Caro Baylham
indubbiamente, il tema del rifiuto della discriminazione è molto complesso e difficile, ma, a dire il vero, non ho ben capito il tuo ragionamento...che mi sembra un tantinto contorto!
Ed infatti, tu scrivi:
" Il problema è che la stessa legge antidiscriminazione è discriminatoria: discrimina i fatti proprio sulla base delle differenze che rifiuta."
DOVE?
Se leggi il testo della legge, infatti, in sostanza essa prevede semplicemente, che non si possa licenziare qualcuno soltanto perchè è un "gay" (come non si può farlo se è di colore), nè "discriminarlo" in ragione della sua "diversità"; magari impedendogli di entrare in un pubblico bar, o di alloggiare in un albergo.
Tutto qui: come ho già detto, è un mero corollario dell'art.3 della Costituzione (principio di eguaglianza)!
A meno che, tu non ritenga "discriminante" "discriminare" tra un datore di lavoro che "discrimina" i propri dipendenti in base all'orientamento sessuale (o alla religione o alla razza), e un datore di lavoro che, invece, , al riguardo, non "discrimina" affatto, considerandoli tutti eguali di fronte alla legge.
Se è questo che intendi, il tuo ragionamento (a parte il "calembour"), mi sembra alquanto paralogistico!
Così come è paralogistica l'affermazione circa l'assurdità di "rendere uguale ciò che è diverso".
Ed infatti, qui si parla di ESSERE EGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE, cioè, di poter fruire delle stesse opportunità di lavoro, di alloggio ecc.; certo NON DI ESSERE EGUALI ANCHE SOTTO IL PROFILO ANTROPOLOGICO, perchè è ovvio che ciascun individuo (tendenze sessuali a parte) è diverso da tutti gli altri, e non può essere omologato ad alcun archetipo.
Per cui non è affatto vero che "l'antidiscriminazione nega la differenza che la giustifica, rendendo uguale ciò che è diverso", bensì pretende soltanto di rendere tutti uguali di fronte alla legge, senza distinzione di orientamento sessuale, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E' ovvio, infatti, che io, "antropologicamente", sono MOLTO "diverso" da un gay pechinese, che parla cinese, ed è comunista e taoista, e non vorrei mai essere uguale a lui; però voglio che la legge ci tratti entrambi alla stesso modo, e che non ci discrimini sotto nessun aspetto.
Quanto all'esempio dell'associazione religiosa, che "discrimina" i propri associati proprio sulla base religiosa, così come l'innamorato "discrimina" proprio sulla base sessuale; ancora una volta, secondo me, tu confondi il piano "giuridico" con quello "antropologico".
Ed infatti, io non mi sentirei affatto "discriminato" se una associazione taoista non mi accogliesse nelle sue file, in quanto cattolico, nè mi sentirei "discriminato" se una lesbica rifiutasse i miei approcci; mi sentirei, invece, discriminato se in Cina o nel Paese delle Amazzoni, io non godessi degli stessi diritti civili dei taoisti o delle lesbiche, e venissi discriminato sul lavoro (o altrove).
Leggetevi le "Lettere Persiane", di Montesquieu!
Dire che esistono differenze biologiche, etniche, religiose, sessuali e che producono effetti in campo "politico" e "sociale", è una mera constatazione di fatto che nè io, nè alcuna legge, mette in discussione (nè potrebbe); ma tali differenze non possono produrre effetti in campo "giuridico", per quanto concerne l'eguaglianza di tutti i cittadini, per quanto concerne anche la politica e la società.
Venendo al testo della legge, infine, tu scrivi che ritieni: "....il principio della libertà di pensiero e di espressione superiore al principio di non discriminazione per cui non condividi la prima parte e non ti convince affatto la formulazione della seconda parte della lettera a)".
Tale lettera, cioè la lett.a) dell'art.3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, prevede sanzioni a carico di:
"...chiunque, in qualsiasi modo:
- diffonde idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico (prima parte)
- ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall'identità sessuale della vittima (seconda parte)".
Ti faccio notare, in primo luogo, che il testo base della legge richiama "espressamente" tale norma, solo con riferimento alla seconda parte di tale disposizione; e, cioè con riguardo alle DISCRIMINAZIONI motivate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere della vittima, e non anche alla prima parte, che riguarda la DIFFUSIONE DI IDEEE.
Per cui, il tuo rilievo, "stricto iure" mi sembra alquanto opinabile.
Ad ogni modo, anche a voler intendere il richiamo in modo estensivo, a mio avviso, un conto è voler sostenere che l'"omosessualità" costituisce una degenerazione patologica, ovvero una malattia, ovvero un peccato (il che è lecito)...ed un'altra cosa è diffondere idee fondate sulla superiorità o sull'odio nei confronti dei gay.
Per cui, secondo me, sia a volerlo interpretare restrittivamente, sia a volerlo interpretare estensivamente, il testo base della legge non impedisce affatto di esprimere (ed anche diffondere) le idee che si vogliono circa l'omosessualità, altrimenti bisognerebbe incarcerare tutti i sacerdoti cattolici; ma, al massimo, vieta di diffondere idee fondate sulla "superiorità" degli eterosessuali o sull'"odio" contro gli omosessuali,
Che sono cose ben diverse!
indubbiamente, il tema del rifiuto della discriminazione è molto complesso e difficile, ma, a dire il vero, non ho ben capito il tuo ragionamento...che mi sembra un tantinto contorto!
