Non possiamo saperlo.
Eccone una.
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Mostra messaggi MenuCitazione di: Apeiron il 17 Marzo 2018, 15:46:31 PMNon era un mio post.Citazione di: iano il 17 Marzo 2018, 14:40:40 PMPer Iano
Possiamo stabilire ragionevolmente che una teoria è migliore di un'altra. Per esempio la relatività ci dà un'immagina migliore delle cose rispetto alla fisica newtoniana. Se non ammettiamo questo non ha nemmeno senso parlare di "evoluzione". Dunque la scienza ci permette di "uscire" in parte dalla gabbia della nostra "ignoranza". Uno scettico potrebbe dire che non posso dirlo con certezza. Io gli rispondo che lui è troppo pedante: ad un certo punto lo scetticismo deve essere abbandonato in parte. Ma tutti questi discorsi hanno come assioma di partenza che la realtà è per noi almeno parzialmente comprensibile. Se togliamo questo assioma non si può nemmeno parlare di "evouzione"
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Marzo 2018, 10:04:37 AMMa in effetti la nostra conoscenza è approssimativa , a partire dalle misure che sanzionano i fatti .E quindi?Citazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 19:46:26 PMNon sono affatto d'accordo: affermare che l'universo possa esistere "per caso" è eccepibilissimo proprio dal punto di vista scientifico, proprio in relazione alle premesse da cui parte la scienza. E' una soluzione di comodo per non sentirsi tenuti a fornire spiegazioni.Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 16:39:31 PMCitazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:27:49 PMInfatti, concordo. Ma, aggiungo, sia chiaro che la scienza non se la cava dicendo che esiste il vuoto quantistico e che questo può fluttuare generando entità di energia, spazio e tempo... Perché esiste il vuoto quantistico? Perché ha quelle precise leggi e non altre? Perché l'esistente sottostà a delle leggi e non è semplicemente caos?Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PMChe poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pienoCitazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile. A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.
Ok, provo a spiegarmi meglio![]()
Non ho mai detto che secondo la cosmologia moderna l'universo viene dal "nulla" (anche se effettivamente il fisico Krauss lo ha detto). Semplicemente quello che volevo dire è che anche dire che "esistiamo per caso" è una possibile spiegazione. Semplicemente il nostro universo è "nato" e noi esistiamo come effetto dell'evoluzione naturale senza "tirare in ballo" un Creatore o il karma o quant'altro. Uno può non essere d'accordo con la visione "materialista", tuttavia bisogna riconoscere che dal punto di vista scientifico è ineccepibile. Come ho detto altrove non sono d'accordo con essa nemmeno io, però posso ben capire perchè pensatori di tutto rispetto abbracciano una visione di questo tipo.
cit Loris Bagnara
Allora non mi leggi attentamente, Apeiron! Non ho affatto parlato di spiegazioni religiose o teleologiche. Ho parlato di intelligibilità: ossia, ogni cosa deve avere una ragione necessaria e sufficiente che ne spieghi l'esistenza.
Secondo me invece il caso è una possibile spiegazione, validissima dal punto di vista scientifico. Se però cominciamo ad analizzare la dimensione dell'etica, per esempio, comincia secondo me a vacillare.![]()
Riguardo al buddhismo...
cit Loris Bagnara
Ora, non posso credere che Buddha abbia impiegato anni di durissime pratiche e profondissime meditazioni per giungere a un risultato tanto banale.
E' evidente per me che ha inteso dire altro, e che l'insussistenza dell'io è vera solo se si intende la personalità, quella che nel post precedente ho chiamato anima; ma non lo spirito, il Sé superiore.
Secondo le scritture buddhiste Buddha non ha trovato un "Sé superiore". Secondo il buddhismo le dottrine che parlano di un "Sé" contengono una traccia di quel desiderio di "persistenza" che mantiene in essere il samsara.
Una spiegazione della posizione della scuola Theravada la puoi trovare in questi due eccellenti post di @Sariputra: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbio-ltlt-mentale-gtgt/msg18256/#msg18256, https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbio-ltlt-mentale-gtgt/msg18257/#msg18257
Ad ogni modo Buddha nega anche l'esistenza di un "principio originatore di tutte le cose", ovvero di una "causa ontologica" di tutte le cose. In sostanza mentre l'advaita ritiene che Brahman sia "il Sole dell'esistenza" (ovvero la causa di tutto, così come il Sole rende luminose le nostre giornate e ci trasferisce il calore necessario alla vita) e che il nostro "vero Sé" sia Brahman, il buddhismo vede la posizione dell'advaita come dovuta ad un desiderio di "persistenza" molto "sottile". Nel buddhismo infatti la liberazione non è data dalla conoscenza del "vero Sé", bensì dalla completa estinzione del processo di identificazione. Inoltre come dicevo prima non c'è "causa prima" (di nessun tipo, nemmeno di quelle più "filosofiche").
