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Messaggi - iano

#5491
Si , potremmo parlare di conoscenze umane , distinguendole in base al diverso processo che le ha prodotte, il quale non sempre ci è noto del tutto.
La scienza è figlia della filosofia e il parto deriva in sostanza da una maggiore coscienza di questi processi.
Alla fine ciò che conta è quanto e  come le nostre conoscenze influenzino le nostre azioni , o quantomeno anche in base a questo criterio possiamo fare distinzioni fra le nostre conoscenze , anche se non sempre si possono fare distinzioni nette.
Parlare solo di scienza e religioni in modo esclusivo , come ho fatto io , è una forzatura  in tal senso.
Ma in fondo anche la più facile delle forzature da fare.
Se si distingue nettamente scienza e religione si sbaglia , ma si sbaglia di molto poco.
Spesso si assiste invece ad una loro sovrapposizione forzata fino a metterle in diretta competizione.
#5492
Non credo che la teoria di Darwin , anche per chi ci crede ,  escluda il disegno divino , ma certamente condiziona il racconto di quel disegno.
Non tutti i racconti possibili del disegno divino sono compatibili con la teoria.
In particolare credo quello bibblico , e per i motivi che ho detto , legati al concetto di specie.
La diatriba in se' quindi non è scontata.
Sicuramente non vale introdurre fattori K ad hoc per rendere compatibile la teoria con un particolare racconto.
Certamente la teoria non è mai definitiva ed oggi può apparire compatibile con un racconto e domani con un altro , ma la compatibilità con un racconto piuttosto che con un altro non può essere motivo della sua evoluzione.
Semmai potrà apparire paradossale il fatto che la rivoluzione culturale che ha portato alla teoria ha preso spinta dal desiderio di illustrare come meritavano e come mai si era fatto le meraviglie del creato , a maggior gloria di Dio.
Se invece volessimo lodare qui le meraviglie della scienza, potremmo dire che l'analisi dei fatti alla lunga riesce a presciemdere da ogni pregiudizio , per quanto radicato.
Il punto di partenza della teoria è stato appunto analizzare " i fatti" del creato al fine di meglio poterli lodare , ma con la scienza non si sa' mai dove si va' a parare.
Avere uniformità nella conoscenza è un comprensibile desiderio , ma non si può barare per ottenerla, e in fondo si può avere il fondato sospetto che si abbia tanto più uniformità quanto più è povera la conoscenza.
Scoprire che il concetto di specie è una convenzione arricchisce la conoscenza, ma non ne semplifica la forma.
Al contrario si può ben sospettare che certe convenzioni nascano senza che se ne abbia piena coscienza per dare alla complessità del creato una forma trattabile , e questo è certamente il caso del concetto di specie.
Siccome il concetto , che non sappiamo all'inizio,essere tale , funziona bene , facile fare il passo successivo credendo che le specie esistano.
Tutto ciò continua a funzionare e ad alimentare la nostra credenza finché nuove evidenze mettono in crisi le nostre credenze , e ciò non è indolore  perché le credenze sono carne della nostra carne.
In un certo senso siamo quel che crediamo di essere , finché lo crediamo.
Ma arriva sempre il momento in cui ci tocca reincarnarci in qualcosa d'altro , cambiando le nostre credenze, ed è un po' come morire per poi rinascere.
Non proprio la cosa più facile del mondo.
Non farei parte della specie umana 😄 quindi se non capissi il travaglio dei miei simili in simili frangenti , compatendoli.
#5493
Ci sono tante verità quante sono le religioni , ognuno diversa dall'altra e anche in modo incompatibile.
C'è una sola scienza con una sola verità che però è sempre in discussione e sempre cambia.
Chi vince? Scienza o Religione?
Secondo me non vince nessuno perché non può esserci competizione.
Può' esserci competizione solo fra chi afferma di possedere la verità, quando fra le varie religioni , come di fatto avviene.Dunque la scienza è fuori gioco.
Tuttavia non si può negare che una competizione di fatto ci sia e l'unica spiegazione è che nasca da un grosso fraintendimento di cui le parti sono parimenti responsabili.
Si tratta semplicemente di un uso inappropriato dei termini.
La scienza dovrebbe evitare di dire che sta cercando la verità, anche se spesso questa è l'illusione che la spinge.
La,religione dovrebbe smettere di cercare le prove della sua verità, perché una verità non abbisogna di prove.
#5494
Dopo tante chiacchiere provo ad essere stringato con un esempio.
Uno può credere nella reincarnazione senza la necessità che questa abbia carattere scientifico.
Dirà' allora che che morto come uomo potrebbe rinascere come cavallo.
Usando la terminologia delle specie introdurrebbe però nella definizione del suo credo terminologie non necessarie .
Meglio essere stringati se si può.
Morto un essere vivente esso si reincarna in un altro essere vivente.Punto.
Va da se' che per potersi dire "un altro,essere vivente" questo è in genere diverso è quindi potenzialmente distinguibile dal primo ,e questa diversità ha delle conseguenze che possono essere teorizzate e/ o sperimentate giungendo a teorie come quella dell'evoluzione delle specie , nella quale usare termini come uomo e cavallo ha un senso.
