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Messaggi - 0xdeadbeef

#571
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
14 Novembre 2018, 01:25:11 AM
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMLa corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica è convenzionale, si basa su una definizione arbitraria e sulla sua appartenenza al vocabolario di una certa comunità di parlanti (v. molteplicità delle lingue, aspetto diacronico delle lingue, etc.).


Ciao Phil
Se, come dici, la corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica (nei miei termini:
la corripondenza fra l'oggetto e il segno che lo designa) è convenzionale etc.(vedi sopra), allora questo vuol
semplicemente dire che una convenzione vale l'altra, visto che non possediamo nessun "metro" per misurare la
oggettività, il "valore", di una convenzione rispetto ad una qualsiasi altra.
Posizione rispettabilissima, per carità, ma è bene essere consapevoli che con un tale punto di vista ogni convenzione
(basandosi, secondo le tue stesse parole, su una definizione arbitraria) linguistica può aspirare ad arrogarsi il
diritto di rappresentare il "vero".
Chi o che cosa, infatti, stabilisce cos'è "una certa comunità di parlanti"?
Può essere questa di questo forum; può essere quella dei contrari ai vaccini o quella di coloro che sostengono che la
terra è piatta: tutto quello che all'interno di queste "comunità di parlanti" viene detto ha, secondo il tuo
ragionamento, il medesimo valore veritativo.
Ma poi perchè mai, se il principio viene accettato, "limitarci" alla comunità? Vi è forse un motivo per non restringere
il campo all'individuo? Se c'è io non lo vedo, perchè se la base del ragionamento è la "definizione arbitraria" (pur
se della comunità) allora chi lo dice all'individuo che la sua, di definizione arbitraria, è meno valida di quella
di una comunità qualsiasi?
saluti
#572
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
13 Novembre 2018, 20:24:39 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 19:47:28 PM
Ridurre il fenomeno a segno linguistico, il concetto a segno concettuale, e il linguaggio ad unico strumento cognitivo, è quantomeno azzardato. I primi a non esserne così convinti sono proprio linguisti e cognitivisti le cui scuole proliferano assai, l'una contro l'altra armate da posizioni teoriche assai lontane tra loro:

TEORIA DEI LINGUAGGI


Il fenomeno è senz'altro corrispondente al segno (linguistico o meno ) e al concetto. Trovo, anzi, che questi tre
termini siano in un certo qual modo semiologicamente equivalenti.
Il linguaggio non è l'unico strumento cognitivo. L'intelletto può rendersi consapevole che vi è una realtà ad esso
esterna, estranea ed irriducibile; quindi può, attraverso il linguaggio, esprimere un qualcosa che va "oltre" il
linguaggio.
saluti
#573
A Socrate78 e Bobmax
Scusate ma non capisco questo atteggiamento. Da quando in qua la filosofia deve fare proselitismo?
Dal mio punto di vista, io intendevo quelli che leggono le discussioni sul forum ma non intervengono. Cioè
intendevo coloro che hanno una certa forma di interesse verso la filosofia...
saluti
#574
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
13 Novembre 2018, 17:11:40 PM
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 16:04:50 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 13:37:17 PM
Quindi anche il "fuori bordo", essendo prima pensato poi detto, è inequivocabilmente un "dentro il bordo".
Però, ti chiedevo appunto se trovi contraddittorio questo "dire", o pensare, il "fuori bordo" (e pur
con la consapevolezza dell'intima contraddizione che vi è insita)...
Non colgo la (possibile) contraddizione nel/del dire ciò che è "fuori": questa è la funzione principale del linguaggio (metalinguaggio a parte ;) ), ovvero creare un "mondo" linguistico (dicibile, ma prima ancora pensabile) ispirato e possibilmente conforme a quello non-linguistico, in una sorta di appropriazione/traduzione semantica che rende "ragionabile" il reale (non linguistico).
Che il linguaggio (i concetti, la logica, etc.) non possa uscire da se stesso (nel dire ciò che è fuori), non mi pare contraddittorio, piuttosto è una questione di limite strutturale (che non ne inficia il funzionamento... anzi, è il "senso" dell'esistenza del linguaggio).
Sarebbe contraddittorio se l'indicazione per l'uscita di emergenza fosse posta fuori dall'edificio, ma finché è dentro fa egregiamente la sua funzione (indicando l'altro da sé).

