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Messaggi - iano

#5656
Quindi la filosofia , là si voglia vedere come si vuole , e per quanto inevitabilmente usurpata in alcuni suoi regni, rimane banalmente fondamentale , sebbene ciò non sembri apparire oggi così evidente rispetto a ieri.
Il fatto che possa connaturarsi come amore della conoscenza in se' non è cosa aiuti la reputazione di questi tempi .
Forse non è neanche vero che sia così.
Dopo una corsa mi sento meglio , e da qui può nascere l'illusione dell'amore per la corsa in se'.
Conoscere lo stato del nostro fisico mettendolo alla prova  ci aiuta a dimensionare utilmente le nostre azioni , quindi allenare il fisico è tutto meno che fine a se' stesso , anche quando , come effetto collaterale la cosa può sfociare nell'edonismo.
Lo stesso vale per la mente.
Poi però magari accade che ci si senta stupidi a correre mettendo un neurone dopo l'altro , e magari solo perché non va' di moda farlo.
Quindi , se è vero che le mode vanno e vengono , non rimane che attendere, o no?
Oppure pssiamo pilotare una nuova moda per la filosofia , rendendola nuova agli occhi di tutti?
Personalmente , d'accordo con Sileno, penso che una filosofia come terapia sia una buona strada , anche se mi pare stenti ad affermarsi.
Direi che è un po' quello che rimane alla filosofia dopo essere stata variamente espoliata, e in ciò forse appunto è sempre stata la sua essenza.
Possiamo rimescolare i nostri neuroni fino a trovare la combinazione che più ci aggrada, ed è bene farlo non foss'altro per non lasciare che siano altri a farlo per noi , e su questo sono d'accordo con Angelo.
Nel farlo però occorre tenere conto di una importante avvertenza.
Ci si ritroverà sempre con una combinazione di neuroni fuori moda , e si sa' bene l'opinione diffusa su quelli che non hanno tutti i neuroni a posto.
Insomma bisogna essere veramente convinti di volerlo fare , pur essendo stati ultimamente educati all'esatto contrario.
Si capisce quindi come sia facile recedere da un tale tentativo,che almeno una volta nella vita sicuramente ognuno intraprende.
Se tali tentativi andassero in porto invece avremmo una ricchezza di idee , che anche quando la loro origine fosse assimilabile al caso , sarebbe la benvenuta.
L'uniformità non sembra un bene in se'.
Procedendo per errori e correzioni , come sembra noi si faccia , andare a sbattere uniformemente tutti contro lo stesso muro non sembra infatti molto utile.
Questo al massimo spiega perché oggi votiamo in massa tizio e dopo un paio di mesi tutti caio , che è la moda di adesso.Insomma andare tutti contro lo stesso muro oggi sembra una strada obbligata, e mi spiace dirlo solo in ciò vedo l'urgenza di un governo.Prima si sceglie il muro , prima ci si sbatte , prima , si spera , ci si rinsavisce , e mi sembra che di ciò esistono già' buoni esempi.

