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Messaggi - doxa

#556
Ultimo libro letto / Il sorriso di Caterina
23 Marzo 2023, 21:11:38 PM
Dal 15 marzo è in vendita il libro titolato "Il sorriso di Caterina. La madre di Leonardo" (pagg. 528, euro 19), scritto da Carlo Vecce, docente di letteratura italiana all'Università di Napoli, studioso di Leonardo da Vinci.

Il prof. Vecce ha rinvenuto nell'Archivio di Stato di Firenze un documento notarile del 2 novembre 1452 che in parte modifica la biografia di Leonardo da Vinci, che nacque ad Anchiano (frazione del Comune di Vinci) il 15 aprile 1452 e morì ad Amboise (un Comune francese) nel 1519.

L'atto notarile fu rogato da Piero da Vinci, padre di Leonardo, su istanza di Ginevra d'Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Silvestro Nati, proprietaria della schiava di nome Caterina "filia Jacobi eius schiava seu serva de partibus Cirassie".


Questa Caterina era la ragazza che poi divenne la madre di Leonardo.

Il documento attesta la liberazione dal vincolo schiavile della giovane da parte della sua padrona, donna Ginevra.

Quindi la madre di Leonardo, diversamente da quanto creduto fino a poco tempo fa, non era un'umile ragazza della campagna toscana, ma originaria della Circassia, regione del Caucaso e giunta a Firenze come schiava.

L'autore del libro ha idealmente ricostruito il viaggio di Caterina dalle montagne del Caucaso fino al Mare d'Azov, alla foce del fiume Don. Qui venne fatta imbarcare e dopo aver attraversato il Mar Nero, nel 1439 arrivò a Costantinopoli dove fu comprata da mercanti veneziani.

Giunta a Venezia, nel 1442, quando aveva circa 15 anni, venne acquistata come schiava dal suddetto commerciante Donato Nati, che a Firenze abitava a ridosso della chiesa di San Michele Visdomini.

Il Nati poi dette la ragazza "in affitto" al notaio Piero da Vinci, perché le serviva come balia a Maria, la sua prima figlia.

Caterina riceveva 18 fiorini all'anno, un costo elevato in quell'epoca per la mansione servile, ma secondo il prof. Vecce bisogna tener presente che la ragazza veniva anche "usata" sessualmente dal notaio, che aveva l'abitazione a Firenze nel Palazzo Castellani, oggi sede del Museo Galileo Galilei.

Leonardo fu il primogenito del notaio Piero ma non di Caterina, perché in precedenza la ragazza aveva avuto un figlio da un altro, secondo quanto scritto nelle "Ricordanze" dal letterato umanista Francesco di Matteo Castellani.

In seguito Caterina sposò Antonio Butti, detto "attaccabrighe", e visse vicino a Vinci, dando alla luce altri cinque figli: quattro femmine e un maschio. In totale ebbe 6 figli, compreso Leonardo.

Quando le morì il marito, la donna si trasferì a Milano e visse con il figlio, scienziato ed artista, in quegli anni al servizio di Ludovico il Moro.

In uno scritto del 16 luglio 1493 Leonardo dice che la madre è con lui.

L'anno dopo annota che è morta tra le sue braccia e che per il funerale spese 120 soldi.

Fu sepolta a Milano, forse nella chiesa di San Francesco Grande, che custodiva le reliquie di alcuni santi e vi furono sepolti numerosi appartenenti di famiglie nobili milanesi, come i Borromeo, i Moriggia e i Corio.

In quel tempo Leonardo era impegnato in questa chiesa per dipingere nella Cappella dell'Immacolata Concezione la seconda versione della "Vergine delle rocce", commissionata dalla locale Confraternita dell'Immacolata Concezione di Maria.

Nel 1806 sia la chiesa sia l'annesso convento francescano furono demoliti per consentire la costruzione di una caserma, che attualmente sta subendo la ristrutturazione perché in parte serve come ampliamento dell'Università Cattolica.

Durante gli scavi al di sotto della caserma sono tornati alla luce i resti della chiesa di San Francesco Grande, vari luoghi di sepoltura e le volte di alcune cappelle, fra le quali quella dedicata all'Immacolata Concezione. Di questa sono emersi il muro al quale era addossato l'altare, il pavimento, la cripta (con confusi resti umani di antiche sepolture, forse anche di Caterina), i frammenti di cielo stellato dipinto sulla volta dagli Zavattari: una famiglia di pittori, attivi in Lombardia nel XV secolo. Avevano a Milano la loro bottega d'arte.

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#557
Riflessioni sull'Arte / Re: Agnus Dei
21 Marzo 2023, 21:41:28 PM
Ciao Taurus, grazie per le tue informazioni che mi permettono di ampliare la conoscenza in merito.

A proposito dell'apostolo ed evangelista Giovanni, puoi darmi chiarimenti sul versetto 23, capitolo 18 dell'Apocalisse ?

"In te non brillerà più luce di lampada,
e non si udrà più in te voce di sposo e di sposa;
perché i tuoi mercanti erano i prìncipi (=governanti)  della terra
e perché tutte le nazioni sono state sedotte dalle tue magie".
 
Magie in che senso ?

Ho letto che la parola "magia" entrò a far parte del vocabolario greco in seguito ai contatti con la Persia: nella religione zoroastriana, il mago era un sacerdote esperto in pratiche taumaturgiche e astrologiche.

Erodoto, (Storie I, 101) informa che i maghi appartenevano ad una specie di setta  deputata a svolgere, per conto del re, riti funebri, divinazione e profezie.
 
Nell'antica Grecia un rituale simile al capro espiatorio era denominato "pharmakos" (plurale "pharmakoi"). Mirava ad ottenere la "purificazione" mediante l'espulsione dalla città di un individuo, ugualmente detto "pharmakos" (= maledetto).

