11)
«Sto parlando del governante nel senso più stretto del termine», risponde Trasimaco. «Contrasta pure questa mia affermazione con giri di parole e calunnie, se ne sei capace, io non mi tiro indietro; ma non ci riuscirai». «Credi che io», replica Socrate, «sia così pazzo da tentare di tosare un leone e calunniare Trasimaco?» «Ma se hai cercato di farlo proprio ora», ribatte Trasimaco, «senza riuscire neanche in questo!». «Basta con simili discorsi!», taglia corto Socrate.
COMMENTO
E fa bene a tagliare corto, perchè certe rimostranze di Trasimaco cominciano a diventare un po' stucchevoli; sebbene esse non siano del tutto infondate.
12)
«Piuttosto dimmi: il medico nel senso stretto del termine, di cui parlavi poco fa, è un affarista o uno che cura gli ammalati? Parla solo di chi è davvero medico». «Uno che cura gli ammalati», risponde. «E il timoniere? Chi è veramente timoniere è un capo di marinai o un marinaio?» «Un capo di marinai». «Non bisogna tener conto, credo, del fatto che egli si trova a bordo della nave, e chiamarlo per questo marinaio; infatti non si chiama timoniere perché naviga, ma per la sua arte e la sua autorità sui marinai». «E' vero», ammette Trasimaco. «Ciascuno di loro non ha un proprio interesse?» «Certamente». «E anche la loro arte», aggiunsi, «non ha per sua natura lo scopo di cercare e procurare a ciascuno il proprio utile?» «Sì, ha questo scopo», risponde Trasimaco.
«E ogni arte ha forse un interesse diverso da quello di essere il più possibile perfetta?» «Che cosa significa questa domanda?» chiede Trasimaco.
COMMENTO
Lo chiederei anche io a Socrate, perchè la domanda mi pare alquanto malposta; ed infatti l'interesse di ogni arte è di produrre ciò a cui a destinata, ma, quello di riuscire a farlo in modo perfetto, è soltanto un desiderio dell'artista, e NON il fine specifico di una determinata arte.
Ma forse sono io che ho capito male...vediamo come ce lo spiega lui.
13)
«Ad esempio», spiega Socrate, «se mi chiedessi se al corpo basta essere corpo o ha bisogno di qualcos'altro, risponderei: "Ne ha bisogno senz'altro! L'arte medica è stata inventata proprio per questo, perché il corpo è debole e non gli basta essere così com'è. Pertanto quest'arte è stata istituita per procurargli ciò che gli serve". Mi sembra che avrei ragione a parlare così; o no?» «Sì, avresti ragione», risponde Trasimaco.
COMMENTO
Io, invece, non sarei tanto d'accordo, in quanto:
- al corpo "sano" basta benissimo essere così com'è, e non gi serve affatto un medico;
- un medico (forse) serve solo ad un corpo "malato".
Cioè, mi sembra alquanto incongruo confondere la condizione patologica con quella fisiologica; sarebbe come dire che, per respirare, i polmoni hanno bisogno della ventilazione artificiale anche quando funzionano perfettamente per conto loro.
Ma vediamo dove vuole andare a parare Socrate.
14)
Socrate dice:
«Allora la medicina in sé vale poco, oppure anche altre arti hanno bisogno talvolta di una qualità, come gli occhi hanno bisogno della vista e le orecchie dell'udito, e perciò necessitano, oltre che di questi organi, di un'arte che ricerchi e procuri ciò che serve al loro funzionamento? C'è dunque un difetto nell'arte stessa, e ciascuna arte ha bisogno di un'altra arte che ricerchi ciò che le serve, e questa ne richiede a sua volta un'altra dello stesso genere, e così all'infinito? O l'arte ricercherà da sé ciò che le serve? Oppure non ha bisogno né di se stessa né di un'altra per ricercare ciò che è utile a sanare il proprio difetto, poiché non ci sono difetti o errori in nessuna arte; e a un'arte spetta di ricercare l'utile solo per ciò che la concerne come arte, ma ciascuna arte in sé, se è autentica, non conosce danno o contaminazione finché resta qual è nella sua perfetta integrità? Esamina il problema col rigore di cui parlavi: le cose stanno così o diversamente?»
