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Messaggi - Il_Dubbio

#586
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 18:20:13 PM
Non fraintendermi, ho sottolineato l'imprescindibilità della responsabilità individuale di fronte alla legge (a prescindere dal contributo che può dare la neuroscienza), ma non ho affermato che le leggi vigenti siano funzionali alla correzione o reinserimento dei colpevoli in società, anzi, quello è proprio il problema cruciale della giustizia:

Ritorniamo al punto di partenza, la responsabilità individuale di fronte alla legge si basa su cosa? Se tu mi dici che tale responsabilità è necessaria per un fattore sociale non mi stai dicendo che vuoi sostenere che esista una responsabilità individuale. Stai solo sostenendo che la responsabilità individuale viene inserita solo perchè qualcuno deve pagare. Ma quella è solo una regola e questa regola non si basa su nulla.
La giustizia su cosa si basa? Sul dolo o sulla responsabilità? Se io commetto un reato ma nessuno ne subisce un danno sono imputabile o no? Secondo la giustizia si, perche la giustizia si basa sulla responsabilità. Quindi tutto quello che stiamo dicendo va in fumo. Non è il dolo che viene punito ma l'azione arbitraria ed irresponsabile. Il dolo viene punito magari con una pena risarcitoria, ma è un'altra storia.
#587
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2017, 14:32:03 PMovvero è un'esigenza sociale che sia possibile imputare una responsabilità individuale delle proprie azioni (sempre secondo le differenti norme vigenti), altrimenti si gode di una "immunità" socialmente destabilizzante, garantita dall'"alibi neurologico". Il che non toglie che ci possa essere un forte determinismo a monte delle nostre scelte e azioni

La risposta che darei è piu o meno quella che ha dato Paul11

Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2017, 16:40:54 PMI giudici sono talmente confusi che le perizie delle due parti (difesa ed accusa) con uno pseudo criterio di scientificità, visto che nella filosofia della mente dove si combinano neuroscienze ,cognitivismo, filosofia e direi persino biologia molecolare,non si è ancora in grado di capire cosa sia il rapporto mente/ cervello,cosa è d dove sta la coscienza, fino a che punto esistono condizioni biochimiche che sottraggono gradi di volontà e quindi di libertà di scelte, quanto incide sulle attitudini, motivazioni, comportamenti.

Il tema è: ma è vero che la scienza stabilisce che il cervello/mente altro non è che una serie di imput-output? Dov'è la responsabilità?

La risposta che ha dato Paul11 è quella che avrei dato io in modo piu diretto.

Indirettamente però ti ho dimostrato che se fosse vero ciò che dice la scienza allora non vi è responsabilità. Tu mi rispondi che le pene corrisposte sono necessarie per un fatto sociale. Ovvero la tua risposta secondo me è simile alla risposta a questa domanda: perchè il cielo di sera è buio? La risposta che daresti tu è perchè abbiamo bisogno socialmente del buio per andare a dormire.  :-*

Non so chi vorrà aprire un altro argomento, ma c'è una domanda conseguenziale. A che servono le pene? Si va in carcere perchè? Se io sto alla tua soluzione si va in carcere non per "scontare" una pena, ma per allontanare, per un po' di tempo, gente che socialmente non è pronta per stare in società. Ma il tempo che questo individuo è lontano dalla società dovrebbe passarlo per "modificare" il suo comportamento per il successivo inserimento. Ma non si fa nulla del genere. Un pedofilo che prende un tot anni di carcere, una volta uscito è sempre un pedofilo. A che serve la proporzionalità di una pena? La propozionalità della pena servirebbe se tu (Stato) fossi in grado di stabilire che il criminale è stato modificato per non commettere altri atti. Per cui se uno ruba appena esce dal carcere, vuol dire che il carcere non è servito a un bel niente. Tanto vale cambiare le regole sulla proporzionalità rispetto al reato commesso. Se uno non riesce proprio a fare a meno di rubare non lo fai piu uscire dal carcere. Per lo meno mi sembra molto meglio questa procedura se fosse vero che far scontare una pena serve per una questione sociale.
#588
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 11:47:39 AM
Caro Dubbio. Le cose sono leggermente piu' complesse. Noi non siamo una macchina e se e' vero che le nuove scoperte riducono la ns responsabilita' nel senso di " imputazione di un atto a noi stessi in una situazione che prevede alternative", resta comunque un area di libera scelta che singolarmente possiamo orientare.

Magari fosse cosi, ma il tema è: le neuroscienze dove credono di andare a scovare quest'area di libera scelta? Il tema è che le neuroscienze non hanno mai trovato un'area simile. Almeno che io sappia.