Nei casi di crisi socio-economica, politica, religiosa o di una calamità naturale sceglievano uno o due individui come "capro espiatorio". Questo  veniva percosso oppure  espulso dalla comunità, forse  a volte uccisi.

Il rito di purificazione aveva la funzione di scongiurare le conseguenze nefaste nella polis. Esso consisteva nella cacciata dai confini della città di due uomini o di un uomo e una donna. Di solito venivano scelti  tra chi aveva commesso un grave reato. L'usanza era scaturita dall'opinione che si potesse trasferire il male (fisico e/o morale)  sopra un oggetto, un animale o un individuo che, poi, doveva essere  allontanato e/o ucciso.

Il poeta e filologo Callimaco di Cirene (310 a. C. circa – 235 a. C. circa) narra che ogni anno veniva scelto un individuo, nutrito a spese pubbliche, poi con le sassate veniva espulso dalla città.

Dallo scrittore ellenico Istro (III secolo a.C.) e dal grammatico Ellàdio (IV secolo d.C.)  si apprende che ad Atene e in altre località della Ionia durante le feste denominate "Thargelia", in onore di Apollo,  il 6 e il 7 del mese Thargelion (maggio) erano soliti espellere dalla comunità una coppia di persone che avevano commesso dei reati affinché la città fosse purificata.  

Il rituale comprendeva  anche un sacrificio in onore della dea Demetra e una processione.

Col tempo il termine Pharmakos venne ampliato di significato  e derivò il termine pharmakeus,  per indicare  una pozione magica, una droga,  ma anche il guaritore, il mago.

Un'altra variante semantica  è "pharmakon" che significa pianta curativa, veleno o droga. Da questa variante deriva il termine moderno "farmacologia".

Nell'Ellade venivano distinti  tre diversi tipi di magia :la pharmakéia, la maghéia e la goetéia.

Pharmakéia:  era quella collegata alla conoscenza delle erbe e dei loro principi medicamentosi (gli attuali erboristi). I cosiddetti "maghi" (maschi e femmine) si dedicavano come attività lavorativa alla farmacopea.  Per curare i malanni usavano erbe medicinali da somministrare ai pazienti e praticavano riti e rituali per invocare l'intervento di varie divinità al fine di guarire l'individuo.

Maghéia: era l'attività di derivazione ermetica, orientale, cabalistica, tramite la quale l'uomo colto poteva avvicinarsi ai misteri divini, alla ricerca della conoscenza e della perfezione.

Goetéia: era invece la cosiddetta "magia nera", tramite la quale si commettevano anche dei crimini.

Un diffuso pregiudizio nei confronti delle donne voleva che queste fossero le più capaci nella  di goetéia; pregiudizio che continuò nel Medioevo tra le popolazioni,  anche per "merito" dei clerici e tenuto presente nei tribunali dell'Inquisizione.

Nell'antica Roma c'era il terrore delle streghe; ne è testimonianza il racconto che fa Trimalcione ai suoi commensali durante la cena descritta da Petronio Arbitro nel Satiricon, in cui un ragazzo muore e il suo corpo viene martoriato dalle streghe. Petronio conclude dicendo: "Esistono donne che sanno cose che noi non immaginiamo nemmeno, maghe notturne capaci di capovolgere l'ordine naturale delle cose".

Pure Apuleio nelle "Metamorfosi" descrive una donna nell'atto di compiere riti magici nel chiuso del suo antro-laboratorio dove "Fanno bella mostra membra in gran copia strappate ai cadaveri dopo il compianto funebre e persino dopo la sepoltura".

In ambito cristiano,  negli Atti degli Apostoli è citato il mago  Simone:  "C'era da tempo in città un tale di nome Simone, dedito alla magia, il quale mandava in visibilio la popolazione di Samaria, spacciandosi per un gran personaggio. A lui aderivano tutti, piccoli e grandi, esclamando: "Questi è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande" (At 8, 9 – 10).

Il mago Simone dopo aver ascoltato le prediche del diacono Filippo si convertì al cristianesimo e decise di farsi battezzare. Successivamente, volendo aumentare i suoi "poteri", offrì  del denaro agli apostoli Pietro e Giovanni: Simone, vedendo che per l'imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito, offrì loro del denaro, dicendo: "Date anche a me questo potere, affinché colui al quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo".  Ma Pietro gli disse: 'Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai creduto di poter acquistare con denaro il dono di Dio' " (At 8, 18- 20).

Dal nome di questo cosiddetto "taumaturgo" e dal suo tentativo di poter commercializzare in modo peccaminoso beni sacri spirituali deriva il sostantivo "simonia": questa parola allude alla compravendita di cariche ecclesiastiche o l'acquisizione di beni spirituali in cambio di denaro.

Dante Alighieri nella "Commedia" collocò i simoniaci fra i dannati nella terza bolgia dell'ottavo cerchio nell'Inferno (Canto XIX).  Sono condannati a restare capovolti all'interno di fori nella roccia, con una fiamma rossastra che brucia sui loro piedi. Quando sopraggiunge un nuovo dannato entra in uno dei fori e fa  sprofondare in basso gli altri. Tale pena segue questo  contrappasso: come in vita "calpestarono" lo Spirito Santo  vendendo i posti ecclesiastici, ora lo Spirito Santo (sotto forma di fiamma) brucia loro i piedi.
 

Gustave Doré, Dante e Virgilio nel cerchio dei simoniaci.
#558
Riflessioni sull'Arte / Agnus Dei
19 Marzo 2023, 17:47:39 PM

Francisco de Zurbaràn, Agnello di Dio, 1635 – 1640, olio su tela, Museo del Prado, Madrid.