Ciao Phil
La contraddizione consiste nel parlare di "fatti"; di "oggetti" e via discorrendo senza aver la consapevolezza
che laddove non si ipotizzi una "posizione privilegiata" non se ne dovrebbe parlare.
Perchè il problema non è la verità, o per meglio dire il "criterio di verità" (che risiede nel linguaggio), ma
la corrispondenza di questo con l'oggetto di cui si sta affermando qualcosa.
E allora, a me pare, la domanda diventa: su cosa ci basiamo per affermare tale corrispondenza?
Cosa, ovvero, conosciamo dell'oggetto per poter affermare che vi è corrispondenza fra questo e il segno linguistico
con cui lo nominiamo? Come facciamo, per usar le tue parole, a "creare un mondo linguistico ispirato e possibilmente
conforme a quello non linguistico" se tale mondo non linguistico ci è noto solo attraverso il segno linguistico?
Sarebbe come dire che per creare un mondo linguistico ci avvaliamo dello stesso linguaggio (cioè che creiamo quel
che è già creato)...
Non può evidentemente essere così. Diciamo allora che per creare un mondo linguistico il più possibile "corrispondente"
agli oggetti che si intendono nominare si devono conoscere quanto più possibile questi oggetti.
E su questo, diciamo ironicamente, "punto fatale" comincia la "grande avventura" della conoscenza dell'oggetto "in sè".
Una conoscenza, dicevo lungo tutti i miei interventi in questa discussione, impossibile se non come "direzione";
"luogo"; "approssimazione" (questa l'unica conoscenza oggettiva possibile, perchè l'oggetto "in sè" non è conoscibile
se non come "fenomeno", ovvero come segno linguistico - che come tale non può "creare" un mondo linguistico, essendo
già esso stesso tale mondo).
saluti
#575
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
13 Novembre 2018, 13:37:17 PM
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 20:29:13 PM

Allora la verità incontrovertibile è la direzione, non il punto d'arrivo? O siamo già al cospetto di due verità incontrovertibili?  ;)
Da qualunque parte sia la verità è sempre dentro il linguaggio (l'unica cornice che possa darle un senso), esattamente come tutti i concetti astratti.
L'universo è ontologicamente "là fuori", la verità è semanticamente "qui dentro" (nel discorso linguistico).
Pensare ad una verità "topograficamente" ubicata, significa entificarla, il che comporta smettere di parlarne come concetto e iniziare a parlare di relazione di enti, ma ciò è pur sempre un parlarne, per cui non si esce mai "fuori bordo" (proprio come i cartelli che indicano l'uscita di emergenza sono sempre dentro, pur indicando il fuori...).
Il pre-linguistico, o meglio, il non-linguistico è ciò che ci fa rivolgere alla verita senza porci il problema (tutto concettuale) di segnificarla e significarla come "verità" (per affrontare il "fuori bordo", bisogna abbandonare il linguaggio, lasciando il problema della verità, inevitabilmente, a bordo... forse un esempio potrebbe essere l'esperienza estetica).

Ciao Phil
Che la verità sia nel linguaggio (non nell'oggetto di conoscenza) è la tesi che sostengo sin dall'inizio di
questa discussione, quindi figurati se non sono d'accordo...
Dirò anzi di più: come Peirce, anch'io sono convinto che già il pensare è inserire il pensato in una catena
segnica, quindi ancor più a monte del linguaggio propriamente detto c'è il "segno", da cui naturalmente non
c'è verso di scappare...
Quindi anche il "fuori bordo", essendo prima pensato poi detto, è inequivocabilmente un "dentro il bordo".
Però, ti chiedevo appunto se trovi contraddittorio questo "dire", o pensare, il "fuori bordo" (e pur
con la consapevolezza dell'intima contraddizione che vi è insita)...
Perchè se lo trovi contraddittorio il discorso finisce qua (non esistono fatti ma solo interpretazioni; la
verità è ciò che si dice; un'opinione vale l'altra e via discorrendo); ma se non lo trovi contraddittorio,
come del resto non lo trovo contraddittorio io, allora si apre un discorso diverso (quello che, appunto,
cerco di fare).
A tal proposito, ritengo che non l'esperienza estetica ci "dica" del "fuori bordo", ma la stessa, inoppugnabile,
logica (ad esempio quella che dice che l'universo esusteva anche prima della comparsa di un suo interprete
qualsiasi - mi sembra incredibile come si siano perse queste elementari evidenze...)
saluti
#576
Citazione di: Socrate78 il 12 Novembre 2018, 19:00:06 PM
Il problema però è che la filosofia è ritenuta da moltissimi come qualcosa di noioso e inutile nello stesso tempo, sono questi i due aggettivi che sono spesso associati alla pratica filosofica! Secondo voi, se si ha a che fare con una persona comunque intelligente ma che ha questi preconcetti, è bene lo stesso cercare di avvicinarla alla cultura filosofica o è meglio lasciar perdere?


