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Messaggi - doxa

#556
Estratti di Poesie d'Autore / Re: Tenersi per mano
19 Gennaio 2023, 17:06:19 PM

 
"Un vento glaciale infuria da nord, / la neve vieni giù a larghi fiocchi. / Amici miei, prendiamoci per mano, / e andiamocene via tutti insieme" (Dai "Dialoghi" di Confucio, vissuto tra il VI e il V sec. a. C.).
 
Quei versi fanno immaginare l'ambiente invernale, il brivido che pervade il corpo col soffio del vento gelido e con la neve, ma per contrasto c'è il tepore di due mani che si stringono e che inducono a sfidare il freddo e a raggiungere una meta sicura e calda.
 
"Prendersi per mano" è un'espressione per indicare  anche la solidarietà nel pericolo.
 
Tenersi per mano è un gesto che esprime protezione, affetto, ed altro. Ovviamente dipende dal modo in cui ci si tiene per mano e con chi. E' un gesto che può esprimere solidarietà, amore, implica la conoscenza, forse la complicità.
 
A volte si tengono per mano con significato protettivo per attraversare la strada in modo veloce.
 
Se prendendosi per mano i due intrecciano anche le dita è evidente il significato di unione, desiderio.
 
Le donne sono tendenzialmente più protettive e per istinto materno tendono a prendere la mano anche senza che vi siano un significato "di approccio amoroso".
 
Alle volte prendersi per mano è un modo semplice per fare pace dopo una litigata.
#557
Estratti di Poesie d'Autore / Tenersi per mano
19 Gennaio 2023, 17:04:33 PM


Nella relazione di coppia tenersi per mano o prendersi per mano allude al passaggio dall'io autoreferenziale al noi, alla  dimensione unitaria.
  
Amarsi e tenersi per mano. Il tedesco Hermann Hesse (1877 – 1962), premio Nobel per la letteratura   nel 1946, scrisse la bella poesia titolata: "Tienimi per mano".

Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne e l'oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle...
 
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto...
 
Tienimi per mano
portami dove il tempo non esiste...
Tienila stretta nel difficile vivere...
 
Tienimi per mano
nei giorni in cui mi sento disorientata,
cantami la canzone delle stelle, dolce cantilena di voci respirate...
 
Tienimi la mano
e stringila forte prima che l'insolente fato possa portarmi via da te.
 
Tienimi per mano e non lasciarmi andare...mai".

 
Cliccare sul link

https://youtu.be/tWVmi8l-vuY
#558
Ultimo libro letto / Re: La luce delle stelle morte
09 Gennaio 2023, 16:31:45 PM
Se non siamo celebri personaggi, autori di cose significative per l'umanità, cosa resterà di noi, del nostro passaggio temporaneo sulla Terra ?

E' forse importante saperlo ?

Il tempo della memoria e del ricordo è sottratto alle determinazioni spazio-temporali, si dilata in una sospensione incantata.

Cosa tratteniamo in noi di coloro che ci hanno lasciati? Cosa ricordiamo di quella presenza che è ormai divenuta assente?

C'è un libro titolato "Lei mi parla ancora", lo scrisse Giuseppe Sgarbi (padre di Vittorio Sgarbi) dedicandolo alla moglie scomparsa: "c''è il rimpianto per la rassicurante abitudine venuta a mancare, specie nelle ore serali, con la morte della persona con cui hai condiviso tutta la vita. È la sera che fa provare il picco del dolore".

E al cimitero è come un ritrovarsi: "Siedo accanto a te immaginando di dividere ancora una volta la nostra panchina di fronte ai Bagni Ducale, e ti racconto le cose che sai: le storie della casa e della farmacia di Ro...".

Il ricordo insopprimibile di lei riesce a dargli forza di continuare a vivere.

Mi vengono in mente anche le parole che il filologo britannico C.S. Lewis, dedicò alla moglie appena scomparsa. Sono scritte nel volume titolato "Diario di un dolore", pubblicato da Adelphi nel 1990.

Annota Lewis: "È incredibile quanta felicità, e persino quanta allegria, abbiamo a volte conosciuto insieme, dopo che ogni speranza era scomparsa. Come abbiamo parlato a lungo, quietamente, nutrendoci l'uno dell'altra, quell'ultima sera".
#559
Ultimo libro letto / Ragionamenti sbagliati
08 Gennaio 2023, 18:33:59 PM
Ci sono ancora persone convinte che sia il Sole  a girare intorno alla Terra. E' un'opinione innocua, ma  l'americano Paul Krugman, premio Nobel per l'economia,  la considera una delle opinioni "zombie", continuano a circolare nonostante siano morte,  da tempo smentite e confutate.
 
Sono persone sicure di sé, non hanno dubbi. Non è necessario essere stupidi per condividere "opinioni zombie".
Per loro cambiare opinione è arduo, causa la "testardaggine cognitiva": questa frase è utilizzata da Steven Nadler e Lawrence Shapiro, docenti di filosofia nell'Università del Wisconsin-Madison, nel loro libro titolato: "Quando persone intelligenti hanno idee stupide".
 