Sfondo nero e una tavola grigia,  sulla quale è posato un agnello di razza merinos con le zampe legate in una postura sacrificale. L'animale sembra rassegnato al suo ferale destino.

Al luminoso vello si oppone lo sfondo tenebroso. È il modo in cui l'artista spagnolo ha raffigurato il "peccato" a cui si oppone la vera luce, quella che dà vita. Gesù/Dio è infatti Colui che toglie il peccato del mondo.

Dell'Agnus Dei,  diffuso soggetto devozionale nel '600,  il pittore  Zurbaràn  dipinse alcune versioni, per esempio l'agnello con l'aureola sul capo, simbolo di beatitudine.


Francisco de Zurbaràn, Agnus Dei, 1635-1640, Museum Of Art, san Diego (Stato della California, U.S.A.)

Il  mansueto agnello con le zampe legate ha l'aureola sul capo come segno di divinità: è l'Agnus Dei, che obbedì al volere del Padre per la salvezza dell'umanità dal peccato.

Vi faccio leggere quanto scrisse  il giornalista e saggista Goffredo Fofi in un articolo sul quotidiano "Avvenire"  del 14 aprile 2017  titolato "Il monito dell'Agnus Dei di Francisco de Zurbaran". Condivido l'opinione di Fofi.

"Farò la figura dell'ingenuo, ma della bellissima festa della Pasqua c'è una cosa che mi ha sempre disturbato: il massacro degli agnelli e dei capretti, a migliaia, forse addirittura a milioni, che accompagna il pranzo domenicale, la festa della Resurrezione. 

Il sacrificio di Gesù mi è chiaro, e mi è abbastanza chiara la simbologia che lo accompagna nei riti della tradizione cristiana, ma non riesco ad accettare che ne debba conseguire la sofferenza e la morte dei animali che sono le più innocenti, probabilmente, tra le creature viventi. 

Agnelli e capretti sono i piccoli di due specie vegetariane (come vegetariano è l'asino che porta Gesù a Gerusalemme) ma che, proprio per questo, per la loro mitezza e scarsa aggressività da cui consegue la loro difficoltà a difendersi, sono da sempre, nell'ordine imperfetto della natura, le più facili prede delle specie carnivore, uomini compresi, ma sono anche, sempre per la loro mitezza, oggetto di singolari attenzioni umane, dei pastori e non solo, proprio perché emblema dell'innocenza. 

Anche i pastori più buoni e più amanti del loro gregge sono abituati a ucciderli e mangiarli o a venderli perché altri li uccidano e li mangino, come accade massicciamente proprio in questi giorni. 

E' la loro innocenza e il loro candore ad aver scelto gli agnelli (e i capretti) come simbolo dell'innocenza di Gesù, perché il suo sacrificio ricorda il loro, e in qualche modo lo rispecchia. 

Una delle pitture più sconvolgenti è per me, dalla prima volta che ne vidi una riproduzione, l'Agnus Dei di Zurbarán, un quadro di piccole dimensioni che mostra un agnello le cui zampe sono legate insieme da una corda, e che attende senza reagire, candido e puro, che arrivi qualcuno a ucciderlo (sono state "incaprettate" legando loro insieme mani e piedi, nell'uso mafioso e nel linguaggio giornalistico che ne è derivato, molte vittime del crimine, in ambiente appunto di tradizione pastorale). 

L'Agnus Dei è Gesù, l'agnello sacrificale. Ma mentre questo dovrebbe allontanarci dal massacro degli agnelli, accade da secoli che per la Pasqua si sia noi a sacrificare gli agnelli, per mangiarceli (e questo accade in molte altre religioni). 

Credevo da piccolo che uccidendo l'agnello si tornasse a uccidere Gesù, e continuo a non capire perché, per evocare quel sacrificio, se ne dovessero compiere tanti e tanti altri, ogni anno, a danno delle più innocenti tra tutte le creature del regno animale, e credevo fosse invece dovere del cristiano proteggere e amare e salvare l'innocente agnello, come un modo per onorare Gesù. 

Gli antropologi e teologi hanno certamente delle risposte, ma ciò nonostante io continuo a sognare che a Pasqua, e sempre, si uccidessero meno innocenti, sia umani che animali, e che anzi non si uccidesse nessuno. Mentre la nostra epoca continua a coniugare, con nuova estrema violenza la barbarie tecnologica (l'atomica) senza affatto rinunciare alle barbarie primordiali".
#559
Ultimo libro letto / Re: Capro espiatorio
19 Marzo 2023, 14:58:02 PM
 
Buongiorno  "Ricercatore".  :)

Ricercatore anche sinonimo di "trovatore" compositore ed esecutore di testi poetici e melodie ? 

Si, hai ragione, per leggere "Il capro espiatorio" di René Girard ci vuole pazienza. Spazia su vari temi, a volte in modo prolisso.

Per argomentare nel mio thread mi son limitato a quello nell'ambito giudaico-cristiano.
Ciao
#560
Ultimo libro letto / Re: Capro espiatorio
19 Marzo 2023, 12:34:41 PM
Ciao Bob,
la motivazione metafisica ? Fa venire il mal di testa !  ;D

Aiutami a capire. Perché nella scelta del "capro espiatorio" subentra la menzogna: "sempre presente nel voler colpire l'innocente" ?

Se la scelta è condizionata,  il problema mi sembra che sia psicologico e antropologico, non filosofico, non metafisico.

Sto pensando a Gustave Le Bon e al suo noto libro "Psicologia delle folle". L'autore analizza il ruolo ambivalente delle masse che non hanno la visione d'insieme di un evento e si lasciano trascinare da un leader nefasto:  sono pronte a farsi uccidere per il trionfo di un ideale oppure ad uccidere o a distruggere come vile atto vandalico.

La domanda è: perché ? La motivazione è psicologica o metafisica ? A me sembra psicologica.

