La conoscenza del mondo non è il mondo , come il relativo non è l'assoluto.
Tuttavia se voglio che la mia operativa' nel mondo sia ottimale devo credere di non vivere dentro una ipotesi,e da qui la necessità della illusione.
Scelta una ipotesi , in modo non consapevole, quella diventa per me il mondo nel quale vivo, così che .richiamamdo alla mia mente l'illusione giovanile il tavolo si chiama tavolo e non potrebbe chiamarsi diversamente.
La scienza moderna in effetti ci propone diversi mondi (teorie) in cui vivere , e allo stesso tempo vive nell'illusione di trovare una teoria unica , dove ogni cosa trovi il suo posto è venga chiamata col suo nome.
Credo che la conoscenza scientifica solo apparentemente si contrapponga alla conoscenza sensoriale , essendo si conoscenze alternative, ma non di natura diversa.
Ciò che vediamo rimane per noi realtà,anche quando avvertiti delle illusioni sensoriali.
Siccome è la scienza che ci mette a parte di queste illusioni (che non è inutile ricordare hanno una loro funzione, e non possono ridursi a semplici errori) allora viene naturale assegnare un primato alla scienza rispetto alle sensazioni.Ma la semplice verità è che ci manca una ipesciemza che ci metta a parte delle illusioni della scienza, a meno che la filosofia non sia quella iperscienza.
Il PARADOSSO è che questa illusione è il motore e allo stesso tempo il freno della ricerca scientifica.
#5443
Tematiche Filosofiche / Re:Matematica e realta’.
17 Giugno 2018, 14:03:11 PM
Una "descrizione della realtà " è parte della realtà, ma non la realtà.
Le masse con cui descrivo la realtà perciò sono parte della realtà, ma la realtà non è fatta di masse.
Che la realtà sia fatta di masse è una nostra innocente illazione ,e a noi pare davvero che le cose stiano così,e millantiamo che le cose stiano così perché si dimostra utile pensare che le cose stiano così.
Ma l'unica essenza delle masse è quella di essere una utile descrizione della realtà,e non di essere la realtà,seppure il crederlo non è privo di qualche vantaggio.
Non credo infatti possa considerarsi di aiuto il continuo ricordare a se stessi che ciò in cui dentro ci sembra di vivere è solo un provvisorio racconto , perché ciò non ci aiuta a vivere meglio questo racconto.
Questa capacità ,di illudersi ,di credere di vivere dentro il nostro racconto , come non fosse nostro , è umanamente commovente , a mio sentire.
E' come se ,essendo nati zingari , andassimo sempre in cerca di una casa , perché in effetti sembra utile averne una,e oggi la mia casa è fatta di masse e a quella resto fedele , come si rimane fedeli alla casa in cui si nasce.
Domani invece mi trovo in una nuova casa fatta di onde/particelle e non la sento mia come quella in cui sono nato , fosse anche più bella , più grande , più confortevole e funzionale.
La realtà ingenua è semplicemente la stamberga del nostro cuore.
Ma i miei figli nasceranno nella casa nuova è quella lascerà in loro l'imprinting.
La loro casa del cuore però nella sostanza non è diversa dalla mia vecchia casa del cuore e la sostanza è che la realtà ingenua è una casa confortevole in cui vivere , dimenticando di essere zingari.
Cambiare spesso casa , si sa' , non è piacevole ,e quando succede a tarda età a volte perfino fatale.
Ma è un rischio inevitabile se ci piace giocare al gioco della conoscenza.
Se ci piace esplorare nuovi mondi ,  che però poi è sempre lo stesso mondo , raccontato in modi diversi , noi siamo qui per il piacere di raccontarlo , confondendo il mondo con il suo racconto , come una casa in cui stare.
#5444
Tematiche Filosofiche / Re:Matematica e realta’.
17 Giugno 2018, 13:12:00 PM
Io credo che esista una realtà, e lo credo perché non posso provarlo.
Ciò che vedo , ciò che sperimento , ciò che teorizzo,seppur in modo comprovatamente difettoso , non si avvicina alla realtà , seppur per difetto.
Non possiamo approssimare la realtà , in quanto ne siamo parte , ma possiamo solo acquisire la consapevolezza di esserne parte.
In effetti il processo di conoscenza non è una approssimazione , ma un allentamento dalla realtà , che vale come una presa di coscienza.
Impossibile non avvertire echi biblici in ciò che scrivo , seppur senza alcuna mia intenzione di evocarli.
L'illusione della conoscenza della realtà equivale all'illusione di esserne distinti, e queste illusioni sono esse stesse parte della realtà.
