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Messaggi - anthonyi

#5566
Citazione di: davintro il 14 Gennaio 2019, 16:40:22 PM
il populismo lo intendo come atteggiamento direttamente implicato e implicante con il totalitarismo. Qualunque forza politica si voglia presentare come "vera rappresentante del popolo", magari in contrapposizione alle altre forze, che invece rappresenterebbero le odiate (e soprattutto invidiate...) elites, mostra di avere una concezione del tutto falsata del "popolo", che tanto retoricamente esaltano come primario riferimento della loro politica. Di fatto, creano una confusione tra il "popolo" inteso come l'insieme dei loro sostenitori, con il "popolo" inteso come totalità dei cittadini, tutti uguali di fronte alla legge al di là delle differenze di ceto, di sesso, di opinioni religiose o politiche.. In pratica, la parte viene presa come fosse il tutto, chi non appoggia le politiche delle forze populiste finisce con l'essere visto quasi (anche quando in modo non così diretto o esplicito) come un corpo estraneo che andrebbe spazzato via, non fa parte davvero del "popolo", che invece viene fatto coincidere con la rappresentazione che ne hanno i populisti. Il populismo snatura il corretto rapporto tra comunità di popolo e istituzione statale. Invece di considerare il popolo come un complesso variegato di differenti interessi economici, e soprattutto di differenti sensibilità ideologiche, politiche, culturali, etiche ecc. e la politica come strumento di mediazione fra queste diversità, al fine di includere più persone possibili nell'azione di tutela dei diritti fondamentali, evitando entro i limiti del possibile ogni discriminazione, ne si fa una caricatura, identificandolo con un modello su misura dell'ideologia della parte politica populista, modello che inevitabilmente taglia fuori tutte quelle componenti che l'ideologia avverte come ostili, e che finiscono per diventare figlie di un dio minore, agli occhi di una politica che invece di farsi umile strumento del benessere della comunità pretende di plasmarla sulla base di un concetto di "giustizia" arbitrario che viene imposto come l'unico possibile. Lo stato non è più un arbitro imparziale che si limita al rispetto delle regole costituzionali, ma diviene parte in causa, con un proprio particolare concetto, non più giuridico, del tutto ideologica e moralista di "popolo" più ristretta della effettiva e reale comunità di cui dovrebbe essere chiamato a fare gli interessi. Esempio tipico di questa impostazione è l'atteggiamento di Salvini, che invece di calarsi con coerenza nel ruolo di ministro degli interni, rappresentante delle istituzioni e di tutti gli italiani, si comporta come fosse in campagna elettorale permanente, non riesce a distaccarsi dal ruolo di leader di una parte (che vede come il vero "popolo", la vera "gente") perdendo tempo a polemizzare continuamente con tutti coloro che a vario titolo contestano il suo operato. Mentre nella corretta visione della dialettica società-politica, il pluralismo dei partiti riguarda principalmente una differenza di metodi e di programmi che però non mette in discussione la condivisione dell'obiettivo, cioè la tutela del benessere e della libertà della società nel suo complesso, nella retorica populista le differenze partitiche non riguardano solo i metodi, ma l'obiettivo stesso: solo il populista è sinceramente interessato al benessere della "gente", tutti gli altri partiti mirano in combutta con qualche potere occulto (l'Europa, le lobby demoplutocratiche, gli ebrei, la massoneria ecc.), mirano a tutelare interessi diversi da quelli del popolo, sono degli irriducibili nemici, che andrebbero spazzati via. Ecco il nesso populismo-totalitarismo: fintanto che con i partiti avversarsi del mio si dissente sulla razionalità e l'efficacia dei programmi possiamo sempre discutere, contestarci, ma nel rispetto dovuto al pensiero che il loro obiettivo è lo stesso del mio, la forza della ragione consente la possibilità di arrivare a una certa sintesi nell'azione politica, se invece essi perseguono intenzionalmente un obiettivo diverso e contrapposto, allora non sono più interlocutori con cui confrontarsi, ma solo nemici da distruggere, eliminare, l'unico partito legittimo è quello che vuole il bene del popolo, e il "popolo" è solo chi aderisce alla mia visione.

Condivido in pieno il ragionamento, davintro, con l'aggiunta che il populismo modifica la democrazia, che è fatta di molti partiti in dialettica tra loro, proprio perché non può stare nella dialettica, non può sostenere il confronto con il vaglio critico, concepisce la comunicazione politica solo come propaganda da un palco o da un balconcino.
Il populismo non può avere congressi politici e non vuole confrontarsi con la dialettica parlamentare, compresa quella degli stessi parlamentari della sua parte politica.
#5567
Citazione di: Sariputra il 13 Gennaio 2019, 14:22:20 PM
Quando una persona è sola è sempre più esposta alla paura, all'insicurezza e alla rabbia e quindi vedremo sempre più furbi che cavalcheranno questa paura data dallla "post-modernità".

