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Messaggi - iano

#5791
@Non ho contraddetto le tue affermazioni , perché non ho le competenze farlo.
Mi pare che Goedel , correggimi se sbaglio , abbia appunto derivato dalla teoria della Relatività la possibilità dei viaggi nel tempo.
Ma il fatto che la teoria lo dice non significa che sia davvero possibile.
E se non è possibile , come tu dici , ciò non non invalida la teoria , ma ne definisce i limiti.
#5792
Il tempo della Relatività e il tempo della nostra intuizione non sono la stessa cosa.
Nel tempo della relatività infatti i viaggi nel tempo sono possibili , mentre nel mondo della nostra intuizione no.
Se continuiamo a confondere i due diversi tempi possiamo continuare questa discussione all'infinito.
Per la teoria della relatività il tempo è quello misurato dagli orologi , queste misure ci dicono che il tempo sul pavimento è diverso da quello che scorre , se scorre , sulla nostra scrivania.
Nulla a che fare dunque col tempo della nostra intuizione che esiste da quando esistiamo noi , e gli orologi , che sono venuti dopo , non hanno modificato.
Possiamo considerare che siano la stessa cosa senza gravi danni per le nostre piccole questioni quotidiane , ma farci sopra filosofia negli stessi termini ci porta fuori strada.
#5793
Tematiche Spirituali / Re:Buddismo oggi...
30 Gennaio 2018, 17:55:06 PM
Le religioni , le filosofie e gli ideali , sono la tessitura della società.
Se aderisci con convinzione ad una minoranza devi mettere in conto di essere un pesce fuor d'acqua.
Capisco il tuo problema , ma per contro essere accettato dalle ragazze perché si aderisce ai dei cliché non è neanche il massimo.
#5794
Citazione di: epicurus il 29 Gennaio 2018, 11:51:29 AM
@Viador, Iano

Che lo spaziotempo sia relativo è ormai un dato di fatto. Ma dire "lo spaziotempo è relativo" non è un modo generico per dire che lo spaziotempo non esiste, ma solo che non sono costanti.

Per quanto mi riguarda, dire "Il tempo esiste" (o anche "Lo spazio esiste") può essere fonte di confusione, perché si pensa di usare il termine "esiste" nel modo usuale, come lo usiamo con matite, automobili, alberi e similari. In realtà, non esistono veramente tempo e spazio in quanto oggetti, ma tali frasi indicano solo che gli eventi hanno caratteristiche temporali e spaziali.

Dire "esiste il tempo" equivale a dire "accadono eventi" o "prima quella cosa era così, ora è colà". Tutto qui, nient'altro di strano. Gli scienziati fanno esperimenti: fare esperimenti richiede cambiamento. Noi stiamo argomentando qui sul forum: ciò richiede cambiamento.

Ripeto, se si ricerca qualcosa di metafisico e/o qualcosa di assoluto, allora d'accordo che si rimarrà delusi. Ma per il resto, mi pare tutto non problematico.

