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Messaggi - anthonyi

#5671
Citazione di: Ipazia il 02 Novembre 2018, 08:51:27 AM
Citazione di: anthonyi il 02 Novembre 2018, 07:19:11 AM
.... nessun bene è producibile senza il coordinamento dell'imprenditore, in ogni bene c'è il lavoro di un lavoratore ma, senza il coordinamento imprenditoriale quel bene non esisterebbe. Il capitale è anch'esso il risultato di un coordinamento imprenditoriale, in ogni bene capitale c'è lavoro ma perché il bene sia funzionale all'impresa la sua produzione deve essere coordinata dall'imprenditore.
Il fattore imprenditoriale è la vera fonte del valore economico e dello sviluppo, tant'è vero che oggi con i robot è in grado anche di produrre la capacità lavorativa.
Ti ripeto che non mi fido e non mi interesso di quello che scrive Sraffa, ti faccio presente però il vero punto nodale di differenza tra le rappresentazioni neoclassiche (Cioè marginaliste) e classiche (In economia Marx è considerato un classico). Le rappresentazioni neoclassiche rappresentano un mondo nel quale operano contemporaneamente più tecnologie produttive, mentre quelle classiche sono limitate a rappresentare un mondo con una sola tecnologia produttiva. Da questo derivano, per i modelli classici, i coefficienti tecnici fissi, la difficoltà nel definire gli equilibri di scambio, nel descrivere lo sviluppo (Cioè il processo di mutamento delle tecnologie produttive), la scarsa valorizzazione del ruolo imprenditoriale, perché chiaramente è l'imprenditore che sceglie le tecnologie (E in questo noi vediamo ancora l'elemento ideologico perché si è scelta una forma rappresentativa limitata appositamente per minimizzare il ruolo dell'impresa).
Un saluto.

Certo, come nell'Egitto dei faraoni facevano tutto i sacerdoti e negli stati totalitari i funzionari di regime. Se tu costruisci tutto il diritto intorno alla figura dell'impresa di proprietà privata, è chiaro che dopo tutto il mondo economico giri intorno all'imprenditore e ai proprietari privati. Come ho già scritto sopra, basta sostituire l'imprenditore col manager e l'imprenditore scompare. Del resto mi pare che stia già avvenendo con la spersonalizzazione del padrone, che rende ancora più ineluttabile/incontrastabile il dominio del Capitale sull'uomo. E trasforma il capitalista sempre più in quello che Lenin chiamava "tagliatore di cedole". Con le teste dei lavoratori a seguire.

Perdona, Ipazia, la posizione estremistica. E' stato il mio modo per rispondere all'altro estremismo della teoria del Valore-lavoro. Non è vero che fanno tutto i lavoratori, così come non è vero che fanno tutto gli imprenditori, si collabora per cui al valore partecipano sia l'uno che l'altro.
#5672
Citazione di: 0xdeadbeef il 02 Novembre 2018, 14:44:44 PM



Tutela del risparmio e credito alle aziende dovrebbero essere pertinenza di istituti nazionalizzati o

Ciao 0xdeadbeef, io potrei anche essere d'accordo, in realtà l'attività bancaria è un settore nel quale la creatività imprenditoriale non è un vantaggio. Ti pongo però una domanda, il credito alle aziende, cioè quanti soldi prestare a ciascuna azienda, chi lo decide e secondo quali criteri. Come facciamo ad impedire che qualche azienda poco seria allunghi una mazzetta all'amministratore di turno per farsi prestare soldi per i quali non offre garanzie adeguate e che non intende restituire.
Un saluto
#5673
Citazione di: paul11 il 02 Novembre 2018, 00:14:20 AM
Ciao Anthonyi
Il valore/lavoro determina tutti gli altri fattori produttivi.
Il capitale e le materie prime, i loro valori, da cosa sono determinati?Il capitale è l'accumulo di plusvalore , mentre le materie prime a loro volta qualcuno le ha prodotte con altro valore/lavoro.
L'economia come la si intende all'interno delle scienze umane è determinata dall'uomo stesso, non è ecologia naturale.
Non sostengo, quindi affatto che la microeconomia sia diversa ideologicamente dalla macroeconomia, perchè il luogo del produrre, che sia un campo agricolo o una fabbrica è funzionale alla macroeconomia e viceversa.
Cerchiamo di circoscrive con Sraffa la lettera che spedì a Keynes, sugli errori teorici del marginalismo tutt'ora imperante.