E' così Sari, l'origine del populismo è certamente nella paura e nell'insicurezza, la quale però non ha fondamenti razionali perché le società di oggi sono assai più sicure di quelle del passato. Certo sono anche società statiche, nelle quali non si conosce lo stesso sviluppo e la stessa opportunità di crescita che c'era un tempo.
La rabbia poi è un altro discorso, perché la rabbia è una bomba che deve essere gestita con attenzione per produrre risultati politici, ed è comunque un'arma a doppio taglio, non dimentichiamoci della lezione della rivoluzione francese dove nessuno dei leader muore di morte naturale.
Un saluto.
#5568
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Il neo-politico
14 Gennaio 2019, 09:21:31 AM
Citazione di: Jacopus il 14 Gennaio 2019, 08:28:41 AM
Ciò che è cambiata è la predisposizione verso ciò che è cultura, non più percepita come metodo di crescita personale e di comprensione e emancipazione del mondo.

Esattamente Jacopus, e con essa si è ridotto il rispetto per la cultura e quindi per la competenza. Solo che a questo punto c'è una specificazione perché il rispetto per la cultura è sempre stato un carattere specifico della sinistra, mentre le destre tradizionali si fondano su altri valori. Da ciò la domanda: Nella neo politica gli elettori di sinistra hanno perso il rispetto per la cultura oppure si sono buttati a destra?
Un saluto.
#5569
Ciao 0xdeadbeef, mi sembra tu veda il populismo dal punto di vista di chi sta al potere(populista o meno che sia), io sono invece convinto che l'importante è guardare ai cittadini e ai meccanismi di scelta politica che li muovono. Nel populismo i cittadini vedono le classi dirigenti tradizionali come distanti e traditrici delle loro istanze, non credono nella complessità della politica e sono convinti che vi siano soluzioni semplici che potrebbe prendere qualsiasi cittadino, per questo hanno fiducia in chi sembra somigliargli di più e parla un linguaggio più semplice.
Un saluto.
#5570
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Il neo-politico
13 Gennaio 2019, 08:00:13 AM
Citazione di: Ipazia il 12 Gennaio 2019, 19:06:01 PM
Saranno anche incompetenti ma intanto hanno già ridotto del 90% gli sbarchi di clandestini (dopo che i "competenti" avevano detto "li prendiamo tutti noi" e i risultati si vedono eccome in giro per l'Italia), hanno cercato di rattoppare le schifezze peggiori contro i lavoratori (concordo che senza la ghigliottina è arduo ottenere risultati dopo un quarto di secolo di berlusconismo e ulivismo), stanno mettendo un freno alla rapace pirateria prodiana delle grandi opere. E sono lì da neanche 9 mesi. Mica male come parto. Dimenticavo: sono perfino riusciti a mettere un medico ministro della sanità e un preside alla pubblica istruzione. Robe galattiche per chi li ha preceduti. Insomma, Jacopus, c'è un limite alla partigianeria politica. Vorrai mica fare pure tu la parte del demagogo ?  :)