Una delle previsioni non rispettate dell'avamzare della globalizzazione è la perdita di importanza degli agglomerati urbani , che in se' sembrano effettivamente problematici e insostenibili.
Il fallimento di questa previsione sta in un fatto non considerato che però sembra essere cruciale.
Un agglomerato urbano , quanto più è grande, tanto più ci costringe a scambiare idee con individui che non sono necessariamente di nostro gradimento.
Le quantità di questa interazione non intenzionale  sembra essere proporzionale al numero di brevetti che si producono in loco , piuttosto che ai relativi investimenti in ricerca.
Sottinteso che ci sia una interazione fra diversi , tanto diversi che intenzionalmente non andrebbero a trovarsi e che questa diversità sia probabile quanto maggiore è il numero di individui e di diversa estrazione , cioè proprio le condizioni che si verificano nelle metropoli afflitte dalla "piaga" dell'immigrazione.
Avete allora capito verso quale muro stiamo andando a sbattere tutti insieme allegramente nella attuale contingenza politica?
Naturalmente sarebbe bello ricreare le,stesse condizioni positive delle metropoli senza averne i disagi.
Ma metropoli o non metropoli , rete o non rete , il valore,sta nella diversità e si esplica quando i diversi interagiscono.
Si , purché questi diversi esistano, e sia benvenuta l'immigrazione se serve allo scopo , ma ancora meglio sarebbe prodursi la diversità in casa , senza bisogno di importarla , sopratutto se poi non se ne capisce il valore potenziale.
La filosofia , l'esercizio critico , potrebbe servire?
Allora andrebbe riscoperta.
Basterebbe considerare l'amor proprio se l'amore in se' non basta , e capire cosa è veramente bene per noi allungando lo sguardo oltre il solito palmo.
La filosofia può servire a ciò,Serve a ciò.
#5657
Non so' se trovo le parole giuste per dirlo , su come fare a rifondare la filosofia.
La filosofia è una pianta spontanea.Cresce da sola in ognuno di noi , ma può essere coltivata.
Nella Sicilia in cui ho vissuto da ragazzo questo fatto era evidente.
Tutti facevano filosofia in modo spontaneo , senza alcun timore reverenziale.
Ci si faceva domande su ciò che destava meraviglia , ma senza guardarsi dritto negli occhi, perché non erano domande dalle quali ci si attendeva risposte dagli altri.
Queste domande erano formulate senza premettere citazioni di filosofi , perché erano domande fatte,dall'uomo qualunque , dall'uomo che non sa' di filosofia , ma che semplicemente è filosofo.
Non era necessario un linguaggio tecnico per formulare quelle domande.
Oggi la filosofia condivide con la scienza un linguaggio sempre più tecnico che esclude la maggioranza della gente, ma senza che vi sia una vera necessità a ciò, come invece avviene per la scienza.
Alla filosofia una volta bastava l'oralità.
Oggi che i media si sono moltiplicati in numero e potenza , la naturale spinta a filosofare sembra essersi ritirata.
È' sempre lì perché se la si provoca seppur con fatica sembra si resusciti , anche se per un breve sprazzo.E la resusciti in chiunque , anche in chi non penseresti mai.
Forse rifondare la filosofia significa riportarla al suo stato naturale , a quel livello a cui tutti si sentivano in diritto di accedere.
Questo tenersi dentro la filosofia non credo faccia bene alla salute.
Per avere una vita soddisfacente bisogna essere se stessi , e filosofare fa parte di noi.
Filosofia è farsi domande che non hanno risposte , ma che possono essere formulate sempre meglio.
Fare filosofia è precisare sempre meglio un linguaggio che è di tutti e rimane di tutti, non complicarlo rendendolo esclusivo.
La scienza non puoi veramente capirla se non sei scienziato , ma la filosofia è già compresa in noi.
Ho esagerato schematizzando troppo volendo indicare la strada di una possibile rifondazione filosofica , posto che esista una risposta a ciò.
#5658
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
18 Aprile 2018, 22:41:32 PM
La "non-località " è la posizione per cui è possibile che gli oggetti si influenzino a velocità superliminale.
Riflettiamo su questa frase riportata da Apeiron.
C'è un fenomeno e si cerca un concetto che lo spieghi , di cui la frase sembra essere solo un volenteroso abbozzo.
Ma se prendiamo alla lettera il termine non -località ciò che abbiamo è il contrario o la negazione del concetto di località che ci è ben noto......ma ci è veramente ben noto?
La località non è un punto sebbene in certi casi un punto ne sia una buona rappresentazione.
In questo caso usiamo una notazione precisa al posto di una nozione di località che in se' potrebbe essere vaga , ma la cosa funziona e possiamo rimandare l'eventuale problematicità del concetto a data da destinarsi.