COMMENTO
Sinceramente, a me pare uno sproloquio privo di senso, a meno che non serva a predisporre un'altra trappola dialettica per l'interlocutore; anche se, per il momento, io non la intravedo ancora!
Ed invero, a mio parere, non è affatto un "difetto" dell'arte, se ciascuna arte ha bisogno di un'altra arte che ricerchi ciò che le serve, e questa ne richiede a sua volta un'altra; ad esempio, non è è affatto un "difetto" dell'arte dentistica, quella di dover ricorrere all'arte dell'odontotecnico, e, questo, all'arte del protesiologo e così via.
E' vero che, all'epoca di Socrate non esistevano tante specializzazioni quante ne esistono adesso; ma, anche allora, l'arte guerriera necessitava dell'arte metallurgica, quella del cantore dell'accordatore di lira ecc.
Quindi, a me sembra normale che determinate arti vengano supportate da altre, senza che, per questo, le prime possano essere in alcun modo considerate "difettose".
Ma, forse, io ho frainteso ciò che Socrate intendeva dire...per cui andiamo avanti.
15)
«Pare che stiano così», Trasimaco conviene. «Pertanto», continua Socrate, «la medicina ricerca ciò che è utile non alla medicina, ma al corpo». «Sì», ammette Trasimaco. «E l'ippica ricerca ciò che è utile non all'ippica, ma ai cavalli; e nessun'altra arte ricerca l'utile proprio, giacché non ne ha bisogno, bensì l'utile di ciò che la concerne come arte». «Pare di sì», ammette Trasimaco.
COMMENTO
Qui il discorso di Socrate si fa ancora più cervellotico!
Ed infatti, a prescindere dal fatto che, in medicina, agiscono soggetti diversi, alcuni dei quali dediti alla ricerca volta a migliorare l'arte medica in quanto tale, ed altri soggetti dediti esclusivamente a curare i corpi dei malati, anche a voler concedere che, all'epoca di Socrate, gli stessi soggetti si occupassero di entrambe le cose, mi sembra evidente che la ricerca di ciò che è utile alla medicina, è pur sempre "mediatamente" utile al corpo da guarire; cioè, "fuor di sofisma", ciò che è utile alla medicina, è utile anche al corpo da curare.
Lo stesso vale per l'ippica e per le altre arti, mi pare!
Ogni arte, cioè, se proprio vogliamo usare la terminologia di Socrate (che io trovo alquanto impropria), ricerca l'utile proprio proprio al fine di meglio procurare l'utile di ciò che la concerne come arte.
16
««Eppure, Trasimaco, le arti comandano e signoreggiano su ciò di cui sono arti». Dice Socrate, e Trasimaco Convenne anche su questo punto, con molta riluttanza.
COMMENTO
Secondo me, personalizzare l'arte come se fosse un soggetto che "comanda" e "signoreggia", sia pure metaforicamente, è solo un espediente per confondere la carte in tavola.
17)
«Dunque nessuna scienza ricerca e impone l'interesse del più forte, bensì quello di chi è più debole e soggetto ad essa». Alla fine Trasimaco ammette anche questo, benché cercasse di far resistenza.
COMMENTO
Io non lo avrei ammesso tanto facilmente, per vari motivi.
Innanzitutto, prima Socrate usava il termine "arte" (secondo me in modo assolutamente improprio), adesso, invece, senza renderci conto del cambiamento, in suo luogo usa il termine "scienza"; termine forse un po' più appropriato, anche se non del tutto, tenendo conto del tema. Ma, comunque, usa in modo sinonimico due concetti, a mio avviso, non omologabili.
In secondo luogo, un conto è dire, come faceva Trasimaco al principio, che i governanti tendono a far passare per "giusto" ciò che fa loro più comodo (o più "utile", se preferite), ed un altro conto è estendere impropriamente il discorso, come fa Socrate, ad altre attività, tipo quella del medico, che, con l'attività di governo non hanno niente a che vedere!
Anche tale genere di omologazione, a mio parere, è del tutto impropria!
Inoltre, che senso ha dire che "nessuna scienza ricerca e impone l'interesse del più forte, bensì quello di chi è più debole e soggetto ad essa"?