Questo senso però è puramente convenzionale , finché ,  con pieno diritto qualcuno non decide di usarlo dentro un testo sacro a cui si può liberamente credere , credendo ipse facto che esistano gli uomini ed esistano i cavalli al di là' delle convenzioni.
Credo quindi che chi aderisca a un tal testo non dovrebbe coerentemente disquisire di scientificità della,teoria delle specie , perché quantomeno non è chiaro in che senso dovrebbe farlo.
La questione è molto più semplice.
Credere o non credere nel carattere convenzionale delle specie.
Se non ci credi coerentemente non puoi credere a qualunque teoria che definisca come premessa la specie in modo convenzionale e questo credo sia il caso della teoria dell'evoluzione delle specie.
Se tu non ci credi questo potrebbe essere il vero motivo , e allora non hai bisogno di produrre altre argomentazioni , tipo il carattere eventualmente non scientifico della teoria.
In genere non ha senso mischiare religione e scienza in quanto diverso è il loro carattere.
Sarebbe anche una lotta impari in quanto vincerebbe sempre la religione , l'unica che possiede la verità.
Infatti fra le due la religione è l'unica a dire di possedere la verità, anche se si tratta di tante verità diverse , tante quante sono le religioni.
#5495
Citazione di: Socrate78 il 03 Maggio 2018, 14:42:39 PM

B) La selezione naturale quindi NON produce un cambiamento di specie, ma serve solo ad eliminare, all'interno di una specie, gli individui non adatti, facendo sopravvivere i più adatti all'ambiente, ma si rimane sempre all'INTERNO di una specie già esistente. Per Darwin invece la selezione naturale farebbe compiere un salto verso altro, verso qualcosa che prima non c'era.

Ciao Socrate.
In un certo senso la specie non esiste.
Diciamo che , in presenza di diversi individui , specie se in gran numero , può essere utile individuare dei criteri , che in se'sono arbitrari , che ci aiutino a distinguerli, se non proprio individuo per individuo, a causa del loro grande numero , almeno a gruppi di essi.
Da qui nasce l'idea di specie , e ogni specie può essere descritta appunto in base a quei criteri e questo è ciò che abbiamo provato a fare ufficialmente a partire da Linneo.
Le specie quindi in se' non esistono , ma esiste solo ciò da cui siamo partiti per arrivare a definire le specie , e cioè una moltitudine di individui viventi diversi in genere ognuno dall'altro , fra i quali però è possibile individuare similitudini.
Così ad esempio a partire da una specie definita in base a precisi criteri , se ridefiniamo i criteri , da quella specie potremmo ottenerne ad esempio due in base ai nuovi criteri , che possiamo definire , se volgiamo come sottospecie da quella di partenza.
È' evidente dunque  come l'utile concetto di specie abbia carattere convenzionale.


Assumiamo adesso  come vera la tua affermazione e cerchiamo di prevedere le sue conseguenze all'interno di una definita specie.
Al mutare inevitabile dell'ambiente , alcuni individui,prima adatti , non lo sarebbero più e non sopravviverebbero.
Una conseguenza , a prima vista forse desiderabile , è che la definizione di specie , fatta in base precisi criteri da noi scelti , sarebbe sempre più precisa , cioè si impoverirebbe il numero di criteri necessari.
Parimenti si impoverirebbe la diversità all'interno della specie.
Questo è un processo che non ha una fine perché non c'è motivo di pensare che l'ambiente cessi di mutare.
Questo processo porta ad un continuo impoverimento della diversità all'interno della specie fino alla sua estinzione.
Quindi il numero delle specie diminuirebbe in continuazione fino ad aversi una estinzione di massa.
Quindi se si accetta il creazionismo insieme alla ipotesi B a partire da queste si dimostra che la fine della vita , così come la sua creazione , è da ascriverei al disegno divino.

P.S.
Più che evoluzione delle specie si ha quindi il fatto che il simile produce il simile , che in genere però non è uguale , e questa differenza può essere descritta utilmente in termini di evoluzione delle specie.
Questa banalità, che il simile produce il simile non uguale è una banalità che è sempre stata sotto gli occhi di tutti , le cui conseguenze si sarebbero potute derivare a tavolino , per trovare semmai successivamente conferme sperimentali.
Ma spesso si giunge alla conoscenza per vie molto tortuose dovendo fare slalom fra pregiudizi , specie fra quelli molto potenti, così potenti che ancora agiscono.
Questa conoscenza non deve avere necessariamente carattere scientifico , anche se ciò è sempre desiderabile , in quanto la conoscenza scientifica è più facilmente condivisibile , rispetto ad altre forme di conoscenza.
Un punto a favore della teoria della evoluzione che può valere dal punto di vista scientifico, sta nel fatto che in due vi sono giunti in modo sostanzialmente indipendente.
Darwin e il meno conosciuto , per non dire del tutto ignoto , Wallace.
