Citazione di: Donalduck il 05 Maggio 2018, 20:13:27 PMTrovo interessante il tuo post ,anche se , diversamente da me però non sembri propenso ad accettare la teoria dell'evoluzione .
E' un argomento che ho affrontato tempo fa in due discussioni: Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado? e Scienza, filosofia, fede e "Testimoni di Darwin".
La tesi che porto avanti è che non solo la teoria non è attendibile ma non è neppure una teoria scientifica e non ha neppure basi razionali, trattandosi di una pura presa di posizione ideologica basata su una sorta di fede per molti aspetti simile a quella religiosa.
Diversi argomenti da me portati a sostegno della mia tesi sono simili a quelli esposti da Socrate78, fondati su semplice buonsenso e logica basilare. Chi volesse conoscerli può leggere le discussioni sopra menzionate. Volendo, è anche possibile riprendere quelle discussioni, nonostante risalgano a quasi due anni fa (a quanto pare non hanno una scadenza).
La grande rilevanza della questione secondo me non riguarda tanto l'evoluzione e l'origine delle specie e della vita stessa (senza che sia reso esplicito, la teoria è intimamente legata a una concezione dell'origine "spontanea" della vita dalla materia bruta, la cosiddetta abiogenesi) quanto la formidabile potenza dei condizionamenti.
Tra i numerosi sostenitori della "teoria" ci sono menti di evidente intelligenza e capacità speculativa e critica. Com'è possibile, considerata la povertà delle argomentazioni addotte e il gran numero di ragionevoli obiezioni rimaste senza risposta?
Uno dei motivi può essere fatto risalire a quanto ricordato da Iano:Citazione... la conoscenza della teoria dell'evoluzione andrebbe inquadrata nell'incredibile clima di rivoluzione culturale in cui è nata di cui la teoria è solo uno dei prodotti.Una rivoluzione culturale che cercava di liberare definitivamente la scienza dalla residua influenza dei dogmi religiosi che per secoli avevano dettato legge (col la forza della sopraffazione e della repressione) con le loro assurde e contradditorie "verità rivelate" (emblematico il caso di Galileo, che solo pochi anni fa è stato ridicolmente "riabilitato" dalla chiesa cattolica).
Il problema è che, a distanza di un secolo e mezzo, con una situazione ormai del tutto mutata, sono ancora presenti i residui deteriorati di quel clima rivoluzionario, dando alla scienza una coloratura riduzionistica che non ha nulla di scientifico né di razionale. Si tratta più che di una corrente di pensiero, di una concezione del mondo basata su un "sentire" non razionale a sua volta pesantemente condizionato dal clima culturale. Oserei dire che attualmente, anche molte persone che sostengono di essere credenti, e addirittura aderenti a qualche religione sono di fatto materialiste in tutto e per tutto, e hanno nell'intimo una visione del mondo assai simile se non identica a quella portata avanti dai riduzionisti materialisti, per i quali l'universo è una sorta di congegno meccanico fatto di energia (di cui la materia è un particolare stato) venuto fuori "per caso" dal "nulla" insieme a un insiemi di leggi formalizzabili matematicamente che lo governano, la vita un fenomeno "emerso" sempre "per caso" dalla materia bruta (ma su cui "sicuramente" la scienza "un giorno" farà chiarezza), la coscienza (e con essa la mente e l'intelligenza) un "epifenomeno" privo di qualunque potere causativo (potere riservato alle leggi fisiche che governano l'energia).
