Caro Sariputra,
replico come segue:
1)
E' senz'altro vero che, sia la soglia del dolore sia quella sopportazione, variano da individuo ad individuo, e che non è possibile fare una statistica generale; però, almeno per la mia esperienza personale, posso garantirti che -nelle situazioni più gravi e disperate- ho visto quasi tutti invocare che la morte arrivasse al più presto...sebbene i medici facessero di tutto per tardarla (sembrava che tenessero più alla malattia, che al malato).
Tra costoro, c'erano due miei amici che, quando stavano bene, la pensavano esattamente come te.
2)
Quanto al fatto che tu non ricordi di aver sofferto al momento della nascia, questo non dimostra assolutamente niente; ed infatti, in media non ricordiamo nulla di ciò che ci è successo prima dei tre anni e mezzo di vita...e SICURAMENTE, nessuno è in grado di ricordare il "trauma" della nascita (sebbene, talvolta, ne continuiamo a risentire gli effetti psicofisici anche in seguito).
Ed invero, secondo l'unanime parere degli "addetti ai lavori", il parto può essere considerato un momento davvero traumatico per il bambino:
- sia su un piano emotivo e comportamentale;
- sia sul piano fisico, poichè il momento della nascita è chiaramente un evento fisicamente traumatico.
Ed infatti, il "nascituro":
a) è avvezzo a galleggiare in un gradevole ambiente liquido, in quanto si sviluppa e scresce nel liquido amniotico;
b) è al riparo da forti rumori, i suoni che arrivano sono tutti ovattati, ed è quindi al riparo dagli stress acustici;
c) è in un ambiente in cui non c'è praticamente nessuna luce, ed è quindi abituato a stare in una condizione di placido buio;
d) la temperatura è piuttosto elevata, corrisponde cioè alla temperatura corporea interna della madre;
e) si nutre e respira attraverso il cordone ombelicale, quindi non solo non è abituato al "contatto" con l'aria stando nel liquido amniotico, ma neppure i suoi polmoni sono abituati ad incamerare aria, tanto che sono pieni di acqua.
Se invece adesso facciamo riferimento a quello che è l'ambiente in cui il bambino viene al mondo nel 90 % accertato dei casi, vediamo che questo è totalmente diverso da quello in cui si è sviluppato.
Ed infatti:
- lascia il contatto con il liquido e si ritrova bruscamente a contatto con l'aria e soprattutto ad una temperatura molto inferiore rispetto a quella a cui era abituato;
- l'ambiente in cui si ritrova è sicuramente molto luminoso rispetto al precedente, ed anche i rumori non sono più ovattati, ma sonori e diretti;
- oltre al taglio spesso troppo repentino del cordone ombelicale, i polmoni del bambino si ritrovano per la prima volta a "respirare", ad incamerare aria, che (sebbene quasi nessuno lo sappia) al primo impatto BRUCIA terribilmente.
Per cui è OVVIO che urli...e non certo di gioia!
Occorre peraltro considerare che tutti questi sgradevolissimi stravolgimenti di condizioni ambientali per il bambino avvengono "improvvisamente", in un lasso di tempo molto breve; dopo nove mesi passati tranquillamente in un ambiente "protetto" si ritrova, bruscamente, in un ambiente completamente opposto...il che aggrava lo "stress", che, in taluni casi, continua a produrre i suoi effetti anche nell'età adulta.
Per cui, secondo taluni, non di rado la sofferenza che si prova alla nascita è superiore addirittura a quella che si prova al momento della morte!
Questo, sinceramente, almeno per la maggior parte dei casi, mi sembra un po' eccessivo; però, almeno secondo me, non c'è dubbio alcuno che il neonato vada incontro ad una sorte ben più ardua del moribondo.