Ciao paul11, nessun bene è producibile senza il coordinamento dell'imprenditore, in ogni bene c'è il lavoro di un lavoratore ma, senza il coordinamento imprenditoriale quel bene non esisterebbe. Il capitale è anch'esso il risultato di un coordinamento imprenditoriale, in ogni bene capitale c'è lavoro ma perché il bene sia funzionale all'impresa la sua produzione deve essere coordinata dall'imprenditore.
Il fattore imprenditoriale è la vera fonte del valore economico e dello sviluppo, tant'è vero che oggi con i robot è in grado anche di produrre la capacità lavorativa.
Ti ripeto che non mi fido e non mi interesso di quello che scrive Sraffa, ti faccio presente però il vero punto nodale di differenza tra le rappresentazioni neoclassiche (Cioè marginaliste) e classiche (In economia Marx è considerato un classico). Le rappresentazioni neoclassiche rappresentano un mondo nel quale operano contemporaneamente più tecnologie produttive, mentre quelle classiche sono limitate a rappresentare un mondo con una sola tecnologia produttiva. Da questo derivano, per i modelli classici, i coefficienti tecnici fissi, la difficoltà nel definire gli equilibri di scambio, nel descrivere lo sviluppo (Cioè il processo di mutamento delle tecnologie produttive), la scarsa valorizzazione del ruolo imprenditoriale, perché chiaramente è l'imprenditore che sceglie le tecnologie (E in questo noi vediamo ancora l'elemento ideologico perché si è scelta una forma rappresentativa limitata appositamente per minimizzare il ruolo dell'impresa).
Un saluto.
#5674
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Novembre 2018, 14:28:54 PM


Scusami Anthony ma questo ritornello lo sentiamo da troppo tempo (e certo ci vuole molta ignoranza economica,
molto più di quella del Papa, per continuare a dargli credito...).
Si distinguano di nuovo la tutela del risparmio e il credito alle aziende dagli investimenti finanziari, e si
lascino pure fallire questi ultimi (che poi sono quelli che vanno in defalt miliardari...).

Ciao 0xdeadbeef, Banca Etruria, le altre banche popolari, le banche venete, sono tutte fallite per il credito ordinario, perché la crisi ha fatto fallire molte imprese e la caduta dei valori immobiliari che hanno eroso le garanzie.
Solo per MPS si può parlare di strane operazioni finanziarie, le quali comunque non avrebbero prodotto il fallimento da sole se non vi fosse stato un carico di problematicità di credito ordinario interne e caricate quando MPS stesso "salvo'" Banco di Napoli e Banco di Sicilia.
Anche nella situazione USA i primi a fallire furono i fondi per il credito al settore immobiliare proprio per effetto della profonda crisi del settore. Certo sono stati fatti degli errori, tipo concedere mutui per il 100 % del valore "stimato" dell'immobile, si è cioè venuti meno ai criteri prudenziali, il problema non è la separazione tra banche ordinarie e banche d'affari,( che oltretutto in Italia c'è sempre stata perché la banca d'affari Italiana è solo una, cioè Mediobanca, una banca che oltretutto non ha mai avuto problemi) ma il controllo sulle banche ordinarie.
#5675
Citazione di: Socrate78 il 01 Novembre 2018, 13:33:07 PM
Il problema sta nel fatto che, in un regime capitalistico, più si consuma e più ovviamente chi gestisce l'economia guadagna: di conseguenza è necessario incrementare i consumi con varie strategie. Il male sta proprio nell'ideologia di fondo, che vede il profitto come il primo e più importante valore a cui subordinare ogni cosa, anche il rispetto dell'ambiente e della limitatezza delle risorse ambientali. Ora, finché la popolazione mondiale si mantiene su livelli stabili, il tutto può ancora ancora reggere, ma se l'aumento diventa esponenziale il ritmo di consumo non può reggere a lungo e il sistema entra in crisi. In un'economia pianificata il problema del consumismo invece alla radice non esiste, poiché lo Stato, non dovendo tener conto del profitto dei privati, può effettuare un'accorta valutazione delle risorse di cui una nazione ha effettivamente bisogno, quali beni produrre e quali settori dell'economia far sviluppare, evitando che ci sia un consumo sfrenato da parte di ristrette fasce della popolazione.