Anche se la menzogna"  serve "a deviare la colpevolezza da me ad un altro", la questione rimane psicologica non metafisica.

Hai aggiunto ?

CitazioneNon sono infatti io, proprio io, il colpevole dei mali del mondo?

Il mondo che non è come dovrebbe essere, non sarà forse a causa mia?

Un fardello gravoso da reggere. È allora facile cadere nella tentazione di attribuire la responsabilità ad un altro.

Il capro espiatorio è una espressione della difficoltà del molteplice nell'accettare di essere
Uno.

La parte che ho quotato mi fa pensare alla psicopatologia, al masochismo, a quei  ferventi cattolici che si colpevolizzano per i mali del mondo e non alla metafisica.

Un bel saluto
#561
Ultimo libro letto / Re: Capro espiatorio
18 Marzo 2023, 19:04:28 PM
Dal Vangelo di Luca 23, 1 – 5):

1"Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato
2e cominciarono ad accusarlo: Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re.
3Pilato lo interrogò: Sei tu il re dei Giudei?. Ed egli rispose: Tu lo dici.
4Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: Non trovo nessuna colpa in quest'uomo.
5Ma essi insistevano: Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".

Dal Vangelo di Giovanni (18, 22 – 23): "...una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù, dicendo: 'Così rispondi al sommo sacerdote?' Gesù gli rispose: 'Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?' ".

L'evangelista Giovanni introduce il personaggio della moglie di Pilato per rendere a costui più difficile la decisione se salvare o meno Gesù.

La moglie chiede al marito di resistere alle richieste della folla. 

In questo modo l'apostolo Giovanni vuole evidenziare che Pilato è fra due poli di attrazione mimetica: da un lato la moglie che vuole salvare Gesù, dall'altro la folla. Nonostante il legame tra moglie e marito, è la folla a vincere.

Pilato ha il potere di liberare Gesù ma la folla influisce sulla sua decisione ed ecco l'unanimità dell'assassinio collettivo.

Affinché la rappresentazione persecutoria raggiunga la massima efficacia, bisogna che avvenga nelle circostanze più difficili e sfavorevoli alla verità.

Ai Vangeli interessa indicare l'unanimità dei persecutori.

Secondo Girard i Vangeli rivelano il meccanismo del capro espiatorio e la sua natura inconscia.

La frase che definisce l'inconscio collettivo di tipo persecutorio è: "Padre mio, perdonali perché essi non sanno quello che fanno" (Lc., 23, 34).

A Gerusalemme l'apostolo Pietro rivolgendosi alla folla disse: "Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi" (At 3, 17). In questa frase sono evidenti due aspetti:

Caifa, sommo sacerdote, chiese di far morire Gesù di Nazaret anziché avere ripercussioni contro Israele da parte delle legioni romane. Ciò che dice il sacerdote è la motivazione del capro espiatorio. Si deve limitare al massimo la violenza: uno al posto della nazione.

Caifa si dimostra un capo affidabile e sicuro perciò viene assecondato nella sua richiesta di far morire Gesù.

La decisione politica dell'autorità preminente prevale, ma in periodo di crisi accade il contrario. E' la folla a prevalere. La fusione tra autorità e popolo avviene tramite il capro espiatorio.

La folla è potente e le autorità si inchinano ad essa e le cedono le vittime che reclamano, come fa Pilato. In questo modo le autorità vengono assorbite dalla folla.

I conservatori vogliono consolidare tutte le autorità costituite, sono sensibili alle minacce di violenza provenienti dalla folla, mentre per i rivoluzionari è il contrario, essi sacralizzano le violenze della folla.

L'evangelista Matteo racchiude in una frase l'insieme del procedimento per giungere alla scelta del capro espiatorio: "Dovunque sarà il cadavere, là si raduneranno gli avvoltoi" (Mt., 24, 28).

I Vangeli non utilizzano il termine "capro espiatorio", ma "agnello di Dio".

Un altro esempio di capro espiatorio è l'antico profeta ebreo Giona. Durante la tempesta, la sorte designa Giona come vittima che i marinai gettano in mare per salvare sé stessi e la nave.

The end
#562
Ultimo libro letto / Re: Capro espiatorio
18 Marzo 2023, 18:53:12 PM
L'antropologo René Girard afferma che il denominatore comune dei miti consiste in due transfert:

il primo, detto transfert di aggressività, consiste nella lapidazione o nell'espulsione della vittima, per avere in cambio un beneficio concreto per l'intera comunità che è la ricomposizione della crisi e la successiva pace (anche se temporanea);

il secondo, detto transfert di divinizzazione, consiste nella venerazione della vittima immolata da parte della comunità riappacificata, una venerazione giustificata dal potere conciliatorio del capro.

Se il transfert che demonizza la vittima è forte, la riconciliazione che ne consegue è improvvisa e rapida.

Le tregue conseguite con il meccanismo vittimario sono temporanee, di breve durata, per questo il ricorso al capro espiatorio è frequente e dà vita a una serie di violenze ininterrotte.

Secondo Girard è necessario l'intervento esterno di qualcuno che sia capace di svelare il processo vittimario rendendo i membri dei gruppi consapevoli del male commesso e della sua inutilità.

L'individuo che si incarica di far luce sul meccanismo vittimario deve essere un estraneo o un membro del gruppo che sia capace di essere arbitro al di sopra delle parti. Questo soggetto è, per Girard, il Cristo.

Questo antropologo offre una lettura importante del Cristianesimo, indicandolo come il punto di svolta culturale che porta una nuova visione del sacrificio perché svela l'innocenza della vittima.

Le società primitive erano strutturate in modo tale da non dubitare della colpevolezza e della vittima.