Senza il minimo dubbio è meglio lasciar perdere (i consigli si danno solo a chi li chiede, recita un saggio
adagio popolare).
saluti
#577
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
12 Novembre 2018, 19:48:21 PM
Citazione di: paul11 il 12 Novembre 2018, 01:02:27 AMMa ci vuol davvero tanto a capire che esiste solo una unica verità?




Ciao Paul
Ma certo che esiste solo un'unica verità, è ovvio. Ma noi, ed è altrettanto ovvio, non possiamo conoscerla.
Ciò che possiamo conoscere è la direzione della verità, cioè il fatto se la verità si trovi lì oppure di là...
Come si arriva alla "verità" (per me come direzione)? Dicevo che ci si arriva "risalendo la catena segnica",
che evidentemente vuol dire: "bisogna conoscere l'essenza stessa del pensiero dei filosofi, di tutta la storia
della filosofia e saperli confrontare sui primitivi, sui fondativi del loro pensiero e come arrivano a
costruire le loro asserzioni", come molto saggiamente affermi.
saluti
#578
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
12 Novembre 2018, 19:33:41 PM
Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 22:25:31 PM
Niente strali, solo banali domande da "uomo della strada".
Anche quando parliamo di "ab-solutus/a", di "oggettività", di "noumeno", etc. siamo pur sempre a bordo del linguaggio, anche se cerchiamo di sbirciarne fuori... il discorso sul noumeno (o sulla verità) è pur sempre un discorso: linguistico, logico, concettuale, etc. e bisogna ammettere che ci possono essere anche discorsi fallimentari che, seppur in buona fede, indicano "a vuoto"...
Che il linguaggio e il suo utilizzo siano una "funivia" che porta dritti alla cima della "montagna Verità" è una legittima ipotesi; tuttavia, finché ci sono le nubi, è una scommessa azzardare il numero delle vette nascoste e, come dicevo, persino il pensare che ci sia davvero qualcosa di nascosto: siamo certi della direzione, ma dove essa porti è solo un'antica profezia  ;)


Ciao Phil
E certo che siamo sempre a bordo del linguaggio...
Ma la consapevolezza di essere "a bordo" è la consapevolezza che esiste anche un "fuori" bordo, non credi?
"Dire" con la consapevolezza che questo "dire" è una contraddizione: lo trovi contraddittorio?
Io non credo lo sia, perchè l'universo è "esistito" anche prima che un qualunque interprete lo interpretasse.
E se è così, allora che la verità sia "da quella parte" (e non da quell'altra) è essa stessa una verità
incontrovertibile...
saluti
#579
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 19:52:09 PM
Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 16:07:47 PM
Come/perché affermare che, pur non sapendola identificare, la verità sia una, o meglio debba essere una?
Se le nubi coprono davvero la vista, l'esistenza di una cima è solo una supposizione; come escludere che, al diradarsi delle nubi, non si veda alcuna cima perché semplicemente la montagna finisce appena al di sotto (non dietro) le nubi (e quindi la montagna è già tutta visibile)?



Ciao Phil
Beh, dipende da quel che tu intendi con il termine "verità"...
Per me, come ho più volte ripetuto, la verità è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola
che un certo "segno" (semioticamente inteso) ha posto come criterio di verità.
Questo naturalmente vuol dire che la verità non è nell'oggetto ma nel segno linguistico che lo indica.
Ora, in questa indubbia "relatività" della verità, dicevo, è possibile però individuare non la verità
"ab-soluta" (cioè non interpretata da un interpretante), ma la direzione verso tale verità ("ab-soluta").
E riportavo a tal proposito la celebre metafora della montagna, di Popper.
Ora, personalmente intendo la verità "ab-soluta" nel medesimo ed identico modo in cui Kant intendeva la
"cosa in sè", e cioè "la" verità al singolare come concetto, mentre quando riferita alle cose dovremmo
parlare "delle" verità (così come, in Kant, "la" cosa in sè era concetto per "le" cose in sè).
In sostanza, dal mio punto di vista è da stabilire se i tuoi "strali" vanno contro un concetto della
verità, diciamo, universalmente univoco, oppure se vanno contro un concetto della verità (o delle
verità) come "ab-soluto" (se il termine disturba possiamo usare "oggettivo", ma è la stessa cosa).
saluti
#580
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 15:28:44 PM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?