Ciao Ipazia, la scelta di un atteggiamento duro nei confronti degli immigrati (Che oltretutto io condivido) non ha nulla a che vedere con la competenza che è chiamata in causa per altre parole e azioni di questo governo. Un incompetente al potere non sa quanto siano importanti le parole che dice e quindi ogni tanto gli scappano le parole sbagliate (Come il "me ne frego" di Salvini in relazione allo spread e alla sfida alla commissione europea) che poi costano agli Italiani miliardi di Euro di interessi in più da pagare. Un incompetente al potere non conosce l'effetto delle leggi che produce, per cui ti elabora delle leggi di principio come il decreto dignità che disincentivano le imprese all'assunzione ma soprattutto diffondono nelle imprese un allarme con l'effetto di produrre nel terzo trimestre del 2018 una caduta degli investimenti dell' 1% (In anticipo rispetto alla congiuntura internazionale, che è anch'essa negativa, per cui si tratta di un effetto per il quale dobbiamo ringraziare solo i nostri incompetenti al potere) e conseguente caduta della crescita e dell'occupazione.
Che poi la Grillo venga considerata competente perché è laureata in medicina e chirurgia, quando ha azzerato la commissione scientifica ministeriale sulla base di logiche di presunta appartenenza politica, creando sconcerto nelle accademie (Delle quali lei non fa parte) nazionali ed internazionali è tutto dire.
Un saluto, e un bocca al lupo all'Italia.
#5571
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Il neo-politico
12 Gennaio 2019, 12:34:37 PM
Citazione di: Jacopus il 12 Gennaio 2019, 05:12:46 AM
Pensierino della notte insonne. Le elezioni politiche del 2018 saranno ricordate e studiate nei manuali del futuro. Dal 2018 si è imposto un nuovo modello di rappresentante politico. Le sue caratteristiche principali sono: una esplicita e talvolta vantata incompetenza, una ricerca meticolosa per apparire identico al suo elettore medio, comprendente in ciò una scenografia della politica in termini emotivi e relazionali.
Come siamo arrivati a questo quadro disastroso? Una rilevante parte di responsabilità è a carico della precedente élite, una dirigenza che si è allontanata sempre di più dai governati, al fine di favorire un sempre più denso sistema di reciproci favoritismi, che ha tarpato le ali a chi meritava una promozione sociale ma non ha potuto goderne perché non faceva parte di quel sistema clientelare-nepotistico.
Per poter sopravvivere un sistema del genere favorisce una dinamica attualmente evidente: l'impoverimento e la degradazione del sapere. In questo modo è molto più semplice e meno contestabile il passaggio delle insegne del potere ai clientes. Ma una ulteriore condizione non è modificabile e questa circostanza ha determinato quanto accaduto, cioè il successo di forze politiche populistiche ed incompetenti, ovvero il semplice fatto che il diritto di voto è universale.
Una casta chiusa e cristallizzata nelle sue relazioni, per mantenersi al potere avrebbe dovuto limitare il diritto al voto, ma si tratta di una opzione impossibile.
La maggioranza quindi, travisata da un rancore comprensibile e da una incapacità a decifrare i passaggi socio-economici in corso, determinati dalla degradazione delle istituzioni formative (leggi scuola), ha usato il voto come un'arma, punendo i precedenti politici ma direi che il desiderio era di punire l'intera classe dirigente. E insieme ad essa punire un intero sistema del sapere, quello dell'agire razionale (weber), del sapere scientifico, della cultura accademica, vanamente cosmopolita, che in fondo non fa altro che difendere i suoi accoliti e che quindi di cosmopolita non ha granché.
In sintesi, un attacco alla democrazia dall'alto, a causa di una élite al potere che si era cristallizzata e in ciò aveva corroso la sua legittimazione e dal basso, a causa di un basso livello  di cultura e coscienza socio-politica, che fa invocare come rimedio la mediocrità elevata a criterio del politico. Il politico quasi non più eletto ma estratto a sorte O eventualmente cooptato non perché autorevole o meritevole ma perché obbediente ai nuovi leaders.
Accanto a questi motivi politico-culturali interni non va dimenticato un evento che ha modificato profondamente i paesi occidentali, ovvero la fine del socialismo reale. Finché è stata una minaccia tangibile, il sistema dei paesi occidentali ha dovuto fare di necessità virtù e quindi cercare di promuovere in un contesto capitalistico dei correttivi efficaci ai disequilibri che questo contesto determina, sia sul lato economico che sul lato sociale. I paesi socialisti erano una sorta di "sprone" per la west side a comportarsi in modo più equo. Terminata quella minaccia i paesi con un'etica più fragile hanno iniziato a "ballare", ma a conferma di questa concausa vi è la constatazione che il fenomeno di appiattimento politico+protesta verso le precedenti élite è un fenomeno globale: Trump, Bolsonaro, i gilet gialli sono le interpretazioni locali di quello che in Italia si chiama Salvini-Di Maio.

Jacopus, che vi sia una perdita di fiducia nelle classi dirigenti questo è vero. In aggiunta, però (E anche tu lo fai notare) vi è la crisi storica della sinistra. L'avvento del populismo, infatti, non è una post politica, ma assume tonalità tipiche della destra, anche quando si colora di destrismo sociale. In fondo anche l'incompetenza che la caratterizza è un carattere proprio delle destre fondate sull'idea che il potere si conquista con la forza e non con le capacità intellettuali.
#5572
Tematiche Culturali e Sociali / Re:Facoltà e diritti
11 Gennaio 2019, 08:18:15 AM
Citazione di: viator il 10 Gennaio 2019, 15:55:31 PM
Salve. Riflessione sociale. Da molto tempo mi sono accorto di un fenomeno singolare del quale non sento parlare pubblicamente (nella limitatezza con cui seguo appunto le temetiche sociali).

Il fenomeno consiste nel costante restringersi delle facoltà personali a favore della dilatazione dei diritti (o vantati tali) personali che la Legge e la società dovrebbero soddisfare o tutelare.