E, ritornando sulla questione dei viaggi del tempo, Iano, la domanda ha senso. Ha senso nella misura nella quale io mi chiedo se oggi, 29 gennaio 2018, posso andare a fare un salto nell'Antica Roma. Se sia vero o falso è una questione, ma per quanto sensatezza mi pare sensata.
Secondo me a rigore non è corretto dire che lo spazio tempo della Relatività sia un dato di fatto , allo stesso modo che non è corretto dire che spazio e tempo assoluto Newtoniani siano un dato di fatto.
Non è il fatto che essi non siano oggetti ciò che osta alla loro esistenza .
Noi facciamo un uso proficuo dello spazio e del tempo assoluti  come ipotesi di una teoria , quella Newtoniana , facendone proficuo uso, e lo spazio tempo è un costrutto che rende semplice "immaginare " e maneggiare la teoria della Relatività .
A rigore non esiste però una descrizione matematica unica per una teoria.
O meglio , non esiste un solo modo di giungere ad una teoria a partire dai dati sperimentali.
Non ti sto dando torto.
Le tue osservazioni hanno valore.Ma....
Il fatto che la velocità della luce sia costante collide con l'idea che tu ed io , e 'Sant'Agostino , abbiamo di spazio e tempo.
Come facciamo a salvare capre e cavoli ?
Come facciamo a mantenere i concetti di spazio e tempo che tanto sono cari alla nostra intuizione , con il fatto controintuitivo che qualcosa  abbia una velocità costante?
Costruendo , inventandocelo , uno spazio tempo relativistico , che probabilmente non è una soluzione obbligata , per quanto efficace , di salvare capre e cavoli. Per questo non è corretto considera lo spazio tempo un dato di fatto ne' più né meno di quanto lo siano lo spazio e il tempo.
Un problema simile ,legato a spazio e tempo , secondo me si presenta pure nella teoria Quantistica , per la quale , in base al principio di indeterminazione, non possiamo conoscere lo "spazio e il tempo legati a una particella " con precisione infinita teorica , seppur disponessimo di strumenti perfetti.
In un modo o nell'altro , per salvare spazio e tempo , dobbiamo invischiarci in strane questioni.
Non mi preoccuperei tanto del fatto che le nostre percezioni , delle quali in qualche modo spazio e tempo sono parte possano collidere con le teorie di successo se è vero che queste a loro volta collidano fra loro.
In un certo senso la nostra percezione è solo una di queste teorie , più o meno utile come le altre.
#5795
Sant'Agostino ha detto che lui sapeva cosa era il tempo , ma quando qualcuno gli chiedeva di dire cosa fosse , allora non lo sapeva più.
Se al posto di tempo mettiamo il colore rosso e cose simili , l'affermazione continua a valere.
#5796
Quindi in definitiva se il tempo è solo un utile artificio , chiedersi se è possibile viaggiare dentro un artificio non ha senso , a meno che definire questi viaggi non possa configurarsi come un utile artificio a sua volta.
I paradossi , quando vengono fuori , mettono sempre in luce l'artificiosità dei nostri strumenti concettuali, e vengono fuori quando estendiamo l'uso di questi strumenti fuori dai limiti della loro effettiva utilità.
Credere di avere concetti del tutto aderenti alla realtà, per quanto consapevoli almeno della loro incompletezza , porta inevitabilmente a paradossi.
Un paradosso quando si presenta , ci invita ad affinare i nostri strumenti.
I processi percettivi non sono diversi di fatto dai processi scientifici, e al pari di quelli scientifici , non mirano alla conoscenza in se' , anche quando questa è la molla che spinge la ricerca.
È' vero però che , in analogia con i processi percettivi , tendiamo ad affermare di non comprendere una teoria fisica, fin quando non riusciamo a condensare questa in una immagine.
Il,tempo è certamente una di queste immagini che ci propone il sistema percettivo , che fino a un certo punto riteniamo utile usare anche nelle teorie scientifiche.
P.S.
Chiedo scusa se uso termini non proprio,esatti , non essendo un esperto , avendo   sicuramente detto anche cose imprecise.
Spero comunque che il quadro generale che ho voluto qui delineare e i ragionamenti che a questo hanno portato siano chiari.
#5797
@Epicurus.
Si può dimostrare che alcune delle nostre percezioni sono delle illusioni ,
Per chi attraverso i sensi è alla ricerca della verità queste illusioni hanno carattere negativo e connotano i nostri limiti. Più in generale il limite è costituito dal fatto che il nostro sistema percettivo ha per forza di cose un budget limitato.
Per chi pensa invece che i sensi sono un sistema economico di orientarsi nel mondo , investendo oculatamente quel badget a disposizione , si può dimostrare che le illusioni in gran parte sono funzionali a tutto ciò ,è solo in minima parte denunciano i nostri limiti.
Oggi la scienza sembra dimostrarci appunto che la percezione dello spazio e del tempo sono due di queste utili illusioni.
Già Newton , e non solo lui , sospettava ciò , limitandosi solo ad ipotizzare l'esistenza di spazio e tempo assoluti.
Naturalmente queste illusioni , come tutte le illusioni hanno una causa.
Nel caso del tempo si pensa che l'illusione nasca dalla constatazione dell'esistenza dei processi irreversibili ,laddove questi processi non sono realmente irreversibili , come ci ha insegnato Boltzman , ma lo sono in modo talmente improbabile da potersi considerare tali. Un modo tecnico per dirlo è che l'emtropia ha sempre valore positivo.
Quindi sembra esserci di fatto una direzione nello svolgersi degli eventi , e da ciò traiamo l'illusione che gli eventi,fisici o psichici che siano , siano immersi in un flusso a senso unico , che chiamiamo tempo.
Questo tempo , diversamente da quel che si crede , non può essere misurato , e quindi dal punto di vista fisico non esiste.
Non esiste non perché non è un oggetto , ma perché appunto non può essere misurato.
Gli orologi non misurano a rigore il tempo.
Un orologio può essere visto come un evento, ad esempio un pendolo che oscilla , il quale può essere posto a confronto con un altro evento, ad esempio il conteggio dei battiti cardiaci.
Per convenzione possiamo dire che il pendolo in questo confronto fa' la parte dell'orologio.
Ma con la stessa logica possiamo dire che i battiti del nostro polso sono l'orologio.
Quindi l'orologio è una convenzione, e quindi il tempo è una convenzione a sua volta.
Ma come è possibile allora che il tempo appare in tutte le equazioni della fisica?
In effetti non appare in tutte le equazioni.
Il,fatto è che le equazioni della fisica non ci dicono la verità, ma sono al pari dei nostri sensi una utile bussola per orientarci nel mondo.
Nelle equazioni della fisica quantistica ad esempio non appare più la variabile tempo.
Nella gravità quantistica , settore di ricerca avanzata , si riesce pure a fare a meno della variabile spazio.
Alla fine esistono solo eventi ai quali può essere,attribuito un ordine , ordine che , può essere utilmente approssimato nella nostra esperienza quotidiana dai concetti di spazio e tempo classici, concetti che noi tutti possediamo e sulla cui esistenza potremmo giurare.
Ma questo vale quel che vale se la scienza , come ha detto Pierò Angela stasera a Cartabianca , non è democratica .
#5798
Tematiche Filosofiche / Re:La capacità di credere.
22 Gennaio 2018, 23:49:29 PM
@ viator
Certamente la presa di coscienza della nostra mortalità deve essere stato un punto di svolta , ma è stato solo l'inizio da cui deriva Il nostro credere nell'al di là,come ben dici e questo credo diffuso, a cagione della causa psichica comune che lo genera , ha informato le nostre società.Questo è stato solo il primo passo di una lunga serie di acquisizioni di coscienza che nel bene e nel male ci ha cambiati.
Nella mia discussione voglio concentrarmi sui passi successivi adesso.

