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Messaggi - iano

#5551
Attualità / Re:sul diritto d'autore
15 Dicembre 2018, 04:10:07 AM
Le cover appaiono a tutti come tali proprio in questi tempi di massima condivisione , mentre una volta erano facilmente confuse per originali.
Non credo che lo scopiazzare sia un danno in se' per la creatività, dato che la copia dice sempre qualcosa di nuovo e la creatività non deve essere necessariamente pura , e in effetti non lo è mai , sia che i suoi riferimenti siano prossimi , sia che siano lontani , consci o meno.
Paradossalmente a me sembra che la condivisione diffusa sia da ostacolo a questo tipo di creatività in quanto qualunque copia , indipendentemente dal suo valore intrinseco , risulterà perdente rispetto all'imprinting che tutti possediamo , conoscendo tutti l'originale.
Una canzone capolavoro di De Andre' è un rifacimento di un brano di Teleman , ignoto ai più e che al confronto suona scialbo , come fosse una cover di De Andre'.
La differenza credo sia nello spirito con cui si copia , e non nel copiare in se'.
Un LP di cover dei Rolling Stones che io comprai da ragazzo pensando fosse dei Rolling Stones rimane per me superiore agli originali , anche se sembra una bestemmia e forse lo è.
Fare queste cover dal vivo era una volta un modo di diffondere la musica , che oggi non è più necessario , ma non credo che la creatività abbia guadagnato da ciò.
A fare copie , anche solo per mestiere , si rischia di impossessarsi dello spirito dell'autore , diffondendolo se pur reinterpretato e nella reinterpretazione c'è creatività.
Quindi forse il fatto che oggi le cover non paghino , per i motivi sopra detti , lo vedo come un impoverimento per la creatività.
Mi chiedo ad esempio che fine abbia fatto lo spirito di un  " In a gadda da vida " degli Iron Butterly che sembra essersi completamente perso.
#5552
Se tutti sottostiamo allo stesso se , allora ben possiamo sottostare alle stesse illusioni.
Sempre che abbia capito cosa sia il se', e posto che ritengo la coscienza come qualcosa di sopravvalutato.
#5553
La riflessione di Jung , che la materia ci sia ignota quanto lo spirito , mi sembra profonda e profetica. Non rimane allora da chiedersi da cosa nasca l'illusione collettiva di evidenza e concretezza della materia, e , in contrapposizione l'insondabilita' del suo alterego, lo spirito .
Se materia e spirito sono legati da un destino comune , il fatto che all'indagine scientifica la materia si presenti sempre più sfuggente , cosa comporta di riflesso  per l'apparentemente insondabile spirito , nascosto , secondo la poetica leggenda oggetto di questa discussione , sotto i nostri occhi?
Se ciò che vediamo non è fatto della sostanza che ci appare , forse allora è fatto della stessa sostanza di ciò che non ci appare.
Forse il se è l'io sono il contraltare , parimenti illusorio , di spazio e materia?
#5554
Tematiche Culturali e Sociali / Re:I terrapiattisti
14 Dicembre 2018, 16:45:29 PM
Il valore da dare ad un gruppo sociale deriva dalle credenze su cui basa?
Forse , ma non per chi appartiene a quel gruppo .
Per chi appartiene al gruppo esso ha un valore in se' , e va difeso da ogni attacco.
Quando si attaccano le credenze del gruppo si attacca il gruppo e il gruppo si difende e si compatta.
Quanto siano giuste e razionali le critiche conta poco.
La reazione è sempre la stessa indipendentemente dal valore che noi diamo alle credenze del gruppo.
A un milanese doc chiediamo se è milanista od interista, e non perché, e se ci risponde che è juventino non ci stupiamo più di tanto.
Queste dinamiche sociali sono sempre state sotto gli occhi di tutti noi , e internet si limita ad evidenziarle.
Se al posto di interista e milanista mettiamo occidentale e non occidentale il risultato non cambia.
Il motivo per cui si difende il proprio gruppo non ha a che fare , se non apparentemente, coi valori su cui il gruppo si fonda.
Tuttavia se me attacchiamo i valori ciò vale per un attacco al gruppo , e non c'è da attendersi una risposta razionale.
Una società basata sui valori della scienza si è dimostrata e continua a dimostrarsi una utopia , ed è così oggi come lo era ieri , ma oggi ci appare più evidente di ieri.
Possiamo solo far notare en passant , che quelle società che , se volete accidentalmente , si basano , almeno in parte , sui valori della scienza , sono quelle che progrediscono di più.
La scienza dunque è un arma efficace , ed è sotto gli occhi di tutti oggi come ieri , ma oggi come ieri non c'e nessuna corsa agli armamenti , se non in senso non figurato , e solo in tal senso la scienza acquista valore.
Per difendere il proprio gruppo e non per rifondarlo su essa.
#5555
Tematiche Culturali e Sociali / Re:I terrapiattisti
13 Dicembre 2018, 17:51:24 PM
Citazione di: InVerno il 27 Settembre 2018, 18:13:34 PM

