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Messaggi - anthonyi

#5596
Citazione di: paul11 il 21 Marzo 2018, 11:54:01 AM
Citazione di: anthonyi il 21 Marzo 2018, 09:04:52 AM
Citazione di: paul11 il 20 Marzo 2018, 11:53:45 AM


Sono gli atti che dichiarano oggi più che mai le coerenze di appartenenza ad un a tradizione politica.
Se si accetta che la legge è mobile e va modificata in funzione del mercato, l'uomo è merce e non più cittadino.
hanno deciso le gerarchie pratiche e l'adattamento delle normative in funzione della realtà economica che non è certo egualitaria nella produzione e distribuzione della ricchezza.
Non è pensabile oggi non toccare le forme della produzione di ricchezza, laddove nei luoghi di lavoro il cittadino-lavoratore è ricattato, e pensare che la sola fase ridistributiva della ricchezza(attraverso la fiscalità e poi con l'assistenza e previdenza) possa compensare quell'anomalia originaria
Il nostro sistema politico è incoerente fra pensiero ed azione,così come fra Costituzione e leggi

Ciao paul11, ho l'impressione che tu analizzi il problema partendo da posizioni molto idealiste. Gli ideali, i valori, i principi, sono  molto importanti, ma pensare che automaticamente si applichino alla realtà non ha senso. Non a caso i saggi costituenti hanno riempito la nostra costituzione ideale di verbi che sottolineano la "proposizione" di un modello sociale e non la sua imposizione.
Quello che poi tu evochi con un certo disprezzo come "adattamento al mercato" è in realtà una sana componente di realismo che purtroppo spesso manca nel comportamento dei nostri giuristi. Qualsiasi legge deve essere adattata al mercato(anche paradossalmente una legge che lo vuole abolire) perché altrimenti non può avere effetti) per farti un esempio vuoi intervenire sul mercato della droga perché lo ritieni dannoso, non ha senso che fai una legge che vieta il commercio della droga perché il bisogno spinge i drogati a comprarla illegalmente.
Tu mi dirai ma che c'entra la droga col Job act, e invece c'entra perché anche nel Job act non ha senso discutere solo delle regole ma bisogna guardare gli effetti di quelle regole. Naturalmente è una questione di interpretazione, il mio parere è che il Ja abbia migliorato la condizione media dei lavoratori e soprattutto abbia ridotto la precarietà rispetto alla situazione preesistente.
Purtroppo soprattutto nel nostro paese vi è una visione ideale, etica, e a volte addirittura estetica delle leggi dello stato, e invece ci vorrebbe un pò di pragmatismo.
Per dire, tu che proponi un cambiamento delle "forme di produzione della ricchezza" potresti provare a precisare nel concreto cosa intendi.
In realtà, nel concreto, questo cambiamento viene continuamente attuato da quelli che la teoria economica definisce imprenditori. Non a caso Hayek afferma che la differenza tra sistema liberale rispetto a quello socialista sta nel fatto che all'interno di un sistema liberale sarebbe possibile organizzare il socialismo ma non è vero il contrario.
Un saluto
ciao anthonyi.
non ritengo propriamente di essere un idealista.

Semmai è cosa si inserisce come prioritario nel sistema umano che dichiara la tipologia di sistema.
Ad esempio io dico dei valori e tu invece il mercato.così mi sembra di capire dalla tua argomentazione.

S pongo l'uomo come centralità del sistema e dichiaro ad esempio la dignità, la giustizia,  come fondamento, sarà il mercato ad adattarsi a questi valori coniugati all'uomo.
Se invece dichiaro che il mercato è fondamentale, sarà l'uomo la variabile ad essere adattata anche se calpestasse dignità e giustizia.

E mi ricordo una polemica nata parecchi anni fa, anni Ottanta.
Sul giornale La Stampa di Torino, di proprietà Agnelli , nel quale scriveva Norberto Bobbio, ci fu una polemica con l'amministratore della Fiat Cesare Romiti.
Si era impiccato un operaio della fabbrica in fondo ai capannoni. Era nella lista da epurare dopo l ostato di crisi aziendale dichiarato allora dalla Fiat.
Romiti, ragionando da imprenditore, dichiarava che purtroppo la salvaguardia dell'azienda è superiore al lavoratore.
Bobbio dichiarava invece che l'azienda e il mercato non potevano essere superiori alle persone umane.

Ora ,la nostra Costituzione dichiara dei valori come princicpi appunto costitutivi dello Stato italiano, salvo smentirsi nel Codice civile nel libro sul lavoro.
L'imprenditore ha la libertà e facoltà "libera" e sottolineo libera (perchè Hayek è un liberista prima di essere un liberale, Bobbio ad esempio era un liberalsocialista) di aprire e chiudere fabbriche ,spostare sedi sociali, insomma di organizzare la propria azienda seguendo la logica del profitto.
Questo è il fondamento, pratico e ribadisco pratico ,che permette ad aziende seppur con bilanci positivi e profittevoli, di delocalizzare, di chiedere stati di "crisi" e avere prestiti agevolati bancari ,decontribuzione del costo del lavoro, ecc.
Il lavoratore di quell'azienda, che ricordiamolo è cittadino italiano e in quanto tale tacitamente adempiente alla Costituzione, si trova a spasso con il culo per terra.
E' giusto? Cosa intendiamo per giustizia?