Alle volte si può far confusione e rendere tale area simile al concetto classico di probabilità.
Nel mio cell. ci sono applicazioni che inseriscono la percentuale di pioggia che può scatenarsi un un luogo. Mi è capitato di leggere perfino l'1% di probabilità.
Se confusamente pensassimo che la probabilità irrisoria sia dovuto ad un caso di libera scelta commetteremmo un errore grave. La probabilità è infatti legata ad una nostra ignoranza nel poter prevedere se in quel luogo scenderà la pioggia o no. Diciamo che per il 99% non pioverà, ma le previsioni non possono cancellare completamente il caso estremo cioè che pioverà. Ma la pioggia che potrebbe scendere anche nella massima improbabilità ha comunque origine classiche.

Nel caso che stiamo analizzando (che per certi versi potrebbe assomigliare ad un caso metereologico) si intende il movimento di sinapsi scariche elettriche ecc. e il loro scambio di informazioni tra il programma base (ad esempio il dna ecc.) e l'esterno (nel nostro caso si analizzava l'innesto di una regola o anche di una sanzione come fonte di conoscenza dell'individuo). Alla fine se in un caso limite uno commette un reato si potrebbe pensare che egli sia responsabile perche ha avuto l'imput da un'area di libera scelta. Oppure come penso farebbero tutti i neurologhi, il risultato imprevedibile è dato dalla procedura di scambio di informazioni fra le diverse aree di interesse che non può appunto essere previsto. Ma la sua imprevedibilità non è dovuta alla libera scelta dell'individuo ma dall'impossibilità di poter eliminare i margini di errore.
#589
Citazione di: Jacopus il 19 Novembre 2017, 00:52:08 AM
Caro Il Dubbio, credo che il concetto di responsabilita' di Phil afferisca al nesso di causalita' fra azione e conseguenze dell'azione. Il classico "dolo" insomma, mentre tu fai riferimento alla responsabilita' come capacita' di autocontrollo.

Se esiste una differenza a me sfugge.

Ammettiamo che esista sempre una causa. L'azione quindi è provocata da una causa e questa provoca una conseguenza, ovvero in questo caso il dolo.
Ammettiamo poi che il soggetto sia in realtà una macchina che conmpie delle azioni. Il fine che ci prefiggiamo è di evitare che il soggetto provochi un dolo. Di conseguenza cosa facciamo? Mettiamo una regola che dovrebbe costringere il soggetto a non fare piu azioni che provocherebbero un dolo.
Come per i computer io inserisco una regola di accensione e spegnimento, un software in pratica che regola  il computer quando accendersi e quando spegnersi.
Questo basta? Anche i computer sono macchine particolari che possono andare in conflitto con alcuni software. Magari accidentalmente si inceppa, o meglio si blocca eil meccanismo di accensione e spegnimento non avviene come secondo la regola che abbiamo dettato.
Chi è il responsabile di questo mancato spegnimento o accensione?

Quello che asserisco io è che se la regola imposta dal legislatore non eliminasse la causa che provoca il dolo, allora evidentemente il soggetto che agisce non è responsabile del dolo stesso, essendo lui una macchina a cui è stato imposto un software di conflitto con la macchina stessa.

Per cui se partiamo dalla considerazione che noi siamo in fondo delle macchine che ci accendiamo e spegnamo, la responsabilità della mancata accensione o spegnimento non è imputabile alla macchina ma a chi ha introdotto il software di accensione e spegnimento.  Per cui la responsabilità è dello stato o del legislatore.

Non è una questione di autocontrollo. La macchina non si autocontrolla esegue delle procedure. Queste procedure o le imparara, se è una macchina che riesce a imparare dall'esperienza (ed è credo uno degli obiettivi della I.A.), o gli vengono imposte tramite software.
Ammettiamo che in fondo noi siamo macchine che imparano dall'esperienza e che vengono controllare da programmi di controllo delle procedure.
Se la macchina va in conflitto, ammettiamo che qualcosa non funzioni tra l'esperienza e il controllo delle procedure tramite programmi software imposte dal legislatore, chi è il responsabile di quello che succederà? La macchina o il legislatore? La macchina non può avere responsabilità, lui procede per causalità intriseche alla macchina e che possono essere corrette dalle regole imposte.

Per questo ho risposto nel modo come ho risposto a Phil. E' una scusa bella e buona, prima mi dici che sono una macchina e dentro di me agiscono solo forze conseguenti a delle azioni che non posso controllare, poi mi dici che comunque sei responsabile?
#590
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2017, 22:34:35 PM
Il motivo di un mio comportamento nocivo (o potenzialmente tale), se inteso in termini esclusivamente chimico-biologico-altro,  non mi può esonerare dall'esserne pubblicamente responsabile (standone le condizioni previste dalla legge), altrimenti viene meno l'imputabilità di qualunque azione, perché il soggetto sarà sempre tutelato dall'"alibi neurologico" (lascio volutamente in disparte la "responsabilità privata" di stampo religioso, che suggerisce tutt'altro paradigma di lettura anche per l'eredità genetica e il corpo che abbiamo ricevuto in sorte...).