I due studiosi hanno accettato la sfida lanciata il 6 maggio 2020, in concomitanza con il "Covid 19", dalla "Società dei filosofi americani", che si è detta preoccupata per la diffusa tendenza a non saper ragionare, a rifiutare le conoscenze scientifiche e a ignorare il pensiero critico. Nella quotidianità prevale la tendenza a servirsi solo dei casi che confermano le proprie tesi, specie nella politica, nell'ambito religioso, ma anche sanitario, per esempio, vaccinarsi o non vaccinarsi contro il Covid ? 
 
E' una storia vecchia che si ripete continuamente.
 
Nel 1690 il filosofo Bacone scrisse nel "Nuovo Organo":  "...è errore caratteristico ed eterno dell'intelletto umano di essere motivato dalle affermazioni più che dalle negazioni, mentre per correttezza e per metodo  dovrebbe mostrarsi imparziale verso entrambe".

Le convinzioni  negative spesso dipendono da modi sbagliati di osservare la realtà e di ragionare. Gli errori di ragionamento iniziano spesso nell'infanzia.
 
#560
Ciao Eutidemo, 
che ne pensi della fede e la teoria dei giochi ?

La  fiducia o fede è usata  anche nella teoria dei giochi per studiare il modo in cui le convinzioni riguardanti le  proprie credenze o quelle altrui (pure religiose)  influenzino reciprocamente le scelte decisionali di un insieme di individui inseriti in un particolare contesto o situazione di tipo cooperativo o competitivo. ::)



#561
Tematiche Spirituali / "Santo subito"
05 Gennaio 2023, 18:13:05 PM
Ci risiamo !

Ieri nella gremita aula Nervi, in Vaticano (all'inizio dell'udienza generale del mercoledì per la catechesi di papa Bergoglio),  delle persone hanno gridato "Ratzinger santo subito"; anche stamane dopo i funerali  del papa emerito numerose persone hanno gridato la richiesta "Santo subito", altri hanno issato lo striscione con la scritta "Santo subito".



Detesto queste forzature, perché  la Chiesa ha i suoi tempi e il suo itinerario per  "innalzare agli onori degli altari" i meritevoli di essere "beati" o "santi".  Percorso che può essere lungo o breve a seconda della convenienza dal punto di vista ecclesiastico.

Considero quelle inutili esternazioni manifestazioni di  infantilismo religioso.
 
Dalle foto in piazza San Pietro si vedono anche delle suore nella folla. Almeno da loro ci si attende sobrietà, altrimenti lasciano pensare alla loro "pochezza".

Ancora ricordo la delirante folla che gridava "Santo subito" all'indomani della morte nel 2005 del pontefice polacco Giovanni Paolo II. E in breve tempo fu beatificato, perché il suo successore diede il suo assenso a non rispettare le rigorose norme ecclesiastiche sulla canonizzazione, per avviare senza indugi il processo per la beatificazione, concluso in sei anni, l'1 maggio 2011.

Come si suol dire..., "fatta la legge (Diritto canonico) trovato l'inganno", cioè il modo di non rispettarla.

La canonizzazione è la dichiarazione ufficiale della santità di una persona defunta da parte della Chiesa. Emettendo questa dichiarazione, si proclama che quella persona si trova con certezza in Paradiso e in più, rispetto alla semplice beatificazione, se ne permette la venerazione come santo.

"Ormai essere eletti pontefici è come entrare in una corsia preferenziale che porta dritto agli onori degli altari".


La santità viene riconosciuta e proclamata a seconda dei tempi, dei contesti e da essi trae il suo significato politico, religioso, pastorale.

Oggi per diventare santo servono tre cose: essere morti, due miracoli (si trovano facilmente, anche con le bugie) e, spesso, il denaro.

Al di là dello loro autentica identità umana e religiosa i santi sono "immagini esemplari" scelte dall'autorità ecclesiastica. Nelle scelte rivela sé stessa ed i suoi mutamenti storici.

#562
Ultimo libro letto / Re: Presepe
03 Gennaio 2023, 15:06:09 PM
Le fonti per la raffigurazione del presepe sono 180 versetti compresi nei Vangeli di Matteo e di Luca, denominati "Vangeli dell'infanzia": essi narrano la nascita di Gesù, avvenuta a Betlemme, in Giudea.

L'iconografia della natività fu arricchita dai racconti di altri tre vangeli apocrifi: il protovangelo di Giacomo, il vangelo dello pseudo Tommaso ed il vangelo arabo dell'infanzia.
Nei Vangeli canonici non è menzionata la grotta come luogo di nascita di Gesù.