Come è possibile che l'idea più stupida del mondo raccolga tanti consensi, e quali sono i meccanismi di internet (il colpevole è evidente) che danno credibilità a questa e altre stupidaggini? Siamo davvero pronti per un accesso incondizionato all'informazione, se questi sono i risultati ?




* https://today.yougov.com/topics/philosophy/articles-reports/2018/04/02/most-flat-earthers-consider-themselves-religious
Credo che internet semplicemente amplifichi le dinamiche sociali, rendendole evidenti.
#5556
Tematiche Culturali e Sociali / Re:I terrapiattisti
08 Dicembre 2018, 05:23:04 AM
Ciao Elia.
È vero che nessuna cultura ama in modo deliberato mischiarsi con altre , ma è quando questo succede , e che lo si voglia o no succede , che nascono le grandi culture , come quella occidentale.
Nessuna antipatia personale , ma tu parli della cultura occidentale come se fosse caduta dal cielo e non il prodotto del continuo mescolamento di popoli e culture.
Giusto vantare la nostra cultura , ma ti invito ad usare il senso critico che invochi per comprenderne le origini.
Si tratta di una origine travagliata , e questo Travaglio continua ancora.
Quando questo travaglio si arresta la cultura diventa piatta....come la terra.😅
Può non piacere come va' il mondo, e non piace neanche a me , ma è autolesionista non voler vedere i lati positivi  della cosa.
Può non piacermi che la terra sia tonda, perché non corrisponde alla mia percezione, ma la mia percezione non fa' scienza.
Allo stesso modo si può percepire la cultura occidentale come superiore per diritto divino , ignorando la sua vera origine.

#5557
Mettere in dubbio quel senso in effetti significa mettere in allarme l'istinto di sopravvivenza della società che lo ha adottato come collante.
L'esigenza di un senso nasce in ultima analisi da un istinto sociale , e la società , una volta costituita , si difende difendendo il suo senso .
Le società comunque si evolvono e ciò comporta modifiche di senso , le quali si hanno solo se si è usata sufficiente tolleranza verso il libero pensiero.
La domanda è: ci vuole più coraggio a restare liberi pensatori o ad aderire in modo acritico ad una società ?
Da che parte sto io dovrebbe essere chiaro , ma mi sforzo di immedesimarmi nell'altra parte , senza riuscire ad identificarmi (purtroppo ? ).
Mi è toccata questa parte e me la tengo.
Ci vuole coraggio , e io ce l'ho , ma non mi sembra che la forza stia dalla mia parte.
#5558
Sono d'accordo,ma.....
I deboli che si aggrappano formano un gruppo forte , rispetto al quale i forti isolati risultano deboli satelliti , costretti comunque a girarci attorno.
Quindi il senso ha a che fare con la creazione di una società.
Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo , e in fondo è fin troppo facile da smascherare , quanto pericoloso farlo.
#5559
Citazione di: Sariputra il 18 Novembre 2018, 23:50:33 PM
Possiamo immaginare la vita come una partita a carte. La 'mano' che ti viene servita rappresenta il determinismo, ma il modo in cui giochi con le carte in tuo possesso rappresenta il libero arbitrio. E non c'è nessuna 'rottura' di causa/effetto  perché solo con quelle carte puoi giocare e solo con quelle regole del gioco.
Ma se giochi al meglio il tuo gioco è determinato dalle tue carte , in base alle regole .
Anche se è vero che si impara dagli errori , e solo se sei libero di sbagliare , cioè se non nasci imparato , puoi giungere al meglio.
#5560
Quando non conosciamo la causa non possiamo sapere se esiste oppure no  , e ciò che ci appare è il caos , sia che la causa esiste sia che non esiste.
È possibile ricreare un ambiente caotico innescando cause così complesse da sfuggire al nostro controllo, e ciò diventa un succedaneo di mancanza dii cause.
Ciò che a noi appare come libero arbitrio potrebbe semplicemente avere cause complesse che sfuggono al nostro controllo.
Dunque , così come fingiamo il caso lanciando un dado , parimenti per fingere il libero arbitrio devono innescarsi cause che non riusciamo a controllare.
Il fatto dunque che ci appare di fare scelte libere, non implica che lo siano.
Il punto è però che le cause delle mie scelte sono così complesse che io stesso non posso prevedere le scelte che faro' , e le mie scelte appaiono capricciose a me stesso.
Se ammettiamo il determinismo in modo esclusivo ( perché ciò non sembra necessario ) non sembra essere la mia volontà la causa delle mie scelte , anche se ciò mi sembra.
Il concetto di volontà stesso si svuota.
Caos e volontà appaiono come le diverse facce di una stessa medaglia dunque.
Una medaglia che se non esistesse bisognerebbe inventare, e che in effetti siamo stati capaci di inventare.
Strano , no?
Qual'e' la causa di questa invenzione?
Come facciamo ad uscire da questo quadro che attraverso la nostra riflessione su termini che lo definiscono , come caos e libertà, mostrai suoi limiti?
Seppure non possiamo escludere che sia  possibile dimostrare che ciò che ci appare libero e caotico non lo siano , non possiamo neanche dimostrare che caos e libero arbitrio puri non esistano.
Perché l'ipotesi del determinismo dovrebbe essere esclusiva?
In fondo ciò che a noi interessa è poter fare previsioni utili , e il fatto che gli eventi possano non avere una causa , non implica l'impossibilità di una previsione utile , se ci accontentiamo di una previsione sulla media degli eventi.
Noi vogliamo conoscere il mondo per poterlo prevedere in funzione delle nostre azioni oppure per una conoscenza in se'?
Ogni volta che diamo la seconda risposta troviamo grosse difficoltà.
Non è arrivato il momento di chiedersi perché?
Come si fa' a giustificare una conoscenza in se'?