Questa è una scusa bella e buona. Non sta in piedi nemmeno con le stampelle.  :-* 

Se esiste una responsabilità questa non può essere imputabile ad un "mal funzionamento" del sistema, ma deve essere data esclusivamente alla volontà di compiere un atto nocivo.

Facciamo un esempio di atto non volontario ma che è preceduto da un atto volontario. Vediamo dove si annida l'atto volontario.
Un uomo ubriaco corre su un'automobile ed investe un pedone.
L'uomo è ubriaco quindi non ha tutte le facoltà per impedire il reato. Siccome però è ubriaco l'atto non è volontario in quanto le sue capacità sono offuscate dall'alcool. Quando allora l'atto diventa volontario? Da quel che si comprende quando incomincia a bere.
Nel momento in cui incomincia a bere infatti (sicuramente è un recidivo) sa gia che potrebbe commettere atti non volontari.
Ma non arriviamo al punto limite in cui sia completamente privo di ogni inibizione. Basta anche bere poco per essere poco lucidi. Se in quel mentre si investe qualcuno si è responsabili e si accusati di aver commesso un reato.

Analizziamo piu da vicino la questione. Il legislatore dice che se ti metti alla guida dopo aver bevuto (anche un po') sei responsabile. Stai facendo qualcosa contro le regole. Il guidatore che invece si è messo alla guida del mezzo dopo aver bevuto poco (ma basta anche poco per perdere la lucidità sufficiente per evitare delle tragedie) pensa di essere lucido anche se ha bevuto poco, quindi si mette alla guida del mezzo.
Ora analizziamo la questione: "pensa di essere lucido" quindi decide di mettersi alla guida contravvenendo ad una regola.
Solitamente una regola va rispettata e il pensiero va sospeso. Noi siamo per il pensiero libero ma le regole vanno rispettate. Il legislatore quindi prova a far rispettare la regole aumentando le sanzioni. Se uno che ha bevuto poco e, anche senza aver commesso alcun reato,  si mette alla guida, viene fermato e gli si sospende la patente.
Il nocciolo della questione è che la regola (e le eventuali sanzioni) dovrebbe fare da deterrente per evitare che qualcuno commetta un reato.
Quindi regola e sanzioni sono una sorta di imput a processi chimici neurologici che fanno scatenare all'interno dell'individuo la sua reazione di responsabilità.
Ma ci sono individui che invece non reagiscono alle regole e alle sanzioni, non diventano quindi responsabili. Questo cosa vuol dire?  Che regole e sanzioni non bastano. Altrimenti se bastassero regole e sanzioni per raggiungere lo scopo della responsabilità non saremmo testimoni di tanti crimini. Sicuramente regole e sanzioni fanno da deterrente per tanti che gia erano "quasi" responsabili e che avevano bisogno di quelle regole per esserlo con piu coscienza, ma per raggiungere tutti c'è bisogno di altro. E se il legislatore ha messo delle sanzioni, oltre a delle regole, è perche sa che ci sarà chi non diventerà responsabile sono con le sole regole imposte. Ciò vuol dire che sa gia che la responsabilità nel commettere reato non dipende dalla sola conoscenza delle regola. Sa che deve mettere una sanzione per costringere chi ancora non riesce ad essere responsabile a responsabilizzarsi. Per cui chi continua a commettere un reato, seguendo questo criterio di responsabilità, regole e sanzioni, non è ancora responsabile. Se fosse responsabile per davvero, cioè la sua responsabilità dipendesse da un processo chimico neurologico inculcato da regole e sanzioni, nessuno commetterebbe piu crimini. Mentre questo non è vero. Allora se uno commette un crimine la responsabilità è del legislatore che non ha trovato le giuste misure per responsabilizzare i propri cittadini. Oppure se il legislatore sostenesse che il criminale era responsabile solo perche era a conoscenza delle regole e delle sanzioni sta ammettendo implicitamente che regole e sanzioni sono sufficienti per responsabilizzare un individuo. Mentre ciò è falso, altrimenti non ci sarebbero criminali.
#591
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
18 Novembre 2017, 18:56:53 PM
Citazione di: Apeiron il 18 Novembre 2017, 12:39:00 PM
 Nel caso del "relativismo debole" invece X1 e X2 potranno dialogare e ognuno "testerà" la gerarchia dell'altro - tuttavia entrambi potranno ragionare in questo modo: "l'altro è diverso da me e quindi mi tengo la mia gerarchia perchè è quella giusta" o viceversa uno dei due potrebbe dire "l'altro è diverso da me però la sua gerarchia mi sembra interessante anche per me". Però non c'è alcuna ragione di fondo per la quale uno dovrebbe mutare la sua gerarchia. Nel caso del fallibilismo invece è possibile ritenere che uno dei due cambi "gerarchia" in quanto solo una delle due è "quella giusta" per entrambi. Il "fallibilismo" in sostanza sostiene che la divergenza delle gerarchie può essere causata dall'ignoranza o dall'errore dei soggetti stessi. Si badi bene che nel caso del "relativismo forte" od "estremo" non è possibile fare un'affermazione simile in quanto il concetto di "errore" o di "ignoranza" è privo di significato. Nel caso del relativismo "debole" invece addirittura i due soggetti non hanno alcun motivo a-priori per cui possono affermare che l'altro può essere in errore o in stato di ignoranza. Nel caso del fallibilismo invece è possibile che entrambi siano motivati a cercare di trovare la "giusta" gerarchia per entrambi facendo magari qualche modifica per adattarla alle predisposizioni individuali. 