Interessante notare l'analogia tra i metodi usati dai teologi e dai riduzionisti: i teologi, ogni volta che si imbattono in una palese contraddizione o in una grossa falla del loro "sistema di pensiero" tirano fuori il jolly del "mistero della fede": si applica l'etichetta "mistero" è tutto si aggiusta. I riduzionisti invece, laddove trovano un gigantesco e irriducibile punto interrogativo (un mistero, appunto) tirano fuori il jolly del "caso". Se c'è un termine vicino al nonsenso più assoluto è il "caso" usato in questa maniera. In sostanza dire che una cosa accade "per caso" significa che accade e basta e che mi limito a registrarne l'accadimento, rinunciando ad andare oltre nella catena delle cause. Un termine usato per mascherare la precisa volontà di non indagare oltre, di non cercare ulteriori cause, soprattutto cause finali e, quel che è peggio, di scoraggiare in tutti i modi simili indagini. Il che non sarebbe poi sbagliato (restando nel ristretto ambito della scienza), dato che si tratta di questioni che vanno molto al di là delle attuali possibilità della scienza. Se non fosse che anziché mantenerle fuori dall'ambito scientifico, vengono "risolte" con fantasie fatte passare per "teorie scientifiche". Il solito maledetto vizio dell'uomo di non saper accettare la sua ignoranza e sostituire l'ignoto con i miti più assurdi. Nonostante le enormi differenze di mentalità la tartaruga che sorregge il mondo e lo spazio-tempo-energia che sorge per caso dal nulla sono esempi della stessa tendenza a "rattoppare" la conoscenza con la fantasia.
Socrate78 cita giustamente tra le opere più rappresentative del pensiero evoluzionistico (e, direi, materialistico-riduzionista) Il caso e la necessità di Jacques Monod (un libro fortemente consigliato a tutti gli interessati a questi temi). Si tratta di un libro serio, caratterizzato da un sincero sforzo di sviscerare l'argomento in tutti i suoi aspetti. Proprio per questo rivela anche ciò che altri tentano di nascondere, anche se finisce per portare avanti tesi del tutto arbitrarie. Ecco un passaggio particolarmente interessante:CitazioneLa pietra angolare del metodo scientifico è il postulato dell'oggettività della Natura, vale a dire il rifiuto sistematico a considerare la possibilità di pervenire a una conoscenza 'vera' mediante qualsiasi interpretazione dei fenomeni in termini di cause finali, cioè di 'progetto'.Qui il termine "postulato" è usato in maniera impropria. Si tratta piuttosto di una regola metodologica arbitraria che, se accompagnata dalla consapevolezza di avere solo una validità convenzionale e limitata all'ambito delle discipline cosiddette scientifiche, che sono ben lontane dall'esaurire le possibilità dell'umana conoscenza, ha una sua ragion d'essere e una sua validità. Fin qui, se si tralascia la forzatura di considerare tale assunto come vincolo permanente per la scienza, negando che possa essere abbandonato in tutto o in parte in eventuali sviluppi futuri, queste affermazioni si possono considerare corrette.
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Postulato puro, che non si potrà mai dimostrare poiché, evidentemente, è impossibile concepire un esperimento in grado di provare la non esistenza di un progetto, di uno scopo perseguito, in un punto qualsiasi della Natura.
Il postulato di oggettività è consostanziale alla scienza e da tre secoli ne guida il prodigioso sviluppo. È impossibile disfarsene, anche provvisoriamente, o in un settore limitato, senza uscire dall'ambito della scienza stessa.
La fallacia emerge nel momento in cui si tenta di spacciare la scienza per l'unico modo per pervenire a una conoscenza "vera" (per fortuna anche Monod ha avuto il buonsenso di mettere questo termine tra virgolette) non solo al suo interno, ma in generale. Ossia quando si scambia la scienza per lo scibile, o peggio ancora per la "verità". Ancora Monod:CitazioneÈ evidente che il porre il postulato di oggettività come condizione della conoscenza vera rappresenta una scelta etica e non un giudizio di conoscenza in quanto, secondo il postulato stesso, non può esservi conoscenza 'vera' prima di tale scelta arbitraria.Qui risulta evidente che non siamo più nell'ambito della scienza, ma emerge la pretesa di nominare la scienza rappresentante e interprete unica della conoscenza e della "verità" e la paradossale pretesa di ribaltare la concezione di un'etica fondata sulla conoscenza in quella di una conoscenza fondata su un'etica arbitraria.