Di una grotta parlò, per la prima volta il filosofo e martire palestinese Giustino (100 circa - 163 circa), originario di Flavia Neapolis, l'odierna Nablus, in Israele. Egli circa 150 anni dopo gli avvenimenti nel "Dialogo con Trifone" scrisse: "Al momento della nascita del bambino a Betlemme, poiché non aveva dove soggiornare in quel villaggio, Giuseppe si fermò in una grotta prossima all'abitato e, mentre si trovavano là, Maria partorì il Cristo e lo depose in una mangiatoia, dove i Magi, venuti dall'Arabia lo trovarono" (78).

Di Giustino (venerato come Padre della Chiesa dai cattolici e dagli ortodossi) abbiamo anche la più antica descrizione del rito eucaristico, nella sua  "Prima apologia a favore dei cristiani" (cap. 66 – 67).

Successivamente a Giustino, la grotta  venne citata in due Vangeli apocrifi, il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo Matteo.

Il Protovangelo di Giacomo (elaborato tra il 140 ed il 170) amplia i racconti degli evangelisti Luca e Matteo e rielabora le narrazioni canoniche sulla natività. Questo libro è considerato il più antico testo cristiano che sostenga la verginità di Maria prima, durante e dopo la nascita di Gesù.

Il Vangelo dello Pseudo Matteo fu invece scritto in lingua latina, forse nell'VIII – IX secolo, come rielaborazione del testo del Protovangelo di Giacomo ed altri.

Si attribuisce al filosofo e teologo cristiano Origene Adamanzio (185 – 254) l'ideazione della stalla come luogo della natività di Gesù.

La bugia di Origene riguardante la "stalla" fu creduta vera e tramandata insieme all'altra bugia inerente la grotta.

Per quanto riguarda il bue e l'asino essi non sono citati nei Vangeli di Luca e Matteo.

I due animali sono invece menzionati insieme una sola volta, nel Libro di Isaia. Dio dice: "Il bue conosce il proprietario / e l'asino la greppia del padrone, / ma Israele non conosce / e il mio popolo non comprende" (Is 1, 3).

La lamentela di Dio è fondata sul fatto che gli animali sanno riconoscere il loro padrone, mentre Israele non riconosce il suo Signore.

Perciò mettere il bue e l'asinello nel presepe significa affermare che gli animali riconoscono Dio nel bambino Gesù, mentre gli uomini non l'hanno riconosciuto.

Nel vangelo apocrifo attribuito allo pseudo Matteo c'è scritto: "Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l'asino l'adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia" (cap. 14, 1).

L'autore (o gli autori) del Vangelo dello pseudo-Matteo, scrivendo: "Il terzo giorno dopo la nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla", volle conciliare la tradizione orientale, che parlava di una grotta, con quella occidentale, che parlava di una stalla.

Secondo alcuni si avverò anche la profezia teofanica di Abacùc (VI sec. a. C.) che disse: "Sarai conosciuto in mezzo a due animali" (3, 2) ma tale interpretazione è sbagliata.

Nel Libro del profeta Abacuc (3, 1 – 2) la versione (C.E.I.) corretta è:

1 "Preghiera del profeta Abacuc, in tono di lamentazione.
2 Signore, ho ascoltato il tuo annunzio,
Signore, ho avuto timore della tua opera.
Nel corso degli anni manifestala,
falla conoscere nel corso degli anni.
Nello sdegno ricordati di avere clemenza".

La traduzione del testo ebraico nella versione della Bibbia in lingua greca il penultimo versetto fu reso: " sarai conosciuto in mezzo a due animali" anziché "falla conoscere nel corso degli anni"...

Il papa emerito Benedetto XVI nel suo libro "L'infanzia di Gesù" ricostruisce l'iconografia cristiana e natalizia e conferma che il bue e l'asino non erano nella stalla con Gesù.

Quindi né grotta né stalla. L'evangelista Luca nel testo greco del suo Vangelo usa la parola "katalyma" (= caravanserraglio) per indicare il luogo dove Giuseppe e Maria cercarono alloggio.
Maria  "diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio" (Lc 2,7).
Il caravanserraglio era un luogo di sosta e ristoro per i carovanieri ed il loro bestiame, ma anche per i viandanti. Nel nostro tempo ci sono gli autoporti, i centri logistici per i T.I.R., nei quali ci sono anche alloggi per gli autisti.
#563
Ultimo libro letto / Re: Presepe
03 Gennaio 2023, 13:03:15 PM
La rievocazione della Natività voluta da san Francesco nella grotta-stalla a Greccio ispirò successivamente  il pittore (Giotto di Bondone o Pietro Cavallini ? )  per l'affresco nella Basilica Superiore di Assisi.

Per i fautori di Giotto, questo avrebbe affrescato la fascia inferiore della navata con le 28 "Storie di san Francesco", secondo il testo della  "Legenda" elaborata dal frate Bonaventura da Bagnoregio.


Giotto (?).La scena non è ambientata in una grotta-stalla ma evoca la basilica inferiore di Assisi.