Sembra che, secondo quel che dici, ci dovrebbe essere anche una gerarchia storica. Ammettiamo infatti che l'umanità si sia organizzata inconsapevolmente secondo quello che vien chiamato "fallibilismo". Oggi dovremmo avere valori gerarchicamente migliori di quelli che abbiamo lasciato alle spalle.
Ma è cosi? Forse ... non sono uno storico dei valori esistenti nel passato. Però sarebbe la prova che il fallibilismo ( da te descritto) è la strada che porta a migliorare (almeno) il bagaglio dei propri valori. E chiaro che accidentalmente l'ignoranza del passato può aver condotto quelle società ad avere valori gerarchicamente piu basse. Quindi si dimostrerebbe cosi che il relativismo forte è in errore e che i propri valori potrebbero essere migliorati eliminando l'ignoranza.  Il punto omega corrisponderà alla massima informazione possibile o, per dirla in altra maniera, alla onniscienza.

Per me questo risultato va bene  ;)
#592
La coscienza esprime dei "significati".

Per essere sicuri che il significato sia riconducibile all'aspetto neurologio (ovvero piu ampiamente pensiamo a cosa si muove nel cervello) dovremmo riuscire a leggere non tanto il significato, ma cosa produce in termini di azione. Ammettiamo perciò che il significato produca un'azione, senza per forza vedere il significato nascosto potremmo dedurre il significato dall'azione che ha prodotto.

Per visualizzare questa mia richiesta basti considerare un orologio-sveglia. L'orologio è un meccanismo meccanico che solitamente ha una batteria, alcuni ingranaggi ed esternamente è composto anche da alcune lancette. La sveglia serve per dare l'imput all'azione. E' chiaro che il neurologo si deve aspettare un'azione precisa in un momento preciso...quindi deve conoscere tutto il meccanismo. Il neurologo quindi non vede l'orario interno (quello è il significato non visibile), ma sa che una data azione avverrà quando il meccanismo avrà svolto un certo lavoro interno (gli ingranaggi si sono mossi in un certo modo) e la sveglia a quel punto  darà il risultato sperato.

La mia tesi è questa: il significato svolge un ruolo fondamentale nelle azioni e queste non sono riconducibili al meccanismo visibile. Per cui il neurologo non potrà sperimentare (constatare) un'azione precisa in un dato momento previsto, perche gli è negata la possibilità di guardare all'interno dei significati i quali sono gli unici veri meccanismi che determinano un'azione cosciente.
Poi ogni significato modifica altri significati e questo avviene sempre all'interno di un meccanismo invisibile dall'esterno.

Perche la mia tesi sia giusta andrebbe fatto un esperimento di conferma. Sicuramente bisognerebbe pensare ad una situazione in cui un significato dia il via ad un'azione. O meglio alcuni significati siano determinati per un'azione precisa. Se il neurologo sa come si muove il cervello quando cerca un preciso significato, allora potrà anticipare l'azione per svolgere un preciso evento.

L'esperimento è al contrario.
Lo sperimentatore non deve controllare solo cosa fa il cervello quando il soggetto fa un'azione.
Lo sperimentatore è colui il quale subisce l'esperimento. E' lui che deve anticipare l'azione quando vede muoversi qualcosa nel cervello.
Solitamente avviene il contrario. Lo sperimentatore controlla cosa si  muove nel cervello quando il soggetto compie una'zione e stabilisce a posteriori il motivo per cui il cervello si è mosso. Troppo semplice e produce delle banalità.

Questa premessa (di tipo sperimentale) introduce il corpo del mio ragionamento se volete di tipo filosofico o che segue un certo paradigma scientifico.
La sostanza del paradigma scientifico è: se io non vedo altro che neuroni e scariche elettriche vuol dire che non c'è altro che determina una scelta soggettiva.
Il tipo di ragionamento filosofico che invece io produco è che se tu scienziato non sai anticipare, da un movimento neuronale, una azione dovuta a una serie di possibili significati, vuol dire che non puoi prescindere dal dover considerare importante leggere i singoli significati soggettivi.

