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Messaggi - iano

#5476
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Maggio 2018, 23:11:29 PM
Citazione di: iano il 10 Maggio 2018, 22:49:42 PM

L'evoluzione non è da intendere come un cambiamento indirizzato verso una perfezione della specie.
Si tratta di un cambiamento per adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente , che non sempre va' a buon fine , determinando sia l'estinzione di alcune specie , sia la diversificazione di altre.

Insinuare che la mia pelle è diversa dalla tua perche tra me e te cambia la razza... o è una verità scientifica oppure non la dici. A me non interessa le motivazioni dei cambiamenti ecc. quelle magari le troviamo dopo. Se tu sei uno scienziato dici solo quello che sei in grado di dire e di sostenere. Se devi dire (pensando di sostenere) una tua opinione allora è meglio che quella rimanga circoscritta all'opinione di pinco pallino...che oggi sarebbe indicato come fuffaro.  Altrimenti fai piu male che bene.
Non ho capito bene.
Per l'evoluzione più razze ci sono e meglio e'.
Per l'evoluzione la diversità è una ricchezza, la quale può manifestarsi esteriormente in modi diversi , come ad esempio il diverso colore della pelle.
Qualunque sia l'origine del razzismo deteriore , qualunque razzista che studi la teoria troverà' motivi per ricredersi.
Ovviamente poi si può distorcere qualunque teoria scientifica o meno a propri fini , ma questa è un'altra storia.
Ma stai tranquillo che il successo della teoria non deve nulla ai razzisti.
La teoria può andare più d'accordo con la tale religione e meno con l'altra , ma non va' d'accordo con nessun razzista.
#5477
Citazione di: Il_Dubbio il 10 Maggio 2018, 22:45:35 PM
viator ed altri che hanno risposto.

Io penso che se Darwin non avesse mai dato alla luce quella teoria penso che le ragioni della scienza avrebbero avuto il loro corso in modo meno traumatico e con piu cognizione di causa.
Darwin è stato un errore storico... errori che li stiamo pagando ancora oggi.
C'è un malinteso di fondo sulla scienza molto diffuso.
La scienza non viene prodotta dai geni ma dagli uomini.
Certe teorie arrivano quando è il momento, come la frutta cade quando è matura.
Certamente chi raccoglie il frutto non è il primo che passa , ma se non passava Galileo sarebbe passato un altro , e lo stesso vale per Darwin.
Non sempre poi chi si prende il merito c'è l'ha del tutto , ma ciò ha poco a che fare con la scienza e sono solo curiosità storiografiche.
Se leggi un qualunque libro divulgativo sulla storia dell'evoluzionismo scoprirai con sorpresa che Darwin , senza togliergli alcun merito, non arrivò per primo.
Per primo arrivo Wallace.
Ma se sia Darwin che Wallace , come tu auspichi si fossero tenuta la loro,teoria nel cassetto , ci sarebbe arrivato qualcun altro.
È' l'accumulo diffuso di conoscenze che alla fine porta ad una loro sistematizzazione in una teoria e chi ci mette la firma è un dettaglio sostanzialmente trascurabile.
#5478
Citazione di: Socrate78 il 10 Maggio 2018, 21:28:11 PM
L'evoluzionismo e il razzismo sono uniti, infatti il concetto stesso di selezione naturale come strumento del miglioramento della specie apre la porta all'eugenetica e al razzismo. In nome della selezione naturale si può favorire, come il nazismo faceva, l'eliminazione dei disabili, dei malati di mente o anche di chi ha una personalità problematica o antisociale, per creare una razza umana selezionata e "perfetta", intelligente e allo stesso tempo obbediente al sistema sociale. Inoltre l'idea che esistano mutazioni vantaggiose all'interno di una specie porta inevitabilmente a ritenere i presunti portatori di tali vantaggi come una specie di razza superiore, quindi la teoria è razzista sin dalle fondamenta.
L'evoluzione non è da intendere come un cambiamento indirizzato verso una perfezione della specie.
Si tratta di un cambiamento per adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente , che non sempre va' a buon fine , determinando sia l'estinzione di alcune specie , sia la diversificazione di altre.
Da ciò è possibile quindi dedurre il razzismo solo per malinteso o malafede.
L'evoluzione della specie non ci mostra nessun modello ideale da raggiungere.
Quello che in un ambiente è un handicap in altro è un vantaggio.
Il vero vantaggio relativo a una specie sta nella sua ricchezza di diversità,perché è come giocare avendo tutte le carte in mano . Qualunque gioco fa' l'avversario ( l'ambiente ) si ha quasi sempre la carta giusta con cui rispondere.
Poi esiste anche il razzismo , me è un altra storia.
#5479
Riflessioni sull'Arte / Re:L'Onda (poesia)
10 Maggio 2018, 13:36:40 PM
Bella , bella
Onde che si frangono sulla rima del mare , se posso parafrasare.
Anche se rima e mare come sole e sale non vanno  per lo stesso verso.
Io oscurerei il sole , lasciando  risaltare il buon sapore.
Però' bravissima.
#5480
Tematiche Spirituali / Re:Perchè esisto?
10 Maggio 2018, 13:15:07 PM
Citazione di: giudrago il 31 Marzo 2018, 12:20:30 PM
PERCHE' ESISTO