Il merito va' ad entrambi anche se Wallace avrebbe il diritto di priorità come pubblicazione, se non fosse che invece di pubblicare inviò la sua teoria all'amico di penna Darwin
Incredibilmente però Wallace concesse la priorità a Darwin , evitandosi così forse un sacco di problemi , problemi molto prevedibili e che indussero Darwin a rimandare la pubblicazione della teoria, da decenni ferma nel suo cassetto , finché Wallace involontariamente non lo costrinse a venire allo scoperto.
Conoscere la vita di Wallace però da' meglio l'idea del clima in cui nacque la teoria , clima che pervadeva tutte le classi sociali dell'Inghilterra , anche quelle più basse , cui Wallace apparteneva.
Ma se volessimo dare il premio per l'amore della conoscenza in se' allora Wallace è arrivato primo certamente , ma primo in una gara a cui tutti partecipavano , nessuno escluso.
Al minimo si frequentavano i musei naturali , che proprio perciò allora nacquero.
Il tutto si può configurare quindi come una spasmodica ricerca sula campo che investiva tutti e a tutti i livelli , non priva oltretutto di rischi.
La metà degli allievi di Linneo su quel campo persero la vita è molti altri li seguirono.
Incredibile a dirsi oggi , ma c'è stato un tempo in cui l'amore per la conoscenza rivaleggiava con l'amore per la vita.
La teoria dell'evoluzione non è da tutti accettata e non esiste alcun obbligo ad accettarla , e ciò indipendentemente dal suo carattere scientifico.
Tuttavia mi piace notare che la teoria nasce in un clima culturale che ha provato a ribaltare un vecchio quadro di conoscenze, riuscendoci almeno innegabilmente in parte.
Nel vecchio quadro le enciclopedie sugli animali erano quelle ereditate,dai romani , dove fra l'altro erano presenti le chimere , che nessuno aveva mai visto , ma della cui esistenza nessuno fino ad allora aveva sentito il bisogno di dubitare.
Poi abbiamo imparato a dubitare di tutto , ed è giusto che sia così.
Tuttavia la conoscenza della teoria dell'evoluzione andrebbe inquadrata nell'incredibile clima di rivoluzione culturale in cui è nata di cui la teoria è solo uno dei prodotti.
Questa rivoluzione ha fatto sì che nessuno consulti più i bestiari romani , se non per ricerche storiche.
Su questo almeno nessuno può avere dubbi.
Occorre comunque avvertire per chi volesse consultare i nuovi bestiari che questi tutti sottendono l'evoluzione della specie.
Senza tornare a quelli romani , chi non accetta la nuova teoria , può limitarsi a quelli del tempo di Linneo.
Ma mi chiedo.Quanti di quelli che non credono alla teoria li consultano davvero i bestiari di Linneo?
Magari in molti e io non ne sono informato.
Tu Socrate li consulti?
Il tuo razzolare è coerente col tuo predicare , detto in modo volutamente provocatorio , ma amichevole.
Un altro punto a favore di Darwin ,dal punto di vista scientifico è l'aver attinto a una sterminata casistica sperimentale derivata,dall'allalevamento e selezione artificiale del bestiame.
Però vorrei sottolineare che non siamo costretti a credere a risultati scientifici, e possiamo,essere convinti o meno della teoria indipendentemente dal suo carattere scientifico.
Tuttavia non possiamo dire che alla teoria non manchino Elememti di scientificità ed altri possono accumularsi nel tempo.
La scienza è un processo in divenire il cui risultato non è mai nero o bianco, ma sempre una continua sfumatura di grigi.
Anzi , quando il risultato è nero o bianco possiamo star certi che non vi si è giunti attraverso di un processo scientifico , o che vi si è giunti barando sulle regole del processo , il che è sempre possibile in quanto le regole stesse non sono mai del tutto chiare ne' mai definitive.
Non solo i risultati della scienza non sono mai bianchi , ma nemmeno la scienza è bianca, ciò perché la scienza ha gli stessi limiti dell'uomo , il quale in fondo , in quanto specie , altro non è che una convenzione.
#5496
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
28 Aprile 2018, 02:14:02 AM
Quando partono le elucubrazioni ho una certa difficoltà ad arrestare.E allora....
Sappiamo che le particelle della materia sono diventate ultimamente l'emble,a del l'instabilità, ma se possiamo parlarne è perché sono comunque relativamente stabili , e sono stabili finché si comportano come un sistema isolato.
Possono essere immaginate esse stesse come costituite da parti la cui evoluzione però non esclude che qualcosa nel sistema si conservi, e la particella stessa è quel qualcosa che a noi sembra conservarsi , finché si conserva , finché il sistema rimane di fatto isolato.
Cosa ne pensate?
Adesso però  , passo e chiudo veramente.
#5497
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
28 Aprile 2018, 01:20:17 AM
Sto cercando di colmare le mie lacune sull'argomento.Ma quanto segue è di fatto solo una delle mie elucubrazioni, e ne sono l'unico responsabile.
Mi sembra di capire che la correlazione , ormai ampiamente provata sperimentalmente , dal punto di vista teorico è la conseguenza di una legge di conservazione, e nel nostro caso in particolare credo conservazione della quantità di moto.