Ciò che noi chiamiamo realtà è il risultato di una percezione immediata , i cui meccanismi si sono evoluti però  in un lungo tempo.
La presa di coscienza di questi meccanismi è la scienza , la quale infatti conduce a sua volta a una sempre nuova "realtà compresa " sempre in evoluzione.
Nei meccanismi della percezione la coscienza non ha luogo , e ciò è da considerare come un vantaggio deciso dall'evoluzione fino a un certo punto.
Nella scienza la coscienza è richiesta.
Sembra che per noi l'evoluzione abbia preso una nuova strada.
La coscienza ha i suoi vantaggi e svantaggi.
La coscienza rallenta i nostri processi e questa è la notizia cattiva.
La notizia buona è che ci permette di condividerli.
Come tu dici bene in genere ci limitiamo a porre fiducia negli scienziati , più per necessità credo , che per scelta. In alternativa lanciamo sterili anatemi contro la scienza.

Tutti gli scienziati , a partire da Galileo , ci dicono che non è possibile  intendere la scienza se non se ne conosce il linguaggio , che è la matematica.Ma sappiamo bene quanto questa materia sia ostica per i più.
Una comprensione diffusa di questa materia è la nuova meta nell' acquisizione progressiva di coscienza a cui sembra siamo avviati.
Perché in effetti la matematica è sempre stato il nostro linguaggio , usato fuori di coscienza.
La realtà costruita dai nostri sensi è fatta della stessa materia con cui sono fatte le teorie scientifiche.
L'inspIegabile potere della matematica nel comprendere il mondo è così spiegata.
Ma in effetti non è neanche corretto dire che noi comprendiamo il mondo.
Quello che noi scopriamo sono in effetti sempre nuove teorie attraverso le quali ci interfacciamo col mondo e queste teorie si evolvono insieme a noi e cambia quindi il modo in cui ci rapportiamo con esso.
Abbiamo preso la strada giusta? Andrà tutto per il meglio ?
Io ci credo.