Ed infatti, mentre, in un certo senso, può anche essere lecito asserire che la "scienza di governo" impone (o non impone) l'interesse del "più forte", rispetto a chi è "più debole" e soggetto ad essa, in quanto costui si trova suddito delle leggi emesse dal governante, questo non è vero per la maggior parte delle altre "scienze" (o "arti"), in quanto, chi le pratica non può imporre (o non imporre) l'interesse del "più forte", rispetto a chi è "più debole" e soggetto ad esse; ed infatti, circa la musica, la danza, la pittura ecc., non c'è un soggetto forte che la pratica, ed un soggetto debole che la subisce, e così è per la maggior parte delle altre arti!
18)
Quando vede che Trasimaco è d'accordo, Socrate riprende il filo del suo (sofistico) discorso: «Non è forse vero che nessun medico, per quanto è medico, ricerca e impone ciò che è utile al medico, bensì ciò che è utile all'ammalato? Abbiamo convenuto che il medico in senso stretto governa i corpi, ma non è un affarista. O non l'abbiamo convenuto?»
Trasimaco lo ammette. «Quindi anche il timoniere in senso stretto è capo dei marinai, non un marinaio?» «Siamo d'accordo». «Perciò un simile timoniere e capo non ricercherà e non imporrà l'interesse del timoniere, ma quello del marinaio e di chi gli è soggetto». Trasimaco lo ammette con riluttanza. «Di conseguenza, Trasimaco», conclude Socrate, «nessun altro uomo in nessun posto di comando, in quanto capo, ricerca e impone il proprio interesse, bensì l'interesse di colui che gli è sottoposto e per il quale esercita la propria funzione, e tutte le sue parole e le sue azioni mirano all'utilità e alla convenienza di quello».
COMMENTO
Socrate conclude il suo sillogismo paralogistico, omologando ciò che omologabile non è; ed infatti, per esempio, non si può certo dire che un medico sia in "un posto di comando" alla stessa stregua di come lo è un "governante politico":
- sia perchè il paziente non è obbligato ad obbedire alle sue prescrizioni, e può scegliere benissimo un altro medico in qualsiasi momento, mentre il governato no;
- sia perchè il medico non ha un contrasto di interessi con il suo paziente, mentre un governante (intendendo per esso anche una fazione o una classe sociale), potrebbe benissimo averne con i governati, e, quindi, gestendo il potere, tendere a fare il proprio interesse, e non quello dei sudditi.
Per cui, l'assimilazione della "scienza" o "arte" di governo alle altre "scienze" o "arti", è semplicemente un espediente dialettico, per far indebitamente prevalere la propria tesi.
Peraltro, restando alla sola "scienza" o "arte" politica, nel dibattito tra Socrate e Trasimaco, spesso il primo tende a confondere il piano "deontologico" con con quello "ontologico": ed infatti, è ovvio che, "nel mondo ideale", chi governa, "NON DOVREBBE" ricercare e imporre il proprio interesse, bensì l'interesse dei governati, per i quali esercita la propria funzione.
Bella scoperta!
Ma quello che Trasimaco intendeva dire è che, a parte ciò che un governante dovrebbe fare "in teoria", di fatto non è quasi mai quello che fa "in pratica"; in quanto, appunto, in pratica, l'esperienza ci insegna che chi è al potere (democratico o meno che sia), tende a perseguire se non addirittura il proprio interesse personale, quantomeno l'interesse particolare del suo partito e/o della sua classe sociale.
E, avendone la "forza" (politica, militare e propagandistica), cerca, più o meno consapevolmente, di far passare i propri interessi, come il "GIUSTO" per tutti!
Forse Trasimaco, per farsi capire meglio da Socrate, non avrebbe dovuto dire che "Il giusto è l'utile del più forte", bensì che "L'utile del più forte, è ciò che quest'ultimo cerca di contrabbandere come se fosse il Giusto".