Una legge di conservazione mi pare si riferisca in genere a un sistema che si considera idealmente isolato.
Pur evolvendosi è possibile individuare nel sistema quantità che "non si evolvono" , cioè rimangono costanti.
Questa costanza si ha finché il sistema rimane isolato.
Le varie parti del sistema stesso non sono isolate , quindi per ognuna di esse le quantità "si evolvono" con l'evoluzione dell'intero sistema.
Ora , posto che parlare di parti del sistema in modo generico , senza definirle , è un modo vago di dire , nessuno si sognerebbe di dire che una variazione in una parte del sistema sia la causa della variazione prevedibile in altra sua parte in base alla legge di conservazione.Oppure invece si?
Se vogliamo essere più rigorosi dovremmo definire queste parti , e l'unico modo per farlo è isolandole dal sistema stesso , ciò con la stessa tecnica con cui abbiamo definito il sistema stesso isolandolo idealmente dal resto del mondo.
I criteri di "isolamento" usati per i sotto sistemi non sono necessariamente uguali a quelli usati per il sistema intero,e le leggi di conservazione che possiamo sperimentare in  ogni sottosistema , e nell'intero sistema , non saranno quindi necessariamente le stesse.
Se tutto questo ragionamento ha un senso , e non ci giuro , quando si creano due particelle a partire da una , conservandosi la quantità di moto o spin del sistema , possiamo considerare il sistema , nella sua evoluzione isolato idealmente ?
Un sistema imagino possa dirsi idealmente isolato a certi fini ed entro certi limiti ,  in quanto di fatto i sistemi isolati reali non esistono.
Eppure , certamente a causa della mia ignoranza, ho l'impressione che un sitema emtangled si consideri isolato di fatto , o meglio forse è isolato entro i limiti della nostra ignoranza, mentre normalmente un sistema si considera idealmente isolato nella misura in cui  decidiamo di ignorare a nostri fini alcune cose che sappiamo su di lui.
Un sistema isolato è un sistema che non comunica con altri sistemi.
Questa è una condizione ideale che nel caso dell'emtemglememt diventa reale?
Reale nel senso che risulta dalle misure.
Non ho le idee molto chiare , ma spero di aver così sparpagliato anche le vostre.  :o
Ricapitolando, si tende a considerare le leggi di conservazione come leggi universali , ma a me sembra che quando sperimento una legge di conservazione dentro un sistema definito , posso solo dire che il sistema è isolato solo entro i limiti della mia sperimentazione , e il fatti di sperimentare questi sistemi fa' sì che non si abbia l'impressione di vivere nel caos totale , come dire che , almeno entro certi limiti , il mondo non cambia.
Gli atomi di un gas entro un contenitore adiabatico sono l'esemplificaziome stessa del caos , e se il mondo è fatto di atomi allora non ci resta che dire che il mondo è governato dal caos.
Se possiamo dire che il mondo invece non è caotico invece è perché possiamo dire che il mondo è fatto anche di energia cinetica, la cui conservazione sembra introdurre un elemento dì razionalità dentro un caos solo apparente , elemento che può essere declinato in diversi modi , quale ad esempio una catena di cause ed effetti.
Però fino a un certo punto non mi pare che questa descrizione comportasse che gli atomi si scambiassero informazioni fra loro.
Dobbiamo iniziare a parlarne in questi termini?
Si , no?
Se no , in che senso ne parliamo nel caso dell'entemglememt?
Non è che alla fine il problema è solo nella nostra testa?
Quando pensiamo a un sitema isolato ci appare subito l' immagine di uno scatolone che lo contiene, reale o ideale che sia.
Ma un sistema non è isolato in quanto "contenuto " , ma in quanto possiamo sperimentare per esso leggi di conservazione.
Possiamo risolverla così? :'(
Il termine "contenuto " che ho usato potrebbe essere , come intuisco , un surrogato dì località?
Se è così allora , se un sistema per essere isolato nella nostra fantasia deve essere anche contenuto, non essendo ciò invece essenziale , allora stessa sorte toccherebbe alla località.
#5498
Tematiche Filosofiche / Re:T'AMO NON T'AMO
23 Aprile 2018, 15:06:05 PM
C'è l'amore e c'è l'oggetto potenziale dell'amore e non è scontato che si incontrino.
#5499
Quindi la filosofia , là si voglia vedere come si vuole , e per quanto inevitabilmente usurpata in alcuni suoi regni, rimane banalmente fondamentale , sebbene ciò non sembri apparire oggi così evidente rispetto a ieri.
Il fatto che possa connaturarsi come amore della conoscenza in se' non è cosa aiuti la reputazione di questi tempi .
Forse non è neanche vero che sia così.
Dopo una corsa mi sento meglio , e da qui può nascere l'illusione dell'amore per la corsa in se'.
Conoscere lo stato del nostro fisico mettendolo alla prova  ci aiuta a dimensionare utilmente le nostre azioni , quindi allenare il fisico è tutto meno che fine a se' stesso , anche quando , come effetto collaterale la cosa può sfociare nell'edonismo.