La apparente irruducibilita' fra Fede e scienza , fra sensi e strumenti di misura , è solo una questione di un po' di coscienza in più o in meno.
Perché l'evoluzione ha preso questa nuova strada?
Diciamo che la coscienza è un lusso che solo i padroni del pianeta possono permettersi e noi a un certo punto lo siamo diventati.Padroni coscienti e si spera pure coscienziosi. :D
#5799
Tematiche Filosofiche / Re:La capacità di credere.
22 Gennaio 2018, 02:12:16 AM
Citazione di: viator il 21 Gennaio 2018, 22:20:49 PM
Salve. Per Iano: Per credere in qualcosa non occorre nessuna specifica capacità, a meno che tu ti riferisca unicamente all'ambito razionale.
In questo caso avresti fatto bene a specificarlo.
Se guardiamo all'ambito irrazionale (la maggior e più importante parte delle cose in cui la gente crede appartiene alla sfera psichica o sensoriale) il credere di potersi arricchire con il gioco d'azzardo, il credere che il nostro coniuge ci sia fedele, il credere che la nostra morte riguarderà solo il nostro corpo...................figuriamoci di quali capacità abbisognano !!! Saluti.
Non ho specificato perché in effetti non capisco la distinzione che fai.Provo comunque a darti una risposta.
A livello sensoriale , se è vero che non percepiamo spazio e tempo allo stesso modo in cui percepiamo un oggetto, pure professiamo con pari certezza la loro esistenza.
Anzi in effetti non professiamo un bel nulla , perché non sentiamo neanche l'esigenza d farlo , tanto diamo per scontata la loro esistenza , dando ad essi carattere di evidenza banale.
Ma in effetti sappiamo bene che le cose non sono così banali , e credo ciò val'ha , se ci si riflette anche per la capacità di credere.
Non è qualcosa di scontato , e anzi è qualcosa di fondamentale.
Tutte le teorie , comprese quelle fisiche di successo , sono basate su ipotesi che sono finzioni alle quali siamo invitati a credere.Newton ad esempio ci invita , nella sua teoria , a credere all'esistenza di spazio e è tempo assoluto , sapendo di giocare facile nel convincerci , ma con la consapevolezza di star proponendo solo utili finzioni.
Ad alcune di queste finzioni non è difficile credere infatti in quanto per esse esiste in qualche modo un corrispondente nella nostra esperienza , corrispondente che però non ha necessariamente nessun legame con la teoria , che procede e si sviluppa in modo indipendente dalle nostre soggettive esperienze.
Il modo in cui una teoria si sviluppa inoltre non è alla portata di tutti.
Tuttavia l'esistenza di una corrispondenza , per quanto labile , fra le ipotesi della teoria , e la misura in cui i modelli della teoria stessa hanno un corrispondente nella nostra esperienza , fanno sì che accettiamo la teoria , pur non essendo addetti ai lavori e non potendone avere una completa comprensione.
Con la fisica quantistica sappiamo che le cose sono cambiate.
Particelle e onde hanno una corrispondenza nella nostra esperienza.
Ma un modello che ipotizza qualcosa che può essere sia una particella che un onda , invece no.
Un modo per provare a digerire tutto ciò è una medicina , che però ha più effetti collaterali di quanti possa averne positivi.
Questa medicina dice che in effetti particelle e onde , che sono concetti associati alla nostra esperienza , cose a cui noi crediamo , non esistono.
In fisica quantistica c'è una entità che si manifesta a noi a volta come particella a volte come onda , e ciò è contraddittorio , ma solo se particelle e onde esistono veramente.
Di fatto quindi una teoria fisica possiede ipotesi che hanno la stessa realtà delle ipotesi matematiche , quindi pure finzioni , sulle quali si basa la nostra capacità di comprendere il mondo.
Qualcuno in base a quanto detto fin qui potrebbe quindi , seppur con rammarico , sentire l'esigenza di ridimensionare il suo concetto di realtà. Amen.
Sia come sia rimane il fatto che tutto parte dalla nostra capacità di credere in qualcosa , che tanto utile si mostra , non però alcun carattere di necessità, e quindi non è affatto banale.
È invece fondamentale , sia che fingiamo in piena coscienza di credere , come quando usiamo ipotesi matematiche , sia quando nell'ambito della nostra esperienza diamo carattere di evidenza , quindi crediamo , a cose che a rigore si può dimostrare non esistono.
Non si tratta però di una dimostrazione nel senso classico.
Si tratta di una presa di coscienza di ipotesi fatte in modo inconsapevole.
Per Euclide era evidente l'esistenza di punti rette e piani.
La matematica moderna ha evidenziato che si tratta di ipotesi arbitrarie.
Oggi sappiamo che anche lo spazio assoluto in cui questi enti si muovevano e in cui noi stessi ci muoviamo ,o CREDIAMO di farlo ,è una ipotesi arbitraria , e lo stesso vale per il tempo assoluto.
Come facciamo a saperlo.
Semplicemente perché ipotesi nuove hanno scalzato dal piedistallo le vecchie.
Sento di dover chiudere questo post con qualcosa ancora , che però è troppo confuso nella mia testa al momento per poterlo esprimere, e quindi taccio.
#5800
Tematiche Filosofiche / La capacità di credere.
21 Gennaio 2018, 10:57:48 AM
Possiamo credere o non credere a qualcosa perché abbiamo la capacità di credere.
Ci sono cose dimostrabili e cose non dimostrabili .
Ci sono cose indimostrabili a cui alcuni credono e altri no. Esempio Dio.
Ci sono cose indimostrabili a cui tutti credono. Esempio lo spazio e il tempo , che sono le fondamenta principali della scienza.
Posto che ........ se tutti indistintamente credono a qualcosa , ciò non equivale alla sua dimostrazione.
In effetti in questa discussione sarebbe interessante indagare quale relazione  intercorre fra il concetto di dimostrazione e la capacità di credere e , per far buon peso , aggiungiamo anche la capacità di comprendere , volendo suggerire che ci sia un legame intimo fra le tre cose , che però non ho del tutto chiaro.
Azzardo una possibile gerarchia......credere , dimostrare , comprendere , con la quale suggerisco come la capacità di credere sia fondamentale.
#5801
Tematiche Filosofiche / Re:Le invenzioni non esistono
19 Gennaio 2018, 20:00:16 PM
Citazione di: epicurus il 16 Gennaio 2018, 12:35:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 16 Gennaio 2018, 05:55:27 AM
Forse in questa discussione c'è qualcosa di più profondo di ciò che può sembrare in apparenza.