Socrate, in un'economia pianificata ci saranno dei capi pianificatori che dirotteranno la produzione secondo le loro logiche, probabilmente con l'obiettivo primario di mantenere la loro posizione di pianificatori, il consumo sfrenato chiaramente non ci sarà, perché ci sarà poco da scialare per tutti tranne che per i pianificatori per i quali la ragione di stato legittimerà quello che non è permesso al popolo.
#5676
Citazione di: Socrate78 il 01 Novembre 2018, 11:25:09 AM
Per quanto riguarda la situazione e il sistema economico del futuro, beh, io invece non credo affatto che sia poi così difficile fare previsioni, poiché (e direi purtroppo....) sono i numeri a parlare. La popolazione sta crescendo molto velocemente, attualmente siamo sette miliardi in crescita, nel 2035/2040 diventeremo probabilmente 9 miliardi e mezzo.
Ora, il sistema capitalistico attuale ha come motto quello di produrre e soprattutto consumare il più possibile, tutto il sistema si alimenta con il consumo, ma in questo modo lo sviluppo diventa insostenibile, poiché le risorse non crescono magicamente in funzione dell'aumento demografico! Quindi le opzioni possibili sono due, o ci si ostina con l'attuale sistema e quindi si verificheranno carestie su larga scala, guerre per il cibo, con gravissima minaccia per la pace mondiale (in prospettiva terza guerra mondiale....), oppure si dovrà rivedere in maniera massiva tutto il sistema e instaurare forme di economia pianificata con proprietà collettiva (statale o sociale) dei mezzi di produzione. Ed è chiaro che la seconda opzione è sicuramente preferibile al caos che verrebbe fuori ostinandosi a mantenere l'attuale sistema basato sul consumismo.

Non capisco perché, Socrate, tu supponi che l'economia pianificata sia in grado di aumentare la capacità di produzione di cibo rispetto all'economia di mercato. I più alti livelli di resa agricola li abbiamo in Olanda, paese notoriamente dominato dalla cultura del mercato e della finanza fin dai tempi della bolla dei tulipani.
#5677
Citazione di: sgiombo il 01 Novembre 2018, 08:16:08 AM
Citazione di: anthonyi il 31 Ottobre 2018, 10:08:50 AM

Ma non c'è dubbio sgiombo, la difesa di tutto il sistema economico dal pericolo comunista è un elemento caratterizzante della storia contemporanea, ed è stata realizzata anche soddisfacendo le istanze sociali.
Che poi dopo la caduta del muro di Berlino vi sia una riduzione delle stesse come scelta politica specifica a me non risulta,
CitazioneNon c' é peggior cieco di chi deliberatamente non vuol guardare in faccia la realtà.

(Molto consolante perdere la pensione "non come scelta politica": perfino la Fornero fingeva di piangere quando "contro la sua nobile e generosissima volontà" la rubava a tanti Italiani per regalarla alle banche che lautissimamente la pagano).


Nei miei ragionamenti, sgiombo, io mi riferivo alla generalità dei paesi sviluppati, poi c'è il caso particolare dell'Italia, paese nel quale i sistemi pensionistici sono stati generosi in particolare con alcune categorie di pensionati che forti della stabilità e continuità del loro lavoro, e probabilmente della maggiore pressione politica che possono esercitare, si sono appropriati di una parte importante dello stato sociale a danno delle famiglie e delle giovani generazioni che questo paese ha sempre aiutato poco. Personalmente io non condivido le lacrime della Fornero, quello che è stato fatto nel 2011 è stato coraggioso e giusto, ingiusto era il sistema preesistente che privilegiava una minoranza di lavoratori, soprattutto nel settore pubblico. Quello che è stato fatto era naturalmente anche necessario per salvare il nostro sistema economico da seri rischi.
Sul riferimento ai "regali" alle banche non ha senso neanche dare una risposta, purtroppo solo le persone che hanno conoscenze adeguate possono comprendere la necessità di mantenimento degli equilibri fondamentali del sistema finanziario per il funzionamento del sistema economico. Anche il Papa ha detto: "Affamare i popoli per salvare le banche" senza comprendere, nella sua ignoranza economica, che salvare le banche (Non i banchieri, ma le banche) è necessario proprio per sfamare i popoli.
#5678
Citazione di: paul11 il 31 Ottobre 2018, 17:56:07 PM
ciao Anthonyi,
se sai la differenza fra microeconomia che è realtà del valore/lavoro e macroeconomia che è più ideologia che realtà fisica,
perchè hai posto la domanda?
Prova a cercare un certo economista amico di Wittgenstein ,insegnante a Cambridge, un certo Piero  Sraffa che scrisse una lettera sul marginalismo ad un certo Keynes: illuminante