Ciao Paul
Potrei risponderti che la realtà ontologica, cioè la verità, sta da quella parte, non da quell'altra...
Ti pare poco? Io non direi sia poco. Ma cos'è che ci permette di dire il "dove", il "luogo" della verità?
Per la mia pratica discorsiva (direbbero i semiologi) la risposta è molto semplice: ciò che ci permette di
sapere "dove", e di saperlo incontrovertibilmente, è il concetto di "cosa in sè", che è quel concetto che
permette di mantenere l'oggettività in un mondo fatto di soggetti.
Il "noumeno" kantiano non è dunque un punto interrogativo; ma è un qualcosa che "c'è" allo stesso modo con
cui un grande filosofo del 900, E.Levinas, afferma esserci qualcosa anche senza un soggetto interpretante
(mi riferisco qui al'"l'y'a", il "ronzio cosmico" che avrebbe luogo anche in un'ipotetico "nulla").
Come faccio a sapere che il noumeno "ex-siste" (e a saperlo incontrovertibilmente)?
Allo stesso modo cui so esserci una betulla lì fuori, in giardino, pur se in questo momento non la vedo...
Il noumeno esiste semplicemente perchè esiste il fenomeno, la qual cosa è esattamente speculare che dire:
il fatto esiste perchè esiste l'interpretazione.
Ma se il noumeno, il fatto, l'oggetto, "esiste", allora ciò vuol dire che il soggetto non ha piena potenza
su di esso (come ha pensato l'Idealismo); che come non lo crea non lo può distruggere (come l'Occidente
pensa all'interno del suo "destino").
Ciò che chiami "verità incontrovertibile" non può essere un essente univocamente inteso. La verità
incontrovertibile è la biunivocità dell'essente (cioè la direzione di verità).
saluti
#581
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 12:49:02 PM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 12:09:52 PM

ciao Mauro(Oxdeadbeef),
il tuo problema è Kant, come quello di Sgiombo è Hume.
Dovrei "smontare" il loro apparato di pensiero per far capire che com l'empirismo si passò alla soggettivazione del pensiero, perdendo le caratteristiche ontologiche della verità.Mi manca il tempo fisico.

Ciao Paul
Come puoi dire che Popper abbia posto tutto nella dimensione dell'opinione quando ti dice che la verità: "è lì,
da quella parte, non dall'altra"?
A me pare che secondo il tuo ragionamento avrebbe piuttosto dovuto dire: "la verità non è da nessuna parte,
perchè non è che un costrutto linguistico (e perciò una opinione vale l'altra)".
Ovviamente dici bene quando affermi che con Hume, Kant etc. si è passati dall'oggettivazione della realtà alla
soggettivazione; ma sul perchè, poi, affermi che in questo consiste l'origine della contraddizione del pensiero
moderno è una cosa che mi sfugge...
Tutto questo ha naturalmente complicato, e di parecchio, l'umana visione del mondo; ma che possiamo farci?
Vogliamo forse tornare, per semplificarci la vita, ad un mondo nel quale gli oggetti sono, così, dati nella loro
fissità a dei soggetti che solo devono "nominarli" (senza cioè "interpretarli")?
saluti
#582
Citazione di: Ipazia il 02 Novembre 2018, 22:41:03 PM

Da bravo hacker l'ha rubata a G.B.Show o, piuttosto, Charles F. Brannan. Questo aforisma autoevidente lo porrei come dimostrazione della trascendentalità (tutta) umana.