#5561
Ciao Ox , sono d'accordo.
Il punto è che ognuno ha una sua filosofia , anche quando non lo sa' , o peggio lo nega, e questa influenza pesantemente la nostra vita , nel bene e nel male.
Avere consapevolezza di ciò significa poter mutare il quadro , se occorre , con minore inerzia.
In questo mondo di rapidi cambiamenti questa esigenza diventa pressante.
Perché , se anche non fossimo capaci in questo modo di risolvere i nostri problemi , eviteremmo  almeno di cercare un capro espiatorio , sapendo che il problema è dentro ognuno di noi.
#5562
Sono sostanzialmente d'accordo.
Penso sia importante più che trovare il proprio quadro filosofico , più o meno coincidente coi quello dei filosofi di grido, capire i meccanismi che sottostanno all'evoluzione del pensiero, per poterli riprodurre con metodo.
Nel mio piccolo cerco di farlo seppur a scapito di un discorso coerente .
All'interno di un quadro coerente è possibile fare domande che non trovano risposta , finché non si riformula la domanda uscendo dal quadro.
Questo è quello che prima o poi succede.
Ma perché aspettare che ciò succeda invece di farlo accadere con metodo.
Peccato che le domande sbagliate siano sempre le più attraenti e intriganti, e perciò tendono a divenire dei mantra .
All'interno di un quadro filosofico coerente e completo ci sono termini dati per scontati , ma che tali non sono.
Quando entrano a far parte di domande senza risposta ce ne rendiamo conto.
Quando succede bisogna cambiare quadro avendo acquisito l'elasticita' mentale per farlo.
Questa elasticità, questa ricerca di metodo , sono più importanti di ogni possibile quadro filosofico che è possibile dimostrare non poter essere mai definitivo.
Infatti la possibilità che ciò succeda equivale a fissare un linguaggio , quello attraverso cui il quadro filosofico si definisce , da non mutare più.
Assurdo no?
Come volevasi dimostrare.☺️
Per me la filosofia è la palestra del pensiero dove chi si ferma è perduto.
Ricostruire la base filosofica per me significa far rientrare in palestra i troppi fuoriusciti , e non credo che spiegare la filosofia sia la porta giusta per rientrare  , posto che apprezzo moltissimo i tuoi buoni propositi.
Quando i più saranno rientrati in palestra inevitabilmente ne verrà fuori un campione,e quello noi chiameremo filosofo.
#5563
Ciao Ox.
Sono interessato al pensiero dei filosofi , che però diventa solo spunto per i miei pensieri.
È vero poi come dici che ci sorprende l'attualità  dei filosofi del passato , che a me sembrano relativamente accessibili rispetto ai moderni.
Evidentemente occorre un tempo di sedimentazione culturale del pensiero filosofico e ad esso attingiamo indirettamente condividendo una cultura.
Non credo che il pensiero dei filosofi nasca con dinamiche particolari , e forse ciò ci viene erroneamente suggerito dal fatto che essi ci appaiono come isole , mentre una volta erano la punta di un iceberg.
Io faccio parte di ciò che sta sotto l'iceberg , che però ormai non ne è più la gran parte , ciò che gli dava un senso.
Bisogna ricostruire la base del pensiero filosofico.
Si può fare in un forum come questo?
Temo di no.
Ma se non qui dove?
Sono interessato al pensiero dei filosofi Ox , ma di gran lunga di più al tuo.
#5564
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Ottobre 2018, 10:30:25 AM
Sulla base del mio percorso personale, vorrei provare ad inquadrare la filosofia sotto una luce un pò insolita (anche
per dare una risposta a coloro che "non si sentono all'altezza" di intervenire nelle discussioni; perchè magari le trovano
troppo "difficili", come emerso recentemente in un altro post).
Il mio percorso personale di avvicinamento alla filosofia parte dal mondo dell'informatica (anche se fin da ragazzino
sempre stato appassionato di storia), e in particolare da quello specifico campo chiamato in gergo "hacking".
Insomma, non ero propriamente un "hacker" (termine che, almeno allora, aveva un ben preciso significato), ma ero uno
che, diciamo, bazzicava in quel mondo...
Il mio primo maestro di filosofia hacker (perchè di vera e propria filosofia si trattava) è stato Richard Stallmann, il
padre del cosiddetto "software libero". Da Stallmann io imparai quel concetto di "curiosità per come le cose funzionano"