La località non è neanche una precisa porzione di spazio , per quanto una precisa porzione di spazio , al pari di un punto, possa venirci in soccorso in altri casi.
E anche qui rimandiamo là problematicità del concetto, finché arriva il momento che non sembra più rimandabile.
Analizziamo la frase.
Abbiamo due oggetti.Ma è proprio così?
E se ne avessimo uno solo?
Se ne avessimo uno solo non abbiamo più bisogno di una velocità superliminare , e la relatività è salva.
Abbiamo un oggetto con una estensione insolita,è vero , ma questa estensione non è concettualmente diversa da quella di punto o di volume , o qualunque altro concetto geometrico convenga usare alla bisogna,e che abbiamo usato fin qui.
Il fatto che da un punto di vista operativo possa trattare il mio unico oggetto come se fossero due non significa che sono due.
Nessuno mi impedisce , se lo ritengo opportuno , di trattare un magnete come fosse due oggetti,le polarità del magnete.E se invece di chiamarsi polarità si chiamano spin , il concetto non cambia.
Non occorre dunque buttare a mare il concetto di località, e non certo perché è sacro è intoccabile,ma perché non occorre.
Se determinò una polarità di un magnete non ho bisogno di ipotizzare un informazione che giunga all'altro polo , perché si tratta di un unico oggetto.
Possiamo dire che c'è correlazione fra i due poli , anche se in genere non ci si esprime così.
Si parla semplicemente di una proprietà del magnete.
Il fatto che io non possa prevedere lo spin fa' il paio che io non possa prevedere la polarità finché non la misuro.Questo ultimo punto forse è criticabile e attendo le critiche di Apeiron.
Certo , se il nostro oggetto può essere rappresentato geometricamente al limite con l'intero universo , piuttosto che con un punto o altro supporto geometrico tascabile ,questo può disorientarci , in quanto lo strumento di misura da qualche parte dobbiamo piazzarlo ,e al confronto è lui che ci fa' la figura del puntino.
Abbiamo fin qui visto la questione dal punto di vista , problematico come tutti i punti di vista , del concetto di località.
Possiamo cambiare punto di vista riguardando le cose dal punto di vista del concetto di oggetto , al quale parimenti non manca la sua dose di vaghezza.
E guardando le cose da questo diverso punto di vista possiamo chiederci se l'abbozzo di frase che stiamo analizzando non possa essere riscritta meglio come una ridefinizione di oggetto , che tolga così a tale concetto almeno parte della sua vaghezza.
A onor del vero non so' neanche se il termine ridefinizione sia congruente.
In effetti io non conosco una definizione di oggetto , forse per mia ignoranza , e forse perché finora non ce n'è stato bisogno.
Gli oggetti finora , correggetemi se sbaglio , ci siamo limitati a percepirli e sono patrimonio del nostro senso comune.
Oggi , se i miei ragionamenti non sono lacunosi , abbiamo la,possibilità di tentarne  una definizione esplicita , cioè di matematizzare un concetto rendendolo meno vago trovando al contempo una spiegazione soddisfacente per un fenomeno che , se ancora descrivibile a livello locale , sembra a dir poco invadente.
Più che un fenomeno che non sembra stare ne' in cielo né in terra , sembra stare in cielo e terra , e solo perciò,ma solo apparentemente sembra sfuggente rispetto al concetto di località'.
Di sicuro non è un fenomeno tascabile, mentre gli strumenti di misura continuano ad esserlo e forse da ciò nasce l'apparemte stranezza.
#5659
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
18 Aprile 2018, 16:29:54 PM
Mi trovo in uno stato mentale insolito.
Mi sembra di non aver capito niente ma di aver intuito tutto.😅
Continuo ad essere d'accordo con Bohr comunque , perché le sue ipotesi mi sembrano più semplici , e le altre inutilmente complicate.
Mi pare che abbia a che fare col,rasoio di Occam.
E quindi direi che , se Bohr ha ragione , si verifica che semplificememte non è semplice semplificare , ma vale come capire.
Continuando nel voluto gioco di parole possiamo anche non capire cosa significhi capire.
Ma si può aggirare l'ostacolo e chiedersi quali conseguenze fattive comporta il capire qualcosa.
Comporta la possibilità di maneggiare la materia compresa con maggior maestria e disinvoltura.
Un agire dove si riducono al minimo quegli imtoppi che possono venire dal farsi troppe domande.
C'è un tempo per dubitare e uno per agire , e meno questi tempi si sovrappongono meglio è.
Notate che volutamente non ho detto che c'è un tempo per la certezza , contrapposto al tempo del dubbio.
Se poi si vuol dire che quando tutto fila liscio si procede con certezza , se è un modo di dire OK.
Purché ciò non diventi a sua volta ostacolo alla riattivazione del dubbio quando occorra.
E prima o poi arriva sempre il momento che occorre.
In effetti possiamo eliminare tutto ciò che serve a semplificare il quadro , perché ciò che oggi togliamo un giorno abbiamo aggiunto, e per gli stessi fini.