Ciao Ipazia
Permettimi di dire che questa non mi piace, perchè dà ad intendere che l'"essenza" dell'hacker sia il rubare
(mi piace invece la seconda parte di quanto affermi).
Ora, io ormai da una vita non bazzico più l'ambiente, per cui rischio di dire inesattezze (sai il segno
semiotico...), ma una volta era diffuso il concetto di "hacking etico", per cui magari l'hacker "arrivava"
fino a un certo punto e non oltre (magari, che so, fino a scoprire una vulnerabilità nella rete della CIA),
anche per non compromettere l'amministratore di sistema (magari di giorno, mentre di notte hacker pure lui).
Comunque e per farla breve, l'hacking autentico è venuto sempre più a coincidere con il "software libero"
e i sistemi operativi di tipo Unix (Linux su tutti).
saluti
#583
Citazione di: Kobayashi il 02 Novembre 2018, 09:57:47 AM
Da un link postato da Phil in una recente discussione sono finito in un vecchio 3D, "La nave di Teseo". Dibattito veramente interessante con interventi di qualità notevole (in particolare quello poetico-filosofico di Jean).
Ora, appare chiaro però che molti utenti non si sforzano granché per rendere più leggibili i propri post...
Non si tratta tanto di difficoltà concettuali, quanto di una scrittura a volte pesante nella forma e a volte un po' troppo carica di terminologie tecniche di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno (o che si potrebbero accompagnare da qualche spiegazione in più).
Questo per dire che un forum che si voglia porre come progetto di condivisione della conoscenza ha bisogno di utenti consapevoli della necessità di un lavoro di redazione, chiarificazione, a volte faticoso.
Un equilibrio tra desiderio di porre all'attenzione idee che si ritengono interessanti e il desiderio  che queste siano ben comprese (e dunque debbano essere ben esposte, nei limiti ovviamente delle proprie capacità "stilistiche").
Forse con delle integrazioni al regolamento, chissà...

Ciao Kobayashi
Per come la vedo io il problema è essenzialmente in coloro che NON intervengono, non in coloro che
intervengono...
Quelli che intervengono parlano il linguaggio che gli è usuale, spesso adattandolo a quello che presumono
essere il "livello" del loro interlocutore (e, certo, dove è presunto un livello "alto" le scorciatoie, per
non stare a specificare troppo, abbondano).
Frequento forum filosofici da molti anni, e mi è capitato molto di rado che alcuni chiedano: "mi spieghi meglio
questo?"
Bah, per me è timore di apparire non all'altezza (timore, chiaramente, assurdo).
saluti
#584
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 10:53:46 AM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AMil problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura  contemporanea.

Ciao Paul
Non la verità è incontrovertibile, ma è il "più o meno" del "luogo" dove la verità si trova ad esserlo.
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Questo non ritengo sia relativismo; che è semmai esattamente quello descritto dalla celebre: "non esistono
fatti, ma solo interpretazioni" (che ancora devo capire se l'ha detta Nietzsche o mo).
Quindi, io dico, esistono i fatti, sono lì da quella parte, ma non sappiamo esattamente dove.
saluti
#585
Tematiche Filosofiche / Re:Cos'è la verità
11 Novembre 2018, 10:39:10 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:12:11 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PM
CitazionePerò noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.


Ciao Sgiombo
Come già ho avuto modo di dirti, ti confesso che ho non poche difficoltà a seguirti su questi ragionamenti
(probabilmente per una mia mancanza, intendiamoci).
Dunque, a me sembra che tu tenda a distinguere "troppo" fra la cosa materiale e quella immateriale ("troppo"
all'interno di questo ragionamento, non certo in generale, intendiamoci).
Come chiedeva Platone: "cosa c'è di comune fra le cose materiali e quelle immateriali, visto che di entrambe
si dice che sono?"
Riprendo degli esempi qui fatti: cosa c'è di comune fra la tastiera del pc e la giustizia, visto che di
entrambe si dice che "sono"?
Beh, oltre chiaramente ad una estensione spaziale che la giustizia non possiede, io dico che c'è molto in
comune, visto che entrambe le cose sono degli interpretati (seppur l'interpretazione della giustizia è
molto più complessa, ma qui non ci interessa).
Questo vuol dire che Berkeley ha ragione quando dice che "tutto è percepito"; perchè "percepiti" sono
senz'altro sia la tastiera del pc che la giustizia.
Da un punto di vista kantiano, che come ben sai è il mio punto di vista, sia la tastiera del pc che la
giustizia sono dei "fenomeni", cioè sono dei "percepiti" (o "segni" da un punto di vista semiotico).
Il fatto se essi esistano o meno "realmente" sarà semmai oggetto di una successiva discussione, ma non di
questa...
saluti