Una domanda indefinita che abbraccia tutto e non restringe nulla, che spinge il desiderio e vanifica la volontà, che ci sprona e ci sconvolge in una miriade d'incertezze e d'incognite. Eppure, il suo mistero ci coinvolge come trascinati da un vortice, in un immenso universo di perché. Se consideriamo, per esempio, la successione riguardo il nostro fisico, avente una complessa struttura, vive in questa terra e la terra è collocata nell'universo e l'universo? Ecco che la nostra conoscenza non sa più proseguire. Potremmo però continuare, se usiamo la nostra immaginazione o la capacità di sognare. Per presupposto, se utilizziamo questi mezzi metafisici, vuol dire che la nostra esistenza avverte anche quello che non riusciamo razionalmente a vedere, allora, il non presente starebbe tra il materiale e l'invisibile. Esso è assente ma è presente in un altro luogo. Se sono presente in un luogo, lì esisto, ma il resto del mondo, percepisce solo la mia esistenza in quel luogo, ma non mi vede. Così, tra il fatto che esisto in un luogo e la percezione della mia esistenza consapevole dagli altri, vi sarebbe un rapporto come il corpo e l'anima.  La somma di questi valori super-normali compone l'esistenza, che è identificata come "umanità", che sa di esistere, ma che non riesce a vedere sé stessa nella sua totalità. Se l'umanità fosse lasciata a sé stessa si distruggerebbe e l'immateriale occuperebbe il suo posto, cioè, tutto si ridurrebbe in una amorfa struttura non identificata ma non sarebbe così se esistiamo. Ecco che l'Ente che governa in armonia ciò che è invisibile e materiale, controlla in prima persona l'elemento esistenziale dell'uomo, permettendogli di avere una relazione con l'origine e la causa dell'esistenza, che è DIO.   Esistiamo, allora, perché l'Ente, che chiamiamo Dio, è per sua volontà in controllo di tutto, compreso l'universo. Alla domanda perché esisto, allora dovremmo invece dire: "Grazie Dio che esisto". Ecco che questo ringraziamento ci rende idonei alla partecipazione piena dell'esistenza e conoscere il segreto della vita.
Isaia 66:2 Tutte queste cose le ha fatte la mia mano e tutte quante sono venute all'esistenza, dice l'Eterno. Su chi dunque volgerò lo sguardo? Su chi è umile, ha lo spirito contrito e trema alla mia parola. Avendo, così, compreso l'esistenza, sentiamo di appartenere a Dio e al suo Amore. Non cercate, quindi, l'esistenza nella ragione, né nella sapienza, né nell'esperienza, ma solo Dio da risposta a tutte le nostre domande, mentre ci fa esistere. E se ci leghiamo a Gesù, ci farà avere anche la vita eterna, perché al suon di una tromba, Egli apparirà per condurci proprio dal Dio Padre. Il solo vero Dio.        
Pace e fede nel Signore.