Purtroppo temo sappiamo come fare a togliere oggi , ma non sappiamo come abbiamo fatto ad aggiungere allora , e non sappiamo quindi come aggiungere oggi ciò che renderebbe soddisfacente una interpretazione della MQ.
Non ci arriviamo certo ricombinando vecchi concetti come tirassimo un dado per trovare la combinazione vincente.
Possiamo togliere vecchi concetti, negandoli.
Si chiamano non località, non questo è non quello , infatti.
Ma non sono nuovi concetti , ma la negazione di vecchi , e sembra utile poterli negare eventualmente.
Ma come si faccia a costruire concetto ex novò non sappiamo.
Sappiamo solo che in qualche modo in un certo tempo lo abbiamo fatto.
#5660
La filosofia è una pianta spontanea che cresce dentro di noi , indipendentemente se la coltiviamo o no.
Possiamo quindi scegliere di coltivarla come ignorarla , ma questa scelta non è priva di conseguenze.
Ognuno ha dunque la sua filosofia e questa ha delle conseguenze,le,quali in certe contingenze , potrebbero essere non desiderabili e problematiche.
Cambiare filosofia potrebbe significare superare questi problemi , seppur a scapito della coerenza.
Se non proprio coltivare la propria filosofia , averne coscienza, e individuarla in certi casi come causa di problemi, dunque può servire.
Avere una mente allenata può servire non meno che avere un fisico allenato.
In certe contingenze può salvarti la vita.
Platone è  meglio del Prozac , è il,titolo di un libro letto un po' di tempo fa'.
Direi che sono d'accordo .
Anche se io conosco molto meglio la mia filosofia che non quella di Platone.
Ma al mio,240 esimo post credo che la mia ignoranza in filosofia vi appaia lampante.
Male , ma ancor peggio sarebbe ignorare la mia filosofia , nella quale però , detto come avvertenza, potrebbero essere presenti tracce di Platone.😅
#5661
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
18 Aprile 2018, 06:48:48 AM
@Viator
Il tempo emerge dalla ricerca di un senso per le nostre percezioni, e quindi fa' parte di questo mondo nella misura in cui noi ne facciamo parte.
Il mondo non è nel tempo, ma il tempo è nel mondo.
Quindi chiedersi se il mondo è eterno non ha senso .
Rimane tuttavia una domanda lecita in quanto parte del processo della ricerca di un senso.
Siamo alla ricerca di un senso per ogni cosa , ma non tutto si presta ad averne uno , e quando ciò si verifica non ci rimane che prenderne atto.
La nostra relazione con l'assoluta procede infatti per tentativi ed errori.
Si può intendere l'errore come ciò che una volta rimediato ci avvicini all'assoluto , oppure come ciò che una volta rimediato dia un nuovo senso alle cose , come io credo.
Come dice Angelo c'è bisogno di nuove idee , perché nuove acquisizioni richiedono di trovare sensi nuovi , i quali non sono necessariamente in continuità coi vecchi , per quanto tale eventualità sia desiderabile.
Questo quadro per alcuni diventa potenzialmente annichilente, e tanto basta per rigettarlo.
La notizia buona è che c'è sempre un risvolto positivo in ogni cosa se uno lo cerca.
La conoscenza dei limiti nei quali agiamo potrebbe anche scoraggiarci , ma dovrebbe renderci invece più padroni delle nostre azioni , più responsabili.
Ora immaginate che questo quadro sia del tutto errato e che al contempo questo errore venga condiviso da tutti.
Quali conseguenze si avrebbero?
Una maggiore fiducia nei propri mezzi.
Gente che coltiva quei mezzi in quanto nulla osta che lo si possa fare.
Gente che agisce di conseguenza.
Gente che non aspetta che il lavoro gli cada dal cielo.
Un quadro che solo per questo avrebbe un senso a cui credere.
Magari ogni tanto può servire mettere da parte una tensione verso l'assoluto, e non perché ciò non meriti avere un senso,anzi.
#5662
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
17 Aprile 2018, 13:22:11 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Aprile 2018, 21:40:02 PM
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 16:19:06 PM
Salve. Esiste l'eternità secondo voi ?
Che l'Esistente sia eterno io lo dò per scontato.
Il ragionamento è semplice.
Se l'Esistente non fosse eterno, vorrebbe dire che ha avuto un inizio.
Se ha avuto un inizio, vuol dire che prima dell'inizio dell'Esistente, non c'era nulla.
Ma se non c'era nulla, non c'era nemmeno alcuna Causa Iniziale che potesse trarre alcunché da quel Nulla.
Dunque, l'inizio dell'Esistente a partire da un precedente Nulla è palesemente assurdo.
Pertanto, è da rigettare l'ipotesi iniziale che l'Esistente abbia avuto un inizio; e se l'Esistente non ha avuto un inizio, per una sorta di simmetria non potrà avere nemmeno una fine, altrimenti dovremmo assumere la sussistenza di una Causa Finale che, nell'atto di cancellare la manifestazione, cancella anche se stessa.