Il pittore ha collocato gli spettatori da un punto di vista dell'abside, che è zona  riservata al clero.

Le caratteristiche dell'ambiente oltre il tramezzo che lo separa dalla navata: un  ciborio, i frati che cantano nel  coro  guardando al leggio, un pulpito  visto dal lato dell'ingresso ed una croce lignea appesa, vista dal dietro, con tutti i rinforzi, raffigurata obliqua mentre pende verso la navata.

In primo piano Francesco con il Bambino tra le mani (provvisto pure lui di aureola)  mentre lo depone nella mangiatoia affiancata dal bue e l'asino;  ma le donne osservano dalla porta perché non possono entrare.

I  frati sporgono in alto rispetto alle altre persone perché  sono in piedi sugli stalli del coro, di cui si intuisce la presenza solo da un piccolo dettaglio vicino la porta. Essi hanno le bocche aperte perché stanno cantando; il loro sguardo è diretto verso il leggio, sul quale c'è il libro con le parole e la musica.


Giotto tornò ad Assisi, quasi 15 anni dopo aver realizzato la sua grande opera d'esordio con le Storie di San Francesco nella Basilica Superiore.

Nella basilica inferiore, il transetto destro e quasi tutto occupato dalle "Storie dell'Infanzia di Cristo", attribuite a quel pittore  e alla sua bottega.



Il Transetto destro della basilica inferiore di Assisi presenta numerosi affreschi di importanti autori del Trecento.

Sulla parete di fondo  c' la scena dell'Annunciazione, attribuita a Giotto e collaboratori.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/c/c4/Giotto%2C_Lower_Church_Assisi%2C_Nativity_01.jpg/800px-Giotto%2C_Lower_Church_Assisi%2C_Nativity_01.jpg

La Natività affrescata da Giotto nel transetto destro della Basilica inferiore di San Francesco d'Assisi, 1313 circa.

L'affresco è unico al mondo. In primo piano  le due figure di levatrici che accudiscono il Bambino; esse  hanno dimensioni ridotte rispetto a Maria seduta sul letto  mentre sorregge il neonato.

I lattanti  sono due, ma  simboleggiano l'unicum, Gesù, che ha  due nature: umana e divina. 

In basso, sulla sinistra, San Giuseppe, come al solito appartato e pensieroso, è seduto su una pietra.

In alto,  sopra la stalla ci sono gli angeli, sembrano schierati per proteggere il neonato.

Il cielo terso di colore bleu è  ottenuto con il pigmento ricavato dal lapislazzulo.

Nella parte destra della composizione c'è il gregge ammassato e due pastori che stanno ascoltando  dall'angelo l'annuncio della nascita del messia, secondo il Vangelo di Luca.
#564
Ultimo libro letto / Re: Presepe
03 Gennaio 2023, 12:59:11 PM
I due citati autori del libro evidenziano che "ll presepe francescano rappresenta la Natività, il presepe napoletano l'umanità; e per questo ha conquistato l'immaginario globale, ed è amato da credenti e non credenti".

Per Niola e Moro la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione: si fondono e si confondono sacro e profano. In poco spazio ci sono le statuine che raffigurano la "folla multicolore e multietnica: pastori, mercanti, suonatori, venditori ambulanti, osti, lavandaie, cuoche contadine, tessitrici, balie, re neri, visir ottomani, schiavi nubiani. Cui anno dopo anno si aggiungono personaggi dell'attualità".

In merito ai personaggi dell'attualità vi faccio leggere un po' di righe scritte dai due docenti.

"Fu Antonio Bassolino, sindaco della città (Napoli), il primo fra i politici a troneggiare sui banchi di via San Gregorio Ameno, il cuore antico dell'arte presepiale napoletana. Sigaretta fra le dita, mani aperte nel gesto di arringare la folla, addirittura aureolato, con il capo circondato da stelline luminose come quello dei santi. Da allora il presepe è diventato un andirivieni di personaggi contemporanei spinti e risucchiati dall'onda della cronaca, una sorta di borsino della popolarità in continua oscillazione.
Dopo Bassolino fu il turno dei 'pastori dalle mani pulite' a far risuonare tra la grotta e la taverna l'eco di Tangentopoli. Fu allora che il pool milanese, con in testa Antonio Di Pietro, fece il suo ingresso in scena, accanto alle figure di sempre, come Benino il dormiente e i Re Magi, la Sacra Famiglia e il pastore della meraviglia.
Con fulmineo tempismo nel 1994 comparve un'attonita statuetta di Berlusconi con in mano un foglio recante l'avviso di garanzia, esposto insieme a Umberto Bossi in canottiera che inalberava un cartello esaltante la virilità leghista in termini crudamente anatomici. Era solo il primo atto di quel teatrino della politica che da allora non ha più abbandonato il presepe. [...]
Ai politici fecero seguito i personaggi dello spettacolo, dello sport e perfino del gossip. E il presepe uscì dai suoi confini per farsi sempre più glocal.
Qualcuno gridò al sacrilegio vedendo in questa contaminazione la fine del presepe. Ma in realtà questo turn over iconografico, che associa i tempi lunghi di una tradizione immemoriale e quelli corti di una storia in cui risuona l'eco immediata della cronaca, hanno sempre caratterizzato il presepe napoletano, facendone una teatrale miniatura del tempo. O meglio dei tempi, sottratti al fluire lineare degli eventi e acronicamente coesistenti"
.