Perché esisto? Perché ho un padre che ha voluto generarmi , e la cui volontà però è imperscrutabile , così che di fatto la domanda rimane inevasa.
Quindi , nella misura in cui la risposta però sembra soddisfare , viene  da pensare invece che la domanda abbia un altro scopo.
E qui nasce una nuova domanda.Non sarà  tutto ciò un alibi alla naturale voglia di non crescere?
Ciò è possibile , ma ad alcune condizioni.Che io riconosca sempre mio padre come tale.Che esso sia eterno , e , per corollario l aggiungo la speranza che anch'io possa esserlo in qualche modo in base ad un meccanismo di premi e punizioni l che sono gli strumenti educativi di ogni padre.
Quindi non ho bisogno di fare esperienza ,di usare ragione, di acquisire sapienza.Tutte cose che potrebbero anche mettermi in urto col padre , come di fatto avviene fra padri e figli umani.
Cose che portano alla rottura naturale del rapporto fra padre e figlio e che hanno come risultato  l'indipendenza di quest'ultimo , cosa necessaria non essendo il padre umano eterno , nel tantomeno onnipotente, anche se quando siamo piccoli così immaginiamo nostro padre.
#5481
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
09 Maggio 2018, 13:56:52 PM
Un po' mi sono perso in questa lunga discussione , ma tento una grezza analisi filosofica.
Per preservare il non  intuitivo limite alla velocità devo rinunciare all'intuitiva località.
Allora , siccome non riesco a rendere intuitivo il primo cercherò di "deintuitare" la seconda. :)
Se è utile considerare una particella come puntiforme , anche al fine di definirla attraverso delle coordinate spaziali , di fatto una particella occupa un volume che non è precisamente definibile , anche se parimenti può essere utile rappresentarla con un definito volume.
In un modo o nell'altro la località di una particella , fuori dalla mia intuizione , è una astrazione.
Negare la località di fatto significa , al di là' della mia intuizione di località, che in certi casi queste astrazioni non funzionano.
A meno che ai primi due tipi di astrazioni non ne aggiunga una terza  , dove la particella occupa uno spazio infinito.
Ora è evidente che , se le prime due astrazioni non urtano la mia intuizione di località, con la terza questa sparisce.
Quando dico che una particella percorre la distanza da A a B in un tempo che non è piccolo a piacere , sto dicendo una cosa vera quanto è vero che la particella possa essere rappresentata con A prima e poi con B.
Cioè è vero quanto è vero che la particella possa essere "localizzata".
NON voglio sollevare qui una questione di approssimazione , questione usuale e normale delle misure fisiche , ma una questione concettuale.
Quando affermo la non località sto negando la validità dell'uso del concetto di località relativamente al contesto in discussione.
Non sto dicendo che la località' non esiste , in quanto essa essendo una astrazione non esiste di per se'.
Sto dicendo che quella,astrazione non sempre risulta utilmente applicabile , ed essendo una astrazione non c'è nulla di strano che succeda.
Quello che è successo semmai fino ad un certo punto è che quella astrazione avendo sempre funzionato sembri aver perso il suo carattere astratto per trasformarsi di fatto in un oggetto della mia intuizione.
Adesso altro non bisogna fare se non lo stesso processo al contrario.
All'interno dello spazio indefinito occupato da una particella non esistono punti A e B , se si tratta di una unica particella.
I punti A e B "esistono" e sono i punti in cui effettuò le misure , ma sono "fuori della particella" nel senso che non la rappresentano.
Una particella unica si può rappresentare con un punto , o con un volume definito , ma non con due punti distinti.
Più in generale se decido di rappresentare una particella con una pluralità di punti sto effettuando una operazione contraria al mio concetto di località.
La particella sta esclusivamente  in. A oppure in B , oppure pressoché ovunque e quindi in nessun posto , e fra nessun posto e nessun posto non posso misurare nessuna velocità o ,il che è lo stesso , una velocità infinita.
In fondo fra la realtà fisica e le nostre intuizioni , quando le analizziamo bene , non sembra esserci tutta questa mancanza di coerenza.
La fisica ci dice che esiste un limite alla velocità, ma già l'intuito e la logica ci dicevano che una velocità infinita è una contraddizione in termini.
La matematica ci dice che la località è vera quanto è vera la matematica , ma nulla di più.
Sembra un rospo difficile da digerire , però non ci mancano le capacità per farlo , se già siamo riusciti a digerire anche di peggio , come l'azione istantanea a distanza L come se tutto si toccasse con tutto , come se non esistesse località.
Il concetto di località diventa problematico quando si manca di definirlo precisamente , cosa che la matematica pur ci lascia liberi di fare a piacere di volta in volta.
La fisica però mette sempre ordine fra le nostre intuizioni , anche quando sembra fare il contrario.
O almeno , speriamo che sia così, perché un'altra strada non mi sembra possibile.
#5482
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Maggio 2018, 18:01:25 PM
Socrate78 ha inserito questo titolo: l'evoluzionismo darwiniano è scientificamente attendibile? Ed io su questo rispondo.

Un po' di anni fa (attualmente ho perso questa voglia) ho cercato di leggere (alcuni testi) per capire.

Cosa ho capito? Che anche la teoria darwiana ha avuto molti cambiamenti nel corso degli anni e sapere a che numero (o nome)di versione della teoria siamo vuol dire ricominciare a leggere tutto quello che non ho letto prima e anche quello che è stato pubblicato nel frattempo. Uno sforzo immane.

Quando ci si chiede sulla teoria della gravitazione si può seguire le orme di Newton o quelle di Einstein. Quando ci si chiede sulla teoria evoluzionistica ci si perde come quando si entra nella foresta Amazzonica (immagino che ci si perda, io non ci ho mai provato).

I pochi concetti (che anche qui ho letto) che rimangono per generazioni e generazioni (poichè si studiano quelli e poi chi si è visto e si è visto) forse sono gia state superate da l'ennesima teoria evoluzionista in corso.

Una cosa sorprendente è pensare che Darwin abbia partorito la sua teoria (poi comunque con parecchi cambiamenti fino ad oggi) solo per essersi andato a fare un viaggio in un luogo sperduto. Solo vedendo quel luogo (o magari un paio non di piu) ha capito tutto. E' come se un essere di un altro universo sbarcasse sulla Terra e solo vedendo la Terra mettesse su la teoria del Big bang con l'aggiunta pure dell'inflazione.



Quello che mi sorprende invece è quanto segue.
Se è ovvio che nel raccontare la storia della scienza non è possibile nominare chi vi ha attivamente partecipato , certe omissioni appaiono veramente grossolane.
Così insieme a Newton andrebbe citato a pari merito Leibnitz , e insieme a Darwin , Wallace , il quale ultimo addirittura avrebbe potuto con buone ragioni dimostrare di essere arrivato primo.
Ma il punto non è stabilire chi è arrivato primo , ma capire che alla gara scientifica  sono sempre in molti a partecipare , e nel caso dell'evoluzionismo forse si è stabilito un record in tal senso e non è esagerato dire che l'intera Inghilterra vi ha partecipato.Quindi ridurre tutto all'intuito di un singolo significa semplificare troppo la questione.
Infine si può discutere di quanto la materia dell'evoluzione si presti ad essere trattata scientificamente , ma non sul fatto che Darwin fosse un vero scienziato e che debba tutto ad un colpo di fortuna intuitiva  e non anche ad un duro e scrupoloso lavoro .
Se alla fine Wallace , questo sconosciuto , giunse primo , è solo perché Darwin tenne per anni la sua teoria nel cassetto limandola e rilimamdola .
Darwin non fu il solo a fare il suo viaggio e in quei viaggi molti ci lasciarono la vita come ad esempio gli allievi del Linneo , il 50% dei quali non fecero ritorno e pochi di quelli che tornarono ebbero una vita lunga come Darwin , che in questo si , ebbe fortuna.