Alla base vedo la distinzione aristotelica tra potenza e atto: per esempio, un bambino è in potenza un uomo; ma questo significa anche che l'uomo non è nulla di più di tutto ciò che il bambino era già in potenza. Allo stesso modo, ciò che in questa discussione avete cercato di porre in evidenza è che qualsiasi invenzione è solo un aver posto in atto qualcosa che in potenza già esisteva per intero.

Ora, questa mi sembra essere la logica che ha portato Severino (per quel poco che so e ho capito di lui) a negare il divenire: infatti, la distinzione aristotelica tra potenza e atto non è altro che un inglobare ogni evento all'interno della prospettiva dell'essere. Cioè, dire che un bambino è un uomo in potenza non significa altro che sforzarsi di inglobare la differenza, provocata dal divenire uomo del bambino, all'interno di una concezione comunque statica. Il bambino è (verbo presente: è già) un uomo in potenza. Insomma, non è altro che un trucco del linguaggio per unificare tutto nella prospettiva dell'essere. In questo senso il futuro non è altro che ciò che il passato era già in potenza. Tutto ciò che troveremo nel futuro si trova già interamente nel presente, in potenza, e sempre in potenza si trovava già interamente nel passato. Parlare di essere "in potenza" non serve ad altro che a conservare l'essere. Questo ha permesso a Severino di sostenere che, di conseguenza, il passato non smette mai di esistere: tutto ciò che esisteva nel passato esiste ancora nel futuro e viceversa; insomma, Severino, una volta che lo stratagemma dell'essere "in potenza" ha consentito di conservare il concetto di essere in riferimento a ciò che diviene, ha pensato giustamente di eliminare lo stratagemma e conservare l'essenziale, cioè l'essere. In questo senso è come se Severino dicesse: "Se dobbiamo dire che un bambino è in potenza un uomo, andiamo all'essenziale, alla sostanza del discorso, semplifichiamo e diciamo direttamente che un bambino è già l'uomo che sarà in futuro e l'uomo è ancora il bambino del passato". Tutto esiste in un eterno presente.