Detto questo, e assodato che l'Esistente è eterno, la domanda più interessante mi sembra questa:
l'Esistente, oltre che eterno, è anche Infinito?

Anche in questo caso è innanzitutto un senso di simmetria a suggerire che la risposta è sì.
Ma si può fare anche un altro ragionamento.
Alcune migliaia d'anni di filosofia hanno appurato che un ente finito, limitato, contingente, non può essere causa di se stesso.
Un essere contingente richiede una causa esterna a se stessa.
Ora, l'unico modo di sfuggire all'esigenza di una causa, è assumere che l'Esistente sia infinito,
intendendo l'infinito come infinità di tutte le possibilità.
In questo infinito vi saranno tutte le possibili cause di tutti i possibili effetti.
E quindi il problema si dissolve.

Infine, è evidente che questo ente infinito è l'Assoluto, nel senso di assolutamente privo di attributi e definizioni, e dunque immobile in un eterno presente. L'infinito non può divenire, perché già contiene in sé tutti i suoi possibili stati.
Il divenire è una pura illusione, un gioco che si gioca all'interno dell'Infinito, una delle infinite possibili esplorazioni delle sue infinite possibilità.

E naturalmente, questo ente infinito non ha nulla a che fare con il Dio delle religioni.
Chiaro.
Non può esistere un mondo che non sia ordinato , e se è ordinato allora è eterno.
Se ogni cosa segue ad un altra questa catena non ha interruzioni.
E se la catena è chiusa il mondo è finito.Se è aperta è infinito.
Ordine ed esistenza sono inseparabili.
Quindi in particolare , il tempo esiste in quanto ordine degli eventi e gli eventi esistono in quanto ordinati.
Non può esistere un inizio e una fine del mondo , in quanto ogni inizio e ogni fine sono strettamente incluse nel mondo.
A prima vista quindi non dovrebbe essere possibile prendere atto dell'esistenza di qualcosa senza al contempo rilevare un ordine correlato.
Da cosa nasce dunque l'idea del caos?
Il caos significa che qualcosa esiste privo di ordine.Sembra un paradosso , ma il caos non necessariamente esiste.Puo' semplicemente equivalere all'ignoramza dell'ordine.
Ma come faccio a rilevare l esistente senza rilevarne al contempo l'ordine?
Potrei immaginare che la percezione dell'ordine avvenga , ma non sempre emerga alla coscienza.
Mi chiedo allora se possa avvenire il contrario, cioè la percezione di un ordine , senza che emerga l'esistenza.
Questo spiegherebbe la distinzione che facciamo fra reale e ideale , che equivarrebbe quindi ad una diversa modalità in cui rileviamo l'essere ?
Che sarebbe tale quindi non nella sostanza , ma nella apparenza.
Quindi tutto è reale , o se preferite l tutto è ideale.
Qui ho usato esistente in due sensi diversi , ma credo sia chiaro.
Ho usato anche un esistente "puro" come se lo si potesse slegare dall'ordine.
Se le cose stanno così si spiega il crescente potere della matematica ,di cui alcuni si lamentano, come una accresciuta coscienza dell'ordine, con una conseguente apparente "smaterializzazione" del mondo.
Rimane solo da capire da cosa nasca la percezione duale di una unica sostanza.
#5663
Citazione di: viator il 16 Aprile 2018, 13:06:01 PM
D'altra parte, scusate, se le nuove conoscenze fornissero solo granitiche certezze....una volta che avessimo accumulato un sufficiente numero di certezze soddisfacenti non avremmo più bisogno di cercare altre conoscenze-certezze ed il mondo umano si fermerebbe, cioè morirebbe.
Se giungessimo alla verità avremmo perso quel potente motore che ci ha spinto ad essa.
Ma questa non sarebbe la fine della storia.
Infatti potremmo tornare sui nostri passi per rifare meglio quel che fin qui abbiamo fatto fra mille dubbi e incertezze , anche se questo far meglio non era il nostro scopo dichiarato , a meno che quella verità in qualche modo non ci renda impossibile il ritorno , avendoci reso diversi da quel che siamo o crediamo di essere.
Sicuramente il raggiungimento della verità è la fine di una storia , ma non della storia.
#5664
@Sciombro.
Non puoi confondere patate con ravanelli , a meno che non siano ridotti a purè, perché al tatto sono diversi e la lingua è anche un organo di tatto.
Quel tatto contribuisce in modo determinante alla sensazione del gusto , e non è un errore , funziona così.
Se anche ti tappi gli occhi la lingua non ne risente e non si è ancora trovato il modo di escludere la lingua dal processo.
Tutti i riferimenti li trovi nel libro citato nel post di apertura , che ti consiglio vivamente.
L'ho visto ieri da Feltrinelli a Milano Centrale in edizione economica.
#5665
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
15 Aprile 2018, 14:15:23 PM
Citazione di: viator il 14 Aprile 2018, 23:23:02 PM
Salve. Chiedo scusa. Ho appena modificato il quesito iniziale perché risultava indebitamente confuso.