Infine se non ci fossero arrivati Darwin e Wallace ci sarebbe arrivato qualcun altro , intuito o non intuito .
Quello che a me dispiace è che non sempre le critiche sollevate verso la teoria siano nel solco e nello spirito indicato dallo stesso Darwin , che fra tutti i critici alla sua teoria era il più scrupoloso.
Alla fine forse dovremmo chiederci se il dubbio di chi critica la scientificità della teoria sia di origine scientifica, e spesso appare evidente che non lo è.
Quando invece lo è allora serve a portare avanti il lavoro di limatura di Darwin stesso e  che c'è da scommettere   avrebbe continuato a farlo fino alla morte , se Wallace non lo avesse sollecitato senza volere a pubblicare.
#5483
@Sciombro.
In effetti una punteggiatura non corretta nel mio post porta ad una apparente contraddizione.
Per quanto riguarda l'appiattimemto da con-fusione non è eventualità da cui fuggire in assoluto.
Dipende da cosa cosa ci spinge all'appiattimento , se un desiderio di distorcere la teoria per conformarla ai miei desideramda , oppure se sfrondare la teoria da elementi che ne rallentano il progresso e che forse non sono ad essa essenziali.
Se il motore primo che promuove la  teoria è' la tensione alla conoscenza in se' , la difficoltà' alla comprensione della teoria potrebbero invece retrocederla.
Ma come la mettiamo se la teoria, indipendentemente dalla sua comprensibilità, si rivela utilmente applicabile?
Possiamo permettere che venga retrocessa in serie B?
Il punto nuovo ed interessante della questione è che comprensione e applicabilità risultano adesso a noi cose distinte .
Direi quindi che in questo caso si chiude un piano e si apre uno spazio.
Tu puoi anche pensare che avere un dipinto veritiero del territorio sia un bene i se' , ma dovendo gestire il territorio in quanto uomo , e non in quanto colonialista 😄 , quale mappa utilizzeresti quella più vera o quella più utile?
Immagino quella più utile , e quella veritiera resterebbe appesa al muro.
A questo punto io inizierei a sospettare che nel tuo , e in effetti nel mio , concetto di verità ci sia qualcosa che non va' , e non ci sarebbe niente di strano essendo un concetto non proprio ben definito.
Questa era la pulce che volevo mettere nei nostri orecchi.😬
Per cercare di sviluppare l'argomento la conoscenza come bene in se' è come la vista come bene in se'.
Chi vorrebbe rinunciare al godimento della vista in se'?
Eppure sappiamo che la vista esiste perché svolge una precisa funzione.
La vista però è solo uno dei modi in cui si declinano i nostri sensi.
Un senso se non usato si atrofizza , quindi tutto concorre a dirci che non si tratti d'un bene in se' , eppure a noi continua a sembrarci irrimediabilmente tale.
In un certo senso il concetto di verità è uno dei nostri sensi.
In effetti sto proponendo una con-fusione fra utile è vero , un appiattimento che potrebbe aiutarci a salvare la nostra capacità di comprendere seppur modificandola in termini.
Appiattire in se' non è un problema, perché come vedi chiuso uno spazio se ne apre un altro.😉
#5484
Citazione di: Socrate78 il 06 Maggio 2018, 13:29:14 PM
Ecco, secondo me NO, infatti prima di Galileo, che era un genio, tutti pensavano che fosse la Terra ferma al centro del mondo, invece era vero il contrario e Galileo si fece un sacco di nemici e rischiò di finire pure arrostito.....
Si , alla fine tutti,si convinsero che il sole fosse al centro del mondo e non la terra.
È questo fu un buon esercizio di allenamento mentale , tanto buono che quando poi si capì che neanche il sole era al centro del mondo le resistenze culturali a questa nuova acquisizione non hanno fatto storia e nessuno ha rischiato il rogo , anche per via del fatto che il rogo intanto era passato di moda e grazie a ciò Darwin non corse quel rischio.
#5485
Citazione di: Socrate78 il 06 Maggio 2018, 09:48:37 AM
@Anthony: Quindi in pratica per vedere l'evoluzione all'opera dovrebbero avvenire eventi quasi catastrofici come ere glaciali, cambiamenti climatici gravi, giusto? Ora non è così evidente visto che la Terra ha raggiunto per fortuna una sua stabilità. Ma vi sono anche altre cose, oltre a quelle che ho detto sopra, che non collimano molto con il concetto di evoluzione, soprattutto con il fatto che è la NECESSITA' una delle molle evolutive: ad esempio l'uomo ha sempre avuto, per difendersi meglio dai predatori e dai pericoli, il bisogno di vedere bene al buio, eppure non è mai riuscito ad acquisire questa capacità come se fosse un felino, come lo si spiega? Inoltre l'idea che l'uomo discenda dalle scimmie non collima con il fatto che i geni sono decisamente diversi, ed abbiamo semmai in comune più geni con i topi che con le scimmie, infatti gli esperimenti medici sulle cavie si fanno sui topi, non certo sulle scimmie!
Dire che la necessità sia una molla evolutiva o dire che discendiamo dai topi a dalle scimmie mi sembrano semplificazioni forti.
Così assumendole come semplificazioni per amor di discorso ,potremmo chiederci come mai non abbiamo ereditato le abilità visive delle scimmie , nettamente superiori alle nostre?
La risposta è che le risorse a disposizione sono limitate e che noi abbiamo rinunciato a parte delle nostre capacità visive in cambio di una maggiore capacità di elaborazione mentale , che di contro sembra renderci superiori alle scimmie.
Non c'è bisogno in questo caso tirare in ballo la maggiore dimensione del nostro cervello rispetto a quello delle scimmie.
A parità di dimensione abbiamo riconvertito parte del cervello dedicato alla vista dedicandola all'elaborazione dei dati.