Se come io penso, i singoli significati soggettivi sono determinanti per una scelta di un'azione e questa (mi riferisco all'azione) si può vedere solo attraverso il movimento di ciò che è visibile, allora vuol dire che non puoi prevedere un'azione solo guardando neorini e scariche elettriche, per cui non è possibile ricondurre o ridurre, le azioni umane ai soli movimenti visibili.
#593
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
17 Novembre 2017, 19:23:13 PM
Citazione di: Apeiron il 17 Novembre 2017, 12:51:21 PM
Non riesco a capire comunque l'obiezione per cui il valore "assoluto e supremo" non esista o che tale "concetto" sia senza senso (sarò tardo  :D ). Ora se per "assoluto" si intende "universale" non credo proprio che si possa dimostrare che non esistano. Il fatto che i valori siano relazionali non significa che non esistano valori universali. Mi fai l'esempio della fisica... ebbene in relatività ristretta per ogni sistema di riferimento universale il "valore" della velocità della luce è... "c"  ;)  in fisica c'è pieno di quantità che sono misurate (e la misura è in fin dei conti l'interazione tra un soggetto e un oggetto - e quindi è una "cosa" relazionale) che sono uguali per una grande classe di sistemi di riferimento. Motivo per cui ci possono essere tanti valori universali ma chiaramente questi valori "universali" in genere formano una gerarchia  ;)

Buono. L'esempio sulla velocità della luce è anzi ottimo. Non ci avevo pensato  ;)

Ma proprio basandoci su quel "valore" possiamo dedurre cosa vuol dire valore e cosa vuol dire assoluto. Un valore è una quantità, e assoluto vuol dire che vale per tutti i sistemi (in caso della luce, si intende i sistemi di riferimento).



Per quanto riguarda i concetti filosofici, a cui si riferiscono i concetti di valore e di assoluto, possiamo dire che ci riferiamo alle stesse descrizioni di valore e di assoluto che potremmo dare al valore della velocità della luce?


Facciamo alcune considerazioni Se il valore fosse una quantità dovremmo stabilire se tutti i valori che abbiamo in mente esprimono una quantità. 

I valori solitamente sono astratti. Tipo la fratellanza. L'amore o il rispetto. Il lavoro e l'onesta. Ma, come abbiamo visto, anche il denaro e, perchè no, per alcuni anche l'ozio.

Il primo esempio l'ho fatto sulla vita o sulla morte. Quindi riprendo quello.

Gia solo con la vita ho potuto dargli un senso "quantitativo" (che spesso è però espresso in ragione della sua qualità. Nel caso specifico lo esprimo in senso quantitativo). La vita al massimo della nostra gioia, felicità, salute ecc. contiene infatti il massimo di quantità di vita. Quando una di quelle componenti manca, diminuisce la quantità di vita. Non per tutti quindi la quantità di vita è la stessa, per cui mancherà, in ragione della sua diversità, il secondo aspetto che un valore deve avere, ovvero la sua assolutezza, cioè (come per la velocità della luce) che sia per tutti la stessa. 



Come descriveresti un valore senza dover usare un parametro numerico o (in forma meno rigorosa) quantitativa?
Il denaro potrebbe essere un valore, ma quanto denaro serve perche esprima un valore assoluto cioè che vada a bene a tutti?



Continuando con questo ragionamento trovo anche contraddizioni tra valori che precludono la possibilità di stabilire una gerarchia.

E qui credo sia importante stabilire una cosa. Un conto è fare un gerarchia di valori "approsimati" un conto e trovarne una assoluta.

Ad esempio, se oggi diciamo che il valore di internet è salito rispetto a dieci anni fa, questo non vuol dire che avrà lo stesso valore fra altri dieci anni e nella media di interesse sull'utilizzo di internet su i vent'anni il 90% sia una buona approsimazione per indicare l'interesse per internet di valore assoluto. Non so se mi sono spiegato. Non posso dire (per spiegarmi con un esempio) che internet sia un valore assoluto se c'è anche uno solo che decide di starsene solo in montagna a pascolare le capre. La luce infatti non fa sconti a nessuno..per questo c è una costante.  :D
#594
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
16 Novembre 2017, 14:46:11 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Novembre 2017, 12:49:49 PMIl valore è chiaramente relazionale.

Per essere assoluta tale relazione però deve assomigliare ad una equazione dove il primo termine è uguale al primo.

Prendi qualsiasi termine di relazione di valore e trovami una relazione che sia anche solo apparentemente di tipo assoluto.