Inoltre: "A Napoli la nascita di Gesù Bambino ha come sfondo il Vesuvio, le montagne appenniniche e le rovine di Pompei. Insomma il presepe è un plastico del dogma teologico della Natività. Ma è anche arte, tradizione, colore locale. Ethos e phatos, sentimento e passione, rito e teatro. Di fatto, il Vangelo in dialetto".

Il sovrappopolamento urbano si trasferisce sulla cartapesta e diventa folla animata e concitata. E' la vita quotidiana sorpresa in un fermo immagine che la consegna all'eternità.
#565
Ultimo libro letto / Il presepe
03 Gennaio 2023, 12:53:13 PM
E' "fresco di stampa" il libro  titolato "Il presepe" (edito da Il Mulino)  scritto dagli antropologi Marino Niola ed Elisabetta Moro.

All'università "Suor Orsola Benincasa" di Napoli il prof. Niola insegna "Antropologia dei simboli" e "Antropologia della contemporaneità", la professoressa Moro è docente di "Antropologia culturale". 

E' interessante il loro libro sul presepe perché considerato dal punto di vista antropologico.

I due autori hanno come riferimento iniziale il cosiddetto "presepe vivente" organizzato da Francesco d'Assisi  con i suoi confratelli la sera del 24 dicembre nel 1223 in una grotta usata come stalla a circa due chilometri da Greccio, in provincia di Rieti, per rappresentare la nascita di Gesù; poi Niola e Moro argomentano sul "presepio napoletano", del quale parlerò in un altro post.

Ma a Francesco quell'idea non venne  come illuminazione dallo Spirito Santo...

Da mie ricerche in  passato sul teatro medievale risulta che antecedente a Greccio nel periodo natalizio in numerose chiese la nascita di Gesù e l'Epifania venivano ricordate con i tropi (brevi dialoghi cantati dai religiosi), poi  dalla mistione dei tropi con i testi canonici derivarono  i  drammi liturgici in lingua volgare (dialogo, musica, elementi scenografici) interpretati da alcuni chierici che recitavano sul sagrato o all'interno della chiesa, con folta partecipazione di persone quasi tutte analfabete che comprendevano ciò che  ascoltavano e vedevano.

La nascita del Bambino Gesù veniva celebrata con le due processioni del cosiddetto "Officium stellae" (i Magi che attraversavano tutta la chiesa fino all'altare dove depositavano i doni) e dell'Officium  pastorum (la processione dei pastori).

L'evoluzione di quella forma liturgica fu poi la rappresentazione della natività da parte di Francesco a Greccio,  ma non c'erano figuranti nel ruolo di Maria,  di Giuseppe e del neonato. Erano presenti solo la mucca e l'asino ai lati di una mangiatoia nella quale era stato messo del fieno e venne celebrata la Messa davanti la grotta- stalla con la partecipazione  di numerose persone.

Si lo so Cono e Rachele, dicendovi queste cose vi faccio crollare un mito, ma così avvenne.

Stando alla tradizione, Francesco e i suoi confratelli in quel periodo erano nella zona di Greccio per il ritiro spirituale sul monte Lacerone, ad un'altezza di oltre mille metri, abitando tra i boschi in una modesta capanna. Spesso Francesco  scendeva in paese, dove predicava il Vangelo. Le sue parole suscitarono l'ammirazione del feudatario  del luogo, Giovanni Velita, che lo esortò a rimanere in quell'ameno luogo.

Il frate Tommaso da Celano (prov. L'Aquila), compagno e primo biografo di Francesco, scrisse che "C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni (Velita, il feudatario) di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme" ("Vita prima", cap. XXX, 468 - 469).
#566
Ultimo libro letto / Re: Luce dalle stelle morte
28 Dicembre 2022, 17:45:51 PM
 
/2
 
Come già detto nel precedente post, gli astrofisici spiegano che la luce stellare arriva a noi con molti anni di ritardo, forse milioni di anni, anche da una stella già morta, scomparsa nel buio dell'universo. In tal caso guardiamo nel cielo notturno una presenza che è assenza, o un'assenza che è presente, come avviene  quando si è coinvolti dal sentimento della nostalgia per un passato che  non è più tra noi, ma anziché diventare oggetto di rimpianto regressivo ci illumina, pur nella sua assenza, ci raggiunge come una visitazione inattesa. E la nostalgia per ciò che non c'è più diventa viatico per il futuro.
 