Se vivi nella giungla è essenziale una buona vista , ma se vivi nella savana una buona vista sembra una spreco di risorse che sembra più utile reinvestire diversamente.
Un uomo daltonico non si accorge neppure di avere un difetto visivo , tanto che ha pure difficoltà a prenderne coscienza se glielo fanno notare.
Una scimmia daltonica invece è una scimmia morta perché non riuscirà' a distinguere un frutto maturo da uno acerbo.
#5486
Citazione di: Socrate78 il 06 Maggio 2018, 12:28:52 PM
La vera questione è anche un'altra: la resistenza molto forte ad accettare il creazionismo e a preferirvi l'evoluzionismo è di carattere logico o semmai è un ostacolo psicologico, dovuto a condizionamenti culturali e sociali? Io propenderei per la seconda ipotesi. Infatti come si manifesta in fondo la "creazione"? Si manifesta sostanzialmente con il fatto che qualcosa che prima non c'era ad un certo punto compare. L'evoluzione invece è il cambiamento di qualcosa di già esistente. Ora, la teoria del big bang mostra come prima dell'istante zero della nascita dell'Universo il tempo non esistesse e quindi la dimensione temporale in cui viviamo non è affatto il frutto di un'evoluzione di un tempo preesistente. Non esistevano protoni e neutroni, né idrogeno ed elio, quindi questi sono apparsi a partire dall'energia iniziale, e ciò sembra rafforzare il concetto di creazione e non di evoluzione, visto che tutti questi elementi semplicemente non c'erano e non si sono evoluti ad esempio da un prototipo iniziale!
L'ateo Stephen Hawing, pur restando ateo, ha addirittura ammesso che ci sono state molte resistenze ad accettare in ambito scientifico l'ipotesi del big bang, perché esso era troppo vicino al concetto di creazione, in fondo si preferiva la teoria dell'Universo Statico che appunto non prevedeva l'apparire della materia sostanzialmente dal nulla.
Ora, come tali elementi (protoni, neutroni, forza gravitazionale, ecc.) sono apparsi mentre prima non c'erano, per quale motivo non potrebbe essere stata la stessa cosa per tutto il resto? Nulla lo vieta, secondo me è soltanto il condizionamento culturale, psicologico e sociale ad impedirci di accettare l'ipotesi creazionista.
Indubbiamente dobbiamo sempre fare i conti con la nostra particolare cultura , però non mi sembra che il creazionismo  sia incompatibile con l'evoluzionismo , al massimo è incompatibile con certi racconti della creazione , perché forse la creazione è unica , ma i racconti sono certamente tanti.
Una cosa è ammettere che vi sia una creazione, un altra è raccontare i particolari in cui questa si svolge.
Quando si parla poi di scienza bisogna tener conto che i termini che essa usa sono sempre precari e provvisori sia nel significato sia nel modo di usarli.
Il concetto di nulla è cambiato nella testa degli scienziati , ma non sarò' io ad avventurarmi nella storia del nulla scientifico.
Anzi , da un punto di vista puramente filosofico mi sentirei di ribaltare completamente la situazione , ed  è proprio il nulla che nasce a partire da qualcosa , come sua negazione .
Se qualcuno , per comprensibili motivi culturali , tende a immischiare l'evoluzionismo nelle beghe del creazionismo, temo che il suo intento sia proprio quello di buttare via il bambino con l'acqua sporca , dopo aver intorbidido le acque , perché diversamente dovrebbe aggiornare il proprio contesto culturale , operazione a quanto pare sommamente dolorosa , come si trattasse di operazione chirurgica, perché di fatto le nostre convinzioni tendono a diventare carne della nostra carne.
Quindi sono d'accordo con te , chiarire il contesto culturale è fondamentale per riuscire a barcamenarsi in queste beghe.
Sai qual'e' il vero problema Socrate?
È' là velocità con cui si evolve la storia ai nostri giorni.
Una volta per risolvere una bega era sufficiente attendere la morte di una generazione, ma oggi la nostra generazione si trova nella necessità di reincarnarsi in un altra in continuazione , ancora vivente.
In fondo questo è quello che riescono a fare i veri geni , riuscire ad andare contro le convinzioni della loro stessa cultura . Questo spiegherebbe perché ci siano così tante persone intelligenti, ma così pochi geni.
Andare contro tutti e perfino contro se stessi .E perché mai dovremmo farlo?
Perché non vivere una vita più tranquilla e pensare che se tutti dicono una tal cosa allora le cose necessariamente devono stare così?
Tutti ci saranno amici e non ci faremo nessun nemico.
Nessuno ti dirà' che una tal cosa la pensi solo tu , mentre tutti gli altri dicono tutt'altro , e che se quindi è così un motivo ci sarà.
Secondo te questo motivo c'è davvero Socrate?😉
#5487
Citazione di: Donalduck il 05 Maggio 2018, 20:13:27 PM
E' un argomento che ho affrontato tempo fa in due discussioni: Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado? e Scienza, filosofia, fede e "Testimoni di Darwin".
La tesi che porto avanti è che non solo la teoria non è attendibile ma non è neppure una teoria scientifica e non ha neppure basi razionali, trattandosi di una pura presa di posizione ideologica basata su una sorta di fede per molti aspetti simile a quella religiosa.
Diversi argomenti da me portati a sostegno della mia tesi sono simili a quelli esposti da Socrate78, fondati su semplice buonsenso e logica basilare. Chi volesse conoscerli può leggere le discussioni sopra menzionate. Volendo, è anche possibile riprendere quelle discussioni, nonostante risalgano a quasi due anni fa (a quanto pare non hanno una scadenza).