Nell'ebraismo e nel cristianesimo questa credenza sparisce perché la vittima è presentata come innocente: è questa la vera rottura tra l'universo mitico e quello ebraico-cristiano, la rivelazione del sistema del capro espiatorio. Ci mostrano una vittima contro la quale tutta la comunità si è riunita, ma che è una vittima innocente.

Secondo Girard "le tenebre" sono la metafora per indicare la condizione di accecamento della folla in preda a frenesia che non sa quello che fa. Ecco perché Cristo in punto di morte chiede perdono per i suoi aguzzini che non sanno quello che fanno: in quel momento sono incapaci di comprendere il male che stanno per commettere.

"Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno" (Lc, 23, 34).

Gesù descrive l'incapacità della folla scatenata di ragionare in modo razionale. I persecutori credono di "far bene" e sono convinti di agire per la verità e la giustizia, credono di salvare in tal modo la loro comunità.

I Vangeli gravitano intorno alla passione di Cristo, al dramma del capro espiatorio, della vittima.

I Vangeli respingono le persecuzioni, così facendo distruggono le culture che ne derivano.

Il potenziale delle rappresentazioni persecutorie diventa più debole se si individuano i meccanismi psicologici che sottendono al capro espiatorio.

Se questi meccanismi vengono resi noti perdono di efficacia, e l'individuo crederà sempre meno alla colpevolezza della vittima.

"Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me" (Gv 15, 18 e 20 – 25);

"Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine" (Lc 22, 37); ecc..

I persecutori odiano senza una causa ma non ne sono coscienti.

Nei salmi penitenziari le vittime urlano nel momento della loro persecuzione, i loro nemici li circondano e li colpiscono.

segue
#563
Ultimo libro letto / Capro espiatorio
18 Marzo 2023, 18:46:27 PM
L'antropologo e filosofo franco-statunitense René Girard (1923 – 2015) alcuni anni fa pubblicò il saggio titolato "Il capro espiatorio" (edit. Adelphi). Il libro è ancora in commercio.

L'autore, per "illuminare" il meccanismo psicologico della persecuzione e del sacrificio, esamina e interpreta come antropologo anche alcune parabole di Gesù ed episodi dei Vangeli, come Salomé, il rinnegamento di Pietro, i demoni di Gerasa.

La sua è un'ipotesi sul funzionamento sociale e culturale umano. Dice che uomini e donne usano anche le credenze religiose per le relazioni sociali.

Questa teoria tratta il livello emotivo e antropologico: gli individui riescono a gestire i conflitti emotivi incanalandoli in cerimonie e riti religiosi e culturali, oppure trasformandoli in racconti e narrazioni mitologiche.

Quando la rivalità diviene eccessiva, o insorgono paura e insicurezza, un sentimento di odio si diffonde tra le persone e tende a convergere minacciosamente su una sola vittima: è questa che Girard chiama capro espiatorio (un individuo o un animale) che deve pagare al posto di altri, non perché sia colpevole, ma perché la comunità non può trovare accordo se non unendosi contro qualcuno o qualcosa.

Il capro espiatorio svia la violenza del gruppo sociale canalizzandola su di esso: bersaglio non pericoloso, il suo assassinio non sarà vendicato, perché è reietto e nel contempo salvatore, con il suo sacrificio "lava" la comunità dalle sue colpe.

Girard trova l'origine del legame sociale nella menzogna del capro espiatorio e nella violenza della sua uccisione, cioè nella condivisione da parte del gruppo dell'assassinio di un innocente, capace di cementare il patto di convivenza tra i suoi membri.

Lo studioso evidenzia come il sacro, la religione ed i miti nascano dal processo vittimario che si scatena in momenti di grave crisi socio-economica di una comunità e che minano la solidità del gruppo umano.

Nei periodi in cui è messa a repentaglio la sua stessa sopravvivenza, come nella caso di una carestia o di una pestilenza, la tranquilla esistenza della collettività è sconvolta e gli individui, incapaci di fronteggiarla, vanno alla ricerca di uno strumento di ricomposizione della crisi, capace di rassicurare e riconciliare gli animi.

In questi casi, emerge sempre la stessa soluzione con le singole rivalità tra gli individui che degenerano velocemente dando vita ad un desiderio unanime e indifferenziato di vendetta.

Il "contagio" si diffonde nella comunità interessando anche le persone meno coinvolte.

La folla contagiata è pronta a seguire la prima indicazione di un colpevole additato da un leader per concentrare contro questo bersaglio tutto l'odio di cui è carica. La persecuzione può assumere tragiche dimensioni, come le guerre.

Ma cosa spinge la folla a scegliere questa o quella vittima? E perché non prova compassione per la sua sorte?

Analizzando singoli miti e una quantità di casi storici, Girard giunge alla conclusione che la folla in preda a frenesia sceglie le proprie vittime non in base a indizi di colpevolezza, ma di caratteristiche fisiche o situazionali che associa alla sacrificabilità del soggetto.

Nella dinamica del capro espiatorio non si ricorre al normale procedimento di incriminazione tipico del processo penale, ma si individua sommariamente qualcuno come portatore delle caratteristiche di un potenziale responsabile dei mali sofferti dalla collettività.

I capri espiatori hanno segni evidenti di diversità fisica o morale dal resto del gruppo. Possono avere un difetto fisico o psichico, oppure appartenenti a una diversa religione, com'è successo agli ebrei o agli eretici nel Medioevo e nel Rinascimento.

Il secondo elemento è la loro non necessità alla sopravvivenza del gruppo.

Scegliendo un soggetto con queste caratteristiche, la società cerca di sviare in direzione di una vittima relativamente indifferente, una vittima sacrificabile, una violenza che rischia di colpire i suoi stessi membri che invece intende proteggere.