A questo punto è anche evidente l'errore di Severino: egli ha portato a coerenza massima la decisione di includere ogni concezione nella prospettiva dell'essere, ma ha tralasciato di sottoporre a critica proprio tale decisione: chi ha detto che quella dell'essere sia la prospettiva universale entro cui tutto va compreso? Non è forse vero che, tutte le volte che affiniamo la vista, sparisce ogni essere e ciò che ci appare sono solo particelle in divenire?

In questo senso, io personalmente preferisco (dico "preferisco", non dico che le cose stiano effettivamente come penso io) la prospettiva del divenire: tutto si crea in continuazione, nulla esiste in maniera statica, l'attimo presente è solo una nostra invenzione/astrazione mentale. Di conseguenza sostengo l'opposto: se un cercatore scopre una miniera d'oro, la sua scoperta fa esistere quella miniera in un tipo di esistenza che prima non c'era, quindi, in realtà, il cercatore ha reinventato quella miniera, l'ha creata come cosa nuova, poiché, dal momento della scoperta, quella miniera non sarà mai più ciò che era prima.

Nulla si scopre, tutto s'inventa e si crea in continuazione.

Ciao Angelo, capisco che il bandire il verbo "inventare" a favore del verbo "scoprire" possa poggiare sulla questione dell'essere in potenza e dell'essere in atto. Volendo tralasciare la prima questione, ci potremmo concentrare sulla seconda ma, temo, le mie risposte, nella sostanza, non cambierebbero.

(Premetto, non voglio parlare delle idee specifiche di Severino, ma solo sulla questione generale di potenzialità, attualità e affini.)

La questione, ancora, mi pare tutta linguistica, quindi non sostanziale. Vogliamo abbandonare il modo ordinario di parlare per parlare di "essere in atto" ed "essere in potenza", o addirittura spingerci a forme più contratte come "Un bambino è un adulto"? Ok, se si ha ben chiaro di cosa si sta parlando (cercando di porre sotto la lente di un'analisi linguistico-concettuale i termini e le espressioni usate), nessun problema. Ma questo è solo un altro modo di parlare, con tutte le sue peculiarità e con i propri scopi e limiti... Basta non farsi ipnotizzare dal nostro modo di parlare ritenendolo l'unico modo legittimo perché magicamente aderente alla realtà in sé.
Analisi illuminante.🙂
#5802
Quindi tu sai cosa sia un bitcoin. :)
Pensa...io devo ancora capire cosa siano i soldi.
#5803
Citazione di: karmelomale il 23 Ottobre 2016, 20:28:26 PM
Immaginate di avere a disposizione un genio della lampada onnisciente. Questo genio può rispondere ad una sola vostra domanda con un sì o con un no (badate bene, solo "sì" o "no"), dopodiché ritornerà per sempre nella sua lampada. Ricordate che la sua risposta è assolutamente attendibile, perché il genio non può mentire.

Secondo voi quale sarebbe la domanda più sensata da fare al genio, quella cioè con più implicazioni filosofiche/scientifiche/religiose ecc. quando la risposta sia esclusivamente un sì o un no?