Non che nella vita non ci siano momenti piacevoli, ed anche di estrema felicità, ma, a mio parere, non bilanciano quasi mai quelli negativi; soprattutto se pensiamo alle condizioni in cui vivono nel terzo mondo centinaia di milioni di persone.
replico come segue:
1)
E' senz'altro vero che, sia la soglia del dolore sia quella sopportazione, variano da individuo ad individuo, e che non è possibile fare una statistica generale; però, almeno per la mia esperienza personale, posso garantirti che -nelle situazioni più gravi e disperate- ho visto quasi tutti invocare che la morte arrivasse al più presto...sebbene i medici facessero di tutto per tardarla (sembrava che tenessero più alla malattia, che al malato).
Tra costoro, c'erano due miei amici che, quando stavano bene, la pensavano esattamente come te.
2)
Quanto al fatto che tu non ricordi di aver sofferto al momento della nascia, questo non dimostra assolutamente niente; ed infatti, in media non ricordiamo nulla di ciò che ci è successo prima dei tre anni e mezzo di vita...e SICURAMENTE, nessuno è in grado di ricordare il "trauma" della nascita (sebbene, talvolta, ne continuiamo a risentire gli effetti psicofisici anche in seguito).
Ed invero, secondo l'unanime parere degli "addetti ai lavori", il parto può essere considerato un momento davvero traumatico per il bambino:
- sia su un piano emotivo e comportamentale;
- sia sul piano fisico, poichè il momento della nascita è chiaramente un evento fisicamente traumatico.
Ed infatti, il "nascituro":
a) è avvezzo a galleggiare in un gradevole ambiente liquido, in quanto si sviluppa e scresce nel liquido amniotico;
b) è al riparo da forti rumori, i suoni che arrivano sono tutti ovattati, ed è quindi al riparo dagli stress acustici;
c) è in un ambiente in cui non c'è praticamente nessuna luce, ed è quindi abituato a stare in una condizione di placido buio;
d) la temperatura è piuttosto elevata, corrisponde cioè alla temperatura corporea interna della madre;
e) si nutre e respira attraverso il cordone ombelicale, quindi non solo non è abituato al "contatto" con l'aria stando nel liquido amniotico, ma neppure i suoi polmoni sono abituati ad incamerare aria, tanto che sono pieni di acqua.
Se invece adesso facciamo riferimento a quello che è l'ambiente in cui il bambino viene al mondo nel 90 % accertato dei casi, vediamo che questo è totalmente diverso da quello in cui si è sviluppato.
Ed infatti:
- lascia il contatto con il liquido e si ritrova bruscamente a contatto con l'aria e soprattutto ad una temperatura molto inferiore rispetto a quella a cui era abituato;
- l'ambiente in cui si ritrova è sicuramente molto luminoso rispetto al precedente, ed anche i rumori non sono più ovattati, ma sonori e diretti;
- oltre al taglio spesso troppo repentino del cordone ombelicale, i polmoni del bambino si ritrovano per la prima volta a "respirare", ad incamerare aria, che (sebbene quasi nessuno lo sappia) al primo impatto BRUCIA terribilmente.
Per cui è OVVIO che urli...e non certo di gioia!

Occorre peraltro considerare che tutti questi sgradevolissimi stravolgimenti di condizioni ambientali per il bambino avvengono "improvvisamente", in un lasso di tempo molto breve; dopo nove mesi passati tranquillamente in un ambiente "protetto" si ritrova, bruscamente, in un ambiente completamente opposto...il che aggrava lo "stress", che, in taluni casi, continua a produrre i suoi effetti anche nell'età adulta.
Per cui, secondo taluni, non di rado la sofferenza che si prova alla nascita è superiore addirittura a quella che si prova al momento della morte!
Questo, sinceramente, almeno per la maggior parte dei casi, mi sembra un po' eccessivo; però, almeno secondo me, non c'è dubbio alcuno che il neonato vada incontro ad una sorte ben più ardua del moribondo.
Non che nella vita non ci siano momenti piacevoli, ed anche di estrema felicità, ma, a mio parere, non bilanciano quasi mai quelli negativi; soprattutto se pensiamo alle condizioni in cui vivono nel terzo mondo centinaia di milioni di persone.