Ed infatti, tu scrivi:
" Il problema è che la stessa legge antidiscriminazione è discriminatoria: discrimina i fatti proprio sulla base delle differenze che rifiuta."
DOVE?
Se leggi il testo della legge, infatti, in sostanza essa prevede semplicemente, che non si possa licenziare qualcuno soltanto perchè è un "gay" (come non si può farlo se è di colore), nè "discriminarlo" in ragione della sua "diversità"; magari impedendogli di entrare in un pubblico bar, o di alloggiare in un albergo.
Tutto qui: come ho già detto, è un mero corollario dell'art.3 della Costituzione (principio di eguaglianza)!
A meno che, tu non ritenga "discriminante" "discriminare" tra un datore di lavoro che "discrimina" i propri dipendenti in base all'orientamento sessuale (o alla religione o alla razza), e un datore di lavoro che, invece, , al riguardo, non "discrimina" affatto, considerandoli tutti eguali di fronte alla legge.
Se è questo che intendi, il tuo ragionamento (a parte il "calembour"), mi sembra alquanto paralogistico!
Così come è paralogistica l'affermazione circa l'assurdità di "rendere uguale ciò che è diverso".
Ed infatti, qui si parla di ESSERE EGUALI DI FRONTE ALLA LEGGE, cioè, di poter fruire delle stesse opportunità di lavoro, di alloggio ecc.; certo NON DI ESSERE EGUALI ANCHE SOTTO IL PROFILO ANTROPOLOGICO, perchè è ovvio che ciascun individuo (tendenze sessuali a parte) è diverso da tutti gli altri, e non può essere omologato ad alcun archetipo.
Per cui non è affatto vero che "l'antidiscriminazione nega la differenza che la giustifica, rendendo uguale ciò che è diverso", bensì pretende soltanto di rendere tutti uguali di fronte alla legge, senza distinzione di orientamento sessuale, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E' ovvio, infatti, che io, "antropologicamente", sono MOLTO "diverso" da un gay pechinese, che parla cinese, ed è comunista e taoista, e non vorrei mai essere uguale a lui; però voglio che la legge ci tratti entrambi alla stesso modo, e che non ci discrimini sotto nessun aspetto.
Quanto all'esempio dell'associazione religiosa, che "discrimina" i propri associati proprio sulla base religiosa, così come l'innamorato "discrimina" proprio sulla base sessuale; ancora una volta, secondo me, tu confondi il piano "giuridico" con quello "antropologico".
Ed infatti, io non mi sentirei affatto "discriminato" se una associazione taoista non mi accogliesse nelle sue file, in quanto cattolico, nè mi sentirei "discriminato" se una lesbica rifiutasse i miei approcci; mi sentirei, invece, discriminato se in Cina o nel Paese delle Amazzoni, io non godessi degli stessi diritti civili dei taoisti o delle lesbiche, e venissi discriminato sul lavoro (o altrove).
Leggetevi le "Lettere Persiane", di Montesquieu!
Dire che esistono differenze biologiche, etniche, religiose, sessuali e che producono effetti in campo "politico" e "sociale", è una mera constatazione di fatto che nè io, nè alcuna legge, mette in discussione (nè potrebbe); ma tali differenze non possono produrre effetti in campo "giuridico", per quanto concerne l'eguaglianza di tutti i cittadini, per quanto concerne anche la politica e la società.
Venendo al testo della legge, infine, tu scrivi che ritieni: "....il principio della libertà di pensiero e di espressione superiore al principio di non discriminazione per cui non condividi la prima parte e non ti convince affatto la formulazione della seconda parte della lettera a)".
Tale lettera, cioè la lett.a) dell'art.3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, prevede sanzioni a carico di:
"...chiunque, in qualsiasi modo:
- diffonde idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico (prima parte)
- ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o motivati dall'identità sessuale della vittima (seconda parte)".
Ti faccio notare, in primo luogo, che il testo base della legge richiama "espressamente" tale norma, solo con riferimento alla seconda parte di tale disposizione; e, cioè con riguardo alle DISCRIMINAZIONI motivate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere della vittima, e non anche alla prima parte, che riguarda la DIFFUSIONE DI IDEEE.
Per cui, il tuo rilievo, "stricto iure" mi sembra alquanto opinabile.
Ad ogni modo, anche a voler intendere il richiamo in modo estensivo, a mio avviso, un conto è voler sostenere che l'"omosessualità" costituisce una degenerazione patologica, ovvero una malattia, ovvero un peccato (il che è lecito)...ed un'altra cosa è diffondere idee fondate sulla superiorità o sull'odio nei confronti dei gay.
Per cui, secondo me, sia a volerlo interpretare restrittivamente, sia a volerlo interpretare estensivamente, il testo base della legge non impedisce affatto di esprimere (ed anche diffondere) le idee che si vogliono circa l'omosessualità, altrimenti bisognerebbe incarcerare tutti i sacerdoti cattolici; ma, al massimo, vieta di diffondere idee fondate sulla "superiorità" degli eterosessuali o sull'"odio" contro gli omosessuali,
Che sono cose ben diverse!