Mentre in alcuni casi si tratta semplicemente di confusione linguistica ("modi di dire" per i quali l'una cosa viene chiamata con il nome dell'altra), in molti altri assistiamo alla puntigliosa sottolineatura che tende a voler vedere riconosciuto, sancito, un diritto che invece rappresenta unicamente una facoltà.

Anzitutto cercherò (abbastanza vanamente, come al solito) di definire facoltà e diritto.

FACOLTA' : "ciò che ciascuno è libero di cercare di fare e che la legge permette indiscriminatamente a patto che tale fare non leda altrui superiori diritti legali".

DIRITTO : "La facoltà di fare (secondo la definizione soprastante) o di veder fatto - DA CHI NE ABBIA IL DOVERE - ciò che la Legge prescrive". Quindi il diritto consiste nel poter AUTONOMAMENTE fare tutto ciò che è lecito oppure del veder fatto da altri, nei nostri confronti, ciò che essi - per Legge - sono tenuti a fare. Chiaramente, in questo secondo caso, al diritto di veder fatto da altri non può che corrispondere il loro DOVERE di farlo.
Perciò la differenza tra FACOLTA' e DIRITTO semplicemente consiste nel fatto che il secondo dei due termini presuppone sempre l'esistenza di un CORRISPONDENTE DOVERE.

I media però sono pieni di notizie che riportano l'utilizzazione  più caotica che si possa immaginare dei concetti di FACOLTA' e di DIRITTO.

Si sente parlare, ad esempio, di donne che avrebbero il DIRITTO alla maternità. Ovviamente ciascuna donna possiede la facoltà di cercare (auguroni!) di diventare madre, ma non esiste il dovere di alcuno di creare le condizioni perchè ella lo diventi.

Ugualmente per il DIRITTO alla casa. Ma scherziamo ? Costituzioni e Leggi AUSPICANO e intendono (troppo genericamente) FAVORIRE la disponibilità ed il possesso dell'abitazione, mica si impegnano a procurarla !.

Non parliamo poi del cosiddetto DIRITTO alla salute, che è invece diritto alle cure (quali poi, e come...lasciamo perdere), mentre la sicurezza di restare in salute o di recuperarla non è garantibile - a quanto sembra - neppure da Gesù Cristo.

L'elenco potrebbe occupare decine e decine di pagine.......................

Ma come mai una simile confusione, che alle tesi di qualcuno giova tra l'altro abbastanza ?

Io sento odore di (nefasta per qualcuno, formidabile per altri) post-influenza di certi "entusiasmi" sessantotteschi, rimasti particolarmente virulenti - mi sembra - nel nostro Paese.

Voi cosa ne pensate ? Salutoni.

Ciao Viator, il tuo post inquadra la differenza tra i due concetti fondamentali di libertà, definiti come libertà negativa(Cioè libertà di fare quello che preferisci senza che altri te lo impediscano), e libertà positiva (Cioè realizzazione concreta di una possibilità di fare qualcosa che vuoi, ma che non puoi fare senza qualcosa di appositamente predisposto).
In realtà non è vero che alla libertà negativa non corrispondono obblighi, gli obblighi ci sono e corrispondono a tutte quelle forme di controllo necessarie ad impedire che qualcuno limiti la libertà negativa dell'altro.
La differenza tra le due è che la libertà positiva è più gradevole per chi la riceve, per cui è propagandisticamente vincente. Se prendi un disoccupato e gli domandi di scegliere se preferisce la facoltà di cercare lavoro, oppure un sistema nel quale il lavoro glielo cerca lo stato, e finché non glielo trova gli paga un'indennità, è evidente che preferisce la seconda opzione.
Naturalmente è anche vero quello che tu dici in ambito filologico, la libertà positiva si presta a semplificazioni giuridiche che creano problemi di interpretazione, ma anche di organizzazione dell'azione pubblica.
Tu parli del diritto alla salute, che giustamente va tradotto in diritto ad essere curato, ma non è la situazione più problematica perché la cura ha comunque la possibilità di essere standardizzata in qualche modo.
Parliamo invece di una cosa indefinita come il "diritto al lavoro", cosa può mai voler dire visto che il lavoro non è uno standard, ci sono tanti lavori differenti, ci sono tante persone che possono o non possono, vogliono o non vogliono fare i differenti lavori. E questo anche sulla base di elementi non oggettivi (Un datore di lavoro assume una data persona se ha fiducia, ma la fiducia è un fatto soggettivo).
Un saluto
#5573
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Gennaio 2019, 15:25:15 PM
Non mi ostino a rappresentare quegli 85 miliardi (che nel frattempo sono diventati anche di più, come giustamente
noti) come "una sorta di variabile assoluta"; bensì mi ostino a rappresentare quegli 85 e passa miliardi come
una insostenibile palla al piede (in maniera molto più pragmatica e prosaica - cioè "economica").