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L'etica della conoscenza non si impone all'uomo; al contrario è l'uomo che se la impone, facendone assiomaticamente la condizione di autenticità di qualsiasi discorso o di qualsiasi azione.
In effetti per me è perfino difficile capire quali siano le difficoltà ad accettarla.
Leggendo il tuo post mi sembra di individuare un ostacolo a ciò laddove si fa' riferimento al caso.
Ottimo il parallelo che fai fra mistero e caso.
C'è però una differenza di fondo fra i due e capire questa differenza potrebbe aiutarti a considerare meglio la natura della teoria in discussione.
Il mistero non può essere surrogato in laboratorio mentre il caso invece si.
Il caso può essere surrogato quando ,pur conoscendo io le cause di un evento, decido volutamente di ignorarle , oppure quando pur sapendo che esistano delle cause non mi è di fatto possibile conoscerle e quindi controllarle.
Se io sono un allevatore che vuole selezionare una specie in effetti mi trovo in uno di questi casi.
Alla fine ottengo quello che voglio anche se in parte mi sono ritrovato a portare avanti delle scelte , che almeno in parte , a causa di una mia non completa conoscenza dei processi , è di fatto casuale .
Non c'è bisogno però di ipotizzare che alla base vi sia un vero caso.
È' sufficiente vi sia qualcosa di assimilabile al caso.
Ai fini della teoria di Darwin in effetti ciò è sufficiente.
Forse può esserci di aiuto guardare le cose da un punto di vista insolito per noi.
Quando devo risolvere un problema di solito posso scegliere fra diverse strategie.
La scelta della strategia dipenderà ovviamente dalle condizioni al contorno, e cioè di quali risorse posso mettere in campo , dalla loro natura e dalla loro disponibilità e dalla presumibile convenienza nel farlo.
Dipenderà in generale dal grado di controllo che io ho della situazione , il quale non sarà' mai totale.
In questi casi si verifica di solito che facciamo sempre le solite scelte , sia perché hanno sempre funzionato , sia perché continuano a dimostrarsi efficaci.
Così alla fine tendiamo a convincerci che la strategia usata non derivi da una scelta , ma che sia l'unica strategia l'unico modo logico,e,razionale di agire.
Così magari non ci è mai capitato di scegliere come strategia l'uso del caso , anche quello solo simulato , e ci viene perciò difficile pensare che la natura possa adottare questa strategia e meno che meno , e su questo sono d'accordo con te , se si tira in ballo (ma senza nessuna vera necessità di farlo ) il puro caso.
Eppure si tratta solo di una delle tante strategie possibili , e il fatto che finora noi l'abbiamo sempre,scartata , non implica che non possa essere la strategia ottimale in certi casi.
In effetti io credo che la natura in questo caso applichi una strategia ottimale al contesto.
Inoltre questa scelta non comporta un atto di volontà, e meglio si addice quindi ad un soggetto impersonale quale la natura , però non si può escludere nemmeno che tutto possa farsi risalire ad un soggetto che fa' delle scelte , e per quel che ci interessa è sufficiente un soggetto che scelga di tirare un dado avendo deciso questa essere la migliore,strategia nel particolare caso.
Va' da se' che se questo soggetto fosse onnisciente non riesco a capire perché dovrebbe scegliere questa strategia.
Se però si tratta di un più prosaico allevatore , o dell'impersonale natura , allora riesco a immaginare un senso.
In effetti quando devi risolvere un problema , ignorando completamente le condizioni al contorno (ad esempio perché sei privo di coscienza,come la natura) allora simulare il caso diviene l'unica strategia possibile e il problema lo risolvi comunque a patto di avere sufficienti risorse è sufficiente tempo a disposizione.
Se invece conosci almeno in parte le condizioni al contorno, non potrai comunque a fare a meno del tutto della strategia del caso , ma vari bisogno di meno risorse e meno tempo .


