In passato discutemmo a lungo con davintro riguardo il rapporto metafisica/filosofia, deduzione/induzione, etc. quindi mi risparmio la ricerca di quelle argomentazioni e vi risparmio lunghi copia e incolla; mi limito ad osservare che la logica, in quanto strumento (che senza un'attenta compilazione, non dice nulla), parla con il mondo (toccandolo), mentre la metafisica parla del mondo (guardandolo, come da etimologia di «teoresi»). Il fatto che «metafisica» sia sempre più intesa semplicisticamente come pensiero astratto e sempre meno come "filosofia prima" (che è il suo senso più filosoficamente originario), credo sia un sintomo dei nostri tempi; il cui "senso", dipende dai punti di vista.
Andrebbe poi almeno considerato, a mio avviso, come ci sia una filosofia (se la accettiamo come tale), cosiddetta "analitica" (perlopiù anglofona, americana, etc.), che senza le gravose eredità metafisiche di noi "continentali" (del "vecchio continente" delle religioni e della grecità), dimostra quanto e come si possa ragionare (filosofare?) sul presente, nel presente, senza vertiginose scalate trascendentali. Possiamo dire che quella non è filosofia (Severino) così come loro dicono che la nostra è letteratura (Rorty), sebbene forse sia solo una questione di ermeneutica (Gadamer, Derrida, etc.).
Andrebbe poi almeno considerato, a mio avviso, come ci sia una filosofia (se la accettiamo come tale), cosiddetta "analitica" (perlopiù anglofona, americana, etc.), che senza le gravose eredità metafisiche di noi "continentali" (del "vecchio continente" delle religioni e della grecità), dimostra quanto e come si possa ragionare (filosofare?) sul presente, nel presente, senza vertiginose scalate trascendentali. Possiamo dire che quella non è filosofia (Severino) così come loro dicono che la nostra è letteratura (Rorty), sebbene forse sia solo una questione di ermeneutica (Gadamer, Derrida, etc.).