che mi è stato di fondamentale importanza per "comprendere" la filosofia (per il più o meno che io l'abbia compresa...).
Il passaggio dal mondo dell'informatica a quello della filosofia vera e propria è stato per me naturalissimo.
Sì, perchè naturalissimo è stato il voler capire "come le cose funzionino" (basta un pò di curiosità...) in generale;
nelle, chiamiamole, "strutture nascoste del mondo e della mente umana".
Ma quel mondo informatico (cui fra l'altro anche il mio "strano" nomignolo è riconducibile...) mi ha insegnato anche
un'altra cosa, che adesso voglio sottoporre alla vostra attenzione.
Stallmann era uso ripetere spesso questo concetto: "se noi due abbiamo ognuno una mela e ce le scambiamo restiamo con
una mela a testa; ma se ci scambiamo la nostra conoscenza essa sarà per ciascuno di noi molto aumentata".
Siamo con ciò giunti ad un concetto in quel mondo fondamentale, che ha dato senso e significato allo stesso "appartenere"
a quel mondo: la condivisione gratuita del sapere, della conoscenza.
Ecco quindi, l'"hacker" era (o ancora è, non so...) colui che non solo possedeva una conoscenza "tecnica" profondissima,
ma che metteva a disposizione di tutti i "curiosi" quella conoscenza.
Vorrei quindi un pò portare questa mentalità all'interno del mondo della filosofia, rivolgendomi appunto a coloro che pensano
di "non essere all'altezza" esortandoli ad essere curiosi, a chiedere a chi, almeno presumibilmente, sa senza alcuna remora
o timore di apparire ignoranti ("nessuno nasce professore", dice un saggio adagio popolare).
Il "filosofo", se autentico, vi risponderà con pazienza e senza alcuna ombra di saccenza (direi anzi che vi risponderà con vero
piacere...).
saluti
Un percorso interessante il tuo.
Io sono uno di quelli che non chiede ulteriori spiegazioni.
Perché?
Credo perché sono marginalmente interessato alla conoscenza della filosofia,attraverso eventuale condivisione , mentre sento pressante il bisogno di filosofare e non riesco a pensare di poterlo fare in modo soddisfacente senza condividerlo.
Non conoscendo la filosofia non corro il rischio di usare termini ad alcuni indigesti , e tuttavia con difficoltà ottengo lo scopo.Magari perché mi devo inventare i termini di volta in volta e succede così che non appaia io meno chiaro ai filosofi di quanto i filosofi non appaiono chiari a me.
Credo quindi che un forum di filosofia non sia il posto giusto in assoluto per le mie esigenze , ma credo anche non vi sia nulla di meglio.
Quindi , anche se a volte mi sento ghettizzato , non ne farei una colpa alla mancata chiarezza o pazienza mell'esporre dei miei amici di forum.
Siccome finora a questa discussione hanno risposto solo filosofi allora ho pensato di dire la mia , visto che quelli come me questa discussione chiamava in causa.
😊
Naturalmente filosofi e non filosofi condividiamo l'amore per il pensiero e il desiderio di scambiarcelo liberamente , ma diversamente condizionati, nel bene e nel male , da ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo , e pro e i contro di ciò mi pare siano ben emersi in questa discussione.
Succede poi che io provi a condividere i miei pensieri con chi non ha interesse specifico di alcun tipo in materia filosofica.
E magari non ci riesco , ma senza potermi nascondere dietro l'uso di termini tecnici, visto che non ne possiedo.
Difficilmente però trovo persone , che , alle mie insistenze , non accettino
la discussione mostrando alla fine interesse.
Insomma la filosofia è una ma i livelli sono diversi , e in fondo l'ostacolo per tutti è dare le cose per scontate, sia che ciò derivi da approfondita conoscenza che da inconsapevole pregiudizio.
Ciò che è difficile condividere non è la filosofia (basta volerlo , studiando o chiedendo  ) , ma un libero pensiero , che per quanto inevitabilmente condizionato , non si curi di citare direttamente o indirettamente le fonti del condizionamento , e una citazione indiretta del proprio condizionamento è certamente l'insieme dei termini specialistici usati.
#5565
Citazione di: viator il 10 Novembre 2018, 01:00:54 AM
Salve Iano. Citandoti : "Che almeno in parte noi funzioniamo come computer (è ancora con maggiore efficienza) era già sotto i nostri occhi".