ciao paul11, non capisco perché supponi che la micro sia meno ideologica della macro. Comunque ti spiego perché la teoria del valore/lavoro è puramente ideologica. In ogni processo produttivo tutti i fattori (Natura, lavoro, capitale, impresa, stato) si combinano per produrre la ricchezza che viene prodotta. Supporre che il valore derivi esclusivamente dal lavoro serviva ideologicamente a Marx per affermare che profitto e rendita sono sottratti al lavoro, sono sostanzialmente un furto che i capitalisti fanno ai lavoratori.
Questo ha prodotto sostanzialmente due effetti, favorire la crescita dell'odio sociale e limitare tutti coloro che ragionano nell'ottica dell'ideologia valore/lavoro nella comprensione della centralità della funzione imprenditoriale in economia.
La funzione imprenditoriale è sempre più importante quanto più l'economia diventa complessa, è per questo che il "tuo" amico Sraffa si deve limitare a rappresentare la sua visione in economie che producono solo grano, ferro e diamanti. Comunque io non mi fiderei di qualcuno che, come Sraffa ( Del quale ho conosciuto personalmente uno dei discepoli) critica le basi del mercato e poi fa soldi speculando sul mercato dell'oro.
Un saluto
#5679
Citazione di: paul11 il 31 Ottobre 2018, 13:46:09 PM
ciao Ipazia,
sono d'accordo con ciò che scrivi

ciao anthonyi
la strategia aziendale è svolta dal marketing con il commerciale (i venditori).
I costi del prodotto vengono svolti dalla supply chain che ha su volta ha sotto di sè le operation che hanno tutti gli stabilimenti produttivi

La strategia decide  COSA produrre, le operation  COME  e DOVE produrre. la programmazione è la cerniera fra vendite, distribuzione  e quindi logistica del prodotto finito e dà le quantità e il calendario  da produrre alle operation.
Il COME   produrre è dato dalle distinte basi ,prodotto per prodotto, stabilimento per stabilimento, già inseriti nei budget previsionali, che tutti hanno ben presente affinchè il financial aziendale insieme ai controller idi gestione verifica gli andamenti e i costi mensili, le differenze fra consuntivato e previsionale.
Il costo del lavoro è già inserito in distinta base insieme agli altri costi, non 'centra niente marxismo o marginalismo.
Perchè quando nasce un prodotto  il product manager che è del marketing ,dopo indagini di mercato, dà alla ricerca e sviluppo le indicazioni di cosa vorrebbe e quali costi.
Quindi il marketing ogni anno redige il "piano di marketing" prodotto per prodotto con il punto di pareggio fra ricavi e costi, sotto il quale si va in perdita e sopra il quale si va in profitto.
L'azienda quindi sa per ogni unità di vendita quanto è il margine di profitto, avendo tutti i costi analitici.

Il valore /lavoro di Marx e la dottrina marginalista hanno poco a che fare con la microeconomia aziendale,
I moderni sistemi di analisi di costo producono in funzione del venduto e quindi devono essere elastiche e flessibili,
Il che significa che se si vende molto si lavora molto e viceversa e "variabilizzano" i  costi ,fra cui il lavoro(che è invece un costo fisso), "precarizzando" e quindi rendendo elastici  i contratti di lavoro.

Il valore/lavoro è servito a mettere in luce due aspetti: il plusvalore dell'imprenditore, e la quantità di tempo lavoro che una persona dedica in funzione di una busta paga che a sua volta acquista beni per vivere.
Cosa vuol dire? Che un lavoratore non potrà mai liberarsi dal lavoro perchè dovrà replicare in continuazione il tempo di lavoro per vivere, mentre il plusvalore può arrivare ad una rendita vitalizia che libera dal tempo di lavoro.