Cosa significa "gestire concretamente in equilibrio queste situazioni problematiche"?

A parte che non vi è nessun "equilibrio" (ripeto per l'ennesima volta che il debito pubblico, e con esso gli
interessi che su di esso paghiamo, aumenta costantemente dal 2007), perchè se equilibrio vi fosse lo spread
sarebbe a zero (e non lo è mai stato);

0xdeadbeef, certo che sono una palla al piede, per tutti i debitori pagare i debiti più interessi è una palla al piede, che poi siano insostenibili non è vero, o almeno non sarebbe disposto a considerarli tali il sistema finanziario internazionale nell'eventualità andassimo a chiedere la cancellazione di parte del debito come volevano fare i nostri campioni nazionali.

Sulla gestione in equilibrio c'è poco da spiegare perché coincide con quello che è stato fatto in questi anni con il fiscal compact, con il risultato di ritrovarsi con un costo del debito progressivamente decrescente, almeno fino al primo semestre del 2018.

La questione delle ore lasciamola lì, d'altronde i numeri sono sempre opinabili. Quei signori del "rinnovamento" dell'economia, che poi sono gli stessi che hanno fatto aumentare il costo degli interessi sul debito nel secondo semestre 2018, si accorsero che l'Istat registrava come occupati anche coloro che lavoravano un'ora alla settimana, solo quando videro i dati sull'aumento dell'occupazione, ma questo l'Istat lo fa da sempre.
Lasciami dire poi che la forte riduzione della CIG, dal 2014 al 2017, indica che quell'aumento di occupazione è sottostimato perché nel 2014 molti più lavoratori contabilizzati, in realtà, erano cassintegrati a 0 ore.
Un saluto.
#5574
Citazione di: Sariputra il 10 Gennaio 2019, 10:20:21 AM
Gente dura, tutta dedita al lavoro e a far schei; gente i cui ideali riposano custoditi nel portafoglio e che votano di conseguenza...

Ciao Sari, il tuo intervento è toccante, c'è però una cosa da dire su questa gente. Come si spiega che se gli domandi se sono disposti a prestare i loro soldi ai nostri attuali governanti solo il 5 % si dichiara fiducioso, mentre se gli domandi se sono disposti a votare gli stessi allora oltre il 50 % è disposto a votarli?
#5575
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Gennaio 2019, 20:00:52 PM
Ad Anthony e Baylam
A me non sembra di aver dato nessuna definizione di "economia" (se proprio la devo dare per me è quella
classica di L.Robbins: "lo studio dei mezzi più adeguati per raggiungere un fine dato").
Il problema non è tanto il PIL quanto, insisto, quegli 85 miliardi di interessi pregressi sul debito che
paghiamo ogni anno.
E allora ripeto: possiamo pensare di continuare a pagare una simile somma e magari sempre di più, visto
che la cifra del debito sale costantemente? A parer mio è da pazzi pensarlo...
E allora, ripeto ancora (scusate questi richiami a quanto è stato precedentemente detto, ma così è),
come si fa a far scendere quella cifra sugli interessi, ovvero a migliorare il rapporto deficit/PIL, visto
che già siamo "virtuosissimi" in tema di dato primario?
A parer mio non si scappa dal dover per forza alzare il PIL...
Quindi, Anthony, se vi sono teorie che sostengono che il PIL non lo puoi alzare dovrebbero dirci cosa fare
in alternativa, non credi?
Ora, sappiamo tutti molto bene che quello della bassa produttività è uno dei più grossi problemi di cui
soffrono le nostre aziende (forse addirittura il maggiore). Abbiamo perso da un pezzo le nostre "eccellenze"
(chimica; siderurgia; tessile etc.), e adesso stiamo perdendo, a causa di trattati internazionali sul
commercio che a tutti fanno comodo fuorchè a noi, anche le eccellenze dell'agroalimentare.
Il discorso è complesso, e non certamente riassumibile in poche righe, per cui qui mi limito ad osservare
che le celebberime "innovazione e ricerca" male si fanno in un paese in cui il tessuto produttivo è
composto da medie-piccole aziende.
Le si è fatte, in passato (ricordiamo le politiche dei distretti territoriali, che hanno fatto l'Italia
del "boom"), quando ancora si facevano dei piani industriali degni di questo nome. Non le si fa più,
forse perchè la "teoria economica", cioè l'ideologia, dice che lo stato non deve impicciarsi di economia...
In parole povere le nostre piccole e medie aziende non hanno risorse sufficienti per fare ricerca e innovazione
(le poche rondini, che ci sono, non fanno certo primavera), e per questo chiudono (dopo aver provato
inutilmente a fare concorrenza ai cinesi sul basso costo).
Quindi sì, Baylam, assolutamente quella dell'incremento della produttività sarebbe la strada maestra per
aumentare il PIL (sempre che il maggior valore aggiunto non vada ad incrementare conti bancari alle Cayman,
naturalmente - non sembri una battuta, visto il discorso sulla "forbice"), ma vi sono ostacoli strutturali
ed ideologici (non "semplici retroazioni", che non si capisce neanche cosa voglia dire) non da poco, come
sommariamente ho accennato.
Saluti
PS
Sul discorso occupati/ore lavorate mi riservo di rispondere in un secondo tempo