O la Costituzione coerentemente la mutano e non dichiarano teorie che poi le pratiche smentiscono o no lasciano la libertà imprenditoriale superiore alla libertà del cittadino dipendete lavoratore con contratto di subordinato.
Uno dei grandi motivi per cui la sinistra storicamente ha perso, è quello di non essere mai intervenuta legislativamente a bloccare,
regolamentare seriamente questo problema.
Altro è dire che visto che la comunità internazionale impone la libera imprenditoria soprattutto nel tempo della globalizzazione allora l'uomo è delocalizzabile dall'italia la Polo Sud e al Polo Nord,come variabile migratoria.

Infine il welfare state, l'intervento dello Stato, è servito più a dare profitti agli imprenditori furbetti che ai lavoratori , e in più a mantenere la quieta sociale, perchè se non fossero stati nemmeno dati sussidi a coloro che fossero cassaintegrati fino agl iesodati, si sarebbero andati allo scontro fisico, allo scontro sociale per disperazione.
Il popolo ha due tipi di coscienza, uno è nello stomaco e fin quando mangia è più tranquillo ,ed è quello che  ha funzionato nello "stato del benessere", l'altro è la coscienza intesa come conoscenza come presa d'atto  dello sfruttamento economico.

Lo sfruttamento economico avviene nel luogo della produzione del reddito, quindi dove si produce il valore aggiunto , plus valore, o qual dir si voglia. Quì la legislazione ben si guarda di entrarci(se non sulla tipologia del contratto) e lascia il compito alla scrittura privata della contrattazione dei rappresentanti datoriali e dei lavoratori.
A volte paragono lo stadio calcistico ai luoghi di lavoro, lì la Costituzione è parvenza, le prassi sono altre sono concessi comportamenti oltre la legge.
Eppure è nei luoghi di produzione che si forma "la produzione della ricchezza",perchè i prezzi finali sono determinati dai margini contributivi studiati dalle analisi dei controlli di gestione operative che tengono conto dei costi dei fattori produttivi.
E quì il sindacato è indietro di un millennio.
E' la produzione del reddito che genera il pil, la redistribuzione attinge dalla ricchezza prodotta e lo Stato attraverso al fiscalità, dovrebbe fa rientrare nell'equità sociale(e quì sì che vi rientra anche la Costituzione) secondo cui chi ha più reddito dà più denaro a fisco che lo redistribuisce equamente nelle fasce più bisognose  della popolazione e nei servizi sociali.

Ciao paul11, mi spiace contraddirti, ma al di là di quello che tu pensi tu sei un idealista. Affermare che i principi sono più "importanti" del mercato è un'affermazione idealista che mette a confronto il valore delle due categorie.
Da pragmatico quale sono io non vedo alcun senso in questo confronto di valore, e per me, come per te, la persona è un valore assoluto. Io non avrei condiviso l'affermazione che l'azienda era più importante di quell'operaio morto, anche se la comprendo. Per molti imprenditori l'azienda è il senso della loro vita.
Essere pragmatico non vuol dire dare valore al mercato ma semplicemente confrontarsi con esso per tirarne fuori il meglio in funzione dei propri principi/valori/obiettivi.
Tu invece mi sembri presentare una serie di argomentazioni in chiave critica (E' il vecchio discorso del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto), arrivi a mettere in discussione il sistema di welfare che tutela i lavoratori, mi sembra che per te il principale problema di questo sia stato il fatto di impedire che questi arrivassero a un livello di esasperazione tale da fare la rivoluzione, ma davvero è questo quello che vorresti?
Un saluto
#5597
Citazione di: paul11 il 20 Marzo 2018, 11:53:45 AM


Sono gli atti che dichiarano oggi più che mai le coerenze di appartenenza ad un a tradizione politica.
Se si accetta che la legge è mobile e va modificata in funzione del mercato, l'uomo è merce e non più cittadino.
hanno deciso le gerarchie pratiche e l'adattamento delle normative in funzione della realtà economica che non è certo egualitaria nella produzione e distribuzione della ricchezza.
Non è pensabile oggi non toccare le forme della produzione di ricchezza, laddove nei luoghi di lavoro il cittadino-lavoratore è ricattato, e pensare che la sola fase ridistributiva della ricchezza(attraverso la fiscalità e poi con l'assistenza e previdenza) possa compensare quell'anomalia originaria
Il nostro sistema politico è incoerente fra pensiero ed azione,così come fra Costituzione e leggi