Il marginalismo, scuola tutt'ora imperante, non dice nulla in pratica, è teorizzazione.
Quando viene calcolata,seconda la teoria marginalista, la produttività decrescente, si dice che vi sono due tipi di costi, il costo fisso e quello variabile., che possono anche essere descritti come capitale fisso e capitale circolante..
Hai un'automobile? Il costo fisso è il denaro che hai speso per l'automobile, il costo variabile, sono benzina, gasolio, olio, ecc
Quando dicono che il diesel convine se si fa un certo numero di kilometri, s ifa un ragionamento marginalista.
Allora: prezzo auto, assicurazione, bollo auto, sono costi fissi in quanto indipendenti dal kilometraggio,
si inseriscono  i costi di manutenzione. Si stabilisce ,si stima il ciclo di vita dell'auto acquistata.
Tanto più si utilizza l'auto  a diesel  e tanto più gasolio si utilizza, ma vengono marginalizzati i costi fissi.
Se si costruisce un diagramma si vedrà una parabola, . C'è un punto in cui i costi fissi e quelli variabili sono pari, oltre il quale non converrebbe usare più l'auto.
Questo calcolo vine fatto sugli stabilimenti quando si studia la capacità produttiva  e il grado di saturazione di quella determinata linea di produzione. Perchè la caratteristica di un costo fisso è che lo pago anche se non lo uso. Mentre  i costi variabili sono in funzione all'utilizzo

paul11, un po' di economia aziendale la so anch'io, e conosco le questioni epistemologiche che confrontano l'azione manageriale con la sua rappresentazione all'interno di un sistema economico e quindi con problematiche di equilibrio e di soluzione generale.
Economia aziendale ed Economia Politica non sono la stessa cosa.
Un saluto.
#5680
Citazione di: paul11 il 30 Ottobre 2018, 14:26:48 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e Anthonyi.

non è affatto mutato il paradigma economico, ma il focus e per esigenza semplicemente di costi.
Come  si potrebbe calcolare la produttività ,seguendo la scuola marginalista, senza il valore/lavoro?

ciao paul11, è vero che il concetto di produttività del lavoro, euristicamente, è come si fondasse sul valore/lavoro, la stessa rappresentazione keynesiana del processo produttivo si fonda su semplificazioni analoghe. Il punto è che queste semplificazioni bypassano la funzione centrale di ogni sistema economico, cioè la scelta imprenditoriale, che viene descritta in maniera corretta solo dai meccanismi marginalisti. Il paradigma marxista-keynesiano rende certamente facili certe analisi, ma la sua applicazione ai sistemi economici generali si è rivelata poco utile nel descriverli.
#5681
Citazione di: sgiombo il 30 Ottobre 2018, 21:09:12 PM
Citazione di: anthonyi il 30 Ottobre 2018, 20:31:16 PM
Citazione di: paul11 il 30 Ottobre 2018, 13:37:27 PM
una provocazione..............
senza il socialismo e il comunismo il capitalismo sarebbe già imploso nelle sue contraddizioni, proprio secondo la teoria di Marx ed Engels,
Sono state le formazioni pragmatiche dei partiti parlamentari di sinistra, sono state le lotte per i  diritti civili e sociali a salvare il capitalismo della mano invisibile. e' stata la dialettica fra più Stato meno privato e viceversa, è stato il keynesianesimo sociale di Kennedy e non il monetarismo della scuola di Chicago di Reagan., a consentirne  la sopravvivenza, stemperandone la selvaggia differenza fra produzione e distribuzione delle ricchezze.



Al di la della provocazione, paul11, tu hai ragione. Il sistema di pensiero del libero mercato ha acquisito nel tempo un quantitativo crescente di valori sociali.
Citazione
Sì, chissà perché queste acquisizioni si sono avute in Germania allorché BIsmark temeva come la peste il forte partito socialdemocratico di Marx e Engels e nel resto dell' Europa quando tutti temevano che si potesse "fare come in Russia", mentre -a controprova- vengono ovunque progressivamente  eliminate nei paesi capitalistici dopo la caduta del muro di Berlino.

Quando si dice "la combinazione"!