L'eternità sarebbe lo scorrere del tempo privo di un inizio e di un termine.

Il tempo sarebbe il flusso degli eventi.

Gli eventi consistono nella concatenazione (continua) delle cause e degli effetti.

Quindi il quesito diventerebbe : cause ed effetti sono sempre esistiti in passato ed esisteranno sempre in futuro ?

La provocazione sta nel fatto che si danno due ipotesi:

A) Non esiste una causa prima e (quindi) non esiste un effetto-scopo ultimo. Perciò l'eternità esiste ma non esiste Dio (che per i teologi sarebbe la Causa Prima).

B) Esiste una causa prima (con o senza maiuscole) e (quindi) un effetto-scopo ultimo. Perciò Dio potrebbe esistere ma non esisterebbe l'eternità (la cui esistenza però è data per certa da credenti e teologi).

Come la mettiamo ?
Quindi cause ed effetti , eventi , loro concatenazione , tempo.
Quindi un eventuale mondo caotico non contempla il tempo , che perciò sarebbe una proprietà emergente dalla concatenazione continua di cause ed effetti.
Naturalmente cause ed effetti sono riferiti ad oggetti che stanno alla base di tutto il discorso.
Dunque esiste un limite inferiore al numero di oggetti che esistono.
Un oggetto non vale , perché sarebbe causa di se stesso , caso banale.
Proviamo con due.
Uno è causa dell'altro.Ma quale dei due?
Direi che è indecidibile.
Quindi uno sarebbe causa dell'altro e viceversa e non si avrebbe nessun flusso di eventi.
E con tre? Continuate voi 😐
È solo una riflessione vemuta lì per lì a partire dal tuo post.
Ma così a naso concluderei che , a meno che non vi sia un numero necessario di oggetti per determinare un mondo, allora anche il determinismo è una proprietà emergente in un mondo in dipendenza della sua forma.
Quindi per poter parlare di una causa  prima del mondo  mi sembra necessario ipotizzare l'esistenza di più mondi.
Facciamo tre?
Uno è il nostro mondo, l'altro lo chiamiamo Dio , e l'altro ancora?
Se ci limitiamo a due mondi , posto che siano distinguibili , perché diversamente innominabili , diremo uno causa o Dio e l'altro effetto , ma in questo caso il carattere convenzionale del determinismo sarebbe lampante.
Mi piace questo discorso che mi sono inventato, ma deve esserci qualche falla sicuramente.
Ditemi voi.
Vai Sciombro.😎