In una realtà unica e indistinta non necessita alcuna coscienza , ma siccome la coscienza esiste , allora la realtà non è unica e indistinta e noi ne siamo parte , ed essendone parte "siamo di parte" , di modo che vorremmo ridurre a noi stessi la realtà, alla nostra conoscenza , alla nostra illusione di poterla ridurre ad una nostra descrizione.
Ma quella descrizione non è la realtà, ma il prodotto della scissione da quella realtà.
A mio sentimento , al di la' dei previggenti echi biblici , in questa scissione io non ci vedo alcun male , perché essa è la mia vita e io sono felice di viverla senza alcun senso di colpa.
E anzi , semmai , mi sembra peccato l'ansia che ci prende di volerci ricongiungere in modo indistinto alla realtà,ciò che comunque avverrà, che si parteggi o meno.
A me semplicemente sembra di vivere un bel gioco , che per essere giocato ha bisogno di regole , però ciò che conta è il gioco , e non le regole.
Giochiamo a "Noi siamo distinti dalla realtà " e stabiliamo la regola due più due uguale quattro.😋
Ma poi , come i bambini ci insegnano,il gioco e' cosa molto seria , come se fosse vera.
Lo stesso gioco quando viene riprodotto dagli adulti , i quali negano di star giocando , è quello della realtà ingenua.
#5445
Tematiche Filosofiche / Re:Matematica e realta’.
17 Giugno 2018, 07:40:37 AM
Citazione Apeiron.
Perché infatti una creazione della mente umana dovrebbe descrivere la natura si chiede Einstein?
—————————-
La risposta potrebbe essere che .... infatti.....non la descrive ,e il credere che ciò sia da' origine al realismo ingenuo.
Il ragionamento , che sospetto ingannevole,da cui tutto ciò deriva , è che per interagire con la realtà devo conoscerla, seppure in modo approssimato e sempre perfezionabile.
Ma tutto quello che noi strettamente sappiamo è che riusciamo ad interagire con la realtà , magari in modo forse qualitativamente diverso , ma non sostanzialmente diverso da quello di un ameba , la quale di matematica non si sa' bene quanto ne mastichi , ma di certo non legge libri della natura scritti in caratteri di triangoli e sfere.
Quello che noi confondiamo , comprensibilmente , con una sempre migliore conoscenza della realtà, è in effetti una sempre migliore (si spera a buon fine) interazione con la realtà .
Dire che se interagisco meglio allora conosco meglio , temo sia una illazione.
Non faccio meglio perché conosco sempre di più,in una progressione che approssima sempre meglio la realtà, ma perché mi munisco di strumenti sempre più potenti che mi permetto di fare meglio.
C'e' quindi certamente una progressione nel mio lavoro , laddove la mia officina si arricchisce di sempre nuovi strumenti che mi permettono di reinventarlo continuamente , ma tutte le varie fasi progressive non si differenziano in modo sostanziale una dall'altra.
Si caratterizzano infatti tutte parimenti per il fatto che possiedo strumenti che mi permettono di interagire con la realtà.
In genere produrrò nuovi strumenti in vista di un uso preciso , tuttavia spesso gli strumenti prendono il sopravvento sulle nostre previsioni e si rivelano utili oltre l'atteso è in modi inattesi , fino al punto da creare fenomeni di rigetto.
Del tipo ....so' contrario alla pentola a pressione....., dove mi piace citare Cipollino piuttosto che Platone.☺️
Uno strumento non si caratterizza per avere una forma , ma delle funzioni , che possiamo provare a spiegare semmai in funzione della forma.
Lo strumento non descrive , lo strumento funziona.
Esso funziona perché la sua forma , le sue regolarità , entrano in rapporto funzionale con la realtà, dal che' deduciamo che anche questa debba avere una certa forma e certe regolarità.
Una teoria matematica apparentemente astrusa e del tutto astratta equivale ad uno strumento di fantasia , al quale però, una volta portato in officina , una funzione si può sempre trovare , allo stesso modo che uno strumento indirizzato ad un preciso uso si mostra inaspettatamente utile per altri usi del tutto nuovi.
La cosa singolare è che tanto più il mio lavoro si evolve grazie ai nuovi strumenti tanto più si verificano fenomeni di rigetto verso questi.
Se io studio da falegname col tempo il mondo per me appare ingenuamente come una falegnameria, ma i lavori sono tanti e nessuno è eterno.
Se col tempo la mia falegnameria si modernizza , no stante le mie umane resistenze , superati i fenomeni di rigetto,al punto che stento a riconoscerla , non significa che mi sono avvicinato di più alla conoscenza della falegnameria , avendone una migliore descrizione.