Questo però rientra in una visione riformista della società che è incompatibile con quello che era il discorso originario di Marx. La collettivizzazione della gestione produttiva è la questione nodale, il socialismo marxista nega la libera impresa e in questo è fallimentare, perché senza libera impresa non c'è sviluppo.
Per quanto riguarda poi la distribuzione del reddito, la tutela dei lavoratori, la politica economica, etc., sono tutti argomenti sui quali il pensiero liberale ha lasciato aperte opportunità di dialogo.
CitazioneInfatti in URSS dal 1929 al 1980 almeno (in assenza di "libera impresa" capitalistica)  non c' é stato sviluppo!
E quanto a dopo il 1980 (nella misura in cui non c' é più stato sviluppo per alcuni importanti aspetti di tali economie), periodi di cinque - dieci annidi analogamente scarso sviluppo si sono avuti e si hanno anche nel capitalismo per i più svariati motivi.
Ma non c'è dubbio sgiombo, la difesa di tutto il sistema economico dal pericolo comunista è un elemento caratterizzante della storia contemporanea, ed è stata realizzata anche soddisfacendo le istanze sociali.
Che poi dopo la caduta del muro di Berlino vi sia una riduzione delle stesse come scelta politica specifica a me non risulta, in realtà la precarizzazione di ampie fasce lavorative e sociali nei paesi sviluppati alla quale assistiamo è l'effetto dello sviluppo tecnologico e dei sistemi di mercato, è una sorta di effetto indesiderato indiretto, al quale oltretutto si supplisce con vari interventi garantendo comunque a queste fasce un livello di benessere certamente maggiore di quello delle rispettive fasce nei tempi pre caduta del muro, e soprattutto a mio parere superiore al benessere che avrebbero avuto se per qualche scherzo del destino a crollare fosse stato il patto atlantico e tutta l'Europa fosse diventata comunista.

#5682
Citazione di: paul11 il 30 Ottobre 2018, 13:37:27 PM
una provocazione..............
senza il socialismo e il comunismo il capitalismo sarebbe già imploso nelle sue contraddizioni, proprio secondo la teoria di Marx ed Engels,
Sono state le formazioni pragmatiche dei partiti parlamentari di sinistra, sono state le lotte per i  diritti civili e sociali a salvare il capitalismo della mano invisibile. e' stata la dialettica fra più Stato meno privato e viceversa, è stato il keynesianesimo sociale di Kennedy e non il monetarismo della scuola di Chicago di Reagan., a consentirne  la sopravvivenza, stemperandone la selvaggia differenza fra produzione e distribuzione delle ricchezze.



Al di la della provocazione, paul11, tu hai ragione. Il sistema di pensiero del libero mercato ha acquisito nel tempo un quantitativo crescente di valori sociali. Questo però rientra in una visione riformista della società che è incompatibile con quello che era il discorso originario di Marx. La collettivizzazione della gestione produttiva è la questione nodale, il socialismo marxista nega la libera impresa e in questo è fallimentare, perché senza libera impresa non c'è sviluppo.
Per quanto riguarda poi la distribuzione del reddito, la tutela dei lavoratori, la politica economica, etc., sono tutti argomenti sui quali il pensiero liberale ha lasciato aperte opportunità di dialogo.
#5683
Citazione di: Ipazia il 30 Ottobre 2018, 09:19:00 AM
Citazione di: nativo americano con varie attribuzioni
Quando avrete abbattuto l'ultimo albero, quando avrete pescato l'ultimo pesce, quando avrete inquinato l'ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.

La teoria del valore-lavoro non è stata falsificata, ma taroccata dall'economia capitalistica, attraverso dispositivi autoritari di carattere imperialistico militare e finanziario.

Possiamo rinunciare a tutte le opere d'arte e ai divi dello show business circense, ma non al cibo e alle materie prime. Non alle attività lavorative che stanno alla base della nostra salute e benessere. Non credo nemmeno che sia l'inefficienza intrinseca dell'egualitarismo il problema. Non vi è nulla di intrinseco nella natura umana che non possa essere educato e comunque l'egualitarismo va inteso sui bisogni essenziali, non in senso assoluto. Il socialismo reale, tanto in URSS che in Cina, è assai più meritocratico di quello fondato sul capitale familiare, quando si tratta di selezionare chi accede agli studi, e quindi alle professioni, superiori. E più egualitario nella condizione iniziale, ma più meritocratico in quella finale. Secondo dottrina, è vero, perchè all'atto pratico anche i comunisti tengono famigghia. Ma per lo meno non è la base ideologica e la prassi corrente di tutte le porcherie capitalistiche, ma un'aberrazione che in Cina può costare anche molto cara a chi la attua.