Lo stesso vale per la mente.
Poi però magari accade che ci si senta stupidi a correre mettendo un neurone dopo l'altro , e magari solo perché non va' di moda farlo.
Quindi , se è vero che le mode vanno e vengono , non rimane che attendere, o no?
Oppure pssiamo pilotare una nuova moda per la filosofia , rendendola nuova agli occhi di tutti?
Personalmente , d'accordo con Sileno, penso che una filosofia come terapia sia una buona strada , anche se mi pare stenti ad affermarsi.
Direi che è un po' quello che rimane alla filosofia dopo essere stata variamente espoliata, e in ciò forse appunto è sempre stata la sua essenza.
Possiamo rimescolare i nostri neuroni fino a trovare la combinazione che più ci aggrada, ed è bene farlo non foss'altro per non lasciare che siano altri a farlo per noi , e su questo sono d'accordo con Angelo.
Nel farlo però occorre tenere conto di una importante avvertenza.
Ci si ritroverà sempre con una combinazione di neuroni fuori moda , e si sa' bene l'opinione diffusa su quelli che non hanno tutti i neuroni a posto.
Insomma bisogna essere veramente convinti di volerlo fare , pur essendo stati ultimamente educati all'esatto contrario.
Si capisce quindi come sia facile recedere da un tale tentativo,che almeno una volta nella vita sicuramente ognuno intraprende.
Se tali tentativi andassero in porto invece avremmo una ricchezza di idee , che anche quando la loro origine fosse assimilabile al caso , sarebbe la benvenuta.
L'uniformità non sembra un bene in se'.
Procedendo per errori e correzioni , come sembra noi si faccia , andare a sbattere uniformemente tutti contro lo stesso muro non sembra infatti molto utile.
Questo al massimo spiega perché oggi votiamo in massa tizio e dopo un paio di mesi tutti caio , che è la moda di adesso.Insomma andare tutti contro lo stesso muro oggi sembra una strada obbligata, e mi spiace dirlo solo in ciò vedo l'urgenza di un governo.Prima si sceglie il muro , prima ci si sbatte , prima , si spera , ci si rinsavisce , e mi sembra che di ciò esistono già' buoni esempi.

Una delle previsioni non rispettate dell'avamzare della globalizzazione è la perdita di importanza degli agglomerati urbani , che in se' sembrano effettivamente problematici e insostenibili.
Il fallimento di questa previsione sta in un fatto non considerato che però sembra essere cruciale.
Un agglomerato urbano , quanto più è grande, tanto più ci costringe a scambiare idee con individui che non sono necessariamente di nostro gradimento.
Le quantità di questa interazione non intenzionale  sembra essere proporzionale al numero di brevetti che si producono in loco , piuttosto che ai relativi investimenti in ricerca.
Sottinteso che ci sia una interazione fra diversi , tanto diversi che intenzionalmente non andrebbero a trovarsi e che questa diversità sia probabile quanto maggiore è il numero di individui e di diversa estrazione , cioè proprio le condizioni che si verificano nelle metropoli afflitte dalla "piaga" dell'immigrazione.
Avete allora capito verso quale muro stiamo andando a sbattere tutti insieme allegramente nella attuale contingenza politica?
Naturalmente sarebbe bello ricreare le,stesse condizioni positive delle metropoli senza averne i disagi.
Ma metropoli o non metropoli , rete o non rete , il valore,sta nella diversità e si esplica quando i diversi interagiscono.
Si , purché questi diversi esistano, e sia benvenuta l'immigrazione se serve allo scopo , ma ancora meglio sarebbe prodursi la diversità in casa , senza bisogno di importarla , sopratutto se poi non se ne capisce il valore potenziale.
La filosofia , l'esercizio critico , potrebbe servire?
Allora andrebbe riscoperta.
Basterebbe considerare l'amor proprio se l'amore in se' non basta , e capire cosa è veramente bene per noi allungando lo sguardo oltre il solito palmo.
La filosofia può servire a ciò,Serve a ciò.
#5500
Non so' se trovo le parole giuste per dirlo , su come fare a rifondare la filosofia.
La filosofia è una pianta spontanea.Cresce da sola in ognuno di noi , ma può essere coltivata.
Nella Sicilia in cui ho vissuto da ragazzo questo fatto era evidente.
Tutti facevano filosofia in modo spontaneo , senza alcun timore reverenziale.
Ci si faceva domande su ciò che destava meraviglia , ma senza guardarsi dritto negli occhi, perché non erano domande dalle quali ci si attendeva risposte dagli altri.
Queste domande erano formulate senza premettere citazioni di filosofi , perché erano domande fatte,dall'uomo qualunque , dall'uomo che non sa' di filosofia , ma che semplicemente è filosofo.
Non era necessario un linguaggio tecnico per formulare quelle domande.
Oggi la filosofia condivide con la scienza un linguaggio sempre più tecnico che esclude la maggioranza della gente, ma senza che vi sia una vera necessità a ciò, come invece avviene per la scienza.