Massimo Recalcati nel suo ultimo libro "La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia" evidenzia il rapporto della vita con l'esperienza traumatica della perdita di una persona ( ma anche un animale o una cosa) che dava significato alla propria vita.
 
Cosa  ci accade quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca?
 
La vita di ognuno è  segnata dalle perdite, non solo le morti delle persone care, ma anche da altri eventi: la separazione, l'abbandono, il tradimento, la perdita di ideali che si sono rivelati fallimentari. Ogni esperienza di sconfitta o di perdita, fa vacillare il significato del proprio  mondo.
 
Quale   reazione emotiva ed elaborazione psicologica del lutto ci attende per ritornare a vivere?
Secondo Recalcati si reagisce al lutto con due diverse modalità nostalgiche.
La  prima modalità è la nostalgia-rimpianto, che  cronicizza il lutto,  idealizza la perdita, inchioda al ricordo:  "può essere un amore,  può essere una persona cara scomparsa, può essere anche la nostra stessa giovinezza o la vigoria del nostro corpo che negli anni non è più la stessa".
Sono ricordi indelebili, parole indimenticabili, profumi inconfondibili, tempi di gioia e di dolore, ma anche gesti quotidiani che restano scolpiti nella nostra memoria.
Questo tipo di atteggiamento nostalgico induce a pensare al passato ma blocca  il divenire.  "Il passato diventa una calamita che ci sequestra, che ci trattiene, e allora viene meno l'orizzonte dell'avvenire. La nostra vita è tutta all'indietro".
Il  lutto e la nostalgia sono due esempi di come possiamo restare vicini  con il ricordo a ciò che abbiamo perduto senza però farci  sopraffare dal dolore, ma devono  diventare risorsa  per avere la volontà di ricominciare.
 
La seconda modalità è la nostalgia-gratitudine:  necessita di tempo e  dolore per la lenta separazione dall'oggetto perduto,  che non è mai completa. Portiamo sempre con noi i nostri innumerevoli morti per  quello che ci hanno dato:  gli insegnamenti, le parole e i gesti che ci hanno lasciato.
 Questa forma di nostalgia somiglia al fenomeno astrofisico della stella morta, ma la sua luce ci raggiunge dal passato.  Metaforicamente quella luce può essere il ricordo del primo bacio adolescenziale, il gesto di un insegnante, l'abbraccio della madre. Sono piccoli dettagli che abitano nella nostra memoria, non sono necessariamente grandi lezioni, e riescono ugualmente ad illuminare il nostro cammino durante la vita.
#567
Ultimo libro letto / La luce delle stelle morte
28 Dicembre 2022, 17:41:19 PM
Massimo Recalcati, psicoanalista,  ha pubblicato recentemente un suo saggio titolato "La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia", edito da Feltrinelli.

La prima parte del titolo mi ha incuriosito, perciò prima di argomentare su questo libro, reputo opportuno un ripasso "ad alta voce" di alcune nozioni di astrofisica.

Guardando il cielo nelle notti  senza nubi, vediamo  le stelle che brillano di propria luce visibile. Quella luce è suscitata dalla fusione nucleare nel proprio nucleo che  genera energia e viene irradiata nello spazio come  luminosità,  ma ci arriva dal passato. Infatti, se un astro è a mille anni luce, la sua radiazione elettromagnetica, che viaggia alla velocità di 300 mila km al secondo, noi la vediamo com'era mille anni fa.

Tanto più una stella è lontana da noi, tanto  più indietro nel passato fu emessa la luce che vediamo.

Quella luce proviene anche da  stelle che sono morte da migliaia di anni, ma continuiamo a vederla anche se esse non ci sono più.


Galassia della "Via Lattea", formata circa 13 miliardi di anni fa. E'  costituita  da  quasi 300 miliardi di stelle e  da ammassi di nebulose. E' soltanto una delle molte galassie – oltre cento miliardi – che popolano l'Universo. 

La Via Lattea, visibile di notte come una striscia biancastra,  è la galassia che ospita in periferia il nostro sistema solare. 


galassia a spirale, denominata "M 101".

Il Sole è la stella più vicina alla Terra. La sua "luce" impiega  circa otto minuti per raggiungere il nostro pianeta.

La distanza Terra – Sole varia da un minimo di circa 147,1 milioni di km a un massimo di circa 152,1 milioni di km.

La distanza media Terra – Sole è di 149,6  milioni  di km.

La minima e la massima distanza sono determinate dal movimento di rivoluzione che compie la Terra intorno al Sole descrivendo un'orbita ellittica.

Ma cos'è una stella ? In breve,  è un'enorme palla di plasma, gas  bollente, e altri materiali.

Le stelle fondono l'idrogeno del proprio nucleo in elio a temperatura e pressione elevate; le stelle trascorrono in questa fase circa il 90% della propria esistenza.



La sequenza principale termina  quando l'idrogeno, contenuto nel nucleo della stella viene completamente convertito in elio dalla fusione nucleare. 