Sei un fisico e quindi conosci la matematica meglio di me. Anche in fisica (da quel che ho capito io) i valori non sono assoluti. Al limite possono essere assoluti le costanti che comunque sono rapporti fra valori. Qui invece non ci interessa il rapporto fra i valori, ma i valori in rapporto con noi. Solo in rapporto con noi gli "oggetti" esterni assumono un valore. Per cui sembra (e da qui la mia risposta) che non siano gli oggetti esterni che abbiano un valore, ma il loro rapporto con noi. E solo questo rapporto che è (o almeno a me sembra) di tipo assoluto. E' come se massa ed energia (nella famosa relazione che abbiamo in altre parti gia valutato per altre domande)  fossero oggetti uguali (come infatti lo sono). Ma per me avrebbe piu valore l'energia o la massa? E' chiaro che non ha senso. Io mi metto in realzione a cose che sono fondamentalmente uguali ma dandogli un valore diverso. Il fatto che io riesca fondamentalmente a distinguere cose che in realtà sono fatte della stessa sostanza, o per nessun altro abbiano alcun senso, è un valore assoluto. Anche Dio e il diavolo (nelle descrizioni a cui sono legato da racconti di catechismo) erano praticamente della stessa sostanza. O anche Eva poteva mangiare la mela nonostante fosse proibita.

Sono sicuro che se approfondisci le filosofie orientali (come dici di fare gia) secondo me giungi a una conclusione, non so se esattamente quella che sto dicendo io, ma forse simile a questa.
Quindi è chiaro che per me dare un valore ad un oggetto e pensare che esso sia assoluto (o che ne esista uno assoluto) non è una strada percorribile...poi io sono disposto a passare anche su strade quasi impercorribili  ;)
#595
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
15 Novembre 2017, 14:22:37 PM
Citazione di: Apeiron il 10 Novembre 2017, 23:03:22 PMP.S. Ovviamente come c'è scritto nella mia firma sono convinto che esista il "bene supremo" e che esso sia universale. Non capisco però cosa esso sia. Lo ritengo però diverso dalla non-esistenza.

Se pensiamo al "bene" come qualcosa di esterno a cui dare un valore allora il discorso è un discorso poco supremo e molto piu fatto di relazioni.

Il bene supremo è  il bene supremo stesso.

In sostanza è un bene assoluto l'opportunità di cercane uno. Posso odiare la vita o la morte, ma non è bene assoluto la vita o la morte in se, ma il fatto di poter abbracciare uno o l'altro. Questa possibilità è universale, o meglio che ci distingue nell'universo.
Il valore che io posso dare alla vita è di stampo sociale. L'umanità è progredita fino al punto di scegliere una gerarchia di valori. I quali però vanno prima o poi in conflitto. L'unico valore che non può andare in conflitto è il poter giudicare liberamente un valore. Un malato grave può decidere liberamente qual è il suo valore primario e se è la vita o se è la morte non va giudicato per la sua azione di giudizio, ma va accettato per il fatto che lui stesso può liberamente sceglierlo, in quanto quello è il suo e il nostro valore universale.
Come ho detto esistono o si sono creati valori sociali, quali il denaro o anche l'ozio. L'ozio non è un valore sociale (mentre il denaro si), ma se uno è ricco può sceglierlo al posto del lavoro. Non è mai stato mai costretto un uomo a lavorare se non ha bisogno di guadagnare per vivere. E' stato introdotto un valore aggiuntivo per limitare gli oziosi, nei termini di frasi idiomatiche: il lavoro nobilità l'uomo. Sicuramente il ricco non sarà d'accordo. E voglio proprio vedervi a fargli cambiare opinione.  :-*



Quindi la società, o meglio l'umanità plasma i valori a seconda delle necessità della società stessa. Ma non avremmo alcuna umanità se non ci fosse stato l'unico valore assoluto, l'unico bene assoluto in grado di poter fare tutto quello che pensiamo sia stato fatto fino ad ora. Quindi poter riconoscere un bene e poterlo scegliere liberamente. Questo secondo me è il bene assoluto.
#596
Tematiche Filosofiche / Re:Il valore
15 Novembre 2017, 00:07:24 AM
Potremmo chiamare valore un'assioma.
La scelta di un'assioma è una pratica complicata. Se esistessero valori assoluti che producono contraddizioni non sarebbe possibile sostenere che quei valori siano assoluti.

La mente produce valori che si contraddicono?
No, se esistesse una gerarchia di valori. Ma chi stabilisce la gerarchia? La mente nella sua autonomia?
Per cui se non esistono valori assoluti poiche producono contraddizioni,  la mente sceglie autonomamente una gerarchia di valori. La scelta di un valore è libera e questo ci induce a pensare due alternative:
1) esiste una gerarchia di valori ma ogni mente, non riuscendo a percepirla, sceglie la piu quotata.
2) non esiste una gerarchia di valori per cui la mente è estremamente libera nel fare la sua scelta su come disporre i valori in conseguenza gerarchiaca.

