Personalmente, a differenza di quanto forse pensa la maggioranza dei miei colleghi scienziati, ritengo che il problema del riduzionismo sia dovuto ad un fraintendimento di cosa è la "coscienza".
Per capirci supponiamo di descrivere un fenomeno mentale, ad esempio io che stamattina decido di scrivere questo messaggio. Supponiamo che il mio cervello sia collegato con un macchinario perfetto che rileva e assoccia correttamente ogni mio pensiero (o altra attività mentale, come un'emozione) ad un determinato fenomeno neurologico. Un fantomatico neuroscienziato che studia la mia attività cerebrale dirà: "ora ti si sono attivati questi neuroni, QUINDI scrivi il messaggio". Questo "QUINDI" mette in relazione un fenomeno "oggettivo" (mi si perdoni il termine dogmatico
) ossia l'attivazione di "questi neuroni" con un altro fenomeno oggettivo, ossia la mia decisione di scrivere "questo messaggio". Qual è il problema? Semplice questa descrizione fin dal principio non ha MAI tenuto conto che ci possa essere qualcosa di associato a tali fenomeni rilevabili che non può essere rilevato. Il problema di ogni teoria scientifica della coscienza è che fin dal principio esclude la possibilità che esista qualcosa di "non rilevabile". Ergo l'esperienza soggettiva può essere certamente associata a fenomeni "oggettivi" però per sua natura non può essere rilevata. E questo nel caso estremo in cui è possibile associare ogni fenomeno mentale a qualcosa di neurologico.
Poi ci sono i cosiddetti "philosophical zombies" (zombie filosofico). Visto il carattere soggettivo dell'esperienza e visto che nessuno di noi può avere coscienza di quello che sperimenta "davvero" un altro, se faccio una descrizione dei fenomeni che fin dal principio non tiene conto di eventuali fenomeni non rilevabili allora posso pensare a questo esperimento mentale. Ossia ad "esseri" che si comportano come esseri coscienti pur non essendolo. Questo io ritengo sia il punto fondamentale di questo dibattito. Visto che non è possibile "provare" ciò che prova un altro (e ciò vale anche per la lettura del pensiero: in tal caso io conosco gli stati mentali dell'altro ma non provo ciò che lui prova!) allora per quanto mi riguarda in una descrizione puramente "oggettivistica" posso benissimo dimenticarmi della "coscienza" - o meglio dire della "soggettività". Eppure come ben sappiamo la soggettività c'è. Quindi la domanda è: come posso distinguere se quello che ho davanti è uno zombie filosofico o un essere "senziente"? (questo è legato al problema dei "qualia")
Poi ci sono altri problemi. Ad esempio: l'informazione può essere ridotta alla sua "attualizzazione" fisica. Pensiamo ad un bit e ad avere due sistemi di codifica dell'informazione. Un interruttore spento o acceso e una porta aperta o chiusa. Associo al valore "zero" l'interruttore spento e la porta chiusa. Ora: un calcolatore deve spegnere l'interruttore ogni volta che vede la porta chiusa. La porta si chiude e quindi spegne l'interruttore. Ora il problema è che l'informazione è qualcosa di molto interessante perchè questo "evento" può in realtà avere molti significati. Uno è quello banale appena visto. Un altro è questo: un mio amico per dirmi che è uscito il mio film preferito al cinema chiude la porta. Io ho davanti invece l'interruttore. Lo vedo spegnersi e capisco che è uscito il mio film preferito. Tuttavia il mio amico invece di farmi questo tipo di messaggio poteva anche darmi un colpo di telefono. Come possiamo vedere tutti queste "attualizzazioni" dell'informazione sono "associate" allo stesso significato. Quindi lancio questa sfida al materialista. Da dove dunque nasce il significato?
Altro problema: la stanza cinese di Searle (personalizzo la variante). Io non conosco né il cinese né l'inglese ma sono in possesso di un vocabolario cinese-inglese. Sono intrappolato in una stanza a due porte. Sotto una delle due porte arriva un messaggio in cinese. Io utilizzando il vocabolario traduco la frase dal cinese all'inglese e passo il messaggio sotto l'altra porta. Io non ho capito il messaggio. Però chi riceve il messaggio in inglese può pensare che invece io abbia capito tutto. Se poi questo "vocabolario" in realtà è il testo di un programma di intelligenza artificiale che ha passato il Test di Turing, io ho simulato la capacità di comprendere il testo, pur non comprendendo affatto le lingue (la versione di Searle è più semplice: doveva "solo" tradurre dal cinese all'inglese, che conosceva). Nuovamente come può un osservatore esterno capire se ho "capito" o meno qualcosa? Nuovamente mi si potrebbe dire: guardando l'attività neuronale. Ma nuovamente il fatto che a tale attività sia associata un'esperienza è un mero assioma. Qui non c'è una "spiegazione" dell'esperienza soggettiva.