P.S.Fuor da ragionamento, gli stessi oggetti non mi sembrano ciò che costituisca un mondo ma ciò che emerge dal nostro rapporto con quel mondo , e se emergono gli oggetti emerge parimenti tutto ciò che ad essi fa' riferimento.
#5666
Alcuni soggetti comuni sono stati invitati all'assaggio di acqua colorata di arancione, e hanno affermato trattarsi di aranciata.
Avvertiti del vero contenuto del bicchiere hanno ripetuto il test.
Hanno detto che sapeva ancora di aranciata, ma un po' meno di prima.
Altro test.
Consumatori abituali di vino e ristoratori che ne offrono ampia scelta sono stati invitati a indovinare bendati fra un bianco e un rosso.
Non ne sono stati capaci.
In un ambiente totalmente buio sono stati serviti da camerieri non vedenti dodici portate diverse di piatti a base di verdure.Chi è stato sottoposto al test non ha sentito differenze di gusto.
Tutti questi risultati potrebbero essere presi a testimoni della pochezza dei nostri sensi.
In un certo senso è vero , specie per il senso del gusto.
Ma quello che di interessante ci dicono questi risultati , se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno , è che gustiamo anche con gli occhi.
Ma la saggezza popolare questo già' lo sapeva , l'occhio vuole la sua parte.
Più in generale nessuno senso di fatto è escluso da qualunque tipo di sensazione.
Non è impossibile superare comunque i test di cui sopra.
Quello del sommeliere è però un mestiere , prima che un dono naturale.
Il gusto può essere educato , o sarebbe più giusto dire rieducato , visto che gustare con gli occhi è la condizione normale.
Nel caso del gusto anche il tatto attraverso la lingua ha il suo peso.
Diciamo pure che le papille gustative sono sopravvalutate , mentre altri sensi , come l'udito , ampiamente sottovalutati.
#5667
Tematiche Filosofiche / Re:Esistenza dell'eternità
14 Aprile 2018, 17:15:21 PM
Se vale ammettere che il tempo possa avere interruzioni e riprese , allora esiste l'eternita'.
#5668
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
14 Aprile 2018, 17:08:45 PM
E allora diciamolo Apeiron, hai il dono della chiarezza.
#5669
Citazione di: Eutidemo il 08 Aprile 2018, 16:00:47 PM
Citazione di: green demetr il 08 Aprile 2018, 12:37:43 PM
Ennesima sciocchezza, approfitto di questa domenica, per rispondere a queste provocazioni ridicole.  ::)

Quando io dico "sono" non mi riferisco agli oggetti reali, ma piuttosto alla relazione che ho io con essi.

L'uomo non è un oggetto, non posso considerarmi un oggetto fra gli oggetti, in quanto l'oggetto non pensa.
In compenso l'oggetto viene pensato.

Assistere a simile parate di scemenza, come se Cartesio o Kant non fossero mai esistiti, mi fa dubitare della serietà scomposta di questi automi, forse BOT di qualche hacker burlone.


Mai sentito parlare del problema della COSA kantiana?