19)
Quando arrivammo a questo punto della discussione e appariva evidente a tutti che la definizione di giustizia si era convertita nel suo contrario, Trasimaco, anziché rispondere, domanda: «Dimmi, Socrate: tu hai una balia?» «Cosa?», replica Socrate. «Non sarebbe meglio rispondere piuttosto che fare simili domande?» «Il fatto è», disse, «che ti lascia con il moccio al naso e non te lo soffia quando ne hai bisogno; e per merito suo tu non sai neanche riconoscere le pecore dal pastore». «E perché mai?», chiede Socrate. «Perché pensi che i pastori o i bovari ricerchino il bene delle pecore o dei buoi, e li ingrassino e li curino con uno scopo diverso dal bene proprio e dei loro padroni; allo stesso modo credi che i governanti delle città, quelli che detengono realmente il potere, abbiano verso i sudditi un atteggiamento diverso da quello che si può avere con le pecore, e ricerchino giorno e notte qualcos'altro che il modo di trarne un vantaggio personale. E hai fatto tanti progressi nei concetti di giusto e dì giustizia, di ingiusto e di ingiustizia, da ignorare che la giustizia e il giusto sono in realtà un bene altrui, cioè l'interesse di chi è più forte e comanda, e un male proprio di chi obbedisce e serve, mentre l'ingiustizia comanda su chi è veramente ingenuo e giusto, e i sudditi fanno l'interesse del più forte e lo rendono felice mettendosi al suo servizio, ma non procurano il benché minimo vantaggio a se stessi. Devi considerare, sciocco di un Socrate, che in ogni circostanza un uomo giusto ottiene meno di uno ingiusto. Innanzi tutto, nei contratti privati, quando due persone del genere si mettono in società, allo scioglimento del rapporto non troverai mai che il giusto possieda di più dell'ingiusto: possederà di meno; poi, nei rapporti con lo Stato, quando ci sono tributi da pagare, a parità di mezzi l'uomo giusto paga di più, l'altro di meno, quando invece c'è da prendere l'uno non ricava nulla, l'altro ricava molto. E nel caso ricoprano entrambi una carica, il giusto, anche se non gli capita nessun altro guaio, subisce un danno negli interessi personali perché li ha trascurati e non ricava vantaggio dalla cosa pubblica per il fatto che è giusto, e oltre a ciò diviene inviso a familiari e conoscenti, se non è disposto a favorirli contro giustizia.
All'ingiusto invece capita l'esatto contrario: mi riferisco, come dicevo poco fa, a chi sa imporsi sugli altri. Lo capirai nel modo più facile se giungerai all'ingiustizia più perfetta, che rende felicissimo chi la commette, e infelicissimi quanti la subiscono e non vorrebbero comportarsi ingiustamente. E la tirannide, che non si appropria dei beni altrui, sacri e profani, privati e pubblici, poco a poco, con l'inganno e la violenza, ma prende tutto in una volta. Se uno viene sorpreso a commettere ingiustizia in un singolo ambito, viene punito e riceve il massimo biasimo: non a caso coloro che si macchiano di queste colpe una alla volta sono chiamati sacrileghi, schiavisti, scassinatori, rapinatori, ladri. Ma quando uno ha ridotto in schiavitù i propri concittadini, oltre a essersi appropriato delle loro ricchezze, invece di questi nomi infamanti guadagna la reputazione di uomo felice e beato, non solo da parte dei concittadini, ma anche di chiunque altro venga a sapere che ha commesso l'ingiustizia più completa; infatti coloro che biasimano l'ingiustizia la biasimano per il timore non di farla, ma di subirla. Così, Socrate, l'ingiustizia, quando si realizza in misura adeguata, è una cosa più forte, più libera, più potente della giustizia, e come ho detto dall'inizio il giusto è l'interesse del più forte, l'ingiusto giova e conviene a se stesso».
COMMENTO
Quella di Trasimaco, è una fotografia forse un po' troppo cinica e spietata della realtà; ma non si può negare che (almeno nella maggior parte dei casi) colga quasi sempre nel segno!
Oggi come allora, per esempio, chi mai potrebbe negare che: "...quando ci sono tributi da pagare, a parità di mezzi l'uomo giusto paga di più, l'altro di meno!"; e lo stesso, indubbiamente, vale anche per MOLTE sue altre affermazioni, sebbene, a mio avviso, non proprio tutte.
Vediamo come reagiscono gli altri partecipanti al dibattito.