La grande rilevanza della questione secondo me non riguarda tanto l'evoluzione e l'origine delle specie e della vita stessa (senza che sia reso esplicito, la teoria è intimamente legata a una concezione dell'origine "spontanea" della vita dalla materia bruta, la cosiddetta abiogenesi) quanto la formidabile potenza dei condizionamenti.
Tra i numerosi sostenitori della "teoria" ci sono menti di evidente intelligenza e capacità speculativa e critica. Com'è possibile, considerata la povertà delle argomentazioni addotte e il gran numero di ragionevoli obiezioni rimaste senza risposta?

Uno dei motivi può essere fatto risalire a quanto ricordato da Iano:
Citazione... la conoscenza della teoria dell'evoluzione andrebbe inquadrata nell'incredibile clima di rivoluzione culturale in cui è nata di cui la teoria è solo uno dei prodotti.
Una rivoluzione culturale che cercava di liberare definitivamente la scienza dalla residua influenza dei dogmi religiosi che per secoli avevano dettato legge (col la forza della sopraffazione e della repressione) con le loro assurde e contradditorie "verità rivelate" (emblematico il caso di Galileo, che solo pochi anni fa è stato ridicolmente "riabilitato" dalla chiesa cattolica).

Il problema è che, a distanza di un secolo e mezzo, con una situazione ormai del tutto mutata, sono ancora presenti i residui deteriorati di quel clima rivoluzionario, dando alla scienza una coloratura riduzionistica che non ha nulla di scientifico né di razionale. Si tratta più che di una corrente di pensiero, di una concezione del mondo basata su un "sentire" non razionale a sua volta pesantemente condizionato dal clima culturale. Oserei dire che attualmente, anche molte persone che sostengono di essere credenti, e addirittura aderenti a qualche religione sono di fatto materialiste in tutto e per tutto, e hanno nell'intimo una visione del mondo assai simile se non identica a quella portata avanti dai riduzionisti materialisti, per i quali l'universo è una sorta di congegno meccanico fatto di energia (di cui la materia è un particolare stato) venuto fuori "per caso" dal "nulla" insieme a un insiemi di leggi formalizzabili matematicamente che lo governano, la vita un fenomeno "emerso" sempre "per caso" dalla materia bruta (ma su cui "sicuramente" la scienza "un giorno" farà chiarezza), la coscienza (e con essa la mente e l'intelligenza) un "epifenomeno" privo di qualunque potere causativo (potere riservato alle leggi fisiche che governano l'energia).