Alla filosofia una volta bastava l'oralità.
Oggi che i media si sono moltiplicati in numero e potenza , la naturale spinta a filosofare sembra essersi ritirata.
È' sempre lì perché se la si provoca seppur con fatica sembra si resusciti , anche se per un breve sprazzo.E la resusciti in chiunque , anche in chi non penseresti mai.
Forse rifondare la filosofia significa riportarla al suo stato naturale , a quel livello a cui tutti si sentivano in diritto di accedere.
Questo tenersi dentro la filosofia non credo faccia bene alla salute.
Per avere una vita soddisfacente bisogna essere se stessi , e filosofare fa parte di noi.
Filosofia è farsi domande che non hanno risposte , ma che possono essere formulate sempre meglio.
Fare filosofia è precisare sempre meglio un linguaggio che è di tutti e rimane di tutti, non complicarlo rendendolo esclusivo.
La scienza non puoi veramente capirla se non sei scienziato , ma la filosofia è già compresa in noi.
Ho esagerato schematizzando troppo volendo indicare la strada di una possibile rifondazione filosofica , posto che esista una risposta a ciò.
#5501
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
18 Aprile 2018, 22:41:32 PM
La "non-località " è la posizione per cui è possibile che gli oggetti si influenzino a velocità superliminale.
Riflettiamo su questa frase riportata da Apeiron.
C'è un fenomeno e si cerca un concetto che lo spieghi , di cui la frase sembra essere solo un volenteroso abbozzo.
Ma se prendiamo alla lettera il termine non -località ciò che abbiamo è il contrario o la negazione del concetto di località che ci è ben noto......ma ci è veramente ben noto?
La località non è un punto sebbene in certi casi un punto ne sia una buona rappresentazione.
In questo caso usiamo una notazione precisa al posto di una nozione di località che in se' potrebbe essere vaga , ma la cosa funziona e possiamo rimandare l'eventuale problematicità del concetto a data da destinarsi.
La località non è neanche una precisa porzione di spazio , per quanto una precisa porzione di spazio , al pari di un punto, possa venirci in soccorso in altri casi.
E anche qui rimandiamo là problematicità del concetto, finché arriva il momento che non sembra più rimandabile.
Analizziamo la frase.
Abbiamo due oggetti.Ma è proprio così?
E se ne avessimo uno solo?
Se ne avessimo uno solo non abbiamo più bisogno di una velocità superliminare , e la relatività è salva.
Abbiamo un oggetto con una estensione insolita,è vero , ma questa estensione non è concettualmente diversa da quella di punto o di volume , o qualunque altro concetto geometrico convenga usare alla bisogna,e che abbiamo usato fin qui.
Il fatto che da un punto di vista operativo possa trattare il mio unico oggetto come se fossero due non significa che sono due.
Nessuno mi impedisce , se lo ritengo opportuno , di trattare un magnete come fosse due oggetti,le polarità del magnete.E se invece di chiamarsi polarità si chiamano spin , il concetto non cambia.
Non occorre dunque buttare a mare il concetto di località, e non certo perché è sacro è intoccabile,ma perché non occorre.
Se determinò una polarità di un magnete non ho bisogno di ipotizzare un informazione che giunga all'altro polo , perché si tratta di un unico oggetto.
Possiamo dire che c'è correlazione fra i due poli , anche se in genere non ci si esprime così.
Si parla semplicemente di una proprietà del magnete.
Il fatto che io non possa prevedere lo spin fa' il paio che io non possa prevedere la polarità finché non la misuro.Questo ultimo punto forse è criticabile e attendo le critiche di Apeiron.
Certo , se il nostro oggetto può essere rappresentato geometricamente al limite con l'intero universo , piuttosto che con un punto o altro supporto geometrico tascabile ,questo può disorientarci , in quanto lo strumento di misura da qualche parte dobbiamo piazzarlo ,e al confronto è lui che ci fa' la figura del puntino.
Abbiamo fin qui visto la questione dal punto di vista , problematico come tutti i punti di vista , del concetto di località.
Possiamo cambiare punto di vista riguardando le cose dal punto di vista del concetto di oggetto , al quale parimenti non manca la sua dose di vaghezza.
E guardando le cose da questo diverso punto di vista possiamo chiederci se l'abbozzo di frase che stiamo analizzando non possa essere riscritta meglio come una ridefinizione di oggetto , che tolga così a tale concetto almeno parte della sua vaghezza.
A onor del vero non so' neanche se il termine ridefinizione sia congruente.
In effetti io non conosco una definizione di oggetto , forse per mia ignoranza , e forse perché finora non ce n'è stato bisogno.
Gli oggetti finora , correggetemi se sbaglio , ci siamo limitati a percepirli e sono patrimonio del nostro senso comune.
Oggi , se i miei ragionamenti non sono lacunosi , abbiamo la,possibilità di tentarne  una definizione esplicita , cioè di matematizzare un concetto rendendolo meno vago trovando al contempo una spiegazione soddisfacente per un fenomeno che , se ancora descrivibile a livello locale , sembra a dir poco invadente.