«Sto parlando del governante nel senso più stretto del termine», risponde Trasimaco. «Contrasta pure questa mia affermazione con giri di parole e calunnie, se ne sei capace, io non mi tiro indietro; ma non ci riuscirai». «Credi che io», replica Socrate, «sia così pazzo da tentare di tosare un leone e calunniare Trasimaco?» «Ma se hai cercato di farlo proprio ora», ribatte Trasimaco, «senza riuscire neanche in questo!». «Basta con simili discorsi!», taglia corto Socrate.
COMMENTO
E fa bene a tagliare corto, perchè certe rimostranze di Trasimaco cominciano a diventare un po' stucchevoli; sebbene esse non siano del tutto infondate.
12)
«Piuttosto dimmi: il medico nel senso stretto del termine, di cui parlavi poco fa, è un affarista o uno che cura gli ammalati? Parla solo di chi è davvero medico». «Uno che cura gli ammalati», risponde. «E il timoniere? Chi è veramente timoniere è un capo di marinai o un marinaio?» «Un capo di marinai». «Non bisogna tener conto, credo, del fatto che egli si trova a bordo della nave, e chiamarlo per questo marinaio; infatti non si chiama timoniere perché naviga, ma per la sua arte e la sua autorità sui marinai». «E' vero», ammette Trasimaco. «Ciascuno di loro non ha un proprio interesse?» «Certamente». «E anche la loro arte», aggiunsi, «non ha per sua natura lo scopo di cercare e procurare a ciascuno il proprio utile?» «Sì, ha questo scopo», risponde Trasimaco.
«E ogni arte ha forse un interesse diverso da quello di essere il più possibile perfetta?» «Che cosa significa questa domanda?» chiede Trasimaco.
COMMENTO
Lo chiederei anche io a Socrate, perchè la domanda mi pare alquanto malposta; ed infatti l'interesse di ogni arte è di produrre ciò a cui a destinata, ma, quello di riuscire a farlo in modo perfetto, è soltanto un desiderio dell'artista, e NON il fine specifico di una determinata arte.
Ma forse sono io che ho capito male...vediamo come ce lo spiega lui.
13)
«Ad esempio», spiega Socrate, «se mi chiedessi se al corpo basta essere corpo o ha bisogno di qualcos'altro, risponderei: "Ne ha bisogno senz'altro! L'arte medica è stata inventata proprio per questo, perché il corpo è debole e non gli basta essere così com'è. Pertanto quest'arte è stata istituita per procurargli ciò che gli serve". Mi sembra che avrei ragione a parlare così; o no?» «Sì, avresti ragione», risponde Trasimaco.
COMMENTO
Io, invece, non sarei tanto d'accordo, in quanto:
- al corpo "sano" basta benissimo essere così com'è, e non gi serve affatto un medico;
- un medico (forse) serve solo ad un corpo "malato".
Cioè, mi sembra alquanto incongruo confondere la condizione patologica con quella fisiologica; sarebbe come dire che, per respirare, i polmoni hanno bisogno della ventilazione artificiale anche quando funzionano perfettamente per conto loro.
Ma vediamo dove vuole andare a parare Socrate.
14)
Socrate dice:
«Allora la medicina in sé vale poco, oppure anche altre arti hanno bisogno talvolta di una qualità, come gli occhi hanno bisogno della vista e le orecchie dell'udito, e perciò necessitano, oltre che di questi organi, di un'arte che ricerchi e procuri ciò che serve al loro funzionamento? C'è dunque un difetto nell'arte stessa, e ciascuna arte ha bisogno di un'altra arte che ricerchi ciò che le serve, e questa ne richiede a sua volta un'altra dello stesso genere, e così all'infinito? O l'arte ricercherà da sé ciò che le serve? Oppure non ha bisogno né di se stessa né di un'altra per ricercare ciò che è utile a sanare il proprio difetto, poiché non ci sono difetti o errori in nessuna arte; e a un'arte spetta di ricercare l'utile solo per ciò che la concerne come arte, ma ciascuna arte in sé, se è autentica, non conosce danno o contaminazione finché resta qual è nella sua perfetta integrità? Esamina il problema col rigore di cui parlavi: le cose stanno così o diversamente?»