Interessante notare l'analogia tra i metodi usati dai teologi e dai riduzionisti: i teologi, ogni volta che si imbattono in una palese contraddizione o in una grossa falla del loro "sistema di pensiero" tirano fuori il jolly del "mistero della fede": si applica l'etichetta "mistero" è tutto si aggiusta. I riduzionisti invece, laddove trovano un gigantesco e irriducibile punto interrogativo (un mistero, appunto) tirano fuori il jolly del "caso". Se c'è un termine vicino al nonsenso più assoluto è il "caso" usato in questa maniera. In sostanza dire che una cosa accade "per caso" significa che accade e basta e che mi limito a registrarne l'accadimento, rinunciando ad andare oltre nella catena delle cause. Un termine usato per mascherare la precisa volontà di non indagare oltre, di non cercare ulteriori cause, soprattutto cause finali e, quel che è peggio, di scoraggiare in tutti i modi simili indagini. Il che non sarebbe poi sbagliato (restando nel ristretto ambito della scienza), dato che si tratta di questioni che vanno molto al di là delle attuali possibilità della scienza. Se non fosse che anziché mantenerle fuori dall'ambito scientifico, vengono "risolte" con fantasie fatte passare per "teorie scientifiche". Il solito maledetto vizio dell'uomo di non saper accettare la sua ignoranza e sostituire l'ignoto con i miti più assurdi. Nonostante le enormi differenze di mentalità la tartaruga che sorregge il mondo e lo spazio-tempo-energia che sorge per caso dal nulla sono esempi della stessa tendenza a "rattoppare" la conoscenza con la fantasia.

Socrate78 cita giustamente tra le opere più rappresentative del pensiero evoluzionistico (e, direi, materialistico-riduzionista) Il caso e la necessità di Jacques Monod (un libro fortemente consigliato a tutti gli interessati a questi temi). Si tratta di un libro serio, caratterizzato da un sincero sforzo di sviscerare l'argomento in tutti i suoi aspetti. Proprio per questo rivela anche ciò che altri tentano di nascondere, anche se finisce per portare avanti tesi del tutto arbitrarie. Ecco un passaggio particolarmente interessante:
CitazioneLa pietra angolare del metodo scientifico è il postulato dell'oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza 'vera' mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di 'progetto'.
...
Postulato puro, che non si potrà mai dimostrare poiché, evidentemente, è impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura.
Il postulato di oggettività è consostanziale alla scienza e da tre secoli ne guida il prodigioso sviluppo. È impossibile disfarsene, anche provvisoriamente, o in un settore limitato, senza uscire dall'ambito della scienza stessa.
Qui il termine "postulato" è usato in maniera impropria. Si tratta piuttosto di una regola metodologica arbitraria che, se accompagnata dalla consapevolezza di avere solo una validità convenzionale e limitata all'ambito delle discipline cosiddette scientifiche, che sono ben lontane dall'esaurire le possibilità dell'umana conoscenza, ha una sua ragion d'essere e una sua validità. Fin qui, se si tralascia la forzatura di considerare tale assunto come vincolo permanente per la scienza, negando che possa essere abbandonato in tutto o in parte in eventuali sviluppi futuri, queste affermazioni si possono considerare corrette.
La fallacia emerge nel momento in cui si tenta di spacciare la scienza per l'unico modo per pervenire a una conoscenza "vera" (per fortuna anche Monod ha avuto il buonsenso di mettere questo termine tra virgolette) non solo al suo interno, ma in generale. Ossia quando si scambia la scienza per lo scibile, o peggio ancora per la "verità". Ancora Monod:
CitazioneÈ evidente che il porre il postulato di oggettività come condizione della conoscenza vera rappresenta una scelta etica e non un giudizio di conoscenza in quanto, secondo il postulato stesso, non può esservi conoscenza 'vera' prima di tale scelta arbitraria.
...
L'etica della conoscenza non si impone all'uomo; al contrario è l'uomo che se la impone, facendone assiomaticamente la condizione di autenticità di qualsiasi discorso o di qualsiasi azione.
Qui risulta evidente che non siamo più nell'ambito della scienza, ma emerge la pretesa di nominare la scienza rappresentante e interprete unica della conoscenza e della "verità" e la paradossale pretesa di ribaltare la concezione di un'etica fondata sulla conoscenza in quella di una conoscenza fondata su un'etica arbitraria.
Trovo interessante il tuo post ,anche se , diversamente  da me però non sembri propenso ad accettare la teoria dell'evoluzione .
In effetti per me è perfino difficile capire quali siano le difficoltà ad accettarla.
Leggendo il tuo post mi sembra di individuare un ostacolo a ciò laddove si fa' riferimento al caso.
Ottimo il parallelo che fai fra mistero e caso.
C'è però una differenza di fondo fra i due e capire questa differenza potrebbe aiutarti a considerare meglio la natura della teoria in discussione.
Il mistero non può essere surrogato in laboratorio mentre il caso invece si.
Il caso può essere surrogato quando ,pur conoscendo io le cause di un evento, decido volutamente di ignorarle , oppure quando pur sapendo che esistano delle cause non mi è di fatto possibile conoscerle e quindi controllarle.
Se io sono un allevatore che vuole selezionare una specie in effetti mi trovo in uno di questi casi.
Alla fine ottengo quello che voglio anche se in parte mi sono ritrovato a portare avanti delle scelte , che almeno in parte , a causa di una mia non completa conoscenza dei processi , è di fatto casuale .
Non c'è bisogno però di ipotizzare che alla base vi sia un vero caso.
È' sufficiente vi sia qualcosa di assimilabile al caso.
Ai fini della teoria di Darwin in effetti ciò è sufficiente.