Ciao paul11, ho l'impressione che tu analizzi il problema partendo da posizioni molto idealiste. Gli ideali, i valori, i principi, sono  molto importanti, ma pensare che automaticamente si applichino alla realtà non ha senso. Non a caso i saggi costituenti hanno riempito la nostra costituzione ideale di verbi che sottolineano la "proposizione" di un modello sociale e non la sua imposizione.
Quello che poi tu evochi con un certo disprezzo come "adattamento al mercato" è in realtà una sana componente di realismo che purtroppo spesso manca nel comportamento dei nostri giuristi. Qualsiasi legge deve essere adattata al mercato(anche paradossalmente una legge che lo vuole abolire) perché altrimenti non può avere effetti) per farti un esempio vuoi intervenire sul mercato della droga perché lo ritieni dannoso, non ha senso che fai una legge che vieta il commercio della droga perché il bisogno spinge i drogati a comprarla illegalmente.
Tu mi dirai ma che c'entra la droga col Job act, e invece c'entra perché anche nel Job act non ha senso discutere solo delle regole ma bisogna guardare gli effetti di quelle regole. Naturalmente è una questione di interpretazione, il mio parere è che il Ja abbia migliorato la condizione media dei lavoratori e soprattutto abbia ridotto la precarietà rispetto alla situazione preesistente.
Purtroppo soprattutto nel nostro paese vi è una visione ideale, etica, e a volte addirittura estetica delle leggi dello stato, e invece ci vorrebbe un pò di pragmatismo.
Per dire, tu che proponi un cambiamento delle "forme di produzione della ricchezza" potresti provare a precisare nel concreto cosa intendi.
In realtà, nel concreto, questo cambiamento viene continuamente attuato da quelli che la teoria economica definisce imprenditori. Non a caso Hayek afferma che la differenza tra sistema liberale rispetto a quello socialista sta nel fatto che all'interno di un sistema liberale sarebbe possibile organizzare il socialismo ma non è vero il contrario.
Un saluto
#5598
Attualità / Re:Il dilemma del PD!
14 Marzo 2018, 08:05:24 AM
Citazione di: InVerno il 13 Marzo 2018, 08:59:30 AM

A parte ciò che anthonyi fa notare giustamente, sarà una mia impressione, ma penso che gli euroscettici in Europa vengano visti molto genericamente come un ostacolo da raggirare anzichè qualcuno con cui trattare,

Ciao Inverno,
giusto per evitare incomprensioni sul mio pensiero io credo siano gli euroscettici a raggirare i cittadini facendo credere loro che l'Europa sia il nemico. Rispettando gli impegni presi con l'Europa l'Italia ha potuto beneficiare negli ultimi due anni di una situazione finanziaria ottimale, ai massimi negli attivi di bilancia commerciale da quando esistono queste rilevazioni, e ai minimi in termini di costo del debito pubblico. E hai voglia a dire che è l'effetto del QE di Draghi, perché Draghi il QE lo ha potuto fare perché c'era l'Europa, e noi ne abbiamo beneficiato perché in Europa ci siamo dentro.
#5599
Attualità / Re:Il dilemma del PD!
14 Marzo 2018, 07:44:24 AM
Citazione di: InVerno il 13 Marzo 2018, 16:59:31 PM

Detto questo e ringraziandoti per i vari link, concordo con quanto scrivi nel post successivo, aggiungo solo che il comportamento del PD (o meglio di Renzi) mi pare che lasci spiragli solamente a due alternative. Governo lega-m5s o voto entro giugno.

Ciao Inverno,

esiste una terza opzione, Mattarella continua a verificare la possibilità di un governo e nel frattempo Gentiloni continua a gestire l'ordinario fino alla scadenza dei canonici 5 anni. Si tratta di una possibilità non vietata dalla Costituzione che non definisce scadenze per il governo di transizione.
Vi sono segnali interessanti che fanno pensare che Mattarella a tale ipotesi ci abbia già pensato. Ha fatto in modo che il Governo Gentiloni non venisse mai sfiduciato per cui tutt'oggi governa con la fiducia delle precedenti camere. In un discorso pubblico ha accennato alla non problematicità del problema dell'incertezza istituzionale portando ad esempio le situazioni realizzatesi in Belgio e Olanda (Ma ormai anche in Spagna e Germania per un po').
#5600
Attualità / Re:Il dilemma del PD!
14 Marzo 2018, 07:26:22 AM
Citazione di: Eutidemo il 14 Marzo 2018, 05:53:48 AM
Citazione di: anthonyi il 13 Marzo 2018, 08:34:31 AM
Citazione di: Eutidemo il 12 Marzo 2018, 19:24:51 PM
Ciao Inverno,
l'immagine del cavallo da traino tedesco montato da un cavaliere francese,  con l'Italia dietro a pulire le copiose deiezioni del suddetto, è veramente spassosa; mi sa che me la rivenderò spesso!
Però, c'è forse un aspetto positivo da considerare: più del 50% degli italiani ha votato per dei partiti "euroscettici", per cui, a differenza che nel passato, in futuro Francia e Germania dovranno prendere l'Italia veramente con le pinze...se non vogliono che gli scoppi in mano! ;)
Ed infatti, un eventuale referendum sull'Europa, pende ormai su di loro come una spada di Damocle; per cui penso  proprio che, a prescindere da chi governerà in Italia, nel loro stesso interesse Francia e Germania dovranno trattare l'Italia con MOLTO più rispetto di quanto non abbiano fatto in passato (ai tempi di Re Nzuccello e Burlesconi)! ;)

In realtà sembra che M5s abbia cambiato abbastanza opinione sull'Europa. Comunque direi che proprio l'Europa può essere la cartina di tornasole di questo nuovo che avanza, si mettano insieme e uniti vadano a rompere le ossa alla commissione. Certo però se poi fanno la fine di Tsipras .....