COMMENTO
Sinceramente, a me pare uno sproloquio privo di senso, a meno che non serva a predisporre un'altra trappola dialettica per l'interlocutore; anche se, per il momento, io non la intravedo ancora!
Ed invero, a mio parere, non è affatto un "difetto" dell'arte, se ciascuna arte ha bisogno di un'altra arte che ricerchi ciò che le serve, e questa ne richiede a sua volta un'altra; ad esempio, non è è affatto un "difetto" dell'arte dentistica, quella di dover ricorrere all'arte dell'odontotecnico, e, questo, all'arte del protesiologo e così via.
E' vero che, all'epoca di Socrate non esistevano tante specializzazioni quante ne esistono adesso; ma, anche allora, l'arte guerriera necessitava dell'arte metallurgica, quella del cantore dell'accordatore di lira ecc.
Quindi, a me sembra normale che determinate arti vengano supportate da altre, senza che, per questo, le prime possano essere in alcun modo considerate "difettose".
Ma, forse, io ho frainteso ciò che Socrate intendeva dire...per cui andiamo avanti.
15)
«Pare che stiano così», Trasimaco conviene. «Pertanto», continua Socrate, «la medicina ricerca ciò che è utile non alla medicina, ma al corpo». «Sì», ammette Trasimaco. «E l'ippica ricerca ciò che è utile non all'ippica, ma ai cavalli; e nessun'altra arte ricerca l'utile proprio, giacché non ne ha bisogno, bensì l'utile di ciò che la concerne come arte». «Pare di sì», ammette Trasimaco.
COMMENTO
Qui il discorso di Socrate si fa ancora più cervellotico!
Ed infatti, a prescindere dal fatto che, in medicina, agiscono soggetti diversi, alcuni dei quali dediti alla ricerca volta a migliorare l'arte medica in quanto tale, ed altri soggetti dediti esclusivamente a curare i corpi dei malati, anche a voler concedere che, all'epoca di Socrate, gli stessi soggetti si occupassero di entrambe le cose, mi sembra evidente che la ricerca di ciò che è utile alla medicina, è pur sempre "mediatamente" utile al corpo da guarire; cioè, "fuor di sofisma", ciò che è utile alla medicina, è utile anche al corpo da curare.
Lo stesso vale per l'ippica e per le altre arti, mi pare!
Ogni arte, cioè, se proprio vogliamo usare la terminologia di Socrate (che io trovo alquanto impropria), ricerca l'utile proprio proprio al fine di meglio procurare l'utile di ciò che la concerne come arte.
16
««Eppure, Trasimaco, le arti comandano e signoreggiano su ciò di cui sono arti». Dice Socrate, e Trasimaco Convenne anche su questo punto, con molta riluttanza.
COMMENTO
Secondo me, personalizzare l'arte come se fosse un soggetto che "comanda" e "signoreggia", sia pure metaforicamente, è solo un espediente per confondere la carte in tavola.
17)
«Dunque nessuna scienza ricerca e impone l'interesse del più forte, bensì quello di chi è più debole e soggetto ad essa». Alla fine Trasimaco ammette anche questo, benché cercasse di far resistenza.
COMMENTO
Io non lo avrei ammesso tanto facilmente, per vari motivi.
Innanzitutto, prima Socrate usava il termine "arte" (secondo me in modo assolutamente improprio), adesso, invece, senza renderci conto del cambiamento, in suo luogo usa il termine "scienza"; termine forse un po' più appropriato, anche se non del tutto, tenendo conto del tema. Ma, comunque, usa in modo sinonimico due concetti, a mio avviso, non omologabili.
In secondo luogo, un conto è dire, come faceva Trasimaco al principio, che i governanti tendono a far passare per "giusto" ciò che fa loro più comodo (o più "utile", se preferite), ed un altro conto è estendere impropriamente il discorso, come fa Socrate, ad altre attività, tipo quella del medico, che, con l'attività di governo non hanno niente a che vedere!
Anche tale genere di omologazione, a mio parere, è del tutto impropria!
Inoltre, che senso ha dire che "nessuna scienza ricerca e impone l'interesse del più forte, bensì quello di chi è più debole e soggetto ad essa"?