Forse può esserci di aiuto guardare le cose da un punto di vista insolito per noi.
Quando devo risolvere un problema di solito posso scegliere fra diverse strategie.
La scelta della strategia dipenderà ovviamente dalle condizioni al contorno, e cioè di quali risorse posso mettere in campo , dalla loro natura e dalla loro disponibilità e dalla presumibile convenienza nel farlo.
Dipenderà in generale dal grado di controllo che io ho della situazione , il quale non sarà' mai totale.
In questi casi si verifica di solito che facciamo sempre le solite scelte , sia perché hanno sempre funzionato , sia perché continuano a dimostrarsi efficaci.
Così alla fine tendiamo a convincerci che la strategia usata non derivi da una scelta , ma che sia l'unica strategia l'unico modo logico,e,razionale di agire.
Così magari non ci è mai capitato di scegliere come strategia l'uso del caso , anche quello solo simulato , e ci viene perciò difficile pensare che la natura possa adottare questa strategia e meno che meno , e su questo sono d'accordo con te , se si tira in ballo (ma senza nessuna vera necessità di farlo ) il puro caso.
Eppure si tratta solo di una delle tante strategie possibili , e il fatto che finora noi l'abbiamo sempre,scartata , non implica che non possa essere la strategia ottimale in certi casi.
In effetti io credo che la natura in questo caso applichi una strategia ottimale al contesto.
Inoltre questa scelta non comporta un atto di volontà, e meglio si addice quindi ad un soggetto impersonale quale la natura , però non si può escludere nemmeno che tutto possa farsi risalire ad un soggetto che fa' delle scelte , e per quel che ci interessa è sufficiente un soggetto che scelga di tirare un dado avendo deciso questa essere la migliore,strategia nel particolare caso.
Va' da se' che se questo soggetto fosse onnisciente non riesco a capire perché dovrebbe scegliere questa strategia.
Se però si tratta di un più prosaico allevatore , o dell'impersonale natura , allora riesco a immaginare un senso.
In effetti quando devi risolvere un problema , ignorando completamente le condizioni al contorno (ad esempio perché sei privo di coscienza,come la natura) allora simulare il caso diviene l'unica strategia possibile e il problema lo risolvi comunque a patto di avere sufficienti risorse è sufficiente tempo a disposizione.
Se invece conosci almeno in parte le condizioni al contorno, non potrai comunque a fare a meno del tutto della strategia del caso , ma vari bisogno di meno risorse e meno tempo .
#5488
@Sciombro.
In questa giostra degli equivoci 😄 comunque qualcosa di interessante si è detta.
Non è mia intenzione programmatica di ridurre la scienza alla tecnica.
Però noto che quando questa riduzione viene fatta tutto si semplifica , nel senso che la scienza può fare il suo percorso senza indebiti inquinamenti.
Non si può negare che il desiderio della conoscenza in se' sia il motore primo della scienza , ma il fatto è che poi il percorso della scienza è determinato dalla sua effettiva utilità pratica .
Un esempio eclatante è quello della fisica quantistica.
Questa ci ha fatto capire come siano cose ben distinte l'accettare una teoria come "vera descrizione della realtà " , seppure non completa , seppure parziale , seppure non definitiva , e la sua applicazione che può giudicarsi più o meno utile , e che nel nostro caso sappiamo utilissima.
La scienza di fatto si delinea quindi sempre più come una dimensione del fare.
Se finora la conoscenza della vera natura della realtà ci è parso un requisito fondamentale per poter interagire con essa , di fatto tutto quel che sappiamo oggi è di poter interagire con essa , e di riuscire a farlo sempre meglio.
Ma dal fatto che riusciamo sempre meglio a interagire con essa che deduzioni possiamo trarre?
Potremmo indurre che possediamo una comprensione sempre migliore della realtà.
Ma l'unico fatto certo , per alcuni molto frustrante, è invece che abbiamo solo delle istruzioni per l'uso sempre migliori , senza esserci però avvicinati di più alla verità, dalla quale presunta verità anzi sembra dovremmo fare qualche passo indietro , rifiutandoci comprensibilmente di farlo.
Alla fine l'unica verità è che si sa' sempre da dove si parte , ma non si sa' mai dove si arriva.
Forse se dall'amore della conoscenza in se' ci convertissimo all'amore dell'avventura in se' tutto ci apparirebbe meno problematico.
Io posso anche partire spinto dalla voglia di conoscere terre ignote , ma poi alla fine del viaggio , se va' bene , mi ritrovo ad aver costruito porti nelle nuove terre , aver fondato colonie ed aver incrementato i commerci.
Dal punto di vista della conoscenza in se' non mi resterà che concludere che vecchie e nuove terre sono fatte della stessa sostanza.
Per controllare il territorio devi conoscerlo.
Le migliori mappe sono quelle che ti permettono al meglio questo controllo, e non sono necessariamente quelle che dipingono meglio il territorio , anche quando ci sembra naturale essere questa la prima chance da giocarci , quella di avere "un dipinto veritiero" del territorio.
P.S. Per non continuare nella giostra degli equivoci , nel mio post non c'è alcuna critica diretta a te.😄
#5489
👍 hai ragione.Infatti ho fatto una certa confusione.😭
Avrei dovuto quotare Socrate.😐
#5490
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