L'Italia non è la Grecia: è la seconda potenza manifatturiera d'Europa ;)

Con "la stessa fine di Tsipras" io intendo il passaggio da un momento di affermazioni demagogiche (Salvini ancora oggi parla come se domani stesso potesse concretizzare la flat tax), alla presa di coscienza della realtà nella quale non rispettare gli impegni presi con l'Europa vuol dire sottoporre il nostro paese al rischio di una crisi come quella del 2011.
#5601
Attualità / Re:Il dilemma del PD!
13 Marzo 2018, 08:34:31 AM
Citazione di: Eutidemo il 12 Marzo 2018, 19:24:51 PM
Ciao Inverno,
l'immagine del cavallo da traino tedesco montato da un cavaliere francese,  con l'Italia dietro a pulire le copiose deiezioni del suddetto, è veramente spassosa; mi sa che me la rivenderò spesso!
Però, c'è forse un aspetto positivo da considerare: più del 50% degli italiani ha votato per dei partiti "euroscettici", per cui, a differenza che nel passato, in futuro Francia e Germania dovranno prendere l'Italia veramente con le pinze...se non vogliono che gli scoppi in mano! ;)
Ed infatti, un eventuale referendum sull'Europa, pende ormai su di loro come una spada di Damocle; per cui penso  proprio che, a prescindere da chi governerà in Italia, nel loro stesso interesse Francia e Germania dovranno trattare l'Italia con MOLTO più rispetto di quanto non abbiano fatto in passato (ai tempi di Re Nzuccello e Burlesconi)! ;)

In realtà sembra che M5s abbia cambiato abbastanza opinione sull'Europa. Comunque direi che proprio l'Europa può essere la cartina di tornasole di questo nuovo che avanza, si mettano insieme e uniti vadano a rompere le ossa alla commissione. Certo però se poi fanno la fine di Tsipras .....
#5602
Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Marzo 2018, 19:57:01 PM

Oggi, ad esempio, chi conosce economisti come P.Sraffa, che pure demolì letteralmente la teoria dell'equilibrio perfetto
dei mercati (su ammissione dello stesso P.Samuelson)?

Ciao 0xdeadbeef,
Io conosco Piero Sraffa, lo sapevi che fece un sacco di soldi speculando sull'oro ai tempi della crisi di Bretton Woods, questo per dirti che tutti fanno il proprio interesse, anche i critici dell'interesse privato. Delle contraddizioni formali della teoria dell'equilibrio sono in tanti ad aver parlato, così come dei fallimenti reali del mercato e non mi pare siano stati soggetti a censure.

Un saluto
#5603
Citazione di: paul11 il 12 Marzo 2018, 01:42:26 AM


A suo tempo ho già scritto cosa penso del rapporto attuale Italia-Europa, i trattati si possono anche stracciare.............,superare, ricontrattare,se esce anche l'Italia, l'Europa chiude bottega e questo è un punto di forza.
E poi questa non è Europa, è un coercevo di trattati e ricordiamoci che l'Europa non avrebbe nessuna legittimità, in quanto non ha una Costituzione,usciremmo semplicemente dai trattati come brexit insegna.

Quello che intendo dire è che nulla è scontato, tanto meno il futuro anche prossimo, che potrebbe essere peggio di adesso, ma anche meglio.

Ciao paul11,

Secondo me guardare la realtà non vuol dire avere una visione statica del mondo. Anch'io so che i trattati possono essere disdetti, pensa che anche l'immane debito pubblico che abbiamo potrebbe essere annullato con un atto legislativo. Solo che il guardare la realtà mi obbliga a guardare agli effetti di queste rotture di contratti. I sistemi economici sviluppati si reggono sulla fiducia e se noi come Italia abbiamo vissuto un brutto periodo dal 2011 in poi lo dobbiamo alla crisi di fiducia che si era creata nei confronti del nostro sistema. Tu parli di un'Italia fuori dall'Europa, naturalmente è importante differenziare tra un'uscita alla Trump, fregandosene di tutti gli impegni presi, oppure alla Brexit, con una contrattazione di tutte le pertinenze dovute e una ridiscussione dei rispettivi rapporti per il futuro.
Quest'ultima per l'Italia, dopo il QE di Draghi, è praticamente irrealizzabile visto che la BCE ha in cassa il 20 % circa del nostro debito pubblico, difficile pensare che lo stato possa avere le finanze per ricomprarli.
Resta la strategia Trumpiana, facciamo carta straccia di tutti gli accordi finanziari, economici commerciali degli ultimi 50 anni e cominciamo a preoccuparci di come pagare il gas che arriva con i metanodotti dalla Russia, l'energia elettrica che arriva da Francia e Svizzera, il grano che arriva da Canada e USA. Questo beninteso perché energia e cibo sono gli unici beni essenziali, di tutti gli altri si può fare a meno e probabilmente dovremo farne a meno nel caso facessimo scelte talmente assurde da distruggere l'insieme di relazioni economiche che abbiamo con il Resto del mondo (Perché è chiaro che i nostri rapporti con ogni paese extra UE sono condizionati dalla nostra appartenenza con la UE).