Innanzitutto il "caso", a ben vedere, non è altro che un'etichetta data ai fenomeni non conosciamo esaurientemente, e che quindi noi approcciamo con alcuni strumenti matematici che ci consentono una conoscenza approssimativa dei fenomeni in questione. Dunque, applicare all'universo l'etichetta del "caso" significa semplicemente riconoscere che non conosciamo esaurientemente l'universo. Bella spiegazione, no?
E poi il caso, operativamente, è legato all'approccio matematico-probabilistico, ma la vedo veramente dura applicare questo approccio all'esistenza dell'universo. Quante sono le probabilità che l'universo esista? Qual è la popolazione statistica che esaminiamo per valutare le probabilità che l'universo esista, rispetto alla sua non esistenza? E' evidente che sono domande prive di senso, perché appunto è priva di senso l'etichetta di casualità applicata all'universo.
Aggiungo questo. La scienza afferma il principio di causalità, e lo applica implacabilmente a tutti i fenomeni. Poi, giunta al fenomeno dei fenomeni, l'universo... be', qui no, qui se ne può anche fare a meno, qui basta invocare il caso, e magari anche un po' di fortuna... Dov'è la coerenza? Se SI afferMA il principio di causalità, lo si deve fare senza eccezionI, e poi trarne tutte le necessarie conseguenze logiche.
Postilla. Nemmeno la meccanica quantistica può essere chiamata in causa per legittimare scientificamente il caso. una delle più brillanti interpretazioni della meccanica quantistica, quella di David Bohm, afferma che sotto l'apparente causalità c'è l'ordine implicito che non siamo in grado di percepire...
Postilla 2. In risposta all'ultimo messaggio di Iano. Sulla meccanica quantistica, vedi sopra. Sul rapporto fra caos e leggi, a mio avviso l'esistenza di leggi è più problematica del caos. Troverei più "naturale" l'esistenza del puro caos, che non un cosmo (etimologicamente: "ordine").
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 16:39:31 PMEsiste una netta distinzione fra ciò che non ha senso è ciò che ha senso , in quanto per passare dall'uno all'altro è necessario un percorso che non si chiuda su se stesso.Citazione di: Suttree il 16 Marzo 2018, 13:27:49 PMInfatti, concordo.Citazione di: Loris Bagnara il 16 Marzo 2018, 13:18:30 PMChe poi si guarda bene dal dire così, perchè la cosiddetta fluttuazione quantistica del vuoto è molto diversa dal nulla. Il vuoto quantistico in realtà è assai pienoCitazione di: Apeiron il 16 Marzo 2018, 12:55:45 PMSi può non essere d'accordo con ciò, ma questo non significa che non si può fare a meno di una spiegazione religiosa. Infatti la scienza spiega "perchè esistiamo?" senza andare a parare "teleologie" di vario tipo. Ciò non significa, chiaramente, che non esistono. Ma quello che voglio dire è che la spiegazione dei fenomeni non necessariamente deve essere teleologica e, anzi, nella scienza non lo è.Se mi dici che la scienza afferma la possibilità che l'universo emerga per caso dal nulla, ebbene, questa NON è una spiegazione, e l'universo della scienza allora NON è intelligibile.
A parte il fatto che trovo singolarissimo che lo scienziato trascorra la vita a cercare le cause dei fenomeni e poi, giunto al Big Bang, trovi coerente affermare che "è nato tutto per caso"... no?Nessuno scienziato può dire che l'universo sia emerso dal nulla, se lo dice fa un'affermazione filosofica non scientifica.
Ma, aggiungo, sia chiaro che la scienza non se la cava dicendo che esiste il vuoto quantistico e che questo può fluttuare generando entità di energia, spazio e tempo...
Perché esiste il vuoto quantistico?
Perché ha quelle precise leggi e non altre?
Perché l'esistente sottostà a delle leggi e non è semplicemente caos?
Citazione di: Phil il 06 Marzo 2018, 21:31:42 PMNon ho capito molto degli ultimi interventi,ma leggendo questa frase mi si è accesa una lampadina.
Capire il teorema di Pitagora significa impossessarsi di un senso fruibile, riutilizzabile.
Citazione di: 0xdeadbeef il 04 Marzo 2018, 11:58:37 AML'economia determina la politica e viceversa.
Grazie a tutti voi delle gentili ed interessanti risposte.
Chiaramente, l'idea di sovranità nazionale è centrale in questo discorso. Bisogna poi vedere se ancora plausibile è
l'idea di "nazione" così come essa si è venuta a determinare nei secoli passati; plausibile è però certamente l'idea
di sovranità politica; una sovranità che "deve" (...) riprendere il suo posto di guida e di determinazione dei fini
cui l'economia (che, fino a prova contraria, è lo studio dei mezzi più efficaci per raggiungere uno scopo politicamente
dato) è chiamata a condurre.