Se gli individui riescono a convincersi che uno solo di loro è responsabile della crisi che scuote la collettività, se riescono a vedervi la macchia che li contamina tutti, distruggendo la vittima sacrificale crederanno di sbarazzarsi del loro male.

segue
#564
Riflessioni sull'Arte / Re: Arte e capro espiatorio
18 Marzo 2023, 18:35:19 PM

Renato Guttuso, Crocifissione, olio su tela, (200×200 cm), 1941, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna
In questo dipinto l'artista volle rappresentare non solo l'episodio evangelico della crocifissione di Gesù ma anche il dramma della seconda guerra mondiale, l'universalità e l'attualità del dolore.

L'intento di Guttuso non fu quello di raffigurare Cristo che muore per i peccati quotidiani, ma di simboleggiare l'umanità dolente.

Il quadro fu esposto nel 1942 al "Premio Bergamo" suscitando le ire del clero, perché considerato blasfemo e indecente.

Critiche arrivarono anche dal regime fascista , perché la scena allude alla guerra.

Questa provocatoria Crocifissione è significativa nella produzione dell'artista poiché riassume in sé sia la drammaticità del momento storico, sia l'anticipazione della componente ideologica che caratterizzerà la sua pittura, e più in generale il Realismo Sociale, negli anni seguenti.

In merito il pittore siciliano scrisse:

"La nudità dei personaggi non voleva avere intenzione di scandalo. Era così perché non riuscivo a vederli, a fissarli in un tempo: né antichi né moderni, un conflitto di tutta una storia che arrivava fino a noi. Mi pareva banale vestirli come ogni tentativo di recitare Shakespeare in frac, frutto di una visione decadente. Ma, d'altra parte, non volevo soldati vestiti da romani: doveva essere un quadro non un melodramma. Li dipinsi nudi per sottrarli a una collocazione temporale: questa, mi veniva da dire, è una tragedia di oggi, il giusto perseguitato è cosa che soprattutto oggi ci riguarda. Nel fondo del quadro c'è il paesaggio di una città bombardata: il cataclisma che seguì la morte di Cristo era trasposto in città distrutta dalle bombe".

Ed aggiunse: "La crocifissione deve essere il dramma di tutti gli esseri umani e in questo senso una scena comune. Questo è tempo di guerra e di massacri: gas, forche, decapitazioni, voglio dipingere questo supplizio del Cristo come una scena di oggi. Non certo nel senso che Cristo muore ogni giorno sulla croce per i nostri peccati ma come simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee".

La scena è ambientata in un paesaggio collinare, le case sono accennate, squadrate secondo lo stile cubista. L'abitato è vicino ad un fiume.

I vivaci colori danno una forte carica espressiva ai corpi dei personaggi e all'opera stessa.

La tela raffigura più persone.

Le tre croci con Gesù e i due ladroni non sono una di fianco all'altra e frontali come da secolare tradizione, ma disposte in diagonale, una dietro l'altra, simile allo schema seguito da Rembrandt nel disegno "Cristo in croce tra i due ladroni".

Il volto di Gesù non è visibile, perché coperto dalla croce antistante, ma è riconoscibile dal drappo bianco nel girovita e dalla corona di spine sul capo.

Un particolare interessante riguarda la figura di Cristo e di uno dei due ladroni: hanno i pugni chiusi, simbolo dei comunisti (Guttuso era iscritto al partito comunista), fu un espediente per manifestare il suo dissenso politico e culturale al regime fascista.

Ai piedi della croce di Gesù c'è la madre, nuda, con le mani alzate, mentre tenta di asciugare il sangue che esce dalla ferita nel costato del Figlio.

Dietro Maria c'è la Maddalena, nuda nella parte superiore del corpo: è inginocchiata davanti la croce con le braccia spalancate.

Vicino la madre di Gesù, un'altra pia donna con vestito celeste, con le mani si copre il volto piangente.

In primo piano, sulla sinistra, dietro il cavallo bianco con il collo torto e la copertina sottosella di colore rosso sulla schiena, c'è un uomo a petto nudo che con la mano sinistra sorregge l'asta con in cima la spugna bagnata con la polsca (bevanda dal basso costo in uso nell'antica Roma dalla plebe e dai legionari) per raggiungere di Gesù agonizzante in croce, nell'altra mano ha due dadi.

Il cavallo bianco con il collo torto rimanda a quello presente nel "Guernica" che Picasso realizzò nel 1937.

#565
Riflessioni sull'Arte / Re: Arte e capro espiatorio
18 Marzo 2023, 17:52:16 PM
Grazie Ipazia !

Adesso ti offro Masaccio  ;)


Masaccio, Crocifissione, tempera su tavola a fondo oro, 1426. Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli.

Questa tavola è una parte del "Polittico di Pisa" (Polittico dei Carmelitani) del quale era il comparto centrale superiore.
Fu dipinto da Masaccio (1401 – 1428) per la chiesa del Carmine a Pisa.

Scena della Crocifissione con tre "dolenti": Maria (la madre di Gesù), l'apostolo Giovanni e Maria di Magdala, rappresentata in ginocchio di spalle al centro (riconoscibile dal vestito rosso e dai capelli biondi), mentre è piegata in avanti ed allarga le braccia, disperata.

Sulla parte alta della croce è dipinto l'albero della vita, simbolo della risurrezione.

La testa di Cristo è incassata nel collo, il volto brunito è colto nel momento del trapasso, dopo il dialogo tra lui, sua madre e Giovanni: il Nazareno dice a Maria: "Ecco tuo Figlio", e a Giovanni: "Ecco tua madre". E l'ultima disposizione di Gesù come uomo: è un atto d'amore verso la madre che l'affida al giovane Giovanni perché sia sicura.

Maria, avvolta dall'ampio mantello blu, è davanti la croce, con le mani giunte.