Nella prima abbiamo una mente deteminata dalla quotazione del momento o al limite, se esistesse una gerarchia assoluta, la gerarchia assoluta. Nella seconda abbiamo una mente che sceglie, la sua gerarchia di valori, autonomamente.

Il problema è capire: se esistono valori che sembrano contraddirsi, come mai ognuno nella sua libertà li sceglie come valori assoluti?
----------------------
Anche se gli esempi trovano lo spazio che si meritano in filosofia (quindi poco) ne faccio uno per semplificare il mio ragionamento:
un pazzo sta per schiacciare un bottone che farà esplorere la terra e tutti i suoi abitanti.

Io ho la possibilità di fermarlo ma devo per forza di cose decidere della sua vita.

Ora il valore assoluto che ho è la vita. Ma a questo punto devo scegliere sulla vita di molti o sulla vita di uno solo.

E' chiaro che la vita non sarà piu un valore assoluto, se lo fermo sto dando piu valore alla vita di molti. Qui gioca il concetto di "quantità". Quanto deve essere grande il numero di vite da salvare per arrivare al valore assoluto? Serve fare per caso una media?

Ammettiamo invece che la vita di molti rischia di compromettere la vita di pochi. Ci sono sempre io a decidere il destino dei pochi e dei molt e non c'è molto da fare che decidere sul destino della vita degli uni o degli altri. Se i molti fossero malvagi e i pochi fossero povera gente indifesa, chi dovrei salvare?  Se il valore assoluto fosse dipendente dal numero di vite da salvare dovrei salvare i malvagi.  :-\
#597
Citazione di: Socrate78 il 05 Novembre 2017, 15:35:59 PM
 Sembra quasi una sorta di pigrizia della mente, secondo cui focalizzarsi sulle differenze sarebbe troppo faticoso e dispendioso, e si preferisce ripiegare su ciò che unisce.


Non ho idea del lavoro intelletuale e filosofico che sta dietro la domanda (e la supposizione citata) che poni. Quindi potrei dire castronerie, ma ci provo.

La mente io credo lavori autonomamente fino ad una certa soglia di (chiamiamola) disattenzione. Egli segue (suppongo) un suo criterio in base al minor dispendio di energie e al tipo di analisi dei dati ricevuti dai sensi. Poi esiste un'analisi superiore di attenzione che è rivolta all'analisi delle differenze.

La pigrizia quindi non è dovuta alla mente autonoma, la quale fa il suo "sporco" dovere istituzionale, ma a quella superiore.

Gli uomini sono tutti uguali? Sotto un certo dipo di attenzione si, ma con un po' di attenzione notiamo una piccola differenza fra uomini e donne. Nonostante questa differenza per uomini si intende (sotto una certa soglia di attenzione) comunque la globalità continua fra uomini e donne.
Andrea è un uomo?
Non è possibile stabilire se Andrea sia un uomo poiche, sopra una soglia di attenzione e di conoscenza, il nome Andrea è usato per chiamare senza distinzioni uomini e donne. Ma sotto questa attenzione conoscitiva certamente Andrea è un uomo, sempre che Andrea sia un pappagallo a cui il proprietario ha voluto dare un nome da uomo. E quali saranno i nomi da pappagallo?  :-\
#598
Tematiche Filosofiche / Re:La realtà è illusione?
11 Novembre 2017, 23:13:32 PM
Domanda riccorrente.

In passato io mi sono risposto in un certo modo. Non penso di poter riprodurre qui, in un'unico post, esattamente il mio pensiero anche perche non mi ricordo piu tutti i passaggi che ho fatto. Ma questa mia dimenticanza ha anche a che fare con la risposta.

Provo quindi ad esaminare i passaggi che ricordo.

L'universo è unico. E' un solo universo. Colui o ciò che io chiamo soggetto è l'universo. Colui o ciò che chiamo oggetto è l'universo.

Ragion per cui oggetto e soggetto sono l'universo.

La domanda posta da Socrate78 considera la possibilità di conoscere l'intero universo attraverso il soggetto. Si domanda cioè se questa conoscenza (del soggetto) sia illusoria.

Si premette che il soggetto è un uomo che utilizza 5 sensi sensoriali piu l'intelletto. Attraverso questi mezzi l'uomo deve giungere alla comprensione dell'universo intero.

Si presuppone che nessuno dei mezzi usati possa da solo comprendere l'universo. Quindi tutti concorrono alla sua comprensione. Alla fine dovremo tirare le somme e decidere se questi mezzi siano sufficienti o adeguati per comprendere l'universo o se ci facciano giungere ad una comprensione illusoria.

Da notare che ho inserito anche l'intelletto. Li dentro c'è anche tutta la matematica creata fino ad ora. Molti credono infatti che la matematica risolva i problemi di illusione.
Ma la matematica l'ha creata il soggetto. E la matematica senza i 5 sensi non serve a nulla (riferendoci sempre alla comprensione dell'universo).