Ciao 0xdeadbeef, nel post al quale rispondevo tu ponevi una condizione di scientificità per l'economia (Cioè ti ponevi in una chiave fortemente epistemologica), e io ho risposto in linea con il livello di quella condizione.
Ora noto che sei ritornato a rappresentazioni concrete e devo dire condivido sostanzialmente il quadro che tu fai del sistema Italia, anche se non condivido la tua proposta implicita di un ritorno al "piano" economico in stile democristiano che tanti fallimenti ha prodotto nel passato.
Quello che non concepisco è però il fatto che tu ti ostini a rappresentare il costo degli interessi come una sorta di variabile assoluta (Quegli 85 miliardi che sono probabilmente il dato del 2017), quando invece è un elemento variabile, purtroppo anche in peggio.
Per l'Italia c'è un problema grande che è quello di gestire concretamente in equilibrio queste situazioni problematiche senza illusorie proiezioni ideali (Ah se non avessimo il debito non dovremmo pagare interessi, Ah se avessimo una crescita del 6 % annuo come ai tempi del boom), in questa gestione se si riesce a far crescere il PIL tanto meglio, ma il nocciolo del nostro problema finanziario è un altro.
Da una parte c'è la pessima qualità dei nostri politici (E' una valutazione media che parte dagli anni 70 a oggi, e non fa differenza tra destra e sinistra), dall'altra c'è la scarsa fiducia degli Italiani nell'Italia, per cui il nostro debito è in gran parte nelle mani della finanza internazionale. Anche la marginalità che noi abbiamo a livello Europeo, e che chiaramente inficia la possibilità di favorire la nostra situazione finanziaria, è questione di carenza di fiducia.
Un saluto.
#5576
Citazione di: baylham il 09 Gennaio 2019, 10:51:24 AM
Non trovo corretta la definizione di contraddizione, aporia, laddove si tratta di semplice retroazione negativa o positiva del sistema economico.

Ciao Baylham, guarda che è esattamente quello che cercavo di spiegare io.
#5577
Citazione di: 0xdeadbeef il 08 Gennaio 2019, 19:13:25 PM
Ciao Anthony
Francamente mi sfugge la differenza fra "problema del sistema" e "problema della teoria economica...

una
teoria economica autenticamente scientifica è chiamata a dire come si fa ad alzare il PIL
...
A me sembra che l'unico modo di alzare il PIL, visto che abbiamo già un dato molto positivo sulle
esportazioni, sia quello di rilanciare una domanda interna che, come tutti sanno, langue tristemente.
E la domanda interna non si la si rilancia con la teoria della competitività globale (che predica
la moderazione salariale e l'azzeramento dei diritti del lavoratore), ....



Ciao 0xdeadbeef, allora, come problema della teoria possiamo parlare di aporia, di contraddizione formale. Come problema di sistema (Forse ho usato un concetto improprio) io intendevo un problema di scelta, perché chiaramente Reddito dei lavoratori e costo del lavoro sono collegati e quindi bisogna fare una scelta di politica economica che tenga conto di questa relazione, ma questo è proprio il lavoro degli economisti.

Mi sembra una definizione riduttiva quella che tu dai dell'economia, intanto ci sono teorie che sostengono che il PIL non lo puoi alzare, poi vi è il problema del significato del PIL(Sei sicuro che alzare il PIL sia sempre una cosa buona?), Vi è poi un discorso qualitativo, nel PIL ci sono tante cose, c'è un bellissimo discorso sul PIL fatto al riguardo da uno dei due Kennedy che è rimasto nella storia, e poi c'è il discorso fondamentale, quello sull'efficienza e l'ottimalità del PIL che è poi il vero nocciolo della scienza economica.