Sull'altro lato c'è Giovanni, con il capo reclinato, il volto afflitto, anche lui con le mani giunte; il movimento delle braccia è evidenziato dal blu di una manica che contrasta con il rosso del manto.
#566
Riflessioni sull'Arte / Re: Arte e capro espiatorio
18 Marzo 2023, 17:38:20 PM
Sappiamo che Dio si è "incarnato" per "salvare" l'umanità dal peccato originale.
 
 Giovanni il battezzatore (considerato dalla religione cristiana l'ultimo profeta dell'Antico Testamento e il primo apostolo di Gesù Nazaret) mentre era a Betania sulla riva del fiume Giordano per somministrare il battesimo, vedendo Gesù venire verso di lui per farsi battezzare, disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!" (Gv 1, 29). Questa frase evangelica allude a Cristo vittima sacrificale per redimere l'umanità dal peccato.
 
 Nella simbologia dell'arte cristiana l'agnello che porta una croce rappresenta Cristo, l'Agnus Dei.



Matthias Grünewald, dettaglio dalla Crocifissione di Isenheim (1516). Musée d'Unterlinden, Colmar (Francia)



Il polittico fu realizzato fra 1512 e 1516.



Gesù Cristo affisso sulla croce: il suo corpo è segnato dalle ferite della flagellazione, ha il capo cinto da una corona di spine, le mani attraversate da chiodi, i piedi sono sovrapposti e tenuti insieme da un grosso chiodo;

guardando il dipinto, sul lato sinistro ci sono tre figure:

il discepolo Giovanni (evangelista) in abito rosso, i capelli biondi, è rivolto verso la madre di Gesù: con il braccio destro la sorregge dietro la schiena, invece, la mano sinistra stringe la mano destra di Maria, che indossa una bianca veste ed ha il capo coperto con il velo bianco; ha le mani giunte, imploranti verso il Figlio; la donna in ginocchio è Maria di Magdala indossa un ampio mantello rosaceo, anche lei ha le mani giunte rivolte verso Cristo;

sull'altro lato della croce, sulla destra, c'è Giovanni Battista, che indossa una rozza veste realizzata con peli di cammello, nella mano sinistra tiene il libro aperto delle sacre scritture, con l'indice della mano destra indica Gesù come Agnus Dei, simbolicamente raffigurato dall'agnello mistico vicino la gamba destra del battezzatore; l'animale, che con la zampetta destra sorregge la croce lignea addossata al corpo, ha il petto ferito e versa il sangue in un calice.

Sopra il braccio destro piegato del battista si vede una scritta: "Illum oportet crescere, me autem minui" (= Lui deve crescere; io, invece, diminuire), la frase è tratta dal Vangelo di Giovanni (3, 30).


#567
Riflessioni sull'Arte / Re: Arte e capro espiatorio
18 Marzo 2023, 16:49:30 PM
L'argomento "capro espiatorio" coinvolge la storia religiosa, la teologia, ma anche la letteratura.

Ma cosa s'intende per "capro espiatorio" ?

In modo puerile mi rispondo !

Capro: è il maschio della capra domestica.

Espiatorio: questo aggettivo allude alle preghiere o al rito sacrificale per ottenere da una divinità la liberazione dalla propria colpa.

Ergo,  la frase "capro espiatorio" (in inglese "scapegoat")  indica un oggetto, un totem, un animale, ma anche  un individuo. A questi  vengono attribuiti i mali e le colpe di altri.

"Giorno dell'espiazione" (in ebraico Yom kippur).

Il sostantivo  "espiazione" deriva dal latino "expiare", parola composta dalla particella intensiva "ex" (= fuori) e dal verbo "piare" (= rendere pio, puro). 

Espiazione di una colpa commessa e liberazione  da questa mediante l'accettazione e la sopportazione della pena inflitta a tale scopo.

L'espiazione tramite il sacrificio espiatorio:  è il modo con il quale un individuo o una comunità  cerca di ingraziarsi una divinità per  farsi perdonare da questa le colpe.

In tempi remoti oltre gli animali venivano sacrificate persone: (neonati, bambini o adulti)  per avere il favore o il perdono divino.

Col passar del tempo i sacrifici umani  non furono più praticati  e sostituiti da gesti simbolici.

Per la religione ebraica l'espiazione è collegata al peccato commesso.

Dall'infrazione anche involontaria contro le prescrizioni stabilite dal patto che lega Israele a Dio, nasce una colpa oggettiva (1 Samuele 14, 2)  con effetti sanzionatori, punitivi, sul colpevole o su una comunità. 

Il capro espiatorio: con il sacrificio della vittima sacrificale  il peccato dell'offerente passava all'animale sacrificato e il perdono ottenuto passava all'offerente.

Nell'antica tradizione religiosa ebraica nel giorno dedicato allo Yom Kippur (= Giorno dell'espiazione), la comunità di Gerusalemme offriva due capri da sacrificare nel Tempio per l'espiazione dei propri peccati.

Il sommo sacerdote estraeva a sorte tra due "capri" (=arieti):

il primo veniva immolato nei pressi dell'altare dei sacrifici, collocato all'ingresso del Tempio.
Il sangue dell'animale veniva utilizzato in modo simbolico per purificare il tempio e l'altare profanati dai peccati degli Israeliti (vedi Levitico 16, 5 – 10).

Il secondo capro subiva una sorte diversa. Il sommo sacerdote poneva le sue mani sulla testa dell'animale e simbolicamente gli attribuiva i peccati del popolo di Israele. Poi il capro veniva portato in una zona desertica a circa 12 chilometri da Gerusalemme, dove, secondo la tradizione rabbinica, veniva precipitato da una rupe (Levitico 16, 20 – 22). Questo rituale permetteva alla comunità di essere "liberata" dai peccati.

La bestia non veniva offerta a YHWH perché i peccati che le erano stati attribuiti la rendevano impura, come tale inadatta ad essere vittima sacrificale.