In altre parole, trovo necessario che sia di nuovo la politica a determinare l'economia, non il contrario come sta adesso
invece verificandosi.
Per passare ad altro, non sono molto d'accordo con l'amico Anthony laddove egli squalifica Marx (non parlerei di "marxismo",
che è stata l'applicazione politica e, soprattutto, "totalitaria" del pensiero di Marx) a "versione del pensiero di sinistra".
A parer mio, Marx è stato l'unico grande pensatore della sinistra; una sinistra che, semmai, non ha mai saputo "storicizzarlo",
e sviluppare le sue teorie alla luce dei mutamenti nell'economia e nella società.
Dico "storicizzarlo" proprio per evidenziare particolarmente un aspetto del pensiero di Marx che gli epigoni non hanno
compreso. Egli parlò infatti del materialismo definendolo come "storico", mentre i successori troppo spesso hanno inteso
la teoria marxiana come "scientifica", arrivando in tal modo a risultati concreti davvero sconcertanti.
A tal proposito, devo dire che certe teorie politiche di Marx sono state davvero molto discutibili. La sua statura di politico
non avvicinava neppure da lontano quella da economista; campo nel quale è stato, ritengo, davvero geniale.
Quindi lasciamo perdere, ad esempio, la "dittatura del proletariato" quale fase transitoria verso il "paradiso" rappresentato
dall'anarchismo assoluto del comunismo, e concentriamoci sul Marx economista.
La domanda che dovremmo porci ritengo sia sostanzialmente questa: può una teoria autenticamente di sinistra fare a meno della
devastante critica che Marx ha portato al capitalismo (una critica, per certi versi, ancora inconfutata)?
A parer mio non lo può, naturalmente a meno di perdere ogni sua caratterizzazione "di sinistra"...
In realtà qualcuno ci ha provato, e molto seriamente. Ad esempio Anthony Giddens, padre del "blairismo", nella fondamentale
opera: "Capitalismo e teoria sociale".
In essa (che fra l'altro consiglio caldamente a chi voglia veramente capire cosa e come la sinistra contemporanea sia diventata
quello che è), l'acuto pensatore inglese individua proprio in quel "a ciascuno secondo i suoi bisogni; da ciascuno secondo le sue
capacità" l'essenza del problema (come anche l'amico Viator sottolinea).
La risposta di Giddens è radicale: la sinistra contemporanea deve rigettare quel principio ed abbracciare il "merito" individuale.
Senonchè, quell'abbraccio è stato, per così dire, "mortale". Ed ha portato la sinistra europea intera ad assumere posizioni
politiche ancor più liberali (e dunque liberiste, perchè il liberismo altro non è se non la "libertà" declinata economicamente)
di quelle della destra.
Si poteva fare diversamente? Forse sì, ed il "come" farlo mi sembra di poterlo individuare proprio nel concetto di "identità"; di
"popolo" e dunque di sovranità politica.
Ma la sinistra non ha proprio "visto" questa strada, ritenendo (e, intendiamoci, non completamente a torto) quelle categorie
come patrimonio ed esclusiva della "destra storica".
Dunque miopia politica ed estremismo concettuale non hanno permesso alla sinistra di poter individuare una via d'uscita diversa.
Questa è, seppur in estrema sintesi, la mia opinione.
saluti.
Citazione di: viator il 03 Marzo 2018, 22:43:34 PMChiaro , sintetico . Condivido.😊
Salve. Per Iano: "in che senso una interpretazione è necessaria alla comprensione".
Sia l'interpretazione che la comprensione sono ovviamente atti soggettivi. Noi troviamo di aver compreso qualcosa (naturalmente possiamo aver compreso erroneamente, provvisoriamente, parzialmente, possiamo credere di aver compreso etc.) quando l'opinione, il convincimento che ci siamo creati si inserisce tra tutte le altre nostre opinioni preesistenti senza urtare contro di esse.
Ciòè quando si armonizza con l'insieme della nostra visione del mondo.
In pratica il processo cognitivo consiste in tre fasi: l'analisi dei fatti, dei dati, delle nozioni, poi quindi la loro interpretazione (cioè la verifica della loro congruità con quanto già sappiamo o crediamo di sapere) e - in caso positivo - la sintesi consistente nella loro "approvazione" ed il loro accoglimento tra le nostre convinzioni positive, che rappresenta appunto la nostra comprensione di ciò che abbiamo analizzato.
Citazione di: viator il 04 Marzo 2018, 21:47:50 PMIl significato originale mi sembra attuale ,ma sembra anche esprimere il lato razionale della questione, e non quello irrazionale.
Salve. Naturalmente esiste anche il lato irrazionale della comprensione, espresso dal significato originario del capire (capere = prendere, afferrare) applicato alla volontà di com-prendere cioè di fare proprio, includere in sé.