Più che un fenomeno che non sembra stare ne' in cielo né in terra , sembra stare in cielo e terra , e solo perciò,ma solo apparentemente sembra sfuggente rispetto al concetto di località'.
Di sicuro non è un fenomeno tascabile, mentre gli strumenti di misura continuano ad esserlo e forse da ciò nasce l'apparemte stranezza.
#5502
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
18 Aprile 2018, 16:29:54 PM
Mi trovo in uno stato mentale insolito.
Mi sembra di non aver capito niente ma di aver intuito tutto.😅
Continuo ad essere d'accordo con Bohr comunque , perché le sue ipotesi mi sembrano più semplici , e le altre inutilmente complicate.
Mi pare che abbia a che fare col,rasoio di Occam.
E quindi direi che , se Bohr ha ragione , si verifica che semplificememte non è semplice semplificare , ma vale come capire.
Continuando nel voluto gioco di parole possiamo anche non capire cosa significhi capire.
Ma si può aggirare l'ostacolo e chiedersi quali conseguenze fattive comporta il capire qualcosa.
Comporta la possibilità di maneggiare la materia compresa con maggior maestria e disinvoltura.
Un agire dove si riducono al minimo quegli imtoppi che possono venire dal farsi troppe domande.
C'è un tempo per dubitare e uno per agire , e meno questi tempi si sovrappongono meglio è.
Notate che volutamente non ho detto che c'è un tempo per la certezza , contrapposto al tempo del dubbio.
Se poi si vuol dire che quando tutto fila liscio si procede con certezza , se è un modo di dire OK.
Purché ciò non diventi a sua volta ostacolo alla riattivazione del dubbio quando occorra.
E prima o poi arriva sempre il momento che occorre.
In effetti possiamo eliminare tutto ciò che serve a semplificare il quadro , perché ciò che oggi togliamo un giorno abbiamo aggiunto, e per gli stessi fini.
Purtroppo temo sappiamo come fare a togliere oggi , ma non sappiamo come abbiamo fatto ad aggiungere allora , e non sappiamo quindi come aggiungere oggi ciò che renderebbe soddisfacente una interpretazione della MQ.
Non ci arriviamo certo ricombinando vecchi concetti come tirassimo un dado per trovare la combinazione vincente.
Possiamo togliere vecchi concetti, negandoli.
Si chiamano non località, non questo è non quello , infatti.
Ma non sono nuovi concetti , ma la negazione di vecchi , e sembra utile poterli negare eventualmente.
Ma come si faccia a costruire concetto ex novò non sappiamo.
Sappiamo solo che in qualche modo in un certo tempo lo abbiamo fatto.
#5503
La filosofia è una pianta spontanea che cresce dentro di noi , indipendentemente se la coltiviamo o no.
Possiamo quindi scegliere di coltivarla come ignorarla , ma questa scelta non è priva di conseguenze.
Ognuno ha dunque la sua filosofia e questa ha delle conseguenze,le,quali in certe contingenze , potrebbero essere non desiderabili e problematiche.
Cambiare filosofia potrebbe significare superare questi problemi , seppur a scapito della coerenza.
Se non proprio coltivare la propria filosofia , averne coscienza, e individuarla in certi casi come causa di problemi, dunque può servire.
Avere una mente allenata può servire non meno che avere un fisico allenato.
In certe contingenze può salvarti la vita.
Platone è  meglio del Prozac , è il,titolo di un libro letto un po' di tempo fa'.
Direi che sono d'accordo .
Anche se io conosco molto meglio la mia filosofia che non quella di Platone.
Ma al mio,240 esimo post credo che la mia ignoranza in filosofia vi appaia lampante.
Male , ma ancor peggio sarebbe ignorare la mia filosofia , nella quale però , detto come avvertenza, potrebbero essere presenti tracce di Platone.😅
#5504
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
18 Aprile 2018, 06:48:48 AM
@Viator
Il tempo emerge dalla ricerca di un senso per le nostre percezioni, e quindi fa' parte di questo mondo nella misura in cui noi ne facciamo parte.
Il mondo non è nel tempo, ma il tempo è nel mondo.
Quindi chiedersi se il mondo è eterno non ha senso .
Rimane tuttavia una domanda lecita in quanto parte del processo della ricerca di un senso.
Siamo alla ricerca di un senso per ogni cosa , ma non tutto si presta ad averne uno , e quando ciò si verifica non ci rimane che prenderne atto.
La nostra relazione con l'assoluta procede infatti per tentativi ed errori.
Si può intendere l'errore come ciò che una volta rimediato ci avvicini all'assoluto , oppure come ciò che una volta rimediato dia un nuovo senso alle cose , come io credo.
Come dice Angelo c'è bisogno di nuove idee , perché nuove acquisizioni richiedono di trovare sensi nuovi , i quali non sono necessariamente in continuità coi vecchi , per quanto tale eventualità sia desiderabile.
Questo quadro per alcuni diventa potenzialmente annichilente, e tanto basta per rigettarlo.
La notizia buona è che c'è sempre un risvolto positivo in ogni cosa se uno lo cerca.