Le stelle più sono lontane da noi, più vediamo fievole la loro luce.

Le radioonde attraversano con facilità il pulviscolo e  permettono ai radioastronomi di elaborare una mappa della Via Lattea anche per le zone da cui non proviene luce.

Segue
#568
Storia / Re: Storia della "chiocciola"@
27 Dicembre 2022, 21:01:01 PM
Buonasera Eutidemo, 

se ti può essere utile integro quanto hai scritto riguardo la lettera A. 

Tutti i sistemi di scrittura di tipo alfabetico cominciano con la lettera A, dal suo nome greco "alpha", ma la denominazione è di origine semitica (ancora in uso: 'alef in ebraico, 'alif in arabo) e anticamente aveva il significato della nostra parola "bue", che si ottiene in forma stilizzata rovesciando la lettera di 180 gradi, e si può riconoscere la testa di un bovino con le corna vista di fronte.
 
Quando i Greci ricevettero l'alfabeto dai Fenici, la prima lettera era adagiata con le corna verso destra. Furono i Greci a ruotarla portando le corna verso il basso.

Si ignora il motivo di queste rotazioni. Comunque la connessione con la figura che la lettera rappresentava in origine non era più rilevante. Infatti adagiata o completamente rovesciata, la lettera A non rappresentava più il bue, ma utilizzata per rappresentare un fonema, un particolare suono della voce.
Questo segno il valore di bue/toro o bestiame lo aveva avuto  da un geroglifico egizio.
 
La lettera "Alpha" essendo la prima dell'alfabeto era anche usata come cifra per indicare il numero 1 in uno dei due sistemi di numerazione che i Greci utilizzarono nell'antichità.
 
L'alfabeto latino è rimasto immutato dall'epoca della Roma imperiale ai giorni nostri, ma, come detto, ha origini e legami che lo collegano con altri sistemi di scrittura.
 
I Latini, mutuando le lettere dall'alfabeto greco (attorno all'VIII sec. a.C.,  forse tramite gli Etruschi), presero solo quelle necessarie a rappresentare i suoni in uso nella loro lingua corrente.
 
Per esempio la lettera G  fu aggiunta nel III sec. a.C., mentre Y e Z vennero introdotte in epoca repubblicana, in concomitanza con l'aumento dell'influenza culturale greca su Roma, e dunque per la necessità di trascrivere alcune parole greche nel sistema di scrittura latino.
 
La W e la J sono introduzioni medievali atte alla trascrizione di altre lingue (ad esempio quelle anglo-sassoni).
 
Una curiosità riguarda le lettere U e V: esse non vennero distinte fino all'epoca rinascimentale.
I Latini infatti non distinguevano graficamente i due suoni, ed anche la loro pronuncia, nel latino classico, era molto più simile di quanto sia in italiano. In scrittura il segno V rappresentava entrambi i suoni, e in ambito epigrafico la lettera V è stata preferita alla U fino al XXI secolo.

Non  è chiaro come si pronunciasse la V (alcuni glottologi ritengono che stesse a indicare semplicemente il suono della U breve, come in uomo. Il fonema V non esisteva neanche nella lingua greca. 

Dalle epigrafi  si desume che il dittongo vu veniva pronunciato uo. VULT = Uolt.

Cicerone (si pronunciava KIKERO) se ci sentisse leggere oggi un suo testo, stenterebbe a capire che stiamo leggendo un brano in latino.

Recentemente  Alessandro Magrini  ha pubblicato un suo saggio titolato  "Il dono di Cadmo. L'incredibile storia dell'alfabeto", edito da "Ponte alle Grazie". In questo libro ci sono notizie interessanti riguardo ad ogni lettera dell'alfabeto. 
#569
A Milano, per le festività natalizie, c'è la  tradizionale  e gratuita mostra "Natale a Palazzo Marino", fino  al 15 gennaio.
 
L'esposizione di quest'anno, titolata "La carità e la bellezza", è nella Sala Alessi (piazza della Scala 2). Patrocinata dal Comune di Milano in collaborazione con il Comune di Firenze e con la Città metropolitana di Firenze, è un progetto ideato da Palazzo Reale in collaborazione con Gallerie d'Italia, l'Area Biblioteche del Comune di Milano e i municipi. L'iniziativa è resa possibile grazie al contributo di Intesa Sanpaolo, partner istituzionale, che da anni, insieme al sostegno di Rinascente, affianca l'amministrazione nel donare questo appuntamento culturale alla città.
 
Quest'anno la rassegna d'arte propone ai visitatori  quattro capolavori dell'arte toscana provenienti dai musei di Firenze.
 
Uno spettacolare allestimento fa da palcoscenico alla scultura e ai tre dipinti, ricreando in chiave contemporanea l'atmosfera di una basilica.
I tendaggi in seta calano dall'alto per esaltare la preziosità delle opere ed evocare gli interni di una cattedrale.
 