Quindi racapitoliamo. Gli uomini sono soggetti di questo universo, ma sono anche un oggetto di questo universo. L'universo quindi attraverso l'uomo conosce se stesso. Infatti l'universo è uno e la differenza fra soggetto e oggetto è solo apparente.
Questa conoscenza viene però interposta da 5 sensi e dall'intelletto.

Siccome l'universo è uno potremmo farlo a fettine e trovare la fettina corrispondende al soggetto.

A questo punto il soggetto, con i suoi 5 sensi e il suo intelletto, dovrebbe ricomporre l'universo cercando di agganciare tutte le fettine che compongono l'intero universo. Per farlo bene deve riuscire a descrivere non solo l'universo distante dalla fettina/soggetto, ma soprattutto le fettine adiacenti al soggetto stesso.

Non la faccio ancora piu lunga. Per conoscere l'universo senza illusione c'è bisogno di descrivere (in modo deterministico) il motivo per cui esiste un soggetto e poi da li in davanti (o meglio indietro..ma è uguale) descrivere ogni passaggio che contraddistingue il restante universo.

Noi invece cosa abbiamo fatto fino ad ora? Siamo giunti fino ad una descrizione dell'inizio dell'universo (big bang), ora ci domandiamo addirittura come l'universo evolverà nel futuro, ma non sappiano nulla di come noi siamo riusciti ad essere il soggetto di questo universo. Praticamente i nostri 5 sensi e il nostro intelletto guardano troppo lontano, ma la soluzione ai nostri enigmi e fin troppo vicino per vederlo, per cui a quanto pare il nostro difetto è la presbite. ;D
#599
Si può trovare un riscontro storico.

Qualcuno si chiese come mai esiste la massa nell'universo. Cosicchè si "inventò" una teoria che dopo mezzo secolo è stata verificata.

Ora che è stato verificato il motivo dell'esistenza della massa la domanda conseguente è: perchè esistono famiglie di particelle con masse differenti?

Io non ho alcuna utilità nel ricevere la risposta, ma la domanda non solo mi sembra lecita ma mi sembra paradossale che si abbia una teoria che spieghi perchè esista la massa nell'universo ma non il motivo per cui ogni famiglia di particelle ne abbia una porzione differente. E' come avere una risposta sul motivo per cui esistano le torte ma senza capire il motivo per cui le torte siano differenti. In un certo senso, almeno riferendoci alle torte, la prima cosa che si evidenzia è invece la differenza fra le torte. Invece sembra che la torta sia di un valore assoluto mentre l'esistenza di torte differenti una domanda inutile.

Comunque ne parlemo. L'intenzione mia è quella di affrontare l'entanglement e i suoi paradossi sperando di ricevere ulteriore conoscenza.
#600
Citazione di: iano il 08 Novembre 2017, 15:38:31 PM

Io abbraccerei volentieri il tuo punto di vista , ma faccio di necessità virtù.
Le teorie non nascono per essere utili , ma per sete di conoscenza.
Ma è' quando si dimostrano utili che assumono rilevanza e modificano i nostri orizzonti mentali.
Se la MQ non avesse avuto tanto successo non staremmo qui a disquisirne e tu non avresti aperto questa discussione.

Sicuramente potremmo trovare una utilità dopo aver trovato una teoria che spiega la nostra domanda.
Ma se prima di cercare una risposta pensassimo che la domanda che ci si pone è inutile o/e fine a se stessa come potremmo cercare una teoria che la spieghi?

Le teorie non nascono per sete di conoscenza, ma solo perche noi siamo in grado di porci delle domande. La sete di conoscenza nasce a monte non a valle.
Se non fossimo stati in grado di distinguere una conoscenza da una ignoranza non saremmo in grado di porci domande sulla nostra ignoranza. Senza porci domande non saremmo in grado di trovare soluzioni (ora chiamate teorie).

La m.q. (come ho voluto indicare io nella sua breve storia) non nasce come domanda specifica sull'essenza della materia (onda o particella). Questa domanda la si è posta dopo aver trovato una risposta ad un'altra domanda. E come ho evidenziato nella stessa storia, la domanda (precedente) era ritenuta non molto fondamentale, tanto è vero che la comunità scientifica di allora pensava che ormai non c'era piu nulla da scoprire e la fisica sarebbe diventata solo una materia storica.
Nulla di piu sbagliato.

E' passato solo un secolo da quando ci si è posti la domanda sull'essenza della materia; non mi sembra quindi giustificato da nessun criterio, tanto meno storico, ritenere che questa domanda sia inutile e fine a se stessa. Anche perche dietro questa domanda si cela ancora tanta roba da capire.  Ad esempio entanglement quantistico. La natura dello spazio/tempo ecc. ecc.