A voi  :)
La mia domanda , qualunque sia, necessariamente sarà formulata in una particolare lingua , che l'essere onnisciente ovviamente comprende.
Ma per i limiti di ogni linguaggio essa non avrà un significato univoco.
L'essere onnisciente conosce tutte queste possibili interpretazioni , fossero anche infinite.
Ma a quale di queste interpretazioni possibili deve rispondere ?
Questo l'essere onnisciente non può saperlo , quindi non può rispondere limitandosi ad un si o un no.
Se potesse rispondere in modo libero risponderebbe sempre che la domanda non è ben formulata.
E non credo cambierebbe la situazione se usassi un supposto linguaggio univoco (la matematica? )
perché dovrei aspettarmi una risposta nello stesso linguaggio , e il si è il no non sono termini di quel linguaggio.
Ma volendo stare ugualmente al gioco io chiederei : "Esiste un linguaggio attraverso il quale un essere onnisciente possa esprimere in modo preciso ed univoco la propria onniscienza?
Il paradosso è che potrei avere una risposta solo se io avessi formulato la domanda in quel linguaggio , conoscendo quindi già la risposta.
La risposta , se viene data , può essere solo si.
Ma sarei sorpreso di ricevere una qualsiasi risposta.
Una qualsiasi risposta sarebbe la prova che quel linguaggio esiste e che io lo mastico.
#5804
Tematiche Filosofiche / Re:Lati oscuri
11 Gennaio 2018, 16:46:13 PM
Secondo me la prima categoria di fatto non esiste.
Perché nel momento che per loro si presenta una situazione nuova della quale quindi non hanno esperienza, il loro supposto autocontrollo viene messo alla prova.
Esempio.Metti in mano per la prima volta una pistola a una di queste persone.
#5805
Tema complesso.Ma dire che la scienza vuole mettere le mani sulla vita e manipolarla cosa significa?
Chi sarebbe questa scienza? Sono gli uomini che agiscono , non la scienza. sono gli uomini che hanno addomesticato gli animali usando la selezione delle specie , anche quando non ne conoscevano i meccanismi esatti.
Ciò che tu paventi è appunto una domesticazione dell'uomo , con le nuove tecniche messe a disposizione della scienza.
Questo è possibile , ma improbabile.
A chi dovrebbero servire questi uomini addomesticati nell'era dei robot ?
Improbabile in generale è che attraverso questa tecnica su porti avanti un programma chiaro e definito ,ma levolo o meno che sia.
La manipolazione genetica è dunque una nuova tecnica per fare cose sostanzialmente non nuove e che faremo presumibilmente allo stesso modo in cui le abbiamo fatte finora , e cioè con una certa dose di ignoranza e incoscienza.
Se le vecchie tecniche non hanno suscitato in noi apprensioni , perché le nuove lo fanno?
Probabilmente lo fanno perché il nostro grado di coscienza è aumentato.
In questa  domanda dunque si potrebbe riassumere la questione da te posta.
Il vero problema non è che c'è una scienza cattiva e malevola che sa dove vuole andare a parare e che nessuno potrà fermare.
Il vero problema al contrario è che non sappiamo esattamente dove andremo a parare , come probabilmente non lo sapevano i primi addomesticatori di animali.
Se anche la manipolazione genetica fosse usata esclusivamente a fin di bene , per eliminare ad esempio tutte le malattie , siamo sicuri che alla fine sarà un bene ? No.
L'unica cosa di cui siamo sicuri è che lo faremo e ciò di fatto costituisce un esperimento di cui non ci resterà che verificare i risultati.
Credo che lo faremmo perfino se fossimo certi di ottenere a lunga scadenza risultati disastrosi.
Su tutto ciò infatti io inizio a sospettare che ci sia una comprensibile umanissima reticenza.
Insomma , il problema esiste Socrate , ma forse è di tutt'altro tipo di quello che tu paventi.
Se anche queste tecniche fossero usate esclusivamente per scopi ritenuti da tutti validi , questo non ci garantisce che il risultato a lunga scadenza sarà valido.
In fondo una delle leggi fondamentali , ma non scritte , dell'evoluzione , è che non si può mai sapere dove va a parare , e noi ne stiamo vivendo una nuova fase.
Giusto e normale quindi essere preoccupati , ma non riesco a vedere nessun complotto dietro a ciò,né tanto meno perpetrato da una fantomatica scienza , cattiva per sua natura.
Ma non è la scienza che agisce , ma noi , e noi siamo noi e continueremo ad essere noi ,anche quando ,evolutici ,non saremo più noi. 
E noi non sapremo mai esattamente cosa siamo noi , forse perché non tutto dipende da noi.
Per quanto di pende da noi fai bene invece è faremmo bene a preoccuparci.
La maggiore consapevolezza aumenta i nostri timori e i nostri timori ci rendono accorti.