Secondo molti esegeti questo rito è un esorcismo derivato da arcaici riti agresti preesistenti l'ebraismo.

Il rito è descritto nel capitolo 16 del Levitico, nella Mishnah (cap. 6) e nel Talmud, fogli 66 e 67).

In senso figurato con "capro espiatorio" s'intende la persona sulla quale si fanno cadere colpe non sue: "essere il capro espiatorio", "fare da capro espiatorio".
#568
Riflessioni sull'Arte / Arte e capro espiatorio
18 Marzo 2023, 16:40:02 PM
La "Celebratio passionis Dominis": celebrazione della Passione del Signore  il venerdì che precede la Pasqua cristiana,  i fedeli commemorano la condanna, la tortura e la crocifissione di Gesù Cristo, il  "capro espiatorio".

Caravaggio realizzò questo dipinto riguardante la fase della flagellazione di Gesù.


Michelangelo Merisi, detto "il Caravaggio", "Flagellazione di Cristo", 1608 circa, olio su tela, cm 286 x 213, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli
 
Il contrasto fra luce e ombra caratterizza numerosi dipinti di Caravaggio. Anche in questo lo sfondo scuro domina la scena, centrata intorno alla colonna dove è poggiato il Nazareno. Il suo corpo è illuminato da un fascio di luce.
 
Gesù, nudo, tranne che per il bianco perizoma che gli cinge i fianchi, ha la corona di spine sul capo chinato in segno di accettazione della volontà di Dio.
 
Intorno a lui ci sono due dei suoi torturatori. Quello di sinistra tira i capelli a Gesù, quello di destra gli lega le mani dietro la schiena facendosi forza con la gamba.
 
Un terzo uomo è in primo piano in posizione chinata mentre prepara il flagello (strumento di tortura), vicino la gamba sinistra del Nazareno.
 

Particolare dell'aguzzino in primo piano
 
Indagini ai raggi X hanno consentito di vedere che la tela è formata da tre distinti pezzi di stoffa, due con le stesse dimensioni sono uniti all'altezza dell'ombelico di Cristo, un altro, largo 17 cm, è aggiunto sul margine destro per completare il piede dell'aguzzino, con la realizzazione del suo tallone, che in origine era tagliato.
#569
Tematiche Spirituali / Tempo pasquale
13 Marzo 2023, 21:44:37 PM

Tempo di Pasqua, tempo di solidarietà. Tempo della fiducia e dell'impegno.

Gesù esorta a distinguere i segni dei tempi.

Cogliere questo tempo pasquale come un tempo di scelta: che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è.  

Ve la ricordate Mafalda, quella immaginaria bambina di 6 anni, ribelle, che odia la minestra ed è protagonista dell'omonima striscia a fumetti ? S'interessa degli avvenimenti quotidiani nel mondo, come la fame, l'emigrazione, il razzismo, la guerra. Quando chiede spiegazioni agli adulti, le sue domande spesso suscitano crisi di nervi, curate con "Nervoclam".



In una striscia a fumetti l'impertinente Mafalda chiede: "Mamma, che cos'è la beneficenza ? E' forse quella cosa per cui i ricchi si riuniscono per mangiare molte cose deliziose, così da raccogliere fondi per dare da mangiare ai poveri poche cose cattive ?"
 
 E' prassi diffusa il rito collettivo pomposamente definito "pranzo o cena di beneficenza" per mettere in pace le coscienze dei benestanti.
 
 Quell'obolo viene esaltato come gesto di grande generosità, in realtà è una "carezza" del proprio ego, una giustificazione per "sentirsi a posto con la coscienza".


 Lo scrittore e drammaturgo francese Pierre Corneille (1606 – 1684) in un suo aforisma scrisse:
 
"Un beneficio perde la grazia a dargli troppa pubblicità; chi vuole che sia ricordato, deve dimenticarlo per primo".
 
 Altro che cartoncini d'invito, erogazioni pubbliche, ringraziamenti, ecc., si devono sempre tener presenti le parole di Gesù nel Vangelo di Matteo: "Quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti per essere lodati dalla gente. Invece, quando fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (6, 2 – 4).
 
 
#570
Riflessioni sull'Arte / Re: Amedeo Modigliani
11 Marzo 2023, 22:18:25 PM

Amedeo Modigliani, ritratto di Jeanne Hébuterne, 1919, olio su tela, collezione privata.

Bene ! Sono giunto alla conclusione di questo thread.

I ritratti di Modigliani non da tutti sono graditi.

Voglio dirvi che ho cominciato questa discussione perché  nei giorni  scorsi avevo letto che messer Niccolò Machiavelli nel "Principe" scrisse: "ognun vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei".

Invece il filosofo e gesuita spagnolo Baltasar Gracián y Morales (1601 – 1658) in una delle sue  "sentenze" o detti popolari nel  suo libro titolato "Oráculo manual y arte de prudencia", pubblicato nel 1647, afferma che: "Le cose non si percepiscono per quello che sono, ma per come appaiono. Pochi sono coloro che guardano in profondità, molti quelli che si appagano delle apparenze".

Mentre l'artista Amedeo Modigliani alla sua amata Jeanne quando  gli chiese perché non dipingeva l'iride negli occhi,  Modì rispose: "Dipingerò i tuoi occhi, soltanto quando avrò conosciuto la tua anima".

Infatti si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima.

Comunque con questo thread ho cercato di saperne un po' di più su Amedeo Modigliani e su Jeanne Hèbuterne. La mia ricerca ho voluto condividerla con voi. Spero sia stata di vostro gradimento.

Il tragico finale  di quella coppia fa meditare sulla forza dell'amore. A questo, e a Jeanne idealmente dedico un fiore


Jeanne Hébuterne

the end