Naturalmente si tratta di un modo di dire improvvisato che io giustifico ampiamente.

Si tratta però, se presa alla lettera, di una considerazione degna di ironia.

Sembrerebbe che l'evoluzione autonoma ed intrinseca dei computer un bel dì abbia generato una rozza e parziale copia di sè.

Non è che la tecnologia umana tenda  a produrre oggetti che riproducano in parte le funzioni del nostro corpo, cervello incluso ? Saluti.
Ciao Viator. Non ho compreso del tutto la tua  risposta , ma provo a rispondere.
La scienza comprende la natura e la tecnologia la riproduce , uomo compreso.
Non si tratta però di costruire dei doppioni in competizione con gli originali in genere. Si tratta di arricchire il sistema con nuove parti che collaborano insieme.
Se li mettiamo in competizione la cosiddetta intelligenza artificiale ha perso in partenza contro la naturale.
Posso provare a fare un doppione ma solo al fine di comprendere come funziona l'originale , o in alternativa per sopperire ai difetti del sistema nel caso dell'uomo (handicap ).
Esistono tecniche empiriche che permettono di riprogrammare le funzionalità del nostro cervello per ovviare ad accidentali danni.
Zone del cervello adibite a specifiche funzioni possono essere riprogrammate per altre funzioni. Ciò perché ormai sappiamo il cervello essere molto plastico , mentre fino pochi decenni fa' era diffusa la convinzione che dopo i sei mesi di vita questa plasticità andasse perduta.
Naturalmente si riduce con l'eta', ma è sempre presente.
Molte delle funzioni che svolgono i nostri sensi sono svincolati dalla coscienza,specie le funzioni salva vita.
La coscienza in questi casi richiede tempi pericolosamente lunghi.
La coscienza non è un bene in se' , anche se a noi piace pensarlo.
Senza coscienza però non c'è scienza.
Ma scienza e coscienza sono solo parti del sistema.
Noi non dobbiamo replicare il sistema, ma arricchirlo insaporendolo con un pizzico di coscienza in più o in meno dove serve.
Il pregio di una macchina è proprio quello di non avere coscienza e in parte noi siamo quella macchina.
Chiedersi se una macchina può acquisire coscienza è un non senso , quindi.
Perché trasformo una parte utile in una parte che serve a cosa?
Naturalmente si potrebbe rispondere che servirebbe a capire cosa è la coscienza , così come costruire una macchina intelligente ci aiuta a capire cosa è l'intelligenza.
Ciò non è impossibile per principio.
In fondo abbiamo capito di essere IN PARTE macchine dopo averle costruite.
Entrano in gioco comprensione e imitazione ma non in modo diretto.
Una volta capito che il cervello è in parte un computer ci siamo chiesti se era possibile riprogrammarlo.Come?
Basta chiederlo a chi è cieco non dalla nascita,ad esempio.
Loro lo hanno fatto senza che nessuno glielo ha insegnato.
Si può riprogrammare anche un cervello sano a fini specialistici.
Se decidi ad esempio di diventare un assaggiatore professionista non occorre tu sia dotato di natura e quando lo diventi il tuo cervello si è modificato.
Presumibilmente coscienza e intelligenza sono i prodotti di un sistema non attribuibili ad una sua parte.
Se le andiamo a cercare in una parte è solo perché non sappiamo dove andare a parare , e può andare ben anche così, ma se ci aggiungiamo poi il corollario della paura per quella parte ,la macchina , che pensa ha coscienza ed è intelligente ,allora qui l'ironia ci sta tutta.