Un saluto

PS Naturalmente il riferimento a Trump è solo un richiamo al tuo post, Trump è certamente un opportunista politico ma non è certamente incosciente, nel suo agire vi sono precise strategie che vogliono costruire nuovi rapporti con il resto del mondo (Che non è detto siano vantaggiosi per gli USA) e agisce (almeno si spera) tenendo conto delle reazioni al suo agire.
#5604
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Marzo 2018, 11:28:57 AM
Citazione di: anthonyi il 11 Marzo 2018, 07:38:12 AMQuello che però non mi piace dell'uso della parola "ideologia" è l'idea che esista una scienza economica che sia stata costruita ad Hoc per giustificare il mercato. Nell'ambito del dibattito economico sono presenti molteplici analisi che sono state sviluppate per spiegare i cosiddetti fallimenti del mercato i quali spiegano e giustificano varie forme di intervento istituzionale e pubblico e lo fanno con gli stessi strumenti formali con i quali, in altre situazioni, viene dimostrata l'ottimalità del mercato.
Un saluto



Scusatemi, Paul11 e Anthony, se mi inserisco nel vostro discorso, ma c'è questo passo che mi piacerebbe commentare.
Allora, se prendiamo per buone le teorie marginaliste sul valore di un bene economico come il valore che ad esso
attribuiscono gli attori dello scambio (teorie che costituiscono il fondamento assoluto dell'ideologia mercatista),
cioè (allargando il discorso alla visione filosofica di Von Hayek) se consideriamo tutto in relazione alla sfera
soggettiva, allora non esiste UNA razionalità economica, cioè non esiste UNA scienza economica.
Questo è facilmente intuibile: se io devo andare a Milano e ho molti soldi e poco tempo ci andrò in aereo; mentre
se ho pochi soldi e molto tempo ci andrò in autostop (scusate l'esempio scemo, ma credo che calzi).
Credo sia ora di interrogarsi sul portato di "scientificità" di una disciplina "umana" quale l'economia; cioè
credo sia arrivata l'ora di chiedersi: "razionalità a favore di chi?"
E del resto, quella che io credo la più calzante definizione di "eonomia" così recita: l'economia è quella scienza
che studia i mezzi più efficaci per raggiungere uno scopo politicamente prestabilito.
Dunque, per quanto mi riguarda, vi può essere un, diciamo, elevato grado di scientificità per quel che riguarda lo
studio dei mezzi; non ve ne è alcuno per quel che riguarda un fine politicamente, cioè ideologicamente, prestabilito.
saluti ad entrambi

Ciao 0xdeadbeef, per carità nessun problema per la tua interlocuzione.
La tua definizione di economia è forse un po' restrittiva, nel senso che la stessa (Scienza o dottrina) economica si occupa anche dei problemi inerenti la formazione delle scelte politiche.
Conosco bene il dibattito epistemologico sulla natura della (Scienza o dottrina) economica e anche nel post che tu hai letto sottolineo la falsa oggettività dei numeri economici.
Quello che però mi preme è sottolineare la differenza tra la rilevazione di detti problemi e l'affermazione, a mio parere calunniosa, che certi metodi di analisi siano stati creati appositamente per imporre un certo modello di economia e società.
Un saluto.
#5605
Citazione di: paul11 il 10 Marzo 2018, 09:57:53 AM
Citazione di: anthonyi il 09 Marzo 2018, 13:30:46 PM
Citazione di: paul11 il 08 Marzo 2018, 00:18:37 AM

E' quì che storicamente ha vinto il "progresso sociale" riformista che ha incanalato nei parlamenti degli Stati occidentali lotte e malcontenti concedendo diritti sociali. Oggi se c'è assistenza, previdenza, quello che è stato definito stato del benessere o welfare state è sicuramente un progresso nella storia umana sociale,Casi di morti di fame o di malsanità sono da telegiornali tanto sono eccezioni e non ordinarietà.Questo è un fatto ed è frutto sia di destra che sinistra  sociale.
Il rapporto conflittuale è sempre stato fra economia e politica, la prima del privato nello scambio economico che genera un valore aggiunto ,un surplus e la politica che sceglie a seconda del governo di sinistra o destra di generare una ridistribuzione attraverso la fiscalità da riversare nella previdenza, assistenza, sanità, scuola pubblica.Il ruolo quindi dello stato è regolatore della differenza economica per pacificare il conflitto sociale, mantenerlo nelle regole della tolleranza democratica.
Keynes diceva che lo stato sociale costruito dallo Stato era come un aumento di stipendio/salario, essendo gratuito o quasi.

Da qualche anno assistiamo al dissesto dello stato sociale, del welfare, e le sinistre di tutti i Paesi avanzati sono sparite, proprio nel momento in cui la globalizzazione ha accentuato il suo passo. E' accaduto, per farla breve che lo Stato ha tolto un poco o tanto delle risorse economiche nel welfare sociale e si è messo a fare welfare alle multinazioali e al potere finanziario delle banche.In questa logica sono caduti anche i governi di sinistra e non intendo solo in Italia,perchè il problema è internazionale e la cultura è internazionale .Il ruolo compensativo dello Stato sulle discrepanze, differenze economiche di reddito che era appannaggio dei programmi politiici della sinistra(salvaguardia dell'occupazione, più investimenti =più lavoro,ecc) è saltato.
Le leve del potere centrale degli Stati nell'Europa è passato ai commissari europei e al governatore della banca centrale europea.