Ed infatti, mentre, in un certo senso, può anche essere lecito asserire che la "scienza di governo" impone (o non impone) l'interesse del "più forte", rispetto a chi è "più debole" e soggetto ad essa, in quanto costui si trova suddito delle leggi emesse dal governante, questo non è vero per la maggior parte delle altre "scienze" (o "arti"), in quanto, chi le pratica non può imporre (o non imporre) l'interesse del "più forte", rispetto a chi è "più debole" e soggetto ad esse; ed infatti, circa la musica, la danza, la pittura ecc., non c'è un soggetto forte che la pratica, ed un soggetto debole che la subisce, e così è per la maggior parte delle altre arti!
18)
Quando vede che Trasimaco è d'accordo, Socrate riprende il filo del suo (sofistico) discorso: «Non è forse vero che nessun medico, per quanto è medico, ricerca e impone ciò che è utile al medico, bensì ciò che è utile all'ammalato? Abbiamo convenuto che il medico in senso stretto governa i corpi, ma non è un affarista. O non l'abbiamo convenuto?»
Trasimaco lo ammette. «Quindi anche il timoniere in senso stretto è capo dei marinai, non un marinaio?» «Siamo d'accordo». «Perciò un simile timoniere e capo non ricercherà e non imporrà l'interesse del timoniere, ma quello del marinaio e di chi gli è soggetto». Trasimaco lo ammette con riluttanza. «Di conseguenza, Trasimaco», conclude Socrate, «nessun altro uomo in nessun posto di comando, in quanto capo, ricerca e impone il proprio interesse, bensì l'interesse di colui che gli è sottoposto e per il quale esercita la propria funzione, e tutte le sue parole e le sue azioni mirano all'utilità e alla convenienza di quello».
COMMENTO
Socrate conclude il suo sillogismo paralogistico, omologando ciò che omologabile non è; ed infatti, per esempio, non si può certo dire che un medico sia in "un posto di comando" alla stessa stregua di come lo è un "governante politico":
- sia perchè il paziente non è obbligato ad obbedire alle sue prescrizioni, e può scegliere benissimo un altro medico in qualsiasi momento, mentre il governato no;
- sia perchè il medico non ha un contrasto di interessi con il suo paziente, mentre un governante (intendendo per esso anche una fazione o una classe sociale), potrebbe benissimo averne con i governati, e, quindi, gestendo il potere, tendere a fare il proprio interesse, e non quello dei sudditi.
Per cui, l'assimilazione della "scienza" o "arte" di governo alle altre "scienze" o "arti", è semplicemente un espediente dialettico, per far indebitamente prevalere la propria tesi.
Peraltro, restando alla sola "scienza" o "arte" politica, nel dibattito tra Socrate e Trasimaco, spesso il primo tende a confondere il piano "deontologico" con con quello "ontologico": ed infatti, è ovvio che, "nel mondo ideale", chi governa, "NON DOVREBBE" ricercare e imporre il proprio interesse, bensì l'interesse dei governati, per i quali esercita la propria funzione.
Bella scoperta!
Ma quello che Trasimaco intendeva dire è che, a parte ciò che un governante dovrebbe fare "in teoria", di fatto non è quasi mai quello che fa "in pratica"; in quanto, appunto, in pratica, l'esperienza ci insegna che chi è al potere (democratico o meno che sia), tende a perseguire se non addirittura il proprio interesse personale, quantomeno l'interesse particolare del suo partito e/o della sua classe sociale.
E, avendone la "forza" (politica, militare e propagandistica), cerca, più o meno consapevolmente, di far passare i propri interessi, come il "GIUSTO" per tutti!
Forse Trasimaco, per farsi capire meglio da Socrate, non avrebbe dovuto dire che "Il giusto è l'utile del più forte", bensì che "L'utile del più forte, è ciò che quest'ultimo cerca di contrabbandere come se fosse il Giusto".