Che il sostegno della domanda interna sia importante d'accordo, ma siamo sempre li, alle semplificazioni che non tengono conto appunto di tutte le relazioni che ci sono tra le variabili. Prima di andare al governo, i cinquestelle, sostenevano che avrebbero ridotto il rapporto debito/PIL aumentando il deficit, adesso che sono nella stanza dei bottoni e che si stanno rendendo conto delle complessità non lo dicono più. Non si tratta di scegliere se spendere di più o di meno, oppure di scegliere se aumentare o ridurre i salari. Se decidi di spendere da una parte, allora giocoforza andrai a togliere risorse da un'altra (E questo comunque anche se spendi in deficit), se aumenti alcuni salari c'è qualcuno che ne paga il prezzo, e potrebbero essere altri salariati.

Riguardo poi alle ore di lavoro che dire, si scrivono tante cose su internet, comunque l'autore del testo ha riportato dati che presumo corretti (Certo in un istogramma anche un po' difficile da leggere quasi alla fine del testo) non so se di fonte ISTAT o OCSE. Comunque guarda al riguardo il dato più attendibile è quello dell'IRPEF sui redditi da lavoro dipendente versata dalle imprese come sostituto d'imposta, dato che difficilmente può essere soggetto a manipolazioni perché ci sono i controlli dello stato e l'interesse delle imprese a non pagare più del dovuto (Semmai pagare di meno). Se questo è aumentato in maniera consistente, in presenza di paghe orarie costanti, è chiaro che sono aumentate le ore di lavoro.
Quello che venne evidenziato, e che probabilmente ha condizionato l'autore dell'articolo, è che mentre il recupero di occupazione aveva portato l'occupazione totale ai livelli massimi assoluti, in termini di ore questi massimi non erano raggiunti perché vi è un trend di riduzione delle ore medie di lavoro che continua da decenni.
#5578
Citazione di: Lou il 07 Gennaio 2019, 20:06:56 PM
Sì, ma in breve, costo del lavoro=reddito dei lavoratori? O c'è una qualche distinzione? A me pare, anche dai link che posti, non siano, il medesimo.

Ciao Lou, provo a spiegarti il nocciolo della questione, Freedom ragiona con logica giuridica e lista delle voci che sono riportate su codici e contratti. I miei ragionamenti, invece, sono economici, quando io parlo di "reddito dei lavoratori" mi riferisco ad un aggregato macroeconomico, quando parlo di "costo del lavoro" mi riferisco al suo significato economico che si differenzia anche dal costo del lavoro che è scritto sui contratti perché, ad esempio, contiene i rischi connessi con gli effetti di cause giuridiche con i lavoratori.
Naturalmente ricordo che la questione nasceva da una critica alle affermazioni dei tecnici delle grandi istituzioni finanziarie internazionali, affermazioni che, presumibilmente, hanno un contenuto economico.
Un saluto.
#5579
Citazione di: 0xdeadbeef il 07 Gennaio 2019, 16:59:27 PM
Citazione di: anthonyi il 07 Gennaio 2019, 07:39:07 AM

Ciao Freedom, il reddito dei lavoratori (Cioè la somma dei redditi delle famiglie lavoratrici) è una cosa, il costo del lavoro sostenuto dall'impresa è un'altra. Le due cose sono collegate perché se riduci il costo del lavoro, senza ridurre i salari, le imprese assumono di più e quindi il reddito dei lavoratori aumenta. D'altronde è quello che è successo con il Jobs act che ha fatto aumentare l'occupazione, quindi i redditi dei lavoratori ed anche le entrate per lo stato perché si tratta di redditi tassati.
Un saluto.

Ciao Anthony
Mi risulta che quanto a retribuzioni siamo al penultimo posto nell'area Euro (solo il Portogallo ci
è dietro, o almeno così era fino a poco tempo fa). Certo le tasse che paga l'impresa, e che come dici
giustamente vanno anch'esse sotto la voce "costo del lavoro", sono alte; ma come certo saprai abbassarle
è molto difficile, perchè lo stato incamera meno e il disavanzo, di conseguenza, aumenta (e con esso il
debito pubblico).
Non ti sfugga, comunque, ciò che si diceva a proposito della "forbice" della diseguaglianza che aumenta
(e non in maniera congiunturale), e che nulla ha a che vedere con la tassazione sul lavoro (mentre molto
ne ha con la bassa cifra delle retribuzioni).
Quanto alla "contraddizione", o "schizofrenia" che dicevamo, essa consiste nel corto circuito che esiste
fra la necessità di rilanciare la domanda interna e lo stimolo alla competitività, che porta ad un
abbassamento sia dei salari dei lavoratori che dei loro diritti.
Infine, per quanto riguarda il Jobs Act non è affatto vero che ha aumentato l'occupazione. Quel che infatti
conta non è tanto il numero complessivo degli occupati (in cui rientra anche chi ha lavorato solo poche
ore), ma il numero complessivo delle ore lavorate ("https://www.lavoce.info/archives/49734/gli-occupati-risalgono-le-ore-lavorate-no/").
saluti