L'esplosione economica cinese è dovuta a molti fattori, non escluso un controllo di tipo comunista sulla politica, e riconferma la correttezza della teoria del valore-lavoro. Con quel pizzico di grano salis che consiste nel prendere i capitalisti per le palle usando i loro stessi tarocchi finanziari, che i cinesi, col frutto del loro lavoro, stanno razzolando proprio nel salotto buono delle famigghie del Capitale. Incluse le loro eredità coloniali (fosse mai che i cinesi insegnino al fine agli africani  un minimo di operosità e buongoverno sui loro ricchi territori ! Cosa che non ci si poteva di certo aspettare dai vampiri occidentali). Cui si aggiunge, ciliegina sulla torta, quell'astuzia tutta orientale, di sconfiggere e conquistare il nemico con le sue stesse armi. Difficile fare entrare tutto ciò nell'ortodossia comunista (peraltro ossimorica in una teoria fondata sulla concezione materialistica della storia). Trattasi di un processo storico socioeconomico decisamente lontano dalla liquefazione etica cattocomunista della dottrina. Nè si può dire che tutta l'operazione brilli di luce platonica o buddista. Ma la perfezione, come diceva un saggio, non è di questo mondo.

Ipazia, la teoria del valore-lavoro rappresenta una concezione di base dell'economia che è tramontata alla fine dell'800. L'idea che esista un valore in economia, inteso come ente ontologicamente definito, non può e non potrà mai essere fondata. Il valore è sempre un dato relativo, un rapporto tra due cose, e soprattutto è variabile nel tempo e nello spazio.
#5684
Citazione di: bobmax il 29 Ottobre 2018, 21:21:51 PM
Lo slancio ideale che ha animato il comunismo non è affatto fallimentare, anzi vive tuttora perché espressione della fede nella Giustizia e nella Verità.

Il fallimento è infatti dipeso non dall'ideale in sé, ma dalla sua realizzazione, dove la fede nella Verità è stata tradita, soffocata dalla ipocrisia di chi pretendeva di conoscerla, la Verità.

È sufficiente leggere il Manifesto del Partito Comunista, per rendersi conto dell'afflato ideale, di chi brama l'assoluto.

Il fallimento è stato causato dalla carenza della nostra fede.
Ma il comunismo, con suoi autentici valori, altro non è che il nostro destino.