Del limite? della trascendenza? della fenomenologia? Almenso suvvia delle categoerie!! (cosa che aborro sia chiaro, ma sarebbe qualcosa di filosofico almeno!)  >:(
Molto chiaro e molto ben argomentato ;D
Chapeau!!! ;D  ;D  ;D
Per quanto ci capisco , a causa della mia ignoranza filosofica , sono relativamente d'accordo, ma non ho capito a chi è rivolta la tua critica e forse perciò mi sembri fuori tema.
Direi però che l'uomo è un oggetto , almeno in parte ,che pensa.
Infatti se a questo oggetto , che è l'uomo, tolgo alcune sue parti , questo continua a pensare , a dimostrazione del fatto che è quantomeno anche un oggetto.
Non so' cos'è però  la cosa kantiana e tante altre cose.
Restando invece in tema , il mio intento con questa discussione era di riabilitare i nostri sensi , anche alla luce delle nuove recenti conoscemze accumulate dai neurosciemziati , che possono ormai considerarsi abbastanza solide.
Riabilitarli a fronte di una loro denigrazione che nasce da una malintesa funzione che attribuiamo alla scienza , quella di dirci la verità.
Certamente la funzione dei sensi non è quella di dirci la verità , quindi non ha senso una loro denigrazione in questi termini , e personalmente non credo questa sia neanche la funzionde della scienza.
A me sembra  che perceziione e scienza remino dalla stessa parte , fatte salve differenze di metodo che comunque non possiamo dare  neanche per scontate.
Anzi , ipotizzare che non ci sia una sostanziale differenza , né' di metodo , né' di scopo mi sembra spieghi tante cose.
La differenza più grossa che rilevo  infatti è nell'uso differente della coscienza nei due processi , che in se' non mi appare sostanziale.
Infatti nella misura in cui grazie alla neuro scienza, è possibile portare a livello di coscienza i due processi mi sembra che questi scorrano in parallelo.
Credo che la funzione sostanziale della scienza sia quella di essere un processo condivisibile , e che da ciò derivi il suo potere e che il suo potere sia tale da averci stupito fino al punto da farcene fraintendere la sostanza piegandola ai nostri desideranda.
È un processo condivisibile e sappiamo come fare a condividerlo.
Anche la percezione lo è, ma non sappiamo come facciamo a condividerla.
Certamente la percezione è anche soggettiva , ma non mi appare questa come la caratteristica che dovrebbe saltare per prima all'occhio , per quanto fondamentale essa stessa  nel senso che dirò' più in là'.
Non è il caso dunque , come facciamo , di sottolineare la soggettività per denigrare la percezione.
Semmai la soggettività è proprio il fondamento da cui deriva il potere della scienza.
Dalla somma di individui diversi , ma non tanto diversi da non poter condividere un processo , deriva il potere della scienza.
Se gli individui fossero identici la loro somma farebbe uno e cio potrebbe fare il gioco di chi cerca la verità,perché se si può dimostrare che tutti vedono le cose nello stesso identico modo allora si potrebbe millantare che ciò che vedono è vero.
Ma la sola scoperta della estrema plasticità del cervello direi che scongiuri del tutto e da sola tale infausto evento.
Una somma di soggettività non è un risultato oggettivo , ma non per questo mancherà di stupirci.
#5670
Tematiche Filosofiche / Re:Fisica e Tempo
13 Aprile 2018, 19:00:54 PM
Ognuno a suo modo , e per suoi motivi , tende alla verità, cioè a qualcosa di oggettivo , di indipendente da noi , e questa tensione soggettiva , male che vada è un potente motore che ci muove tutti insieme , verificandosi là possibilità, come spiega chiaramente Apeiron , di poter usare strumenti intersoggettivi.
Questi strumenti ci permettono anche di immaginare esperimenti mentali , coi quali possiamo fare un viaggio tutti insieme , ad esempio un viaggio di ritorno dalla verità, immaginando di esservi approdati.
Una volta approdati ad essa infatti , semmai il nostro viaggio continui, non può andare oltre .
Può tornare solo indietro , ma non necessariamente sui nostri passi.
Quindi partiamo da adesso , approdiamo alla verità, e torniamo indietro per andare a parare dove?
In che forma ci si presenterà la verità?
In una forma che abbiamo già sperimentato?
Supponiamo di sì.
In che senso avremmo motivo di continuare il viaggio?
L'unico che mi viene in mente è nel senso di sfruttare la verità acquisita . Infatti seppur questa conoscenza sia stata una soddisfazione in se' , come da nostre aspettative , nulla ci vieta di voler far fruttare questa conoscenza , allo stesso modo in cui oggi sfruttiamo le nostre conoscenze relative.
Il risultato è che faremmo al meglio ciò che già facciamo.
Ci muniremmo allo scopo di strumenti derivati a partire dalla nota realtà immagino.
Strumenti più efficaci degli attuali quindi , ma possiamo immaginarli sostanzialmente diversi?
Certamente lo scopo a cui questi diversi strumenti saranno indirizzati non richiede necessariamente che siano coerenti far loro , e fin qui nulla di diverso dallo stato attuale.
Questi strumenti conterranno al loro interno , o saranno affiancati da concetti nuovi in genere , senza escludere , se servissero , quelli classici ?
In questo viaggio a ritroso scopriremmo qual'e' la vera natura del colore rosso , non essendo questa compresa nella natura della verità, non essendo ad essa essenziale?
Ci ritroveremmo alla fine a fare quel che già facciamo , ma molto meglio , essendo al minimo liberati dai dubbi che ci destabilizzano ?
Tornati da questo viaggio fantastico ciò che abbiamo imparato è che non dobbiamo farci bloccare dai dubbi , e ad usare ogni energia che ci spinga ,seppure fosse virtuale, se serve ad andare avanti.
Al minimo la verità è una perfetta carota.