Per capirci supponiamo di descrivere un fenomeno mentale, ad esempio io che stamattina decido di scrivere questo messaggio. Supponiamo che il mio cervello sia collegato con un macchinario perfetto che rileva e assoccia correttamente ogni mio pensiero (o altra attività mentale, come un'emozione) ad un determinato fenomeno neurologico. Un fantomatico neuroscienziato che studia la mia attività cerebrale dirà: "ora ti si sono attivati questi neuroni, QUINDI scrivi il messaggio". Questo "QUINDI" mette in relazione un fenomeno "oggettivo" (mi si perdoni il termine dogmatico

Poi ci sono i cosiddetti "philosophical zombies" (zombie filosofico). Visto il carattere soggettivo dell'esperienza e visto che nessuno di noi può avere coscienza di quello che sperimenta "davvero" un altro, se faccio una descrizione dei fenomeni che fin dal principio non tiene conto di eventuali fenomeni non rilevabili allora posso pensare a questo esperimento mentale. Ossia ad "esseri" che si comportano come esseri coscienti pur non essendolo. Questo io ritengo sia il punto fondamentale di questo dibattito. Visto che non è possibile "provare" ciò che prova un altro (e ciò vale anche per la lettura del pensiero: in tal caso io conosco gli stati mentali dell'altro ma non provo ciò che lui prova!) allora per quanto mi riguarda in una descrizione puramente "oggettivistica" posso benissimo dimenticarmi della "coscienza" - o meglio dire della "soggettività". Eppure come ben sappiamo la soggettività c'è. Quindi la domanda è: come posso distinguere se quello che ho davanti è uno zombie filosofico o un essere "senziente"? (questo è legato al problema dei "qualia")
Poi ci sono altri problemi. Ad esempio: l'informazione può essere ridotta alla sua "attualizzazione" fisica. Pensiamo ad un bit e ad avere due sistemi di codifica dell'informazione. Un interruttore spento o acceso e una porta aperta o chiusa. Associo al valore "zero" l'interruttore spento e la porta chiusa. Ora: un calcolatore deve spegnere l'interruttore ogni volta che vede la porta chiusa. La porta si chiude e quindi spegne l'interruttore. Ora il problema è che l'informazione è qualcosa di molto interessante perchè questo "evento" può in realtà avere molti significati. Uno è quello banale appena visto. Un altro è questo: un mio amico per dirmi che è uscito il mio film preferito al cinema chiude la porta. Io ho davanti invece l'interruttore. Lo vedo spegnersi e capisco che è uscito il mio film preferito. Tuttavia il mio amico invece di farmi questo tipo di messaggio poteva anche darmi un colpo di telefono. Come possiamo vedere tutti queste "attualizzazioni" dell'informazione sono "associate" allo stesso significato. Quindi lancio questa sfida al materialista. Da dove dunque nasce il significato?
Altro problema: la stanza cinese di Searle (personalizzo la variante). Io non conosco né il cinese né l'inglese ma sono in possesso di un vocabolario cinese-inglese. Sono intrappolato in una stanza a due porte. Sotto una delle due porte arriva un messaggio in cinese. Io utilizzando il vocabolario traduco la frase dal cinese all'inglese e passo il messaggio sotto l'altra porta. Io non ho capito il messaggio. Però chi riceve il messaggio in inglese può pensare che invece io abbia capito tutto. Se poi questo "vocabolario" in realtà è il testo di un programma di intelligenza artificiale che ha passato il Test di Turing, io ho simulato la capacità di comprendere il testo, pur non comprendendo affatto le lingue (la versione di Searle è più semplice: doveva "solo" tradurre dal cinese all'inglese, che conosceva). Nuovamente come può un osservatore esterno capire se ho "capito" o meno qualcosa? Nuovamente mi si potrebbe dire: guardando l'attività neuronale. Ma nuovamente il fatto che a tale attività sia associata un'esperienza è un mero assioma. Qui non c'è una "spiegazione" dell'esperienza soggettiva.