Queste sono le opere d'arte esposte:
 
1."Madonna col Bambino", di Sandro Botticelli;
 
2."Adorazione dei Magi", del Beato Angelico;
 
3."Madonna col Bambino", di Filippo Lippi;
 
4."Carità", di Tino di Camaino.
 
La mostra si estende anche agli altri otto Municipi della città. Dal 13 dicembre le biblioteche di quartiere ospitano importanti opere  d'arte inerenti la carità e della bellezza: quattro tele del Seicento e quattro dell'Otto/Novecento.
 

Tino di Camaino, Carità, 1320 circa, scultura marmorea a tutto tondo, Firenze, Museo Bardini
 
"Carità": questa  scultura realizzata da Tino di Camaino, rimase per circa due secoli all'ingresso del Battistero del Duomo di Firenze, monumento-simbolo dell'identità fiorentina, e successivamente ospitata presso il Museo dell'Opera del Duomo.
Lo stile dello scultore, allievo di Giovanni Pisano, predilige forme semplici, mpostate su volumi geometrici, ed è del tutto paragonabile a quello utilizzato, nello stesso periodo, da Giotto. La figura allegorica della Carità è una donna che si occupa di due bambini, allattandoli al seno.
 
 

Filippo Lippi, Madonna col bambino, 1466-69, tempera su tavola, Firenze, Palazzo Medici Riccardi.
 
Il dipinto fu uno degli ultimi realizzato su tavola dal pittore. Poi si trasferì a Spoleto per affrescare l'abside del duomo.
 
 
 

Beato Angelico, tabernacolo con Annunciazione, Adorazione dei Magi e Sante, 1434 circa, tempera su tavola, Firenze, Museo di San Marco.
 
Per questo tabernacolo il Beato Angelico usò una tecnica tra pittura, miniatura, oreficeria e intaglio. Oltre a offrire un tema  natalizio come l'Adorazione dei Magi, il tabernacolo offre un saggio della sensibilità di Beato Angelico verso i colori che dominano sull'oro del fondo.
 
Quest'opera arriverà in Sala Alessi il 20 dicembre, perché attualmenteè  in prestito alla mostra a San Giovanni Valdarno dedicata  "Masaccio e Angelico. Dialogo sulla verità nella pittura".
 

Sandro Botticelli, Madonna col Bambino, 1490 circa, tempera e tempera grassa su tavola, Firenze, Museo Stibbert
 
Dopo aver raggiunto l'apice della fama e della carriera al tempo di Lorenzo il Magnifico, negli anni che seguono la morte del suo mecenate (1492) Botticelli,
rimase impressionato dalle predicazioni apocalittiche di Gerolamo Savonarola, e il suo turbamento spirituale si riflette sulla sua produzione artistica.
#570
"In tristitia hilaris, in hilaritate tristis"  ("ilare nella tristezza, triste nell'ilarità"): è l'epigrafe che Giordano Bruno volle sul frontespizio della sua commedia titolata "Candelaio". 

La tristezza è frequente anche in persone non affette da depressione.

Quando ci si sente tristi (e non si è depressi), a volte basta il sorriso di una persona per rispondere con un sorriso,  o ascoltare una barzelletta che fa ridere. 

Invece la depressione è una psicopatologia che coinvolge il corpo, i pensieri, il modo di percepire sé stessi e il mondo, gli eventi della vita. La depressione non è una tristezza passeggera e non è modificabile con un atto di volontà.

A volte hai la certezza che chiunque se la passi meglio di te, per esempio la collega con la famiglia perfetta, l'amica in forma smagliante, ecc.. E lo sconforto ti coinvolge perché la tua percezione sbaglia, ti crea  equivoci cognitivi.

La vita di ognuno ha luci ed ombre. Non ci sono persone immuni da problemi e difficoltà di varia natura. Ma in molti individui scatta la "sindrome del brutto anatroccolo",  essenzialmente per due motivi:

il primo motivo: si tende a fare paragoni solo con coloro che per carattere e scelta relazionale comunicano "cose belle", soddisfazioni e successi, tacendo i propri crucci. Frequentando questo tipo di persone è facile sentirsi sfortunati.

Il secondo motivo: in periodi di solitudine, frustrazione, sofferenza, avviene il "confronto diretto" con gli altri, per capire se stiamo meglio o peggio, se valiamo o piacciamo di più o di meno. In questo caso la mente trae in inganno l'individuo, perché mostra  situazioni che confermano la propria insoddisfazione anziché presentarci la situazione nella sua generalità. Un esempio tipico, l'ex compagno di scuola che ha fatto carriera.

La prima cosa da fare quando si è coinvolti in questo fenomeno psicologico è ricordare che la nostra visione del prossimo è sempre soggettiva e parziale.

La seconda cosa è chiedersi perché sentiamo il bisogno di fare paragoni: ci servono conferme sul nostro valore, sulla nostra posizione sociale, sul nostro aspetto fisico, ecc..