La conoscenza dei limiti nei quali agiamo potrebbe anche scoraggiarci , ma dovrebbe renderci invece più padroni delle nostre azioni , più responsabili.
Ora immaginate che questo quadro sia del tutto errato e che al contempo questo errore venga condiviso da tutti.
Quali conseguenze si avrebbero?
Una maggiore fiducia nei propri mezzi.
Gente che coltiva quei mezzi in quanto nulla osta che lo si possa fare.
Gente che agisce di conseguenza.
Gente che non aspetta che il lavoro gli cada dal cielo.
Un quadro che solo per questo avrebbe un senso a cui credere.
Magari ogni tanto può servire mettere da parte una tensione verso l'assoluto, e non perché ciò non meriti avere un senso,anzi.
#5505
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
17 Aprile 2018, 13:22:11 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Aprile 2018, 21:40:02 PM
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 16:19:06 PM
Salve. Esiste l'eternità secondo voi ?
Che l'Esistente sia eterno io lo dò per scontato.
Il ragionamento è semplice.
Se l'Esistente non fosse eterno, vorrebbe dire che ha avuto un inizio.
Se ha avuto un inizio, vuol dire che prima dell'inizio dell'Esistente, non c'era nulla.
Ma se non c'era nulla, non c'era nemmeno alcuna Causa Iniziale che potesse trarre alcunché da quel Nulla.
Dunque, l'inizio dell'Esistente a partire da un precedente Nulla è palesemente assurdo.
Pertanto, è da rigettare l'ipotesi iniziale che l'Esistente abbia avuto un inizio; e se l'Esistente non ha avuto un inizio, per una sorta di simmetria non potrà avere nemmeno una fine, altrimenti dovremmo assumere la sussistenza di una Causa Finale che, nell'atto di cancellare la manifestazione, cancella anche se stessa.

Detto questo, e assodato che l'Esistente è eterno, la domanda più interessante mi sembra questa:
l'Esistente, oltre che eterno, è anche Infinito?

Anche in questo caso è innanzitutto un senso di simmetria a suggerire che la risposta è sì.
Ma si può fare anche un altro ragionamento.
Alcune migliaia d'anni di filosofia hanno appurato che un ente finito, limitato, contingente, non può essere causa di se stesso.
Un essere contingente richiede una causa esterna a se stessa.
Ora, l'unico modo di sfuggire all'esigenza di una causa, è assumere che l'Esistente sia infinito,
intendendo l'infinito come infinità di tutte le possibilità.
In questo infinito vi saranno tutte le possibili cause di tutti i possibili effetti.
E quindi il problema si dissolve.

Infine, è evidente che questo ente infinito è l'Assoluto, nel senso di assolutamente privo di attributi e definizioni, e dunque immobile in un eterno presente. L'infinito non può divenire, perché già contiene in sé tutti i suoi possibili stati.
Il divenire è una pura illusione, un gioco che si gioca all'interno dell'Infinito, una delle infinite possibili esplorazioni delle sue infinite possibilità.

E naturalmente, questo ente infinito non ha nulla a che fare con il Dio delle religioni.
Chiaro.
Non può esistere un mondo che non sia ordinato , e se è ordinato allora è eterno.
Se ogni cosa segue ad un altra questa catena non ha interruzioni.
E se la catena è chiusa il mondo è finito.Se è aperta è infinito.
Ordine ed esistenza sono inseparabili.
Quindi in particolare , il tempo esiste in quanto ordine degli eventi e gli eventi esistono in quanto ordinati.
Non può esistere un inizio e una fine del mondo , in quanto ogni inizio e ogni fine sono strettamente incluse nel mondo.
A prima vista quindi non dovrebbe essere possibile prendere atto dell'esistenza di qualcosa senza al contempo rilevare un ordine correlato.
Da cosa nasce dunque l'idea del caos?
Il caos significa che qualcosa esiste privo di ordine.Sembra un paradosso , ma il caos non necessariamente esiste.Puo' semplicemente equivalere all'ignoramza dell'ordine.
Ma come faccio a rilevare l esistente senza rilevarne al contempo l'ordine?
Potrei immaginare che la percezione dell'ordine avvenga , ma non sempre emerga alla coscienza.
Mi chiedo allora se possa avvenire il contrario, cioè la percezione di un ordine , senza che emerga l'esistenza.
Questo spiegherebbe la distinzione che facciamo fra reale e ideale , che equivarrebbe quindi ad una diversa modalità in cui rileviamo l'essere ?
Che sarebbe tale quindi non nella sostanza , ma nella apparenza.
Quindi tutto è reale , o se preferite l tutto è ideale.
Qui ho usato esistente in due sensi diversi , ma credo sia chiaro.
Ho usato anche un esistente "puro" come se lo si potesse slegare dall'ordine.
Se le cose stanno così si spiega il crescente potere della matematica ,di cui alcuni si lamentano, come una accresciuta coscienza dell'ordine, con una conseguente apparente "smaterializzazione" del mondo.
Rimane solo da capire da cosa nasca la percezione duale di una unica sostanza.