19)
Quando arrivammo a questo punto della discussione e appariva evidente a tutti che la definizione di giustizia si era convertita nel suo contrario, Trasimaco, anziché rispondere, domanda: «Dimmi, Socrate: tu hai una balia?» «Cosa?», replica Socrate. «Non sarebbe meglio rispondere piuttosto che fare simili domande?» «Il fatto è», disse, «che ti lascia con il moccio al naso e non te lo soffia quando ne hai bisogno; e per merito suo tu non sai neanche riconoscere le pecore dal pastore». «E perché mai?», chiede Socrate. «Perché pensi che i pastori o i bovari ricerchino il bene delle pecore o dei buoi, e li ingrassino e li curino con uno scopo diverso dal bene proprio e dei loro padroni; allo stesso modo credi che i governanti delle città, quelli che detengono realmente il potere, abbiano verso i sudditi un atteggiamento diverso da quello che si può avere con le pecore, e ricerchino giorno e notte qualcos'altro che il modo di trarne un vantaggio personale. E hai fatto tanti progressi nei concetti di giusto e dì giustizia, di ingiusto e di ingiustizia, da ignorare che la giustizia e il giusto sono in realtà un bene altrui, cioè l'interesse di chi è più forte e comanda, e un male proprio di chi obbedisce e serve, mentre l'ingiustizia comanda su chi è veramente ingenuo e giusto, e i sudditi fanno l'interesse del più forte e lo rendono felice mettendosi al suo servizio, ma non procurano il benché minimo vantaggio a se stessi. Devi considerare, sciocco di un Socrate, che in ogni circostanza un uomo giusto ottiene meno di uno ingiusto. Innanzi tutto, nei contratti privati, quando due persone del genere si mettono in società, allo scioglimento del rapporto non troverai mai che il giusto possieda di più dell'ingiusto: possederà di meno; poi, nei rapporti con lo Stato, quando ci sono tributi da pagare, a parità di mezzi l'uomo giusto paga di più, l'altro di meno, quando invece c'è da prendere l'uno non ricava nulla, l'altro ricava molto. E nel caso ricoprano entrambi una carica, il giusto, anche se non gli capita nessun altro guaio, subisce un danno negli interessi personali perché li ha trascurati e non ricava vantaggio dalla cosa pubblica per il fatto che è giusto, e oltre a ciò diviene inviso a familiari e conoscenti, se non è disposto a favorirli contro giustizia.
All'ingiusto invece capita l'esatto contrario: mi riferisco, come dicevo poco fa, a chi sa imporsi sugli altri. Lo capirai nel modo più facile se giungerai all'ingiustizia più perfetta, che rende felicissimo chi la commette, e infelicissimi quanti la subiscono e non vorrebbero comportarsi ingiustamente. E la tirannide, che non si appropria dei beni altrui, sacri e profani, privati e pubblici, poco a poco, con l'inganno e la violenza, ma prende tutto in una volta. Se uno viene sorpreso a commettere ingiustizia in un singolo ambito, viene punito e riceve il massimo biasimo: non a caso coloro che si macchiano di queste colpe una alla volta sono chiamati sacrileghi, schiavisti, scassinatori, rapinatori, ladri. Ma quando uno ha ridotto in schiavitù i propri concittadini, oltre a essersi appropriato delle loro ricchezze, invece di questi nomi infamanti guadagna la reputazione di uomo felice e beato, non solo da parte dei concittadini, ma anche di chiunque altro venga a sapere che ha commesso l'ingiustizia più completa; infatti coloro che biasimano l'ingiustizia la biasimano per il timore non di farla, ma di subirla. Così, Socrate, l'ingiustizia, quando si realizza in misura adeguata, è una cosa più forte, più libera, più potente della giustizia, e come ho detto dall'inizio il giusto è l'interesse del più forte, l'ingiusto giova e conviene a se stesso».
COMMENTO
Quella di Trasimaco, è una fotografia forse un po' troppo cinica e spietata della realtà; ma non si può negare che (almeno nella maggior parte dei casi) colga quasi sempre nel segno!
Oggi come allora, per esempio, chi mai potrebbe negare che: "...quando ci sono tributi da pagare, a parità di mezzi l'uomo giusto paga di più, l'altro di meno!"; e lo stesso, indubbiamente, vale anche per MOLTE sue altre affermazioni, sebbene, a mio avviso, non proprio tutte.
Vediamo come reagiscono gli altri partecipanti al dibattito.