Bobmax, tu parli di idealismo, ma a me pare che il pensiero Marxista fosse caratterizzato dal materialismo storico. Quando gli ideali vengono vissuti solo in cielo il ritorno a terra può essere pericoloso, la Libertè, egalitè, fraternitè diventa il terrore, l'ideale comunista diventa le purghe Staliniane e la rivoluzione "culturale" di Mao Tze Tung, l'ideale patriottico diventa Nazismo.
Anch'io condivido con te l'importanza della giustizia e della verità, il punto è che poi questi concetti vanno coniugati in una rappresentazione della società. Il pensiero liberale ha una sua idea di giustizia e considera ingiuste molte delle asserzioni del pensiero socialista. Nella Russia post comunista la gran parte di quelli che si sono arricchiti appropriandosi delle ricchezze dello stato erano oligarchi del precedente regime, io sono d'accordo con te che questo fosse ingiusto, il punto però è che quelli avevano un potere ingiusto anche all'interno di un regime comunista. Il pensiero liberale concorda con l'osservazione di questo aspetto, al di là degli slanci giustizialisti, i sistemi di tipo socialista tendono a una concentrazione del potere che è maggiore di quello che si realizza nei sistemi liberali perché in essi manca la contrapposizione tra potere economico e potere politico, avendo il potere politico anche il potere economico.
Un saluto
#5685
Citazione di: Socrate78 il 29 Ottobre 2018, 18:14:35 PM
Normalmente, soprattutto tra i sostenitori ad oltranza del sistema capitalistico come unico modo di produzione ed organizzazione sociale, si ripete come un mantra che il comunismo (o meglio socialismo) ha fallito e che non è un'ideologia applicabile né mai lo sarà. In realtà se si esamina veramente ed attentamente la storia si nota come si debba concludere che ciò sia FALSO, almeno a mio giudizio. Infatti la Russia, prima dell'instaurazione del socialismo, era uno Stato arretratissimo, basato su un'economia feudale e agricola, industrializzazione zero: a partire invece dal 1928 (primo piano quinquennale) vi fu, all'interno di un'economia socialista, un forte incremento dell'industrializzazione, con il raggiungimento della piena occupazione, cosa che non accadeva in nessuno dei paesi capitalistici, che invece avevano un ritmo di crescita del PIL inferiore rispetto a quello dell'allora Unione Sovietica. Persino dopo le devastazioni terribili dell'invasione nazista (centinaia di villaggi distrutti) della seconda guerra mondiale, il PIL crebbe dell'11% dal 1945 al 1953. L'analfabetismo, altissimo durante il periodo zarista (90%), venne ridotto moltissimo nell'arco di meno di un ventennio, con il raggiungimento nel 1939 dell'87% di alfabetizzazione. Non mi sembra un fallimento, anzi, può essere considerato un risultato eccezionale (a prescindere dalla presenza o meno di democrazia) visto soprattutto il punto di partenza di un paese arretratissimo, feudale e con enormi ingiustizie sociali qual era l'Impero zarista.
Ora, c'è dell'altro. Esaminando da vicino le cause del crollo economico dell'URSS, si può notare come in realtà ciò avvenne più che altro per fattori esterni: negli anni Ottanta infatti gli USA con l'amministrazione Reagan iniziarono una folle corsa agli armamenti nel quadro della "guerra fredda" e ciò provocò, per reazione, un fortissimo investimento in armi dell'URSS, che in questo modo finì per dissanguare le proprie risorse e si verificò quindi una profonda crisi economica, con scarsità di beni di consumo. Tutto questo, però, è appunto un fattore esterno, che non ha nulla a che vedere con il socialismo in sé, si tratta di dinamiche da guerra commerciale che si possono benissimo verificare tra due paesi non socialisti. Anzi, quando è stato poi applicato veramente il capitalismo in maniera radicale (anni Novanta), ecco che la situazione della popolazione è peggiorata grandemente, in pochissimi si sono arricchiti e si è verificato semmai un impoverimento generale. Se si analizza anche un altro caso storico, quello del Cile, si nota come durante il governo del socialista Salvador Allende (democraticamente eletto) l'economia del Paese stava migliorando di molto nel quadro di un'economia che andava verso la nazionalizzazione delle imprese, l'alfabetizzazione migliorava, si riduceva l'enorme divario tra ricchi e poveri.  Tutto questo, anche in base alla logica, mi porta a concludere che la tesi del fallimento del socialismo è falsa, e semmai è il capitalismo, con le sue recessioni cicliche, le diseguaglianze, lo sfruttamento della manodopera nel mondo, a non garantire quella prosperità che teoricamente promette. O sbaglio in qualcosa?

Socrate78, la saggezza popolare si era occupata della questione da tempo nel detto: "L'occhio del padrone ingrassa il cavallo". Poi Adamo Smith rielaborò il tutto con l'idea che, alla base della ricchezza delle nazioni c'è l'interesse individuale, che è poi anche una base per ragionare sul sistema economico.
In quella Russia collettivizzata della quale tu parli si verificava uno strano fenomeno, i contadini che lavoravano i grandi terreni dello stato avevano a disposizione ognuno dei piccoli orticelli per i bisogni essenziali della famiglia. Ora sembra che alcune rilevazioni abbiano evidenziato che la resa per metro quadro di questi orticelli era circa 50 volte superiore a quella dei terreni dello stato, al punto che il principale reddito di questi, (un reddito illegale perché loro non erano autorizzati a vendere i loro prodotti, potevano solo conferirli all'ammasso pubblico per ricevere prezzi puramente simbolici) derivava da questi piccoli orticelli e non dalla paga (Anch'essa evidentemente simbolica) dello stato.
Io non so se nella Russia, o negli altri paesi dell'Ex cortina di ferro, si stia meglio o peggio di prima, anche perché non spetta a me deciderlo, ma a quelli che vivono in quei posti. Ora quelli che vivono nell'Ex Patto di Varsavia non mi pare abbiano nostalgia del socialismo e del comunismo.
Un saluto.