Mi sembra che alla base del tuo ragionamento ci sia l'idea che il welfare sia un prodotto dell'azione politica, mentre invece la prima precondizione del welfare è la crescita economica, se non ci sono risorse il welfare non può essere finanziato. Purtroppo un certo pensiero di sinistra è capace solo di riflettere sulle dimensioni delle fette di torta e non capisce che prima di fare le fette bisogna fare la torta. Ci sono evoluzioni della sinistra più liberali che invece lo hanno capito ed è per questo che dedicano la loro attenzione alle multinazionali (ma anche alle industrie nazionali) e alle banche, e lo fanno per creare/mantenere quelle condizioni di crescita economica che altrimenti non ci sarebbero. Purtroppo questo non lo hanno capito tanti cittadini del nostro paese che preferiscono credere alle sirene di illusorie maxi-torte alle quali abbuffarsi che non si capisce bene chi preparerà.
ciao Anthonyi,
il welfare è anche e non solo il prodotto storico di lotte sociali raccolte in diritti e quindi norme e dall'altra sicuramente l'aspetto economico.
Non esiste se non per speculazione politica ed economica che il welfare necessariamente sussiste solo in presenza di crescita economica :questa è ideologia liberista.
Perchè il concetto di crescita in un determinato pensiero economico è dato semplicemente dalla quantità di denaro che circola nell'economia di scambio.e adatto che scuola sanità pubblica, muovono denaro e occupano persone è garantito che il reddito e le spese vadano nellel tasche di qualcuno.
E' ideologico perchè i concetti di valore vanno da Adam Smith ai marginalisti austriaci, passando per Marx, Ricardo, Keynes, monetaristi, ecc.

E' ideologica ribadisco e quindi determinata da rapporti di forza, quale configurazione economica si vogliono perseguire.
Bisogna quindi scindere, ma sapendo che sono intimamente connesse ,la macroeconomia dalla microeconomia, lo Stato o dall'impresa economica, ed è infatti quì è stata ed è la battaglia, dove la sinistra sociale vuole più Stato e il liberismo di destra più impresa.
Il welfare ha accontentato entrambi perchè se il committente degli appalti è lo Stato, chi ci guadagna sono le imprese.

Il concetto di risorsa di valore e di moneta sono a loro volta dinamicamente connesse-
Quanti giorni di scorta di grano sopperisce al fabbisogno mondiale?
Quanti barili di greggio di petrolio sono estratii rispetto alla domanda mondiale?
Chi coltiva grano e chi estrae petrolio sa di non doverlo fare all'infinito, si ferma dove il prezzo e i costi raggiungono il punto di equilibrio del profitto. Quindi la risorsa è interpretabile come bene economico.

La scelta ad esempio degli indici economici è semplicemente ideologica da parte dell UE, perchè si è convenuto che fosse "giusta" per tenere unita la UE nelle diverse basi legislative di ogni Stato,visto che l'euro è comunque la moneta rappresentativa anche nelle diversità singolari.Per cui il rapporto PIL/debito pubblico in una certa percentuale è sua volta ideologica e convenuta.
Non hanno assolutamente basi "oggettive" economiche,tantè che lasciano sforare o meno e stanno già cominciando a darci avvisi di sforamento (è caduto il PD che era filo europeo).

Se Trump sta facendo il "grande casino dei dazi" è solo un rapporto di forza perchè l'economia e la modalità di scelta di una forma economica all'interno di una organizzazione umana  e tutte potrebbero funzionare ,dal nazismo fascismo comunismo, liberismo.

Ciao paul11,

la questione che io ponevo era soprattutto politico-culturale, io mettevo in discussione l'ingenua convinzione che le problematiche sociali siano risolvibili con una regola scritta. Le leggi interagiscono con il sistema sociale producendo risultati che possono essere distanti dalle intenzioni del legislatore.
Abolisci i vaucher e voilà tutti quei lavoratori che prima avevano un minimo di regolarizzazione tornano al nero, ripristini l'art 18 vecchia versione e voilà le aziende si fanno i conti sui rischi e decidono di non investire e magari di chiudere in Italia.
Tu fai un forte uso della parola "ideologia" e in un certo senso io ti do ragione.
L'analisi economica si basa soprattutto su valori contabili, numeri che possono dare una falsa sensazione di oggettività che invece non hanno perché sono suscettibili di valutazioni di vario genere.
Io infatti sono sostenitore della relatività del concetto di PIL, preferendo quella che dovrebbe essere una valutazione qualitativa dello stesso.
Ciononostante quando una convenzione diventa una regola contrattuale questa diventa un dato oggettivo. Se l'Italia ha sottoscritto dei patti nei quali prendeva degli impegni (E lo ha fatto cosciente dei vantaggi che avrebbe avuto ad entrare nell'Euro sui quali non mi dilungherò) questi impegni vanno rispettati anche perché in realtà conviene all'Italia (Ma non conviene alla classe politica che preferisce sempre spendere il più possibile i soldi dei cittadini presenti e futuri).
Quello che però non mi piace dell'uso della parola "ideologia" è l'idea che esista una scienza economica che sia stata costruita ad Hoc per giustificare il mercato. Nell'ambito del dibattito economico sono presenti molteplici analisi che sono state sviluppate per spiegare i cosiddetti fallimenti del mercato i quali spiegano e giustificano varie forme di intervento istituzionale e pubblico e lo fanno con gli stessi strumenti formali con i quali, in altre situazioni, viene dimostrata l'ottimalità del mercato.
Un saluto
#5606
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Marzo 2018, 15:32:48 PM

Al mercato interessa solo ed esclusivamente che il "diritto sociale" non vada ad intaccare i principi su cui si regge
la sua impalcatura ideologica (spacciata spudoratamente per scienza economica).
Al mercato interessa che ogni cosa sia soggetta ad esso stesso. Per cui non può esistere un contratto nazionale unico
(tanto per restare al nostro esempio) stabilito da due parti contraenti "ufficiali" (ad es. Confindustria e il Sindacato)
che rappresentano la pluralità delle parti contraenti; ma tale pluralità deve poter esplicarsi "privatamente", cioè senza
nessuna rappresentanza "collettiva".
Questo perchè il Mercato è, in ultima analisi, l'antitesi di qualsivoglia "entità collettiva" (e l'entità collettiva è,
come vado dicendo lungo tutto questo post, l'unico rimedio al suo strapotere).
saluti

