Un bel post il tuo Carlo,dove si capisce cosa è l'io,il se',l'inconscio personale e collettivo,approvando io l'uso di questi ultimi termini.
Mi hai chiarito un bel po' di idee in proposito.Grazie.
C'è solo un passaggio che,per quel che ho imparato a conoscerti,mi mette in allarme.
Laddove parli di inconscio collettivo,quindi comune a tutti gli individui ovunque e in ogni tempo,QUINDI UNIVERSALE.
Questo chiamarlo universale mi sembra una promozione gratuita,perché non mi sembra indipendente dal luogo e dal tempo più di quanto lo sia l'umanità .
Dal mio punto di vista si può ipotizzare che l'inconscio collettivo sia una memoria remota molto capiente,ma per contrappasso di difficile accesso,ma non impossibile accesso.
L'inconscio personale invece è una memoria di scarsa capacità,ma di relativo facile accesso.
Per chi crede poi nell'evoluzionismo difficile non pensare ad un inconscio ancor più collettivo,o se preferisci ancor più universale,condiviso fra le diverse specie.
Mi chiedo e ti chiedo,se per Freud,per Joung,e per te portare a coscienza certi contenuti più o meno sepolti in noi abbia un connotato solo positivo.Cioe' se ciò sia sempre desiderabile.
In generale i contenuti di queste memorie più o meno remote hanno conseguenze automatiche sui nostri comportamenti,laddove in effetti li usiamo non sempre portandoli a coscienza,nel senso che non vi accediamo in modo volontario o cosciente,appunto.
Questo può essere,e io credo che lo sia,un modo economico di gestire il nostro archivio di memoria.
In questo senso la coscienza non sempre è utile.
Istintivamente mi piacerebbe avere controllo cosciente su tutti i miei comportamenti,ma questo sembra vada oltre le nostre limitate capacità,e l'inconscio si dimostra essere un utile espediente per superare questi limiti.
Si può vedere La questione sotto un altro punto di vista,laddove si consideri che i nostri comportamenti sono spesso tesi a salvarci la vita,e che a tal fine sono richieste reazioni rapide,laddove la coscienza richiede per esplicarsi un tempo che può essere eccessivo,con esiti fatali.
Ti faccio un esempio.
Se mentre attraversi la strada prendi coscienza,vedendolo,che una macchina sta per investirti,puoi salvarti la vita se hai un tempo di reazione buono.
In questo tempo di reazione è compreso il tempo in cui percepisci visualmente la macchina prendendone coscienza.Non è un tempo propriamente piccolo.Anzi è un eternità.
Gli scienziati hanno dimostrato che non riusciamo ad evitare la macchina perché la vediamo,e quindi con un azione cosciente,ma perché la udiamo senza avere la coscienza di farlo.
Ecco perché è molto più probabile oggi essere investiti da una macchina,se questa è elettrica,e quindi silenziosa.
A volte la coscienza serve a volte no.
Portare a coscienza certi contenuti sepolti idem,ed è meglio affidarsi a specialisti per capire se è un bene o è un male.
Sondare questi contenuti non è un bene in se,ma al massimo un mestiere,e ciò ha un senso nella misura in cui condividiamo questi contenuti (inconscio collettivo).
Mi hai chiarito un bel po' di idee in proposito.Grazie.
C'è solo un passaggio che,per quel che ho imparato a conoscerti,mi mette in allarme.
Laddove parli di inconscio collettivo,quindi comune a tutti gli individui ovunque e in ogni tempo,QUINDI UNIVERSALE.
Questo chiamarlo universale mi sembra una promozione gratuita,perché non mi sembra indipendente dal luogo e dal tempo più di quanto lo sia l'umanità .
Dal mio punto di vista si può ipotizzare che l'inconscio collettivo sia una memoria remota molto capiente,ma per contrappasso di difficile accesso,ma non impossibile accesso.
L'inconscio personale invece è una memoria di scarsa capacità,ma di relativo facile accesso.
Per chi crede poi nell'evoluzionismo difficile non pensare ad un inconscio ancor più collettivo,o se preferisci ancor più universale,condiviso fra le diverse specie.
Mi chiedo e ti chiedo,se per Freud,per Joung,e per te portare a coscienza certi contenuti più o meno sepolti in noi abbia un connotato solo positivo.Cioe' se ciò sia sempre desiderabile.
In generale i contenuti di queste memorie più o meno remote hanno conseguenze automatiche sui nostri comportamenti,laddove in effetti li usiamo non sempre portandoli a coscienza,nel senso che non vi accediamo in modo volontario o cosciente,appunto.
Questo può essere,e io credo che lo sia,un modo economico di gestire il nostro archivio di memoria.
In questo senso la coscienza non sempre è utile.
Istintivamente mi piacerebbe avere controllo cosciente su tutti i miei comportamenti,ma questo sembra vada oltre le nostre limitate capacità,e l'inconscio si dimostra essere un utile espediente per superare questi limiti.
Si può vedere La questione sotto un altro punto di vista,laddove si consideri che i nostri comportamenti sono spesso tesi a salvarci la vita,e che a tal fine sono richieste reazioni rapide,laddove la coscienza richiede per esplicarsi un tempo che può essere eccessivo,con esiti fatali.
Ti faccio un esempio.
Se mentre attraversi la strada prendi coscienza,vedendolo,che una macchina sta per investirti,puoi salvarti la vita se hai un tempo di reazione buono.
In questo tempo di reazione è compreso il tempo in cui percepisci visualmente la macchina prendendone coscienza.Non è un tempo propriamente piccolo.Anzi è un eternità.
Gli scienziati hanno dimostrato che non riusciamo ad evitare la macchina perché la vediamo,e quindi con un azione cosciente,ma perché la udiamo senza avere la coscienza di farlo.
Ecco perché è molto più probabile oggi essere investiti da una macchina,se questa è elettrica,e quindi silenziosa.
A volte la coscienza serve a volte no.
Portare a coscienza certi contenuti sepolti idem,ed è meglio affidarsi a specialisti per capire se è un bene o è un male.
Sondare questi contenuti non è un bene in se,ma al massimo un mestiere,e ciò ha un senso nella misura in cui condividiamo questi contenuti (inconscio collettivo).