Ciao 0xdeadbeef, la problematicità dei sistemi economici è fatta anche di quella "schizofrenia" della quale voi parlate, ma si tratta di un problema del sistema, non di un problema della teoria economica. Quello che a me preme è mettere in discussione quelle visioni semplificatorie populiste per le quali sembra che ci siano soluzioni semplici per quei problemi complessi e che queste soluzioni semplici non si realizzano perché i controllori sono "contro il popolo". Anche tu, con la tua proposta di "aumentare i salari", in fondo ti poni in una chiave semplificatoria. Non a caso io ti facevo l'esempio della Germania, che ha salari medi del 38 % più alti di quelli Italiani, eppure ha i minijob, che solitamente sono associati a contribuzione sociale. In altri termini i tedeschi permettono l'innalzamento dei salari laddove il mercato, e la produttività dei sistemi, lo permette, però poi non denigrano di sfruttare anche quelle piccole opportunità che il mercato offre. Noi invece non facevamo altro che attaccare foodora perché non rispettava certi standard di diritto definiti a priori, con il risultato che foodora ha ceduto l'attività e i suoi lavoratori stanno peggio di prima.
In altri termini i tedeschi sono pragmatici, noi invece ci perdiamo in atteggiamenti di principio che non servono a nulla.
Anche la valutazione sul JA è inficiata da questo modo di pensare, il JA ha sicuramente rotto delle posizioni di principio che erano sostenute in maniera dogmatica, ma lo ha fatto senza che nessuno dei diritti preacquisiti dai lavoratori rispetto alla riforma venisse messo in discussione, ed ha permesso di aumentare sia l'occupazione, sia il reddito dei lavoratori, sia le ore lavorate (Di questo potrai renderti conto leggendo proprio il link che mi hai indicato che riporta l'istogramma delle ore lavorate ed evidenzia l'aumento sostanziale dal 2014 al 2017 più o meno del 3 %, cioè in linea con l'aumento dell'occupazione).
Un saluto.
#5580
Citazione di: Freedom il 07 Gennaio 2019, 11:33:18 AM
Citazione di: anthonyi il 07 Gennaio 2019, 07:39:07 AM
Ciao Freedom, il reddito dei lavoratori (Cioè la somma dei redditi delle famiglie lavoratrici) è una cosa, il costo del lavoro sostenuto dall'impresa è un'altra.
No. Il costo del lavoro è complessivo ed è composto da entrambe le voci.
Per essere più precisi le componenti del costo del lavoro sono:
1.stipendio lordo (o salario)
2.contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie a carico del dipendente
3.imposte a carico del dipendente
4.contributi obbligatori per le assicurazioni obbligatorie a carico dell'impresa
5.imposte a carico dell'impresa
Citazione di: anthonyi il 07 Gennaio 2019, 07:39:07 AM
D'altronde è quello che è successo con il Jobs act che ha fatto aumentare l'occupazione, quindi i redditi dei lavoratori ed anche le entrate per lo stato perché si tratta di redditi tassati.
Un saluto.
Sull'aumento occupazionale prodotto dal jobs act ci sarebbe parecchio da discutere ma è più appropriato, nel caso interessi, fare un thread a parte. Mi sembra tuttavia del tutto fuori luogo anche solo citare il jobs act, che rappresenta, incontrovertibilmente, il passo indietro più significativo degli ultimi quarant'anni avvenuto a danno dei lavoratori. Non solo per l'abolizione dell'art.18 ma anche per il demansionamento ed il controllo a distanza sancito da questa legge.

Ciao freedom, al di là delle diatribe sul JA, potresti spiegarmi il significato del tuo NO iniziale, io ti ho fatto la differenza tra REDDITO DEI LAVORATORI e COSTO DEL LAVORO, si tratta di cose differenti che assumono rilevanza la prima in sede Macro e la seconda in sede Micro. E' questa differenza che spiega quella che non è una contraddizione nelle argomentazioni dei tecnici delle grandi istituzioni finanziarie e della quale tu e paul11 parlavate.
Poi vorrei capire perché il JA non è pertinente quando sei stato tu ad accennare ad esso. O forse volevi dire che del JA si può solo parlare male, e allora è pertinente.
Un saluto.