Ciao 0xdeadbeef, perché rappresenti il mercato come un'entità personalistica? Il mercato è uno strumento, un sistema di regole, discutibili per carità, ma non è che si può dire che il mercato ha strapotere.
Sarebbe come dire che un sistema elettorale ha strapotere perché pretende di nominare con le sue regole tutti i deputati di un'assemblea.
E comunque le entità collettive non sono in antitesi al mercato, basta rispettare il diritto degli individui di scegliere se appartenere o meno a dette entità collettive.
#5607
Citazione di: paul11 il 08 Marzo 2018, 00:18:37 AM

E' quì che storicamente ha vinto il "progresso sociale" riformista che ha incanalato nei parlamenti degli Stati occidentali lotte e malcontenti concedendo diritti sociali. Oggi se c'è assistenza, previdenza, quello che è stato definito stato del benessere o welfare state è sicuramente un progresso nella storia umana sociale,Casi di morti di fame o di malsanità sono da telegiornali tanto sono eccezioni e non ordinarietà.Questo è un fatto ed è frutto sia di destra che sinistra  sociale.
Il rapporto conflittuale è sempre stato fra economia e politica, la prima del privato nello scambio economico che genera un valore aggiunto ,un surplus e la politica che sceglie a seconda del governo di sinistra o destra di generare una ridistribuzione attraverso la fiscalità da riversare nella previdenza, assistenza, sanità, scuola pubblica.Il ruolo quindi dello stato è regolatore della differenza economica per pacificare il conflitto sociale, mantenerlo nelle regole della tolleranza democratica.
Keynes diceva che lo stato sociale costruito dallo Stato era come un aumento di stipendio/salario, essendo gratuito o quasi.

Da qualche anno assistiamo al dissesto dello stato sociale, del welfare, e le sinistre di tutti i Paesi avanzati sono sparite, proprio nel momento in cui la globalizzazione ha accentuato il suo passo. E' accaduto, per farla breve che lo Stato ha tolto un poco o tanto delle risorse economiche nel welfare sociale e si è messo a fare welfare alle multinazioali e al potere finanziario delle banche.In questa logica sono caduti anche i governi di sinistra e non intendo solo in Italia,perchè il problema è internazionale e la cultura è internazionale .Il ruolo compensativo dello Stato sulle discrepanze, differenze economiche di reddito che era appannaggio dei programmi politiici della sinistra(salvaguardia dell'occupazione, più investimenti =più lavoro,ecc) è saltato.
Le leve del potere centrale degli Stati nell'Europa è passato ai commissari europei e al governatore della banca centrale europea.

Mi sembra che alla base del tuo ragionamento ci sia l'idea che il welfare sia un prodotto dell'azione politica, mentre invece la prima precondizione del welfare è la crescita economica, se non ci sono risorse il welfare non può essere finanziato. Purtroppo un certo pensiero di sinistra è capace solo di riflettere sulle dimensioni delle fette di torta e non capisce che prima di fare le fette bisogna fare la torta. Ci sono evoluzioni della sinistra più liberali che invece lo hanno capito ed è per questo che dedicano la loro attenzione alle multinazionali (ma anche alle industrie nazionali) e alle banche, e lo fanno per creare/mantenere quelle condizioni di crescita economica che altrimenti non ci sarebbero. Purtroppo questo non lo hanno capito tanti cittadini del nostro paese che preferiscono credere alle sirene di illusorie maxi-torte alle quali abbuffarsi che non si capisce bene chi preparerà.
#5608
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Marzo 2018, 20:11:38 PM
su Marx la penso in maniera opposta.
Per me non fu un grande pensatore sociale. Nel rapporto struttura-sovrastruttura, ad esempio, egli diede un'interpretazione
che trovo troppo univoca (anche se, ad onor del vero, definì "in ultima istanza" la determinazione della sovrastruttura da parte
della struttura - ma è, trovo, un'"indebolimento" che non muta troppo la sostanza delle cose).
Viceversa, io penso sia stato un grandissimo economista.
Chiaramente si muoveva ancora all'interno di una economia "classica" (un'economia che non aveva ancora il concetto di valore
economico come valore di scambio), ma certe sue intuizioni sono ancora, fino a prova contraria, inconfutate.
Che dire, ad esempio, della teoria del "plusvalore"? Non spiega forse, essa, le ricorrenti crisi di sovraproduzione
che per il capitalismo sono "struttura" (ieri merci, oggi soldi ma sempre di sovraproduzione si tratta).
Ma non vorrei con questo ridurre questa discussione a una diatriba sul pensiero di Marx...
saluti

Nessuna diatriba, sono questioni già maturate, il limite della teoria economica socialista è nella funzione imprenditoriale. Si tratta di un limite che arriva direttamente dal materialismo che è proprio della sua visione economica, per cui il valore non può che essere prodotto dal lavoro materiale e il profitto deve essere sottratto a questo valore. Marx non concepisce il fatto che l'azione imprenditoriale crei un di più rispetto al valore dei fattori perché l'azione imprenditoriale è organizzativa e quindi immateriale.
#5609
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Marzo 2018, 11:58:37 AM
non sono molto d'accordo con l'amico Anthony laddove egli squalifica Marx (non parlerei di "marxismo",
che è stata l'applicazione politica e, soprattutto, "totalitaria" del pensiero di Marx) a "versione del pensiero di sinistra".
saluti

Lasciando perdere il pensiero di Marx, il punto centrale è la crisi del pensiero socialista e il fatto che visioni di stampo liberale si innestano nel pensiero di sinistra sostituendosi al primo.

Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Marzo 2018, 11:58:37 AM
La sua statura di politico
non avvicinava neppure da lontano quella da economista; campo nel quale è stato, ritengo, davvero geniale.
saluti

Io invece reputo certamente  Marx un grande pensatore sociale (Nel rapporto struttura-sovrastruttura c'è una chiave di sintesi fondamentale della realtà sociale) ma un pessimo economista il cui pensiero ha profondamente confuso l'analisi del sistema economico.
#5610
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Marzo 2018, 20:16:29 PM
Dopo anni (anzi, ahimè dopo decenni...) passati nella militanza attiva in partiti della sinistra (cosidetta "estrema"), e dopo qualche anno di
riflessione "sabbatica", sono arrivato alla conclusione di non potermi più dire "di sinistra".
Sono ancora dalla parte dei più deboli, delle categorie più svantaggiate, degli operai, dei precari, dei pensionati al minimo etc. Il mio "problema",
se così vogliamo chiamarlo, è che non vedo più, nel frastagliato ed ormai ridotto ai minimi termini arcipelago della sinistra, nessuno in grado di
prendere le difese di suddette categorie.
Ma la faccenda è, per me, molto ma molto più grave, visto che sono arrivato a pensare che le suddette categorie non siano più difendibili con la
stessa teoria politica della sinistra: la sinistra, in altre parole, ha per me fallito "storicamente".
Non sto tanto parlando della situazione politica della sinistra nella stretta attualità (che è miserevole a dir poco); sto parlando della stessa
impalcatura "marxiana" della sinistra storica, che nell'attualità sta dimostrandosi totalmente avulsa dalle dinamiche sociali ed economiche in atto.
Il tentativo di Marx (che fino a prova contraria è stato l'unico pensatore "serio" in tutta la storia della sinistra...) di arginare il già montante
individualismo cercando di "surrogare" l'entità collettiva ideologica chiamata "popolo" con la medesima entità collettiva (ma materiale) chiamata
"classe" è fallito laddove il vincolo culturale della tradizione; della religione e financo del "sangue" si è mostrato ben più forte del vincolo
materiale ipotizzato da Marx.
Ciò che è fallita è, in altre parole, la costruzione di una "coscienza di classe"; ma questo, lungi dall'essere un particolare di poco conto, vuol
dire che è fallita la stessa sinistra che sul pensiero di Marx si è fondata.
Non meravigli, dunque, che oggi la sinistra si barcameni fra i liberisti del Partito Democratico (i quali, perlomeno, hanno almeno il buon gusto di
rifiutare l'etichetta di "partito di sinistra"); i liberali di Piero Grasso, ormai totalmente impegnati nella difesa delle libertà classiche dell'
individualismo di matrice anglosassone, e vari gruppuscoli insignificanti nel momento in cui mancano totalmente di una qualsiasi, e seppur debolissima,
analisi del reale (e Marx proprio sull'analisi del reale fondò tutta la sua teoria).
A parer mio, chi come ha coltivato e condiviso quelle tesi e quei valori si deve arrendere al seguente argomento: per opporsi efficacemente all'
individualismo mercatistico oggi dominante ci si deve rivolgere a quella entità collettiva chiamata "popolo".
Fuori dall'entità collettiva chiamata "popolo", vi può essere solo l'individuo, e quindi quel "contrattualismo" che dei rapporti fra gli individui è
la forma più efficace: vi può cioè essere solo il Mercato, ovvero l'odierna ed estrema forma che il capitalismo classico ha assunto.
Si rende dunque necessaria una ripresa "identitaria"; una ripresa del concetto di "nazione"; perchè quel "diritto" che, solo, può arginare il Mercato
e tutelare le classi svantaggiate, può sorgere solo ed esclusivamente all'interno di una entità collettiva culturalmente omogenea.
saluti

L'errore che fai, a mio parere, è quello di far coincidere l'idea di sinistra con il marxismo. Il marxismo è una versione del pensiero di sinistra, una versione che si è purtroppo rivelata fallimentare sia in termini di organizzazione economica, sia di previsioni storiche e sociali. Anche il pensiero liberale nasce nell'ambito della cultura di sinistra, cioè si pone nei termini di una progettazione moderna della società e del sistema economico, in contrasto a visioni tradizionali che lo caratterizzavano. Il pensiero liberale, per correttezza concettuale, non è liberismo, nel nostro paese la sola forza politica che può dirsi liberista è la lega, tutte le altre in realtà non lo sono e meno che mai lo è il PD. Certo il PD non è più marxista, ma non si può dire che non sia più di sinistra, tutte le politiche fatte in questi anni sono state indirizzate ad incrementare i diritti concreti (Non quelli formali scritti sullo statuto e lontani dalla realtà) dei lavoratori disincentivando le forme di lavoro meno gerantite e incrementando i posti di lavoro pur in presenza di crescite economiche non stratosferiche.